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 2025  dicembre 14 Domenica calendario

Uomini italiani poco attenti alla prevenzione

Gli uomini tendono a essere riluttanti quando si tratta di andare dal medico e questo spesso ritarda la diagnosi o il trattamento di malattie più o meno gravi.
Migliaia di ricerche in tutto il mondo arrivano alla stessa conclusione: i maschi fanno meno visite e controlli rispetto alle femmine. Non importa il Paese in cui il sondaggio è stato condotto, la fascia d’età presa in considerazione e neppure l’eventuale patologia in questione. L’uomo si trascura, temporeggia, oppone resistenza più che può. Perché? Uno studio recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine rileva tre motivi principali: la percezione culturale della mascolinità, la paura della diagnosi e una generale mancanza di consapevolezza sulla propria salute.
Specie se si tratta di salute dell’apparato riproduttivo maschile siamo lontanissimi da quella che per le donne è invece una prassi consolidata: la visita con il ginecologo una volta l’anno. L’Italia, purtroppo, non fa eccezione e un’indagine promossa da Fondazione Umberto Veronesi e condotta da AstraRicerche rileva che meno di un uomo su tre fa prevenzione, solo il 23% effettua una visita urologica e ben il 65% dei nostri connazionali non è mai andato da un urologo o andrologo (un dato che resta alto, 45%, anche se si considerano solo gli over 50). Un esempio su tutti rende bene l’idea, come racconta Luca Carmignani, responsabile dell’Urologia all’Irccs Policlinico San Donato, che da anni collabora con Fondazione Veronesi a progetti per la salute maschile: «Se ci si alza più di una volta a notte per andare in bagno, specie dopo i 45-50 anni, non è “normale”: potrebbe essere il segno di una prostata ingrossata. Quella che in termini medici si chiama ipertrofia prostatica benigna. La ghiandola prostatica, solitamente delle dimensioni di una noce, si trova tra la vescica e l’uretra – spiega lo specialista —. Con l’avanzare dell’età il tessuto cresce, blocca parte del flusso di urina attraverso l’uretra. Inoltre questa crescita esercita anche pressione su vescica e uretra, causando un bisogno di urinare più frequente».
Una questione fisiologica, del tutto naturale, che però la gran parte dei diretti interessati ignora e lascia progredire troppo a lungo prima di iniziare le cure necessarie.
A tal proposito, nel 2019 un sondaggio presentato durante il congresso della Società Europea di Urologia, aveva fatto scalpore, lasciando stupefatti gli specialisti: fra migliaia di maschi tedeschi, francesi e britannici interpellati, solo uno su quattro sapeva dire a cosa serve la prostata; poco più di uno su tre sapeva che cosa fosse l’ipertrofia e meno di uno su sei ne conosceva i sintomi.
«Il problema è che così, spesso, ragazzi, adulti e anziani arrivano tardi alla diagnosi – sottolinea Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Veronesi—. E questo, indipendentemente dal disturbo in questione, non è mai un buon punto di partenza: le terapie devono essere più intensive, magari l’opportunità di guarire (specie in caso di tumore) è sfumata. Senza considerare che nel frattempo si vive male perché i sintomi non spariscono da soli, con il tempo peggiorano».
I numeri lo dimostrano: solo il 50% degli intervistati valuta positivamente il proprio stato fisico e il 58% quello mentale o psicologico, mentre gli altri hanno una percezione appena discreta o sufficiente del proprio benessere.