Corriere della Sera, 17 dicembre 2025
L’asta dei sauditi per prendersi il calcio. Soldi senza limiti e alleanza con la Fifa
La scaramanzia nella scelta degli hotel: il Napoli ha preso quello «vincente» dell’Inter di due anni fa. La preoccupazione per il terreno dei campi di allenamento «duri». La soddisfazione per il sold out di Napoli-Milan di domani (qui i rossoneri sono, per distacco, la squadra italiana più amata) a cui si accompagnano i timori per i probabili vuoti di Bologna-Inter di venerdì. A Riad la sesta edizione araba della Supercoppa è uguale alle altre, con la variabile della pioggia, ma sempre diversa. Come questo Paese, che da periferia del pallone ne è diventato in pochi anni il motore: l’Italia è stata la prima a crederci e pazienza se la Supercoppa spagnola vale un montepremi quasi doppio (anche se 8 milioni vanno all’intermediario Piqué) e se l’evento della finale a 4 squadre in una metropoli di 8 milioni di abitanti non è seguito come sarebbe seguito in Italia.
Il montepremi da 23 milioni è sempre l’attrazione maggiore, con i 9,5 destinati a chi vince (più 1,5 se si organizza la partita con la vincitrice della Supercoppa locale, finora mai giocata). I 6,7 per la seconda, i 2,4 alle altre semifinaliste e anche i 2 milioni da dividere fra le 16 rimaste a casa fanno dimenticare l’asterisco che 8 squadre avranno in classifica fino a metà gennaio, data prevista dei recuperi. Se è vero che la storia italiana in Arabia è iniziata con il boom di Ronaldo, che a Gedda segnò il gol decisivo al Milan in uno stadio (pieno) da 60mila posti, con le donne per la prima volta presenti in tribuna, il primo contratto coi sauditi era stato stipulato prima dell’arrivo in Italia di CR7. Adesso è lui ormai da 3 anni l’uomo immagine del calcio saudita, ambasciatore non più solo sportivo come ha certificato la cena alla Casa Bianca con il presidente Trump, il principe saudita Bin Salman e il numero uno della Fifa, Gianni Infantino.
A Washington, l’Arabia, storico alleato Usa nell’area, è stata sdoganata sotto ogni punto di vista da Trump e ha confermato il suo ruolo di spalla della Fifa (il colosso Aramco è uno degli sponsor principali). Le Supercoppe di Italia e Spagna e la Saudi League, dove crescono gli investimenti dei privati e dove allena il coach più pagato del mondo, Simone Inzaghi (25 milioni netti a stagione), però quasi impallidiscono di fronte alle nuove partite giocate da Bin Salman: quella del Mondiale 2034 già assegnato dalla Fifa resta un’impresa, industriale non solo finanziaria, con alcuni progetti rivoluzionari – come quello della nuova città di Neom strappata al deserto, con lo stadio «sospeso» in cima a una torre a 350 metri d’altezza – da valutare passo dopo passo.
Ma nel frattempo l’Arabia ha investito (acquisendo una quota di minoranza di Dazn) un miliardo di euro per i diritti tv del Mondiale per club. E a fine novembre ha stretto un altro accordo della stessa cifra con la Fifa per «lo sviluppo globale del calcio»: il primo passo è stato il varo da 20 milioni di una nuova Lega in Oceania. Se il progetto arabo, nato nel 2015 per modernizzare il Paese anche attraverso lo sport, si chiamava Vision 2030 adesso è più giusto chiamarlo Vision 2034. L’iniziativa di largo respiro voluta da Bin Salman prevede una progressiva apertura della società e dei diritti (in Supercoppa quest’anno debuttano due iniziative di inclusione, una per gli spettatori non vedenti e l’altra per quelli non udenti) e molti indicatori, raccontano di un Paese che si sta evolvendo. Vision 2030 contempla lo sport business come fonte di guadagno alternativa (o aggiuntiva) rispetto al petrolio: il turismo internazionale nel 2024 ha registrato 30 milioni di visitatori, con un incremento dell’8%, ma i margini per fare meglio ci sono. E quando i contratti attuali finiranno (all’Italia resta un’altra edizione da giocare entro il 2029), la Supercoppa forse non sarà più così strategica, anche se un rinnovo non è da escludere. E l’Arabia, che a volte viene metabolizzata con una certa riluttanza dal nostro calcio (i fischi al minuto di raccoglimento per Gigi Riva furono il punto più basso) forse verrà rimpianta.