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 2025  dicembre 14 Domenica calendario

Cosa sono gli asset russi: titoli, azioni e riserve, il tesoro del Cremlino che divide gli europei

Titoli del Tesoro di una decina di Stati occidentali a partire dagli Usa (esclusa, pare, l’Italia), obbligazioni e azioni societarie, quote di società non quotate di ogni Paese, riserve della Banca centrale di Mosca: è il potpourri degli asset russi congelati pochi giorni fa dall’Ue. Ora il “fermo” non dovrà più essere rinnovato ogni sei mesi come le altre sanzioni. Poco meno di 220 miliardi di euro, 185 dei quali “parcheggiati” presso la finanziaria belga Euroclear, e gli altri detenuti da altre società in Francia, Svizzera e Lussemburgo: su di essi s’impernia la possibilità di continuare ad appoggiare l’Ucraina.
“Asset” significa “attività”, cioè denari sborsati dagli investitori russi – dai grandi oligarchi ai piccoli risparmiatori – per comprare titoli in Occidente in grado di fruttare interessi, intrappolati dal primo marzo 2022, pochi giorni dopo l’invasione russa, come parte integrante della prima ondata di sanzioni. E che ora, vista la reticenza americana ad andare avanti con gli aiuti e le difficoltà europee nel fornire risorse, giocano un ruolo chiave per evitare la capitolazione di Kiev.
Del totale fanno parte 75 miliardi di riserve della Banca centrale di Mosca, che minaccia ricorsi, arbitraggi e cause presso tutte le corti possibili anche a nome degli investitori privati coinvolti (molti dei quali già oggetto di sanzioni personali). L’Ue ha risposto che di nessuna di queste pronunce giudiziarie terrà conto.
Giovedì prossimo il Consiglio europeo sarà chiamato ad approvare l’ultima versione del progetto per utilizzare i fondi. In base ad esso, la Commissione crea un maxi-bond da collocare presso Euroclear. Si parla di 90 miliardi, ritenuti sufficienti a fornire ossigeno all’Ucraina per due anni, comprese le forniture di armi e le riparazioni più urgenti alle infrastrutture devastate. Ma potrebbero essere di più. Peraltro lo stesso risultato, ha ammesso Kaja Kallas, rappresentante dell’Ue per gli Esteri, si poteva ottenere con un’emissione di eurobond (sul modello di quelli che hanno finanziato i Pnrr nazionali) ma l’opposizione dei “frugali” contro nuove condivisioni del debito resta forte.
Diventa così cruciale il ruolo di Euroclear, che verserebbe all’Ue i fondi prelevandoli dagli asset russi. Poi l’Ue li utilizzerà al meglio. Questa finanziaria di Bruxelles è una potenza misconosciuta: nata nel 1968 come costola di JP Morgan per gestire il nascente mercato delle eurobbligazioni, Euroclear nel 2024 ha superato i 40mila miliardi di euro in deposito (40,7 trilioni con una crescita dell’8% sul 2023) ed è attiva sia nel trading e nella custodia di titoli che nel regolamento delle operazioni (“clearing”).
Non è da oggi che, visto il ruolo di “custode” di finanze attivate anche da importanti banche, dalla Hsbc alla Barings, viene chiamata a un ruolo attivo. Nel giugno 2024 al G7 di Borgo Egnazia in Puglia si decise che gli interessi che stava realizzando investendo gli asset, dovessero confluire – dopo aver pagato il 25% dei profitti in tasse al governo belga – in un fondo speciale destinato alla ricostruzione dell’Ucraina.
O meglio, al rimborso progressivo di un prestito da 50 miliardi di dollari concordato fa Ue e Stati Uniti. Ad esso hanno contribuito gli Usa per 20 miliardi (versati nelle ultime settimane dell’amministrazione Biden), altrettanti la Ue (pagati nell’aprile 2025), mentre Gran Bretagna, Canada e Giappone hanno contribuito con circa 3 miliardi ciascuno. L’iniziativa, che si chiama Extraordinary Revenue Acceleration, è stata confermata nel G7 in Canada del giugno 2025, ma ha sempre funzionato fino a un certo punto. Euroclear ha pagato 3 miliardi nel 2024 e altri 6 nel 2025, pochi rispetto alle dimensioni dell’impresa, e si è sempre confrontata con una serie di opposizioni politiche.
Anche il progetto che andrà ai voti il 18 incontra fiere opposizioni, a partire dal Belgio che teme ritorsioni russe. La Bce resta dubbiosa per le possibili brecce nella fiducia dell’euro nel momento in cui la moneta unica scala le posizioni fra le valute di riserva globali: è arrivata al 20% mentre il dollaro è sceso al 55%. Quanto all’Italia, non manca di ambivalenza: aderisce all’iniziativa ma suggerisce di cercare vie alternative. Intanto Trump ha proposto di gestire lui l’intera faccenda. Non tenendo conto che negli Usa sono “congelati” non più di 5 miliardi di dollari. Al massimo Washington potrebbe ambire a un ruolo di azionista di minoranza.