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 2025  dicembre 16 Martedì calendario

La Nazionale delle isole Comore dai giocatori spariti per sciopero ai gol per la Coppa d’Africa

Pronti via. Come no. Poveri illusi. Voi che pensavate. La favola, un racconto bell’e pronto per una serie televisiva. Quelle cose lì, ci siamo capiti. «La situazione d’improvviso divenne grottesca. Mi avevano nominato selezionatore da un giorno, ancora ero meravigliato dalla disponibilità, l’attenzione ai dettagli, e però mi era sparita la squadra... I titolari, le riserve... È la bellezza del calcio, la sua primordiale bellezza che ci riporta indietro, bimbi a rincorrere un pallone... Con questo spirito sono pronto a vivere una festa di popolo: la Coppa d’Africa entusiasma un intero continente, per molti conta più del Mondiale». Ormai ci siamo. Domenica si comincia. In Marocco. L’atalantino Lookman fra i più talentuosi.
D’accordo. E però Stefano Cusin, italiano nato a Montréal, figlio di migranti, allenatore, dal 2023, delle Isole Comore inserite nell’ostico girone A (lo stesso Marocco più Mali e Zambia), quella volta in Provenza rimase solo. Appunto era il commissario tecnico della Nazionale dell’arcipelago a 400 chilometri dal Madagascar, tre isole più una quarta, Mayotte, Dipartimento francese d’oltremare, in perenne stato di polizia; e in quanto enclave europea nell’oceano Indiano, i comoriani spesso affondano e affogano pur di riuscire – la maggioranza sulle barche son giovani coppie – a raggiungerla e lì rimanere, nascosti nei boschi, fino al parto. Far nascere un neonato su di una terra meno disgraziata.
Vi son laggiù disastri umanitari che ai mass media non interessano. Le acque, raccontano, sono cimiteri più affollati del Mediterraneo. Metà dei viventi hanno meno di vent’anni.
Cusin, dicevamo. Era in Provenza perché le Isole Comore erano prive di stadi omologati per gli incontri internazionali. Dovevano andarsene in affitto. Nel Nordafrica, vicino all’Europa dove i Nazionali giocano nei club: quinta serie francese, Lussemburgo, Lituania, Belgrado.
Cusin, dicevamo. L’appuntamento era a Mallemort, piccolo paese di pace dotato di un bell’impianto sportivo. La Federazione calcistica comoriana e quella di Capo Verde si erano accordate per un’amichevole. I calciatori di Cusin non si presentarono. Uno sciopero. Contro la medesima Federazione, per ripicche che perduravano. Cusin chiamò il presidente, mi sa che dobbiamo annullare, disse, non ho un calciatore che sia uno; non se ne parla, replicò il presidente, se salta la partita dobbiamo pagare una penale di centomila euro. Cusin s’attaccò (di nuovo) al telefono. Telefonò per chiedere numeri, telefonò a quei numeri, telefonò a vecchi collaboratori, altri allenatori, preparatori, talent- scout, e insomma, una serie di calciatori, anche giovanissimi, dall’Europa mosse, con ogni mezzo di locomozione, verso Mallemort, in tempi utili per inscenare un allenamento, e indossare per la prima volta, con inusitata gioia, insperata gioia, la maglia della Nazionale.
Si cementò allora un gruppo pazzesco. Questo è l’esordio delle Isole Comore alla Coppa d’Africa: prima edizione in Sudan nel 1957, ultima rassegna vinta dalla Costa D’Avorio, l’ex interista Samuel Eto’o capocannoniere con 18 gol; si giocherà in 6 città, fra i campioni ci sono Salah e Osimhen, fra i giovani Diomanda, Talbi, Mbaye, domenica sera esordio tra il Marocco ultra-favorito e chi? Cusin e la sua banda. Egli, 57 anni, ha allenato in Sudan del Sud, Inghilterra ed Emirati (anche come vice di Walter Zenga), Francia, Bulgaria, Cipro, Palestina: «Non sono un avventuriero; inseguo opportunità di sport e cultura, di incroci, sono stato ovunque con la famiglia, i figli. Ho lavorato in luoghi di estrema povertà dove il calcio incarna la libertà: si è liberi sul terreno – di emozionarsi, gioire, recriminare, certo —, e si è liberi sugli spalti. Senza vincoli né paure. Sono grato a tutta questa gente, non faccio che imparare». Non lancia proclami, è un tipo semplice che annota i fatti. Hakimi, il capitano del Marocco che vince da 17 partite, è in recupero da un infortunio. Forse domenica non ci sarà. «Un peccato. Con lui ci sarebbe maggior spettacolo». Nel pallone che recita nelle interviste, ecco, fidatevi: Cusin non conta balle, ci crede sul serio.