D - La Repubblica, 16 dicembre 2025
Tecla Insolia: “L’amore, capita”.
Tecla arriva in bici a noleggio, è un po’ in ritardo perché oggi aveva da chiudere il cambio di residenza – sorride con quel sorriso innocente, definitivo e irresistibile. Penso: che dono e che arma, sorridere così. Come si fa. Hai una nuova casa? “Direi che ora finalmente ho una casa, mia. Da sola. Bello. È piena di finestre e di luce. Lì posso essere io, è uno spazio per me. Mi posso ingrandire e restringere”. Ride. Porta occhiali da vista, una camicia comprata all’usato ed è bellissima. Dov’è, la casa? “A La Certosa”. La Certosa è un borgo, a Roma. Una borgata, si sarebbe detto qualche decennio fa, quando le periferie erano fatte di campi e piene di lucciole. Tra Tor Pignattara e la via Casilina, lo chiamano il borgo degli Angeli. “Mi piace stare lì, cercavo un paese. Io vengo da un paese. Quando da piccola i miei genitori mi portavano a fare i provini a Roma, nel quartiere Prati, mi perdevo. Guardavo quei palazzoni tutti composti, un po’ mezzo eleganti, tutti uguali e mi domandavo, ma perché la gente vuol vivere qui? Come fa? Non è un giudizio, per carità. Dico solo che io non mi trovavo. Poi, quando mi sono trasferita da Piombino, sono andata a vivere con Carlotta, per fortuna”. Carlotta Gamba, formidabile attrice, co-protagonista con lei del film L’Albero di cui molto parleremo perché di questo lei sempre torna a parlare. Sì certo, i prossimi lavori da promuovere, Primavera di Damiano Michieletto che è la ragione per cui siamo qui, esce a Natale, i progetti futuri. Sì certo, Amata di Elisa Amoruso. Familia, candidato italiano agli Oscar. L’arte della gioia, che le ha dato tutti i premi. Ma L’albero è diverso, l’albero è il posto dell’amore.
Tecla Insolia parla del suo passato come se lo contasse in decenni, a volte usa il passato remoto ma ha 21 anni, invece. Il principale prodigio di questa giovane donna dotata di massimi talenti – premiata, da tutti desiderata, amatissima – è il gioco di prestigio che fa con il tempo. Mi sembra di parlare con una persona anziana tanto sei saggia e avveduta, le dico. Ride ancora. “Non mi dire anche tu che sono una “bellezza antica, un’anima antica”, che somiglio a una persona di altri tempi. Io vivo in questo tempo, totalmente, e non mi sento affatto saggia: non lo sono. Sarà che ho cominciato presto, deve essere questo. A dieci anni, ero in seconda media, ho fatto la prima trasmissione: si chiamava Pequeños gigantes, c’era Belén. Facevo una scuola di recitazione amatoriale, nel mio paese. Cantavo, volevo cantare. Poi c’è stato Sanremo. Non andavo ai compleanni dei compagni, studiavo solo. Prima di cantare vomitavo. Ecco, quello che ho imparato in questi dieci anni è che non voglio più sbagliare direzione, non voglio più investire in qualcosa che mi fa stare male come ho fatto con il canto. Ma io, come tutti, non ho il controllo su niente. Posso solo investire negli altri, e nella vita: nella conoscenza, nello studio, nei viaggi, nell’amore. Se no, se non vivi, cosa porti nel lavoro, nell’arte?”.
Allora vediamo. Solo in questo ultimo anno, per L’arte della gioia, la splendida serie diretta da Valeria Golino in cui interpretava Modesta, la protagonista del libro di Goliarda Sapienza, Tecla ha vinto due David di Donatello – Miglior attrice, Rivelazione – e un Nastro d’argento. La più giovane di sempre a ricevere i due riconoscimenti nello stesso anno. È nel cast di Familia, il film di Francesco Costabile scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar 2026. A Natale uscirà l’opera prima di Damiano Michieletto, Primavera, di cui è l’impressionante incantevole protagonista insieme a Michele Riondino: una produzione Warner già premiata a Chicago. Nel ’26 uscirà il molto atteso Idda, nuovo lavoro di Irene Dionisio girato sulle pendici dell’Etna, in cui recita insieme a Romana Maggiora Vergano. Dei prossimi progetti non molto si può dire, ma sono prestigiosi. Cosa è successo,
domando, in questo ultimo anno. Di punto in bianco: l’astro nascente, la migliore, la promessa. Eppure hai trascorso l’estate ad accompagnare di sala in sala L’albero, opera prima di Sara Petraglia, in tutta Italia. Con Sara, appunto, e con Carlotta Gamba, co-protagonista del film.
“È cambiato tanto e non è cambiato niente. Forse solo ho più paura di sbagliare, ecco. Leggo tanti copioni, mi piacerebbe saper scegliere quello che genera qualcosa di nuovo, che ha un’anima. È vero: L’Albero è stato per me un film fondamentale. Arrivavo da L’Arte della gioia, ero piena di quella grandezza d’animo, e ho girato con Carlotta, con cui ho un legame fortissimo, e poi è successo l’amore. È stato bellissimo trovare Sara. È stata una magia. Sto con lei da due anni. Capita, l’amore. Abbiamo fatto un film nell’amore, stupendo. Sara è una persona che mi dà molta tranquillità, fiducia. Mi sento stabile, con lei: ho sempre voglia di tornare. Ha un gatto che si chiama Willy. Va e viene, non è di nessuno, sta con chi vuole. A casa non si può stare tanto, nemmeno io posso, ma è bello avere una creatura di cui prendersi cura, no? È bello avere qualcuno di cui fidarsi. Poi lo so, le cose possono finire. Ma io non voglio essere prudente, voglio avere fiducia. Voglio credere nel futuro. Nella passione, e nell’arte. Le persone giovani oggi, credo, sono più coscienti dei pericoli rispetto alle persone giovani di ieri. Lo so che non tutto dipende da me, anzi: poco. Non guardo i social, mi feriscono, uso poco il cellulare. A volte non rispondo, me lo rimproverano, ma poi alla fine prendo una bicicletta e arrivo. Devo costruire chi sono. Viaggiare, vivere. I miei genitori mi dicono sempre lavora, lavora. Fai tutto. Alcune colleghe mi dicono: bisogna battere il chiodo quando è il momento. Mi domando, quale chiodo? Se il chiodo è piantato, dove batti? Sento il bisogno di studiare. Io ho smesso presto, non mi sono nemmeno laureata, da piccola già lavoravo. Vengo da una famiglia semplice. Vorrei imparare ogni giorno una cosa nuova. Ho questo dono, non è un merito: sono veloce, posso imparare cose difficili rapidamente. Come suonare il violino, per esempio. L’ho fatto per Primavera. Se avessi avuto un po’ più di tempo, anche solo qualche settimana, l’avrei suonato io, davvero: non lo dico con superbia, avrei potuto. Com’è stato lavorare con Damiano? Bello. Lui è alto, grande. È un’anima febbrile, come Vivaldi. Il suo set è stato un fuoco. Damiano abbraccia tantissimo, dà questi abbracci forti. Ti dice brava, e tu ci credi. È stato un set molto fisico. Con Fabrizia Sacchi, con Michele Riondino. Poi mi chiedevo. Ma perché Tiziano Scarpa ha scritto un libro mettendosi nei panni di una ragazzina di 14 anni del 1600? Resto nella domanda. C’è stata un’energia bellissima. Ogni volta è diverso, il set. Con Francesco Costabile, persona non binaria, è stato stupendo girare Familia. Imparo sempre. Il teatro? Non lo so. Speriamo. Mi piacerebbe tanto. Non è mai questione di soldi, per me è il progetto quello che conta. Questi tagli al cinema, per esempio. Non avremo più la possibilità di sperimentare, di fare cose diverse se bisogna sempre fare le cose sicure. Si parla solo di numeri ma mi chiedo di quanti di quelli che consideriamo maestri avrebbero potuto fare quel che hanno fatto, se la logica fosse stata solo quella dei soldi”.
Maestri, quali? Con chi vorresti lavorare? “Di vivo?”. Sì, dai, di vivo. Ride ancora. “Valeria Golino e Sara se me lo chiedessero, subito. Poi Nanni Moretti, Céline Sciamma, Celine Song con cui ho fatto una piccola cosa per Armani, bellissima. Con tutti quelli che sperimentano vorrei anch’io, piccola piccola, provare”.