La Stampa, 15 dicembre 2025
Attenti alla lettura
La parola “triggered” è comparsa anni fa nel linguaggio psichiatrico per indicare chi era stato colpito ("trigger” vuol dire grilletto) da un evento che lo aveva profondamente turbato o coinvolto emotivamente. In tempi recenti è però entrato in modo torrenziale nei “meme” e in ambito letterario. Un bel libro di John Sutherland, Triggered literature, offre una brillante indagine e un’ampia serie di esempi che riguardano i casi in cui un testo è stato “triggered”, cioè è stato preceduto da un avvertimento che mette in guardia i lettori dalla possibilità di essere “triggered” (turbati, o peggio) dalla lettura del testo stesso. Facciamo un esempio. «L’amante di Lady Chatterley contiene parole oscene che potrebbero turbarvi». Avvertimento che tuttavia potrebbe ottenere l’effetto opposto, quello di involontario invito alla lettura (quando il tribunale inglese decretò che il libro, nonostante le parole oscene poteva essere pubblicato per il suo valore letterario, l’intera tiratura andò esaurita in due giorni). Curiosamente gli avvertimenti a proposito dell’oscenità adesso sono piuttosto rari, mentre invece un tempo era proprio questa l’accusa che faceva mettere al bando fior fior di capolavori, e non soltanto la Lady suddetta e Lolita, ma persino un testo teatrale di Beckett. Adesso sono altre le preoccupazioni che vanno per la maggiore. Le espressioni razziste, ad esempio, che per la verità già erano state eliminate da alcuni gialli di Agatha Christie, lei consenziente. E in Huckleberry Finn di Twain, il romanzo, diceva Hemingway, da cui discende tutta la letteratura americana, la parola nigger (negro) è stata sostituita dalla parola slave (schiavo).
Non solo il razzismo, ma anche il colonialismo offre numerose occasioni per triggherare quei libri che contengono espressioni che non lo condannano. Che dire, tuttavia, dell’abolizione della cerimonia del tè che veniva proposta a chi visitava la casa museo di Jane Austen? La spiegazione era che nel rito famigliare degli Austen preso ad esempio il tè utilizzato era un prodotto che derivava dallo sfruttamento coloniale del subcontinente indiano. Difficile non pensare che questa sia un’esagerazione, tanto più che il tè che usavano gli Austen e i loro contemporanei era il Bohea cinese e la Cina mica faceva parte dell’Impero britannico.
In fatto di avvertimenti di altro ambito, come la mettiamo con la “tossica mascolinità” di Amleto? Tragedia per questo motivo da triggherare, spiega la professoressa di Oxford Emma Smith (che però è professoressa di storia, non di letteratura), con quel giovane principe che lei paragona ai pazzoidi assassini che fanno micidiali sparatorie nelle scuole americane. Tossica mascolinità, si legge nel libro di Sutherland, che la direttrice di una esclusiva scuola privata di Londra (la retta è di 30 mila sterline all’anno) riscontra anche nel personaggio di Macbeth.
In certi casi è comprensibile che si voglia avvertire il giovane lettore (e anche quello meno giovane) della presenza di espressioni che potrebbero imbarazzarlo, o turbarlo, o indignarlo. Cosa accettabile, a differenza della scelta di cambiare le parole di un testo, come ad esempio era stato fatto in alcuni dei magnifici racconti per bambini di Dahl in nome dell’evitare la distinzione tra maschio e femmina. Invece di “padre e madre” si era messo “genitori”, invece di boys and girls, cioè “bambini e bambine”, si era messa la parola children, plurale neutro, che in italiano non c’è. Magari si potrebbe ricorrere alla parola “prole” quando sono i figli dei suddetti “genitori”. L’indignazione per questa decisione fu grandissima e l’editore se la cavò facendo due edizioni diverse, una con il testo riveduto e una con il testo originale triggherato.
Gli “avvertimenti” più sorprendenti sono quelli che riguardano Romeo e Giulietta (il cui finale potrebbe rappresentare un’istigazione al suicidio) e, forse un po’ meno, Sogno di una notte d’estate, triggherato dal Globe Theatre di Londra in occasione di una recente messinscena, per via del fatto che Titania, la regina delle fate, per magia (cioè perché drogata) si innamora perdutamente di un artigiano trasformato in asino, con il quale, nella notte suddetta potrebbe avere rapporti non platonici. Il Globe Theatre ha però usato un’espressione a cui, con qualche variante, di recente è stato spesso fatto ricorso: guida, o commento, ai contenuti del testo.
Prima però che la nuova espressione venisse adottata, ci informa Sutherland, la Newman University di Birmingham aveva triggherato il Secondo Libro di Samuele della Bibbia. In effetti, con tutto quello che combina il re David, l’avvertimento è comprensibile: non solo in un primo tempo si mette al servizio dei Filistei, cioè dei Palestinesi, contro gli Israeliti, ma, soprattutto, si innamora di Betsabea, moglie del prode guerriero Uria, la mette incinta e fa in modo che il marito venga ucciso in guerra. Non c’è ancora, però, un “commento ai contenuti” riguardante le pagine dei Vangeli dove si racconta la Passione di Cristo. Vero è che in effetti le sofferenze e la crocifissione di Gesù costituiscono una lettura che non può non turbare: ma, santo cielo, così deve essere! E quindi i Vangeli, a differenza della Bibbia, dovrebbero scamparla.