Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Luxottica ai pm: «Non cercate nei telefoni di Milleri»

Giù le mani dai segreti aziendali nei telefonini e computer di Francesco Milleri: ad appellarsi al Tribunale del Riesame non è il presidente di Delfin e della controllata EssilorLuxottica, Francesco Milleri, uno dei tre indagati (con l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e l’a.d. del Monte dei Paschi di Siena, Luigi Lovaglio) che il 28 novembre hanno visto i propri telefoni sequestrati dalla Procura di Milano nell’inchiesta sulla scalata di Mps a Mediobanca, e che non hanno impugnato il sequestro avendo nei giorni scorsi già avuto dai pm (sulla base di un gentlemen’s agreement) gli atti presupposto del provvedimento. Ad abbozzare il ricorso è invece la non indagata EssilorLuxottica dei non indagati eredi Del Vecchio: la quale con l’avvocato Francesco Sbisá ritiene di essere legittimata al ricorso quale proprietaria degli oggetti fisici sequestrati a Milleri (il telefono e computer), e contesta 2 delle 66 parole-chiave dettate dai pm per «ricostruire natura e oggetto dei rapporti» tra i «protagonisti dell’ipotizzato concerto occulto» nella scalata, e così circoscrivere la lesione della privacy nell’esame di chat e mail (come richiesto ormai dalla giurisprudenza di Cassazione pena l’annullamento dei sequestri, verificatosi ad esempio in un costola del caso Garlasco). Parole-chiave come «patto, concerto, Mps, Akros», ma anche nomi degli indagati e di un’altra decina di non indagati (intermediari e dirigenti del Ministero del Tesoro) ai quali pure erano stati sequestrati i telefoni. Ma due parole Luxottica non vuole, e sono proprio Milleri e Luxottica: utilizzandole sugli apparecchi di Milleri – sembra paventare l’azienda, temendo evidentemente che gli inquirenti non siano in grado da soli di comprenderne la non pertinenza all’indagine e tutelarne la riservatezza – si pescherebbero anche segreti aziendali, o sensibili dati commerciali, o in questa fase forse anche vicende attinenti la complessa diatriba ereditaria. La Procura é parsa indisponibile a rinunciare alle due parole-chiave, e dunque a Luxottica resta scegliere se coltivare il proprio ricorso per avere una risposta dal Tribunale del Riesame o abbandonarlo prima dell’udienza.