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 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Attenzione a quei falsi medievali

Il tema della falsificazione in arte rimane sempre uno dei più dibattuti e controversi, malgrado gli studiosi abbiano ormai a disposizione mezzi scientifici sempre più sofisticati. L’Italia in questo territorio che rimane sempre a margine degli interessi della storia dell’arte, con alcune eccezioni, come il lungo lavoro di Gianni Mazzoni per ricostruire il profilo geniale e irridente del maestro senese Icilio Federico Joni, che pubblicò nel 1932 una autobiografia dal titolo Memorie di un pittore di quadri antichi.
Nel mondo classico il tema è portato da opere celebri come il Trono Ludovisi, dall’iconografia e dalla forma che ha pochi confronti, su cui continuano le discussioni a molti anni di distanza dalle affermazioni di Federico Zeri, che negli anni 80 lo dichiarò una falsificazione. Non meno complesse le vicende dell’arte medievale, a cui ora il Musée de Cluny a Parigi dedica una mostra di grande interesse: Le Moyen Àge du XIX siècle. Créations et faux dans les arts precieuses, a cura di Christine Déscatoire e Frédéric Tixier. Al centro della ricerca sono appunto oggetti creati con materiali preziosi, argento, oro o avorio, un territorio in cui, prevedibilmente, si sono scatenati i contraffattori, cercando di trarre il massimo guadagno dalla loro opera.
Al centro dell’esposizione sta la vicenda, paradossale, di Luigi Parmeggiani nato a Reggio Emilia e che ha lasciato, dopo una vita errabonda, una complessa collezione, di cui molto dibattono gli studiosi, ospitata nel museo ambientato in un palazzo neogotico da lui costruito nel centro della città, dove si trova la sua collezione venduta alla amministrazione municipale.
Fuggiasco per la sua attività anarchica, ricercato dalla polizia, si trasferì a Londra, dove fu brevemente in carcere, diffondendo la rivista «Vive le Vol», ossia «Viva il furto» e poi a Parigi dove assunse alla fine dell’Ottocento il nome di Louis Marcy: a lui sono legati vari oggetti esposti. In primo luogo scudi e stemmi in cui le informazioni araldiche non tornano, come quello attribuito a Guillaume I di Valence, conte di Pembroke che è un unicum in tutte le rappresentazioni dell’epoca. Non meno perfette le opere a smalto, come il notevole confanetto con i giocatori di scacchi, soggetto inedito nel repertorio delle opere in metallo, in cui l’immagine è tratta dal celebre Codice Manesse, che rappresenta Otto di Brandenburgo impegnato in una partita con la moglie.
Non meno rilevante un altare portatile, in legno e rame decorato in vernice bruna e oro, con pitture a smalto champléve, secondo la tradizione di Limoges, che viene messo a paragone con uno autentico, della metà del 1100, di cui la storia è ampiamente documentata, proveniente dalla cattedrale di Bamberg o di Fulda. Simile il discorso per una placca in metallo per decorazione di una rilegatura, che rappresenta Cristo dentro la mandorla mistica. In questo caso gli studiosi mettono in discussione la tecnica, troppo diversa da quella corrente dei maestri limosini.
Al suo fianco lo spagnolo Francisco Pallàs y Puig, specializzato in opere in avorio, come uno strepitoso Trittico dell’adorazione dei Magi, dalla simbologia assai complessa. L’opera ha una struttura architettonica ampia, con simboli araldici che celebrano l’Aragona: gli studiosi hanno messo in dubbio l’autenticità dell’opera, a partire da una discussione sul programma iconografico, che non rispetta le regole tradizionali, ponendo a destra il battesimo di Cristo e a sinistra la decollazione di san Giovanni Battista. Alcune opere che gli sono attribuite, tra cui una decoratissima situla, ossia un secchiello per l’aspersione con l’acqua benedetta, si trovano appunto alla Galleria Parmeggiani.
I criteri utilizzati dagli studiosi per mettere in discussione le attribuzioni sono come sempre soprattutto legati al paragone, specialmente quando l’opera non è riconducibile a modelli diffusi.
Come sempre nelle esposizioni dedicate a falsi e falsari è in primo piano la storia delle collezioni che hanno ospitato queste opere prima degli studi ulteriori che ne hanno messo in discussione l’autenticità. Di vicende di falsificazioni nell’arte medievale ha trattato la notevole esposizione Faux et Faussaires agli Archives Nationales, chiusasi il 2 dicembre. In una sezione compariva un rimando legato alla mostra, con la vicenda del busto-reliquiario di San Martino proveniente da Soudelles, nel dipartimento della Corrèze. Un’opera importante, venduta dal parroco con l’aiuto del falsario Félix Joubert, che aveva realizzato una copia da tenere nella parrocchia, a John Pierpont Morgan, per tramite dell’antiquario Duveen. Il magnate americano infine donò l’originale al Louvre, dopo una complessa trattativa. Un’altra vicenda, che divenne celebre, di una complessa storia dei falsi medievali indagata nell’esposizione al Musée de Cluny.