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 2025  dicembre 13 Sabato calendario

Svezia, con Redar meno «buonismo»

Non sarebbe una sorpresa trovarla nelle classifiche di fine anno dei politici emergenti. La svedese Lawen Redar – figlia di due dissidenti curdi che si sono conosciuti e sposati in esilio dopo la fuga dai regimi di Saddam Hussein e dell’ayatollah Khomeini – ha buone possibilità di essere eletta in futuro leader dei socialdemocratici, oggi all’opposizione, al posto dell’ex premier Magdalena Andersson, e candidarsi così (tutto sembra più semplice che, per esempio, in Italia) alla guida del governo di Stoccolma. Attualmente lo presiede il moderato Ulf Kristersson con l’appoggio esterno di un’estrema destra che, afferma, «non crede all’integrazione».
Un ritorno al potere dei nipoti di Olof Palme non è improbabile. In Danimarca la strada è stata aperta, nel campo progressista, dalla prima ministra Mette Frederiksen, sostenitrice di rigide politiche per il controllo dell’immigrazione. Redar la pensa più o meno allo stesso modo ed è felice di non essere l’unica tra i socialdemocratici, ora che è responsabile del partito per l’integrazione, ad aver «tirato fuori la testa dalla sabbia». «È difficile – aggiunge – trovare le soluzioni se non si dicono le cose chiaramente». Parlare con franchezza è necessario, osserva, perché «la situazione è cambiata». In Svezia gli immigrati sono il 12% della popolazione e il 20% di loro è nato all’estero. «Nessun altro Paese – dice a Le Monde – ha conosciuto una tale trasformazione». Tra le riforme da lei proposte, scrive il quotidiano francese, c’è l’abolizione della legge che consente ai nuovi arrivati (accade così all’80%) di scegliere il luogo di domicilio.
Trentaseienne, laureata in giurisprudenza, deputata dal 2014, favorevole ad una tassazione progressiva dei capitali, Redar vuole insomma smantellare le «società parallele» in cui oltre la metà della popolazione adulta non lavora restando in quartieri che, sottolinea, diventano «un centro di reclutamento per forze distruttrici come gli islamisti radicali, le gang criminali o i trafficanti di droga». Non sembra una ricetta di facile applicazione, ma la realtà è questa. Alla base di tutto rimane un impegno, non un rifiuto. «Sono entrata a tredici anni nel movimento giovanile socialdemocratico – ricorda – perché volevo combattere le illegalità».