Specchio, 14 dicembre 2025
Gildo Zegna: "Tutto iniziò in famiglia un secolo fa con l’obiettivo di creare il miglior tessuto al mondo"
Ermenegildo “Gildo” Zegna è presidente e amministratore delegato dell’Ermenegildo Zegna Group, società tessile fondata nel 1910 dal suo nonno e omonimo a Trivero. Nel 2011, Zegna è stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro dal presidente Giorgio Napolitano. Nel 2021, il gruppo Ermenegildo Zegna è stato quotato alla Borsa di New York.
I suoi figli, Edoardo e Angelo, la affiancheranno presto alla guida. Perché lei da giovane ha deciso di entrare nella società di famiglia, dopo il tirocinio al Bloomingdale’s di New York?
«È sempre stata una passione. Ho sempre ammirato quello che mio nonno aveva creato e mio padre e zio avevano portato avanti. Quando abbiamo aperto ZEGNA USA ho iniziato la mia carriera nel gruppo. Ho imparato molto dal mercato americano. All’inizio degli anni ’80, quando Armani, Ferré e Versace stavano facendo i primi passi negli Usa, io avevo costruito un business di un centinaio di grossisti, convinti dai nostri tessuti di eccellenza, dalla manifattura italiana e dalla nostria storia famigliare. All’epoca non avevamo negozi, oggi quasi il 90% del nostro business è vendita al dettaglio, un’esperienza che nasce dall’America».
Perché siete passati dai tessuti ai vestiti?
«Merito della seconda generazione, che alla fine degli anni ’70 aveva iniziato la nostra internazionalizzazione. Fin dall’inizio, volevamo controllare la distribuzione, prima attraverso i grandi magazzini e poi aprendo i nostri negozi. Il vero punto di svolta fu la Cina. Nel 1991, siamo stati il primo marchio del lusso ad aprire laggiù, e oggi resta il nostro mercato maggiore insieme agli Usa».
Quanti negozi avete oggi?
«472, includendo Tom Ford e Thom Browne. Se parliamo solo di ZEGNA, 282, di cui 75 in Cina».
Perché vi siete espandi acquistando Thom Browne e Tom Ford Fashion?
«Le dimensioni contano. Permettono di negoziare meglio, aiutano ad attirari talenti creativi e amministrativi, generano sinergie grazie ai servizi condivisi. Le acquisizioni ci hanno anche aperto settori che prima non coprivano, come l’abbigliamento da donna e la pelletteria. E poi possiamo alimentare meglio la nostra filiera “sheep-to-shop”, dalla pecora al negozio. Dopo la pandemia, ci siamo trasformati, abbiamo cambiato marchio: non più Z Zegna, Couture, o Ermenegildo Zegna, solo ZEGNA. Abbiamo ampliato la collezione con più temi casual, insieme alla della nostra celebre sartoria».
State ancora facendo ricerca su nuovi materiali e tessuti?
«La storia dell’Ermenegildo Zegna Group inizia nel 1910 con l’obiettivo di creare il miglior tessuto al mondo. Mio nonno ha studiato il design tessile, creando i propri disegni, e nel 1938 ha fondato Zegna Woollens Corporation a New York, in Fifth Avenue, per fornire i sarti italiani di Brooklyn. Negli anni ’60, mio padre aveva lanciato il Superfine Wool Trophy, per sostenere gli allevatori australiani. Abbiamo sempre cercato i filati migliori, lana, cashmere, mohair, vicuña, seta e lino, quasi tutti tracciabili. Compriamo i filati più lunghi, e un abito ZEGNA rimane quasi senza pieghe e dura a lungo grazie a una lavorazione avanzata. Ma si parte sempre da una materia prima impeccabile».
La lana rimane il vostro materiale preferito?
«Sì. Abbiamo creato il Vellus Aureum, la lana più fine al mondo, meno di 12 micron, più sottile del cashmere, simile alla vicuña. La prima collezione, uscita in autunno, è già andata quasi esaurita. I clienti spesso pensano che sia seta o cashmere».
Come avete gestito il passaggio dall’abbigliamento formale a quello più casual?
«Durante la pandemia abbiamo approfittato del momento difficile per finalizzare un progetto che avevamo studiato per anni: semplificare il marchio, da tre linee a una. Prima, i nostri negozi ospitavano le diverse linee, che a volte confondevano i clienti, ora abbiamo un unico messaggio – ZEGNA – rivolto a chi apprezza un lusso senza tempo. Inoltre, la domanda di abiti sartoriali scendeva, la clientela cercava abiti più casual. Di conseguenza, abbiamo ridisegnato la nostra silhouette con pezzi più leggeri e meno strutturati, come la giacca Conte e le iconiche sneakers Triple Stitch».
La gente non indossa più cravatte?
«Esatto. Posso indossare la giacca Conte con il colletto alzato o abbassato, con una polo o un maglione, e rimanere elegante. Il nostro team lo spiega ai nostri clienti. Quando mio figlio Angelo era negli Stati Uniti, aveva creato una app per creare uno stile personalizzato da remoto. Oggi, la metà delle nostre vendite si fa attraverso i nostri consulenti che prenotano appuntamenti con i loro clienti».
Ora i vostri negozi si espandono, e progettate un Salotto a New York?
«Sì, si chiamerà Salotto Zegna, dove vogliamo che i clienti si sentano a casa, rilassati e a loro agio. Il personale svolge le funzioni di ambasciatori, maggiordomi e stilisti, tutto insieme. Si può bere e mangiare. La permanenza media è di circa due ore. Quello di New York aprirà l’anno prossimo e sarà il più grande, altri sono già stati inaugurati a Shanghai, Pechino, Singapore e Dubai. Abbiamo anche creato il nuovo concetto di Villa Zegna, esportando l’esperienza della casa del fondatore da Milano a Dubai, Shanghai, New York e Miami, per i nostri migliori 200 clienti, che riceveranno merci esclusive, non disponibili nei negozi».
La sua famiglia ha creato anche la Oasi Zegna nelle Alpi Biellesi.
«Mio nonno possedeva una “mente verde”. Negli anni Trenta aveva piantato mezzo milione di alberi per rendere più vivibile la montagna di Trivero. Aveva chiesto a Pietro Porcinai, il migliore paesaggista italiano, di creare la valle dei fiori e la strada panoramica Zegna, oltre alla località sciistica. Ora, portiamo il turismo a Biella, storicamente una zona di lavorazione tessile. La sostenibilità e il restituire al territorio sono parte della nostra identità. Come ripeteva mio nonno, “la gente delle valli mi ha aiutato a diventare qualcuno, voglio ricambiare il favore».