Corriere della Sera, 14 dicembre 2025
Atreju, Conte si smarca da Schlein. «Non siamo alleati con nessuno»
«Noi non siamo alleati con nessuno», Giuseppe Conte sbotta. E sul palco di Atreju subito sembra che si smarchi da Elly Schlein, l’unica assente. Tra i tanti colpi di scena che ieri hanno animato la giornata della festa di Fratelli d’Italia dedicata ai leader dell’opposizione è stata quella del leader 5 Stelle la più sorprendente. «A lei l’ho già detto», ha assicurato Conte a Tommaso Cerno. Spiegando di essere disponibile a dialogare con le altre «forze progressiste». Ma precisando che «se verrà fuori un’alleanza dipenderà solo dai programmi e se ci saranno scritte le nostre battaglie di sempre: dall’etica pubblica, alla legalità, alla giustizia ambientale e sociale. Il candidato verrà dopo».
E Matteo Renzi, leader di Italia viva, sembra approfittare (a distanza) dell’occasione: «Il Campo largo non si fa con gli appuntamenti con Abu Mazen. Io l’ho visto al Cairo un mese fa e quindi ne sono un precursore», dice ironico. Ma ieri si è discusso molto di riforme. E Renzi ha attaccato il governo: «È evidente che loro vogliono cambiare la legge elettorale perché hanno paura di perdere i collegi. Non è un caso che il rilancio sia avvenuto mezz’ora dopo gli exit poll di Decaro e di Fico. Dopodiché se fanno una legge per bene, noi ci siamo. Il problema è che Meloni ha sempre detto “preferenze, preferenze, preferenze”». Quanto alla riforma del premierato secondo il leader di Iv è «ancora nel libro dei sogni». «Non vedo l’ora di arrivare all’elezione diretta del premier, – gli ha rintuzzato il ministro Roberto Calderoli – perché nella mia di riforma, e io non rinnego niente, anzi io son coerente col passato diversamente da chi sosteneva una cosa nel 2001 e oggi ha cambiato idea, del 2005 ho messo l’elezione diretta del premier un po’ meno timida di quella che proponiamo oggi». Per il leader di Iv anche l’autonomia differenziata è un bluff. La disfida con Calderoli prosegue: «La riforma non è finita nell’armadio».
Il più applaudito di tutti, Carlo Calenda, cerca di fugare i rumors: «Io non sono la stampella del governo, ma voto ogni cosa che ritengo giusta». Il leader di Azione ha però richiamato l’esecutivo a non «farsi rallentare da Matteo Salvini sull’Ucraina: non possiamo cedere a Putin».
All’opposto la visione di Conte che ha anche redarguito la premier Meloni: «È importante che ci fosse Abu Mazen, è importante che l’Italia collabori al piano voluto da Tony Blair e poi fatto proprio da Donald Trump. Penso tuttavia che sulla politica estera si possa e si debba fare molto di più. Perché è un periodo nel quale stiamo vivendo tantissime contraddizioni e io suggerirei al ministro degli Esteri italiani di saltellare un po’ meno sui palchi e di essere un po’ più incisivo». «Dopodiché – ha aggiunto – non lo dico perché siamo ad Atreju, ma vale dappertutto: sulla politica estera un Paese dovrebbe essere unito».
Dal palco che ha registrato in questi giorni dure critiche al Superbonus Conte replica: «La Finanziaria da meno di 20 miliardi perché c’è ancora il peso del Superbonus? Potevate chiederlo a Giancarlo Giorgetti. È una misura monitorata tra Mef, Agenzia delle Entrate ed Enea. Io dopo sei mesi sono andato a casa perché Renzi ha voluto rompere la coalizione. Giorgetti è stato ministro dello Sviluppo economico col governo Draghi».
Oggi ad Atreju c’è grande attesa per il comizio finale di Giorgia Meloni. Ci sono i leader dell’intera maggioranza. Poi calerà il sipario.