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 2025  dicembre 14 Domenica calendario

Declassati 1200 comuni montani. L’Appennino: è un favore alle Alpi

Metro alla mano, il governo dà il via all’operazione “definisci montagna” e così l’Appennino, penalizzato per le sue basse quote rispetto alle Alpi, insorge.
Nelle ultime ore le comunità montane d’Italia stanno “tremando”: tutte quelle che sono sotto i 600 metri e non rientrano nei nuovi criteri di pendenza o posizione che l’esecutivo vuole applicare per la legge 131/25 – quella che potrebbe concedere fondi fino a 200milioni di euro l’anno per aiutare le valli contro condizioni di svantaggio – hanno paura di perdere futuri finanziamenti cruciali per la loro sopravvivenza. Ridefinendo cosa è montagna e cosa no, in Italia verrebbero infatti elargiti fondi in maniera differente, spesso tagliando fuori le comunità appenniniche più basse.
La nuova classificazione individuata dal governo, che segue la “Legge Montagna” del 19 settembre, è stata raccontata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli durante un evento a Cortina d’Ampezzo e ha uno scopo preciso: ammodernare criteri vecchi quasi 70 anni su cosa è davvero definibile “montano”. Questo perché in Italia ci sono oggi troppe comunità montane: secondo i dati dell’Uncem, quelli a cui fa riferimento lo stesso esecutivo, il totale è di 4167 comuni tra montani (3524) e parzialmente tali (652).
Praticamente un Comune su due di tutti quelli italiani (circa 7900) è indicato come montano. Essere classificati come tale permette di accedere a fondi dedicati e linee d’aiuto contro lo spopolamento ma per il ministero è necessario depennare i “finti montani” per mettere ordine perché «solo il 35% dei Comuni può davvero definirsi montano, ma nei nostri registri si va oltre al 55%».
Per esempio, nel lungo elenco sul sito del governo, rientrano ancora nelle comunità montane anche realtà che associamo spesso al mare, come il Comune di Vieste in Puglia o quello di San Vito Lo Capo in Sicilia.
Con i nuovi criteri però, stima Palazzo Chigi, le comunità passeranno da circa 4000 a 2800, quasi il 30% in meno e così si potranno indirizzare i finanziamenti “nella direzione corretta”. Buona parte delle realtà declassate saranno soprattutto in Appennino, per questo l’assessore regionale dell’Emilia-Romagna Davide Baruffi si è subito fatto portavoce della battaglia dei monti parlando di criteri «irricevibili. Sarà tutto l’Appennino a essere penalizzato, ovvero la dorsale del Paese. Non è un caso che l’annuncio del ministro venga da Cortina: è una controriforma pensata per le Alpi e contro l’Appennino, contrapponendo territori e territori, comuni e comuni».
Al suo fianco si schierano anche le sezioni appenniniche dell’Uncem e dell’Anci che parlano di «rischio di divisione fra montagne di serie A e di serie B» e di come una classificazione esclusivamente altimetrica non sia rappresentativa della montagna reale, rischiando al contrario di colpire proprio i territori più fragili indebolendo il presidio umano e ambientale. Anche dalla Liguria sono già arrivati appelli per un immediato ripensamento sulla “classificazione” e il Pd ligure parla di una scelta che «gira le spalle ai territori che necessitano di maggiori tutele». In Toscana intanto il governatore Eugenio Giani fa già i conti: «Da noi passeremmo da 148 Comuni montani ad appena 80. Facciamo sentire la nostra voce».
Il tempo per un possibile dietrofront e ripensamenti sostanziali è però strettissimo: il decreto con i nuovi criteri deve essere approvato entro il 19 dicembre. Nel frattempo, i piccoli comuni montani che potrebbero essere esclusi hanno già deciso di unirsi per dare battaglia: «La montagna – tuonano ad esempio le comunità dell’Appennino bolognese – non è un’eccezione da ridimensionare, ma una risorsa strategica nazionale da tutelare».