Corriere della Sera, 15 dicembre 2025
Difesa, interventi: come blindare Kiev?
Ancora una volta, Volodymyr Zelensky conferma che l’Ucraina non chiederà di essere ammessa nella Nato. Aveva fatto un ultimo tentativo nel febbraio scorso, quando si era detto pronto a dimettersi, a patto che il suo Paese venisse inserito nell’Alleanza Atlantica. In realtà è un’ipotesi che, da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, non è mai stata presa sul serio.
Tuttavia, anche ieri a Berlino, il confronto tra Zelensky e gli inviati Usa, Steve Witkoff e Jared Kushner, ha preso le mosse dall’idea di proteggere l’Ucraina con il dispositivo cardine della Nato: tutti gli alleati corrono in soccorso di un partner aggredito. Per Kiev, questa rimane la garanzia di sicurezza più efficace. A condizione che siano eliminati o contenuti gli ampi margini di discrezionalità previsti nel piano russo-americano in 28 punti, diffuso il 20 novembre. In un allegato a quel documento, si legge che sarà il presidente degli Stati Uniti, sia pure dopo consultazioni con Kiev e la Nato, a decidere come reagire a un nuovo attacco da parte dei russi. Zelensky e i partner europei temono che, alla prova dei fatti, Trump possa scegliere una reazione blanda, per esempio adottare leggere sanzioni economiche. Nei giorni scorsi era circolata l’ipotesi che gli Stati Uniti potessero assumere un impegno a intervenire vincolante, sulla base di una legge votata dal Congresso. Vedremo se nelle discussioni di ieri e di oggi a Berlino questa indiscrezione verrà avallata da Witkoff e Kushner.
Non basta. Kiev vuole capire quali altri Paesi, oltre agli Stati Uniti, sarebbero pronti a correre in soccorso dell’Ucraina. Armi in pugno, questa volta. L’unica traccia al momento disponibile è sempre il testo «annesso» al piano Trump, dove sono citati esplicitamente solo Francia, Regno Unito, Germania, Polonia e Finlandia. E tutti gli altri? Il 5 settembre scorso, in una riunione della «Coalizione dei volenterosi» a Parigi, 26 Stati dichiararono di essere disponibili a offrire garanzie di sicurezza a Kiev. La lista delle nazioni, però, non fu mai resa nota e, da allora, il discorso è rimasto sulle generali. Ora, per gli ucraini è venuto il momento di capire che cosa siano pronti a fare nel concreto tutti gli altri partner. È una richiesta che riguarda anche l’Italia. Giorgia Meloni oggi prenderà parte al summit di Berlino con Zelensky e altri leader europei. È stata lei ad avanzare per prima e, va detto, tra lo scetticismo generale, la proposta di introdurre una clausola di sicurezza simile all’articolo 5 della Nato.
Il confronto è aperto anche su altre forme di possibile deterrenza. Sembra ormai archiviata la proposta franco-britannica di schierare una forza multinazionale sul territorio ucraino, una volta cessati i combattimenti. Ma Germania, Danimarca, Polonia e altri insistono sulla necessità di continuare a fornire armi all’esercito ucraino, anche quando il conflitto sarà terminato. Trump, accogliendo una delle varie pretese di Vladimir Putin, vuole imporre un taglio secco alle forze armate ucraine: da 800 mila a 600 mila soldati. Zelensky e i leader europei stanno provando a convincere Witkoff e Kushner che quanto più diventa potente l’esercito ucraino, tanto meno è probabile che gli Stati Uniti debbano intervenire a difesa del Paese. Certo, Trump dovrebbe dire qualche «no» a Putin.
Inoltre, gli europei hanno avviato una serie di progetti per allargare la base dell’industria militare ucraina. Ha iniziato già lo scorso anno la Danimarca, non inviando armi, ma investendo direttamente nelle aziende di Kiev. Come racconta Gianluca Di Feo nel suo libro Il cielo sporco (Guanda edizioni), in Ucraina si sta sviluppando una sorprendente fitta rete di aziende, medie o piccole, ma tutte ad alto contenuto tecnologico. Adesso, però, servono fondi. La Commissione europea ha inserito l’Ucraina tra i Paesi che possono essere coinvolti dai partner Ue in progetti finanziati dai 150 miliardi di euro, messi a disposizione dal Safe (Security Action for Europe). Sul medio periodo, anche questa diventerebbe un’interessante garanzia di sicurezza per l’Ucraina. Bisogna arrivarci, però.