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 2025  dicembre 14 Domenica calendario

La parrucca, il peschereccio e l’aiuto del veterano Usa. La fuga da film di Machado

Un lungo viaggio, nel cuore della notte ed in acque turbolente, fino all’incontro in alto mare con gli uomini guidati da un veterano delle forze speciali americane. Washington era «informata», per evitare che la Marina Usa affondasse la barca. È stato Bryan Stern, fondatore della Grey Bull Rescue Foundation, a raccontare alla stampa statunitense, in (quasi) ogni dettaglio, l’«Operazione Dinamite Dorata» con cui ha aiutato María Corina Machado, leader dell’opposizione venezuelana e premio Nobel per la Pace, nella sua fuga da film hollywoodiano, durata 16 ore.
Travestita e con una parrucca nera, l’avversaria cinquantottenne di Nicolás Maduro ha lasciato martedì il suo nascondiglio nella periferia di Caracas e attraversando, non riconosciuta, una decina di check-point militari ha raggiunto un villaggio sulla costa. Lì si è imbarcata su un peschereccio che ha navigato in mare mosso fino al punto di incontro prefissato, dove, a notte fonda, ha incontrato Stern e sulla sua imbarcazione ha affrontato l’ultimo pezzo di traversata – «freddo e carico di tensione» —fino a Curaçao, isola caraibica appartenente al Regno dei Paesi Bassi, il cui governo ha negato ogni coinvolgimento nell’operazione. Mercoledì mattina, la «Dama di ferro del Venezuela» è infine salita su un jet privato che ha fatto scalo nel Maine, per poi dirigersi verso Oslo, in Norvegia.
«I servizi segreti cubani, venezuelani, russi e iraniani la stavano braccando. Tutti sapevano che stava cercando di partecipare alla cerimonia del Nobel. Avevamo paura che gli F-16 venezuelani ci facessero saltare in aria o e che saremmo stati individuati a terra, in mare e in cielo. In quel caso, ci avrebbero sicuramente uccisi tutti», ha raccontato Stern. «È stata l’operazione più difficile, importante e delicata che abbia mai intrapreso». La Grey Bull Rescue Foundation si auto-definisce un’organizzazione no-profit che «salva gli americani e gli alleati dalle zone di conflitto e disastri»: finora ha effettuato 800 missioni e messo al sicuro oltre 8mila persone.
Il veterano ha affermato che l’operazione è stata finanziata da donatori anonimi e, «a mia conoscenza», non ha avuto il sostegno del governo degli Stati Uniti. Ha però ammesso che il suo team aveva contattato l’esercito statunitense, per evitare di essere bersagliato in uno dei raid nei Caraibi contro imbarcazioni di presunti narcos: «Ero preoccupato di essere preso di mira», ha detto alla Cnn. «Governo e forze armate statunitensi sapevano dove avremmo operato, e poi, ai massimi livelli e nei minuti finali, abbiamo rivelato qual era l’obiettivo».
Stern ha anche detto di aver implorato Machado di non rientrare in Venezuela, anche se lei, appena giunta in Europa, ha affermato di voler tornare in patria «appena possibile» per porre fine «alla dittatura». «Perché metterla di nuovo in pericolo, dove potrebbe essere arrestata, uccisa, torturata, chissà cos’altro?», ha concluso Stern.
Non è escluso che in Venezuela operino altre squadre di veterani o agenti segreti americani. Il presidente Donald Trump ha confermato di aver autorizzato operazioni segrete della Cia in Venezuela, come avvenuto più volte in passato in altri Paesi latino-americani. Maduro, da parte sua, ha ordinato di sorvegliare i militari venezuelani deportati dagli Usa, perché potrebbero essere agenti sotto copertura agli ordini di Washington. Trump ha ribadito venerdì che gli attacchi di terra «inizieranno presto» e avranno come bersaglio «persone orribili». Il presidente bielorusso Lukashenko, uno dei leader più vicini al russo Vladimir Putin, ieri lo ha avvertito che un attacco in Venezuela potrebbe trasformarsi in una nuova guerra del Vietnam.