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 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Uova d’oro: il prezzo salito del 20% in sei mesi "L’epidemia di aviaria è alla base dei rincari"

Il prezzo delle uova in Italia continua a crescere, con un aumento superiore al 20% da luglio. Un chilo di uova medie da allevamento in gabbia, che sei mesi fa all’ingrosso costava 1,96 euro, a dicembre si compra a 2,38 euro. Le quotazioni hanno superato i massimi toccati ad aprile 2023 e sono più che raddoppiate rispetto ai livelli di equilibrio precedenti al 2021. Un’impennata che si riflette sui conti delle famiglie e che dipende da una serie di fattori in tutta Europa.
«In un contesto di domanda rigida, nonostante l’inflazione, le uova rimangono a buon mercato tra le proteine nobili», spiega Filippo Roda, analista di Areté. Anche con l’aumento dei prezzi generali, cioè, continuano a essere una fonte proteica conveniente rispetto a carne e pesce, e i consumatori non riducono gli acquisti. Il principale responsabile dell’escalation dei prezzi è il rallentamento delle produzioni europee, colpite dalla diffusione dell’influenza aviaria. Da inizio anno a fine novembre nell’Unione europea si sono registrati 568 focolai negli allevamenti, più del doppio rispetto ai 231 dello stesso periodo del 2024. Circa il 13% ha interessato allevamenti di galline ovaiole, con 18 nuovi casi solo a novembre. In Italia il totale annuale è arrivato a 45 focolai, di cui 8 nell’ultimo mese.
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha segnalato nei giorni scorsi un marcato aumento dei contagi tra gli uccelli selvatici, con focolai diffusi negli allevamenti. Gli scienziati pensano che il livello di circolazione del virus continuerà a essere elevato nelle prossime settimane, con un probabile calo solo verso la fine dell’inverno.
Per risolvere il problema, gli allevatori stanno aumentando il numero di galline attraverso le “rimonte”, cioè con l’introduzione di nuovi capi negli allevamenti. Servirà però del tempo prima che questi animali raggiungano l’età produttiva e inizino a deporre uova. «L’inverno rimane critico – spiega Roda – ma in primavera la stagione più calda potrebbe favorire un rientro graduale dell’emergenza».
A chiudere il quadro ci sono le politiche europee di tutela ambientale e benessere animale, che stanno rallentando in modo strutturale la crescita produttiva.
Tra il 2015 e il 2020 la produzione europea aumentava a un ritmo dell’1,2% all’anno, mentre dal 2015 al 2025 l’aumento si è ridotto allo 0,2% annuo.
Il calo dell’offerta ha spinto l’Europa, tradizionalmente esportatrice netta di uova, ad aumentare le importazioni. Tra gennaio e settembre 2025 gli acquisti dall’estero sono cresciuti del 68% rispetto allo stesso periodo del 2024, con il 68% proveniente dall’Ucraina e il 10% dalla Turchia. L’Italia ha seguito la stessa tendenza, con un aumento dell’import del 56%: il 49% arriva dalla Turchia e il 44% dall’Ucraina.
Le importazioni da Paesi con costi di produzione più bassi potrebbero agire da freno sui rincari.
Ma in Italia si verifica un fenomeno opposto: anche le esportazioni extra Ue sono aumentate del 17%, e sono dirette verso mercati con maggiore capacità di spesa come Svizzera e Regno Unito, a loro volta alle prese con carenze di offerta per via dell’aviaria. La vendita all’estero a prezzi elevati ha contribuito a sostenere le quotazioni interne anziché calmierarle.
Nei prossimi mesi non è ancora chiaro cosa accadrà. Le temperature più miti dovrebbero ridurre la diffusione dell’aviaria e quindi ammorbidire una delle principali cause dei rincari. Anche l’entrata in produzione delle nuove galline e i costi dei mangimi più bassi rispetto all’ultimo triennio potrebbero favorire un’inversione del trend. «I rischi restano tuttavia elevati – dice Roda –, saranno necessari tempi più lunghi per una normalizzazione del mercato».