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 2025  dicembre 17 Mercoledì calendario

Bondi Beach, il «corso» e il giuramento al Califfo. Un appoggio esterno dietro il massacro?

Un massacro ispirato dall’ideologia del Califfato. Un misterioso viaggio nelle Filippine. I contatti del passato con ambienti radicali. L’indagine sulla strage antisemita di Bondi Beach ruota attorno a questi tre cardini. Per ora.
Il premier australiano Anthony Albanese ha confermato che Sajid Akram e il figlio Naaved hanno agito su ispirazione dello Stato Islamico (Isis). Avevano due bandiere del movimento, probabile che abbiano fatto giuramento e, secondo il Daily Telegraph, hanno anche registrato un video dove appaiono in posa con le armi. Un rituale per i seguaci del Califfo. Magari lo hanno anche inviato a qualcuno di fiducia per rilanciarlo in futuro per una rivendicazione.
Gli investigatori, intanto, stanno rivedendo gli spostamenti della coppia. Gli Akram hanno raggiunto il territorio filippino il primo novembre per passare quasi un mese a Davao, nella zona sud dell’arcipelago. Sajid è stato registrato come cittadino indiano – in effetti lo è, contrariamente alla tesi iniziale che fosse pachistano – mentre Naveed ha usato il suo documento australiano. L’Abc sostiene che i due potrebbero aver seguito un breve corso d’addestramento, forse con l’aiuto di qualche gruppo estremista. Ma su questo dettaglio il governo australiano non ha conferme. Il sospetto lanciato dall’emittente è legato alle caratteristiche di un quadrante dove sono stati attivi militanti qaedisti e del Califfato. Se così fosse l’eccidio è un’azione di una cellula familiare ma con un supporto esterno.
Magari la trasferta a Davao è un’eredità di vecchi rapporti coltivati da Naveesd. Nel 2019 era finito sotto inchiesta, l’antiterrorismo lo aveva monitorato insieme ad altre persone sospettate di tendenze estremiste. E c’era anche il rapporto del killer con l’imam Wissam Haddad, un predicatore noto per le posizioni violente ma mai perseguito dalla legge. All’epoca l’esponente religioso pronunciava sermoni infuocati al Madina Dawa Center, un luogo di culto nel sobborgo di Bankstown, a Sydney. Inoltre, sempre Naveed era entrato in contatto con Isaac el Matari, condannato a sette anni nel 2019, accusato di preparare un attentato. Significativo il suo percorso. El Matari era stato arrestato in Libano mentre cercava di entrare in Siria per unirsi allo Stato Islamico ed era stato estradato in Australia nove mesi dopo. In seguito, lo avevano inserito in un programma di de-radicalizzazione ma l’estremista non aveva rinunciato all’ideologia jihadista e, infatti, era pronto ad uccidere.
A questo aspetto si aggiunge di nuovo il tema delle misure di prevenzione. Le fonti ufficiali hanno dato versioni diverse sul numero di agenti presenti sulla spiaggia: prima hanno parlato di appena due poliziotti, poi hanno corretto sostenendo che ve ne erano 20 in una zona allargata. Ma come si è visto dalle immagini la reazione immediata è arrivata da alcuni civili coraggiosi che hanno affrontato gli sparatori. I primi a farlo Boris Gurman e la moglie Sofia, entrambi sessantenni. Riescono a disarmare Sajid dopo una colluttazione, finiscono a terra ma sono poi freddati dall’attentatore che ha afferrato un’altra arma all’interno della sua auto. Poco dopo il secondo episodio quando sempre Sajid è affrontato da un passante, il siriano Ahmed al Ahmed, che gli strappa di mano il fucile e lo costringe a ripiegare verso un ponticello dove saranno individuati dalle forze di sicurezza. Akram padre sarà colpito a morte mentre il figlio ha riportato gravi ferite ma è uscito ieri dal coma. E chissà se accetterà di collaborare con la Giustizia.