la Repubblica, 16 dicembre 2025
Manovra, accordo sull’oro di Bankitalia. Ma ora la Bce apre un fronte sulle tasse alle banche
Chiuso un fronte, se ne apre un altro. Neppure il tempo di incassare il via libera sull’oro di Bankitalia che il governo deve già mettere in conto nuovi attriti con la Banca centrale europea. Nelle stesse ore in cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, annuncia in Senato «il nulla osta» di Christine Lagarde all’emendamento alla manovra di Fratelli d’Italia che riconosce l’appartenenza delle riserve auree al popolo italiano, proprio l’Eurotower torna a impugnare la matita rossa. Interviene di nuovo sulla legge di bilancio. Questa volta i rilievi riguardano le tasse a carico degli istituti di credito.
L’alert è contenuto nel parere sulla tassazione delle istituzioni finanziarie. Recita così: le misure che gravano sul credito potrebbero generare una serie di effetti negativi. La lista è lunga. Dentro ci sono l’erogazione del credito, gli utili, il patrimonio e la liquidità. «Complessivamente» – scrivono i funzionari – si prevede che le misure aumenteranno il carico fiscale effettivo sul settore bancario». Un dato già acquisito dato che la Finanziaria conteggia il prelievo fino all’ultimo centesimo. E l’Abi ha fatto già da tempo i suoi conti: 9,6 miliardi di maggior gettito tra il 2026 e il 2029. Dall’aumento dell’Irap di due punti percentuali alle misure sugli anticipi di liquidità, i balzelli sono vari ma tutti pesanti. Di più: le modifiche in Parlamento stanno per aggiungere al fardello un’ulteriore riduzione delle deducibilità delle perdite fiscali. Da qui a qualche giorno, il contributo alla Finanziaria crescerà.
Il giudizio della Bce arriva proprio a ridosso di questo passaggio. Il tema della sostenibilità dello sforzo viene agganciato soprattutto al rischio di una contrazione del credito concesso a imprese e famiglie. Ecco il passaggio: «Sebbene gli enti creditizi presentino ancora una buona solidità finanziaria e una prima valutazione dell’impatto del disegno di legge suggerisca che la situazione non cambierebbe dopo la sua adozione, il previsto aumento della pressione fiscale potrebbe pregiudicare l’erogazione del credito all’economia».
Il fronte è aperto. Quello alle spalle riguarda i lingotti custoditi nei caveau della Banca d’Italia. La mossa dei meloniani ha messo in allerta la Bce: per due volte, infatti, Lagarde ha invitato il governo a riformulare la proposta sulla proprietà delle riserve auree in capo agli italiani. A mettere la parola fine alla querelle è Giorgetti. Il titolare del Tesoro incassa l’esito positivo di una mediazione centrata sulla riscrittura della proposta di FdI e sul confronto con Lagarde. Lo schema, anticipato da Repubblica, è stato riversato ieri nell’emendamento depositato a Palazzzo Madama. La detenzione e la gestione dell’oro restano a Bankitalia.
A sancirlo anche il passaggio della norma sull’iscrizione dei lingotti nel bilancio di via Nazionale. Così come è ben specificato il riferimento al ruolo inderogabile sull’oro del sistema europeo delle banche centrali (Sebc), di cui la Banca d’Italia fa parte. A sigillo sono elencati tre articoli del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, che riguardano proprio le competenze degli istituti nazionali.
Dal canto loro, i Fratelli possono rivendicare il passaggio dell’emendamento dove viene specificato che le riserve auree «appartengono al popolo italiano». È già così. Ma quando la manovra sarà approvata dal Parlamento, a dirlo sarà anche una legge dello Stato.