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 2025  dicembre 15 Lunedì calendario

Intervista a Edoardo Vianello

C’erano una volta quei natali la cui sfarzosità era inversamente proporzionale alla gioia autentica delle famiglie. Edoardo Vianello conserva nitido il ricordo di quando al posto degli abeti riccamente addobbati si allestivano nelle case presepietti alla buona. Babbo Natale, col corredo di animali artici trainanti la pinguedine sua e la mole dei suoi doni, ancora non aveva fatto il suo ingresso nell’immaginario collettivo. Vianello ha disseminato il globo di canzoni che rallegreranno perpetuamente lo spirito di chi le ascolta. Munificente, in ambito musicale, al pari di Santa Claus, gli calzano a pennello le vesti di Babbo Vianello indossate questo Natale. Babbo Vianello è il suo cadeau natalizio. Da un musicista così abile nel catturare l’essenza stessa dell’estate (Pinne, fucile ed occhiali, Guarda come dondolo, Abbronzatissima, I Watussi, Il peperone), ci si poteva solo aspettare dimestichezza altrettanta nel resocontare la stagione della neve e dei raggomitolamenti attorno al camino.
Disponibile in digitale e in edizione esclusiva su vinile, il disco raccoglie, tra le varie tracce, rivisitazioni di evergreen internazionali (Let is snow, Jingle Bell Rock, Santa Claus is comin’ to town) e omaggi a colleghi monumentali (Natale di De Gregori, Mo’ vene Natale di Carosone, Buon Natale a tutto il mondo di Modugno). Il long playing ammantato di bianco era un tassello che mancava in una carriera che, dal ’59 a oggi, gli ha consentito di vivere trionfi da cantautore (arridendogli, il successo, pure sul versante più intimistico di O mio signore e su quello più veracemente popolare, nel periodo del legame con Wilma Goich), da autore (sua La partita di pallone), da scopritore di talenti (in tandem con Califano, creò un’etichetta che lanciò in orbita Ricchi e Poveri e Renato Zero).
Nelle montagne russe della vita sono contemplati tonfi e abissi (con l’abisso più imponderabile di tutti, la perdita della sua adorata figlia Susanna), e la capacità di rinascere a mo’ di Araba Fenice (con la renaissance, negli anni Ottanta, dei favolosi anni Sessanta). L’amore, per l’87enne Edoardo, è bussola e motore ancora oggi. Trent’anni lo separano da Frida, compagna dolce (e volitiva) con la quale ogni dì costruisce combinazioni armoniche efficienti. “Trent’anni”, chioserebbe il collega Jannacci, “senza andare…fuori tempo”.
Vianello, come mai è giunto proprio ora il momento di un lp natalizio?
«Ho sempre snobbato le canzoni di Natale però evidentemente, giunto all’età ragguardevole che ho, è arrivato il momento di una predisposizione d’animo a queste atmosfere. Mi è piaciuto accostarmi a quella semplicità così universale, rimaneggiando i brani a mio modo, perché la libertà creativa è una costante universale di tutta la mia carriera».
Per spiegare il suo metodo lei ha utilizzato un neologismo curioso: MateMusica.
«La MateMusica mi ha accompagnato sempre nella fase compositiva, e consiste in una regolarità, rispondente a una logica matematica, nello svolgere un componimento autorale. Può sembrare curioso, ma le mie hit più celebri, che sono il trionfo della spensieratezza, scaturivano da questo rigoroso metodo di lavoro».
Carlo Rossi era il paroliere storico di Vianello. C’è, tra i contemporanei, un suo possibile erede?
«Era unico: una persona semplice e schietta, che non aveva una grande cultura ma sapeva cogliere perfettamente quello che transitava nell’aria tra la gente, e lo restituiva con la sua scrittura felicissima. I suoi testi ormai sono parte del Dna della nazione. Anni fa, a una celebrazione al Quirinale, mia moglie disse a Mattarella: “se le dico Nel continente nero, lei come continua…”; il Presidente, senza pensarci un secondo, le rispose “alle falde del Kilimangiaro”. Stiamo parlando del presidente, che verosimilmente, da ragazzo, non era uno che ballava l’Hully Gully».
Ma lei è mai stato alle falde del Kilimangiaro?
«Una volta in un villaggio a Malindi, quindi grossomodo alle falde del Kilimangiaro, mi imbattei in un complesso che stava suonando I Watussi. È stata una coincidenza incredibile, mi ha riempito il cuore».
Una vita ricca di incontri è costellata di irriconoscenze. Parliamo dei Ricchi e Poveri…
«I Ricchi e Poveri, quando vennero premiati a Sanremo per il cinquantenario di La prima cosa bella, non pensarono che sarebbe stato carino nominare, in quell’occasione, il qui presente, ovvero colui che con la sua etichetta discografica Apollo aveva caldeggiato, fortemente, il loro ingresso a Sanremo. Dovrebbero essere più riconoscenti. E visto che sono genovesi, vorrei far notare che un “grazie” non costa niente».
Col maestro Morricone, non ha filato tutto liscio…
«Ennio Morricone era un genio assoluto, con un carattere non facilissimo. Prima di diventare, meritatamente, il più osannato tra i compositori, ascrisse nel suo curriculum l’arrangiamento di alcuni miei brani storici. Abbronzatissima ha quel curioso inizio, con le due “a” distanziate tra loro di un’ottava. Ennio si era fissato, fino a tarda età, che quel salto di ottava l’avessi rubato a lui, prelevandolo da una sua canzone precedente. Non ho fatto nessunissimo plagio eppure lui, di continuo, ricicciava fuori questa storia. Comunque, a modo suo mi voleva bene. Una volta successe pure il miracolo che, intervistato da Veltroni, mi fece un sacco di complimenti».
Un piccolo contrattempo ci fu anche con Carlo Conti. Confermiamo?
«Successe che Conti aveva promesso, a me e a Wilma, di organizzare la nostra reunion nella cornice di Sanremo. In quegli stessi giorni, Romina e Albano si riaccostarono dopo lunga distanza, e Conti all’Ariston ci sostituì con loro due che, mediaticamente, garantivano un riscontro maggiore».
Sarebbe bello vederla un giorno a Ballando, in coppia con Frida…
«Se l’intelligenza artificiale ballasse al posto mio, molto volentieri. Ho fatto ballare un sacco di gente, ma io ho non ho mai ballato. Frida sì che balla benissimo. Se la caverebbe stupendamente».
Con la Vanoni ci sono state occasioni professionali?
«La conobbi nel lontano ’59: era fidanzata con Lucio Ardenzi, produttore di uno spettacolo teatrale cui prendevo parte, e ricordo che al tavolo del ristorante si profondevano in effusioni da innamorati. No, occasioni professionali comuni non ne abbiamo mai avuto, anche perché non c’erano molti punti di contatto tra noi, appartenevamo a mondi diversi. Con Paoli sì, ci si frequentava. Quando lui era fidanzato con la Sandrelli, io stavo con un’amica di Stefania, per cui capitava di incontrarci la sera».
Gli artisti devono essere di tutti, ma politicamente lei non ha mai celato una vicinanza alla destra liberale.
«Giorgia Meloni potrebbe utilizzare la mia Semo gente de borgata come sigla nelle sue apparizioni pubbliche. Nessuno, più di lei, sa parlare il linguaggio verace della gente».
Vent’anni fa, quando partecipò al reality Il ristorante, ci fu il celebre episodio “futurista” di Frida che scagliò una torta in faccia a Antonella Clerici.
«Mio padre era un poeta futurista che partecipò pure all’impresa fiumana, ma chi sa se avrebbe approvato quell’estemporaneità di Frida, eheh. Scherzi a parte, Frida era rimasta un po’ scocciata per il modo in cui ero stato trattato. Antonella in realtà c’entrava poco, ma la torta se la beccò comunque. L’incidente è bello che archiviato da una vita».
Il suo fan più indomito si chiama Mariano Marenco, la segue da oltre cinquant’anni con una perseveranza fuori dal comune. Ha già sentito
Babbo Vianello?
«I suoi commenti in genere sono favorevoli, attendo il suo responso. Vorrei approfittarne per fargli pubblicamente gli auguri, il 16 dicembre compie gli anni. È il mio ammiratore più granitico da sempre, e da sempre ricambio le sue attenzioni smoderate con una sincera amicizia».