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 2025  dicembre 16 Martedì calendario

Anche i narcotrafficanti devono pagare le tasse sulla cocaina importata: sequestrati 18 milioni

Non si sa se l’Iva sia stata esposta o meno. Di sicuro però anche i narcotrafficanti devono pagare le tasse sull’importazione di cocaina dal Sudamerica. Che, per gli imputati del processo “Eureka”, ammontano a 18 milioni di euro. È quanto emerge dal sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia ed eseguito stamattina dalla Guardia di finanza. Nel mirino della Procura, diretta da Giuseppe Borelli, ci sono otto soggetti coinvolti nell’inchiesta che, nel 2023, aveva portato al sequestro di 3 tonnellate di cocaina e all’arresto di 108 persone.
Coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, le indagini della Dda avevano fotografato l’esistenza e l’operatività di tre maxi-associazioni criminali finalizzate al traffico internazionale di droga, facenti capo alle più potenti famiglie di ‘ndrangheta dell’area ionica. L’indagine “Eureka”, infatti, ha riguardato le cosche Pelle, Strangio, Nirta, Giampaolo, Mammoliti e Giorgi, che hanno sedi decisionali nel reggino e ramificazioni e basi logistiche in varie regioni d’Italia e all’estero.
La Dda ha ricostruito anche i flussi di soldi riconducibili alle compravendite dello stupefacente che venivano gestiti da organizzazioni composte da soggetti di nazionalità straniere, specializzati nel pick-up money, o da spalloni che spostavano denaro contante sul territorio europeo. Le movimentazioni di denaro, per decine di milioni di euro, hanno interessato Panama, Colombia, Brasile, Ecuador, Belgio e Olanda. I soldi sarebbero stati utilizzati nell’acquisto di auto e beni di lusso, nonché per avviare e finanziare attività commerciali in Francia, Portogallo e Germania, ove venivano anche riciclati sfruttando attività di autoriciclaggio.
Sul fronte penale, in primo grado e con il rito abbreviato, il processo “Eureka” si è concluso il primo ottobre scorso con 76 condanne e 7 assoluzioni. A 21 imputati, inoltre, il gup ha inflitto la pena di 20 anni di carcere. Tra questi ci sono 7 degli 8 destinatari del sequestro preventivo per i quali la Direzione distrettuale antimafia è riuscita a dimostrare in aula la posizione verticistica ricoperta all’interno dell’organizzazione criminale nell’ambito della quale avevano il ruolo di “organizzatori, dirigenti e finanziatori”.
Si tratta di Bruno Giorgi, Salvatore Giorgi, Francesco Giorgi, Vincenzo Giorgi, Filippo Leuzzi, Francesco Strangio, Sebastiano Strangio e Lucio Cesare Aquino. Quest’ultimo è l’unico imputato che non è stato processato con il rito abbreviato e aspetta ancora la sentenza di primo grado. Il provvedimento eseguito dalla guardia di finanza costituisce l’esito di una complessa attività d’indagine condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria. I 18 milioni di euro, infatti, sono la cifra che rappresenta il valore delle imposte evase dagli indagati in relazione ai proventi illeciti conseguiti con l’importazione e il commercio di ingenti quantitativi di cocaina. Le fiamme gialle, in sostanza, sono riuscite a valorizzare ai fini fiscali gli ingenti guadagni perpetrati dagli indagati con il narcotraffico.
Intercettazioni telefoniche e analisi delle conversazioni eseguite con i telefoni criptati: tutto è stato utile ai finanzieri per ricostruire e misurare l’effettiva capacità contributiva maturata dai narcos della ‘ndrangheta. In una nota stampa, firmata dal procuratore aggiunto Stefano Musolino, si legge che la Dda non ha inteso “riservare ai sodali convolti un trattamento fiscale di favore rispetto ai contribuenti onesti. Peraltro, il traffico di sostanze stupefacenti ormai da anni viene considerato dall’Istat ai fini del calcolo del Pil, come parte integrante della cosiddetta ‘economia non osservata’, con un valore che si aggira intorno ai 15 miliardi di euro nel 2023”.
Il giorno degli arresti, il magistrato che ha coordinato l’inchiesta Giuseppe Lombardo aveva definito la ‘ndrangheta come “un player internazionale in ambito economico e finanziario dalle capacità di investimento enormi, che ha individuato settori ad altissima redditività e che va contrastato con strumenti molto sofisticati che devono privilegiare l’analisi finanziaria”.
Così è stato e, in aggiunta alle 3 tonnellate di cocaina sequestrate durante le indagini, con i nuovi accertamenti la guardia di finanza di Reggio Calabria è riuscita a riscontrare l’avvenuta importazione di quasi un’altra tonnellata e 400 chili di droga non sequestrata. Cocaina il cui prezzo praticato per l’immissione in commercio oscillava, secondo gli investigatori, tra i 29mila e i 32mila e 500 euro al chilo. Un guadagno, in soldoni, di oltre 42 milioni di euro che lo Stato considera al pari di “redditi” occultati al fisco e per i quali sarebbero state evase imposte per un totale di quasi 18 milioni di euro, oggetto del sequestro preventivo. L’unico modo per fare pagare le tasse agli indagati che d’altronde, prima di oggi, non avrebbero potuto utilizzare un “banale” F24 per dichiarare la droga importata dal Sudamerica.