Avvenire, 14 dicembre 2025
Italia pronta alla guida autonoma. Ma il Codice della strada la frena
Il settore dell’automotive riparte da Torino. O, almeno, ci prova. La candidatura del capoluogo piemontese a città laboratorio europea per la guida autonoma – dossier presentato in questi giorni da Regione e Comune alla Commissione Ue – è il segnale di un Paese che, pur tra ritardi e incertezze normative, corre per prendere posizione in un settore che sta ridefinendo l’industria dell’auto. Secondo le stime, il mercato della guida autonoma potrebbe passare dai 57 miliardi di dollari registrati nel 2021 ai quasi 800 miliardi previsti nel 2028. «La tecnologia made in Italy è pronta per andare in produzione», spiega Gianmarco Montanari, direttore del Centro nazionale per la mobilità sostenibile (Most). «Il freno, attualmente, è quello legislativo: ad oggi un veicolo a guida autonoma, semplicemente, non potrebbe circolare». Il punto sensibile è l’articolo 46 del Codice della strada, che definisce l’auto come macchina “guidata dall’uomo”. A fine novembre la commissione Trasporti della Camera ha approvato una serie di risoluzioni per avviare la revisione del Codice, tutelare i lavoratori più esposti – a cominciare dai tassisti – e sostenere la filiera nazionale. Ma finché la legge rimane ferma, l’innovazione resta confinata. «Si parla di guida autonoma come se fosse una sola cosa, ma ne esistono almeno tre». La prima è la guida autonoma “pura”, quella che affida tutto l’intelletto della guida ai sensori e al software a bordo del veicolo: è la soluzione più costosa e più complessa, e in nessun Paese del mondo – nemmeno negli Stati Uniti o in Cina – è autorizzata senza un supervisore umano, a bordo o in remoto. La seconda è la guida autonoma e connessa, in cui l’auto dialoga con la strada: semafori intelligenti, segnaletica digitale, sensori lungo il percorso, altre auto. «È molto più sicura perché permette di intercettare incidenti oppure ostacoli non immediatamente visibili, ed è meno costosa, perché parte dell’intelligenza è nell’infrastruttura». La terza è la guida connessa ma non autonoma: il conducente resta al volante, ma il veicolo fornisce avvisi e informazioni in tempo reale. «Tutte e tre le soluzioni sono mature dal punto di vista tecnico. L’Italia avrebbe il vantaggio di poter partire subito». E gli esempi pratici non mancano. A Brescia una Fiat 500 elettrica completamente autonoma è stata sviluppata da A2A, Politecnico di Milano e Most per un nuovo modello di car sharing: il settore è in difficoltà anche perché i costi di gestione sono alti e le auto passano fino al 95 per cento del tempo ferme. «Una flotta autonoma che arriva sotto casa rappresenta un business positivo, sia in termini di accessibilità – a fronte di una popolazione sempre più anziana – che in termini economici», osserva Montanari. A Modena un’area urbana è già completamente sensorizzata, con semafori interconnessi, telecamere per il riconoscimento degli ostacoli e segnaletica digitale. Altre sperimentazioni sono attive a Napoli, lungo la Milano-Serravalle e naturalmente a Torino. In totale esistono in Italia almeno cinquecento chilometri di strade attrezzate.
Ma come fanno veicoli e strade ad interagire? Almaviva, leader italiano nel settore, ha sviluppato la piattaforma “Moova” che abilita una mobilità interconnessa e sostenibile. In ambito road Almaviva ha sviluppato un sistema innovativo che permette a veicoli e infrastrutture stradali di comunicare tra loro in modo semplice e sicuro. «Questo sistema utilizza uno standard europeo comune, così che le informazioni possano essere comprese da tutti i veicoli e dai diversi dispositivi presenti sulla rete stradale. Inoltre, grazie a un meccanismo di certificazione digitale chiamato Pki Manager, ogni messaggio viene verificato come autentico, evitando manipolazioni e garantendo la sicurezza degli scambi», spiega Agata Quattrone, innovation manager della divisione Transportation & logistics di Almaviva. La tecnologia Almaviva permette ai veicoli equipaggiati con piccole unità di bordo di ricevere informazioni in tempo reale da sensori, semafori, telecamere e altri veicoli. È già stata usata, ad esempio, sulla strada statale 51 di Alemagna (tra Veneto e Trentino Alto Adige), la prima smart road italiana: «Non dobbiamo aspettare i veicoli completamente autonomi: rinnovare totalmente il parco auto con veicoli a guida autonoma richiederebbe costi molto alti, questi sono strumenti applicabili alle auto che abbiamo già», insiste Quattrone. «Ma se non vogliamo arrivare tardi servono incentivi e regole chiare».