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 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Bce, è partita la campagna per il dopo-Lagarde

È bastata una frase buttata lì durante un’intervista per chiarire a tutti che la campagna per la successione a Christine Lagarde alla guida della Bce è iniziata. Questa frase: “Sia i mercati che i partecipanti al sondaggio si aspettano che la prossima mossa sui tassi sarà un rialzo, anche se non a breve. Sono piuttosto fiduciosa su questo”. A pronunciarla è stata Isabel Schnabel, economista tedesca che fa parte del Comitato esecutivo della banca centrale europea e si è auto-inserita nella corsa per il posto di presidente, che si libera – assieme ad altre tre poltrone di peso, compresa la sua – entro la fine del 2027.
Il totonomi ha il suo fascino, per carità, tanto più in una di torre di Babele come l’Eurozona, nella quale un ruolo importante giocano pure la nazionalità dei candidati e il complesso reticolo di alleanze che ogni nome sottende. In gioco, però, c’è assai di più una poltrona e del prestigioso didietro che la occuperà, come dimostra sempre la dichiarazione di Schnabel: quale sarà la politica monetaria della Bce nei prossimi anni, quali Paesi e interessi favorirà nell’impossibilità di favorirli tutti? La Francia, per capirci, non è nelle condizioni di sopportare un nuovo ciclo di aumento dei tassi (di cui anche l’Italia, peraltro, non sarebbe felice): a Parigi si chiede di fare manovre fortemente restrittive, che finora sta evitando a prezzo di qualche tensione sui mercati, mentre espande il suo bilancio per la difesa. Vasto programma già di per sé, realizzarlo col costo del denaro che ricomincia a salire rischia di stroncare l’economia d’Oltralpe. Schnabel, d’altra parte, non parla certo a Emmanuel Macron: il suo appello per il “ritorno all’ordine” – tassi in salita a fini anti-inflazionistici e soprattutto per influenzare le politiche di bilancio in senso restrittivo – è una musica suonata per quel blocco di Paesi (e di interessi al loro interno) che stanno nell’Europa del Nord, cioè all’ingrosso tra la Germania e il fu Benelux.
Finora i tedeschi non hanno mai provato a prendersi la Bce: dato il peso della loro economia nell’Eurozona, la banca centrale – peraltro non solo simbolicamente basata a Francoforte – è già una Bundesbank più grande. Guidarla direttamente è sempre parso troppo. Stavolta però, lo ha scritto anche il Financial Times la scorsa settimana, il governo di Berlino vuol partecipare alla corsa e di candidati ne ha addirittura due: da mesi, dice il giornale londinese, il governatore della banca centrale tedesca, Joachim Nagel, ha avviato una campagna per succedere alla Lagarde, ma di segno opposto a quella di Schnabel. Nominato dai socialdemocratici nel 2022, in questi mesi Nagel si rivolge soprattutto al Sud Europa (e in particolare alla Francia) quando dice che, sotto la sua guida, la Bundesbank non fa più una politica monetaria aggressiva. Si candida, insomma, a essere anche alla Bce il tecnico della Grande Coalizione che è stato finora in Germania: il garante, in sostanza, della continuità dell’asse franco-tedesco sulla politica monetaria oggi impersonificato da Lagarde.
Anche se il cancelliere Merz dovesse prenderla seriamente, sarà comunque difficile piazzare un tedesco al vertice della Bce mentre una tedesca guida la Commissione: lo stesso governatore Nagel lo sa bene e le sue speranze risiedono nella possibilità, ufficialmente sempre smentita, che all’inizio del 2027 Ursula von der Leyen (il cui mandato scade nel 2029) succeda a Walter Steinmeier come presidente della Repubblica. Un risiko complicato che spinge i più a credere in altre due candidature, anch’esse portatrici di due differenti linee di intervento (pur all’interno della stessa cornice monetarista, cioè in generale conservatrice). Se vincessero i falchi del Nord, ovviamente trovando alleati lungo la via (ad esempio i baltici), il candidato naturale sarebbe l’ex governatore olandese Klaas Knot: rigidamente contrario al debito comune e a interventi a sostegno delle politiche fiscali statali, è ovviamente fautore di un aumento del costo del denaro e di un obiettivo di inflazione per la Bce inferiore al 2%.
L’altra via, più accomodante, è rappresentata da un suo ex collega, lo spagnolo Pablo Hernández de Cos, oggi direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali: nominato alla Banca di Spagna dal centrodestra, ha saputo costruirsi un rapporto anche col socialista Sanchez e gode fama di grande preparazione tecnica (meno speranze pare avere, su questa stessa linea, il capo economista della Bce, l’irlandese Philip Lane). La campagna, comunque finisca, è già iniziata e in gioco non ci sono i nomi, ma come sarà l’Eurozona del futuro: se vincessero i falchi, peraltro, non è detto ce ne sia una.