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 2025  dicembre 16 Martedì calendario

Dopo l’articolo del Fatto, Palazzo Chigi sospende l’asta dei doni della premier

Dopo l’articolo del Fatto Quotidiano, Palazzo Chigi sospende l’asta dei doni di Giorgia Meloni. Lo scrive nero su bianco: alla luce delle notizie emerse sulla casa d’aste incaricata, procederà “senza indugio” a congelare il contratto con Bertolami Fine Art, in attesa di ulteriori verifiche. È la risposta ufficiale della Presidenza del Consiglio all’articolo che ha rivelato come l’operazione di trasparenza e austerità sui regali istituzionali della premier fosse stata affidata a una società il cui fondatore e titolare era appena stato colpito da una misura interdittiva nell’ambito di una maxi-inchiesta per traffico illecito di beni archeologici. Il decreto, che affida l’asta a Bertolami Fine Art, è del 24 ottobre. L’ordinanza del Gip di Catania, Simona Ragazzi, 855 pagine, arriva a inizio dicembre dopo anni di indagine: 45 indagati, tre associazioni per delinquere, intercettazioni, Gps, sequestri. Secondo il giudice, proprio la casa d’aste romana era uno dei punti in cui i reperti trafugati dai tombaroli siciliani acquisivano “parvenza di liceità” prima di finire sul mercato. La notizia, ora, è tutta qui: Chigi dice di non sapere, ma sospende. Ammette cioè di aver appreso dal Fatto che il titolare della casa d’aste scelta per vendere circa 300 doni della premier – gioielli, collane con diamanti, tappeti, porcellane, busti per un valore stimato di 800 mila euro – è indagato come “terminale” di un colossale saccheggio del patrimonio archeologico siciliano. E corre ai ripari ricorrendo all’articolo 21-quater della legge 241 del 1990: uno strumento cautelare che non risolve il contratto, ma lo congela “per il tempo strettamente necessario”. La Presidenza si difende sostenendo che l’indagine fosse coperta dal segreto istruttorio e che dunque non fosse possibile conoscerne l’esistenza prima. Una spiegazione formalmente corretta, ma politicamente fragile. Perché il buco nero della storia è come si sia giunti alla scelta di affidare un’operazione dal forte valore politico e simbolico a un intermediario senza una verifica attenta, visto che a Palazzo Chigi i mezzi di informazione certo non mancano. La sospensione è un atto dovuto. La mancanza di diligenza, invece, resta tutta da spiegare.