la Repubblica, 16 dicembre 2025
Opere in ritardo o rimaste al palo, la Cortina olimpica arranca in mezzo ai cantieri
Olimpiadi invernali? Mai sentite nominare: non sono del posto». I cortinesi, per non cedere allo sconforto, scherzano. Mancano 53 giorni dall’inaugurazione dei Giochi: stando alle promesse, dovrebbero già vivere «nella più moderna località turistica delle Alpi». Si svegliano invece «nel caos del più vasto cantiere montano d’Europa, tra lavori in corso privi di un termine prevedibile».
Nel 2019, all’assegnazione di Milano-Cortina, nei caffè affacciati sul salotto di Corso Italia si erano stappate le bottiglie. «Sono passati sei anni – dice la consigliera comunale Roberta de Zanna – e oggi la gente non vede l’ora che arrivi fine marzo, sperando di sopravvivere. Alle bugie della politica è seguita la disorganizzazione dei manager: atleti e televisioni di tutto il mondo, al posto dello spettacolo delle Dolomiti, saranno accolti da una foresta di gru, impalcature, prati squarciati e colonne di auto bloccate nel traffico».
L’incubo-incompiuta minaccia di debuttare già prima di Natale. Decine i cantieri aperti e le interruzioni stradali tra Belluno e Cortina. Non un tunnel aperto, o una circonvallazione percorribile: quasi due ore di macchina per coprire una sessantina di chilometri, velocità media 30 all’ora. «Con festività e Giochi – dice Silverio Lacedelli, ex dirigente regionale – l’assalto si profila ingestibile. Il ritardo delle opere ha messo in ginocchio la viabilità, i cantieri hanno cancellato i parcheggi. Albergatori, rifugisti, commercianti e gestori degli impianti di risalita non credono a ciò che vedono: un affare, nell’immediato, ridotto a un disastro anche economico».
Ad allarmare non sono solo le 105 licenze, tra pubblico e privato, concesse per opere olimpiche in corso, ancora da appaltare, in attesa di finanziamenti, o neppure progettate. Cortina d’Ampezzo conta 5 mila residenti e oltre 50 mila letti per turisti: non più di 1400, entro la cerimonia inaugurale del 6 febbraio, i posti auto accessibili. Non solo cortinesi e ambientalisti, preoccupati anche da caldo anomalo e ritardo della neve, denunciano il rischio-flop. Uno studio dei costruttori dell’Ance documenta l’emergenza veneta e invoca «una programmazione adeguata a gestire almeno le grandi opere del dopo Olimpiadi, per un valore di 1,4 miliardi». Cifre shock, scovate da Open Olimpics nei report elaborati da ministero delle Infrastrutture, Rfi e dalla stessa Simico, la società pubblica che gestisce i lavori previsti per i Giochi. Per il Veneto, un’imbarazzante Caporetto: solo 3 su 25 le opere concluse, 7 quelle ancora in fase di progettazione, 4 le incompiute che si dovranno perfino sospendere durante le gare. I lavori finiti in tempo sono appena il 12%, i progettati il 28%, in via di esecuzione il 60%: di questi, solo 4 su 10 gli ultimati entro febbraio.
«Basta interventi in emergenza – l’attacco di Alessandro Gerotto, presidente dei costruttori – per non fermarci dopo i Giochi e la fine del Pnrr, serve programmazione». Un dopo-Zaia subito bollente, nelle mani del neogovernatore veneto Alberto Stefani.
Simboli della crisi, la cabinovia olimpica di Socrepes, la nuova pista da bob, il parcheggio sotto l’ex stazione dei treni e la ristrutturazione del trampolino inaugurato nel 1956. A questi si sommano le varianti di Longarone e della stessa Cortina: lavori per oltre un miliardo, consegna promessa tra il 2029 e il 2032, o neppure ipotizzabile.
«Milano-Cortina si rivela il pretesto per l’ennesima cementificazione – dice Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness – solo il 13% degli oltre 3 miliardi spesi sono giustificati dallo sport. In Veneto i Giochi lasceranno opere inutili, o finanziate e non realizzate».
Ai piedi delle Tofane il colpo d’occhio conferma gli allarmi. Dal Cadore una colonna di tir sale tra cumuli di scarti non smaltiti degli scavi, davanti a cartelli che assicurano “Innoviamo il presente, costruiamo il futuro”. Le impalcature nascondono il trampolino-icona di settant’anni fa: milioni per un restyling televisivo, senza ascensore i turisti non potranno salire. Nemmeno un pilone della cabinovia di Socrepes, finanziata con 35 milioni, è in piedi sopra la spaccatura di una frana che cala su Cortina alla velocità di 2 metri all’anno. Simico conferma il collaudo entro fine dicembre, imposto dall’avvio dei Giochi. «Peccato manchino ancora progetto esecutivo – dice Marina Menardi, direttrice di Voci di Cortina – e certificato di immunità di frana. La trattiva privata ha affidato l’opera a un imprenditore controverso e a un’azienda turca senza requisiti: il piano B, che impone di caricare su navette il pubblico delle gare, è già il piano A».
Ottimisti il sindaco, Gianluca Lorenzi, e il commissario olimpico straordinario Fabio Massimo Saldini, ad di Simico. «A Cortina – ripete – la situazione si è rivelata più complessa che altrove. Io sono arrivato solo 20 mesi fa, ma sono certo che le opere sportive necessarie a svolgere i Giochi saranno completate».
A rischio tutto il resto, ossia il grosso di lavori e appalti: strade, gallerie e parcheggi, ribattezzati “piano di accessibilità a Cortina”, le infrastrutture “accessorie” della pista da bob, palazzetto del ghiaccio, nuova cabinovia e villaggio olimpico a Fiames. «Gli atleti finiranno in container privi di spazi comuni – dice lo storico fotografo Diego Gaspari Bandion – le sciatrici di Italia e Usa alla fine hanno preferito stare in hotel».
Data segnata in rosso, l’Epifania. Dopo il 6 gennaio e fino a metà marzo chiuderanno l’area-sci delle Tofane, piste e rifugi compresi, palaghiaccio e palestre, l’intera zona considerata olimpica. I 700 agenti reclutati per la sicurezza saranno alloggiati a 40 chilometri: anche per studenti e pendolari si profila un’odissea quotidiana. A Roma il governo parla di un «miracolo del nostro saper fare». A Cortina si ingrossano le fila di chi ammette un «fallimento del loro saper parlare».
La verità, forse, tra sette anni: in Veneto il fine lavori slitta a dopo le Olimpiadi invernali 2030, contese tra Nord America e Norvegia.