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 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Sugli asset la Ue tira dritto: via libera entro Natale. Fastidio per i dubbi italiani

Un accordo è necessario. Per finanziare l’Ucraina. E l’uso dei beni russi congelati è stata la soluzione che ha riscosso i maggiori consensi. Continueremo dunque su quella strada senza fermarci». Bruxelles non intende fare passi indietro sugli asset di Mosca. E nonostante i nuovi dubbi sollevati la scorsa settimana dall’Italia, i vertici di Commissione e Consiglio europeo stanno concordando una linea che porti comunque ad approvare la scelta di trasformare i beni putiniani in un prestito per sostenere Kiev dal punto di vista economico e militare. E a farlo al consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi.
Nei contatti delle ultime ore è anche cresciuta una certa irritazione nei confronti di Roma. La frenata data a questa opzione in occasione dell’ultima riunione del Coreper (il comitato che riunisce i 27 Rappresentanti permanenti) ha infatti sorpreso Palazzo Berlaymont e irritato i governi di Francia e Germania. Che espliciteranno il loro fastidio a Berlino nel corso del vertice dei “volenterosi” stavolta allargato a Giorgia Meloni.
La linea è dunque di imboccare a tutti i costi la strada prescelta. Perché al momento è l’unica in grado di resistere alla pressione della Russia e di evitare che Putin legga in una mancata decisione l’ultima debolezza dell’Unione europea. E quindi l’opportunità di affondare il colpo contro l’Ucraina. Un timore che attraversa soprattutto Germania, Francia e Gran Bretagna. Va considerato che in particolare il governo tedesco spinge per questa soluzione al fine di scongiurare la necessità di finanziare Kiev con i soldi pubblici di singoli Paesi. Una spesa piuttosto elevata. Anche per l’Italia.
A Palazzo Berlymont stanno allora studiando i possibili stratagemmi per venire incontro in particolare alle preoccupazioni del Belgio. L’idea è di sollevare dalla responsabilità legale i Paesi che detengono gli asset russi. Su 210 miliardi di euro, 185 sono in effetti a Bruxelles. Il resto è diviso tra gli altri Stati membri e soprattutto in Germania e Francia. In Italia è presente una parte minima di circa tre miliardi. Tra le possibilità all’esame, figura anche quella di costruire un sistema di garanzie con un fondo – in parte virtuale – da comporre insieme agli alleati del G7. E i soldi messi a disposizione non verrebbero contati – per quanto riguarda l’Ue – nel calcolo del deficit.
Proprio per questi motivi i presidenti di Commissione e Consiglio stanno mettendo nel conto tutte le possibili procedure per dare il via libero all’uso degli asset. Il Consiglio europeo, infatti, può formalizzare la decisione anche senza un documento finale. La si può licenziare a 26 – come già è accaduto nel recente passato – o attraverso le conclusioni del presidente del consiglio europeo, Antonio Costa. Quello che viene escluso è che non si imbocchi la strada. Poi in base all’opzione indicata si valuterà come i successivi adempimenti legislativi dovranno essere approvati. Secondo l’ufficio giuridico dell’esecutivo comunitario, la formulazione al momento prevista per il «prestito di riparazione» consente il voto a maggioranza qualificata. E se anche ci fosse il “no” di Italia, Belgio, Ungheria e Bulgaria, comunque il quorum sarebbe raggiunto. Ma certo chi espliciterà il voto contrario, si schiererà automaticamente dalla parte delle “quinte colonne” che sostengono Mosca come è successo per l’Ungheria negli ultimi tre anni.