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 2025  marzo 18 Martedì calendario

Biografia di Bianca Balti

Bianca Balti, nata a Lodi il 19 marzo 1984 (41 anni). Supermodella. «Ho sempre sognato in grande» • «“Appena nata era lunga lunga, magra magra, tutta rossa. “Sembrava una piccola squaw. Per niente bellissima, se non per la sua mamma! È fiorita intorno a un anno”. […] Bianca Balti era […] l’amatissima secondogenita di Bruno Balti, imprenditore a Lodi, e Mariabice Marzani, insegnante di economia politica e diritto all’istituto tecnico della città. Era nata puntualissima per fare gli auguri al papà il 19 marzo del 1984, alle 8 di mattina, 18 mesi dopo Alessandro e dieci anni prima di Carlo Alberto. […] “Fino all’adolescenza sorrideva sempre, da mattina a sera”, racconta Mariabice. […] Dell’adolescenza fa parte lo spavento più grande e l’unico schiaffo, in circostanze diverse. “Lo spavento è legato all’incidente: aveva sedici anni e stava andando a scuola in motorino, quand’è scivolata sul ghiaccio. L’ho raggiunta di corsa all’ospedale e aveva la bocca gonfia e gli incisivi rotti. Ebbi il sangue freddo di chiamare il nostro dentista di famiglia, che qualche mese dopo le ha ricostruito il suo bel sorriso”. Il ceffone era precedente e ha a che fare con una brutta dimenticanza. “Aveva tredici anni e doveva tenere il fratellino: io avevo un impegno importante. Se ne dimenticò. Quando si presentò con un’amica ridendo e scherzando, le diedi uno schiaffo sulla guancia, l’unico: le lasciò un bel segno. Chissà se lo ricorda ancora…”» (Elvira Serra). «Ma Bianca quando ha capito che sarebbe diventata la bella di Lodi? “Da piccola dicevano tutti ‘Che bella bambina!’ e io godevo a più non posso. Da adolescente invece una tragedia, perché i ragazzi guardavano quelle con le curve: è un’età in cui vale di più avere il seno che un bel faccino. E a me non cresceva niente anche se ho sempre mangiato un casino: come si dice, bruciavo tutto alla grande”» (Gian Luigi Paracchini). «Quando ero adolescente tutti mi facevano sentire brutta perché ero troppo magra. E io mangiavo e mangiavo, ma niente. Mi guardavo allo specchio e pensavo: “Potrei fare la modella forse, così nessuno, lì, mi prenderà in giro”. Ma mia madre non ne voleva sapere: “Prima pensa a finire il liceo classico, poi si vedrà”, mi diceva» (a Paola Pollo). «Sfogliavo i giornali di moda e riconoscevo la creatività. E le modelle erano magre come me: solo che, a me, mio fratello cantava “Hai le gambe a X”. Sfogliavo i giornali e meditavo la rivalsa» (a Sara Brusamolino). «Non tutti sono fatti per vivere in provincia, per assecondare la noia, per sopportare la nebbia che si “gela sulla visiera del casco” e una famiglia che usa, come dice lei, troppi “no”. Bianca era una ragazzina magra, con l’acne, qualche complesso, tanta rabbia ed energia. “Ero sempre troppo”. Tutto cambia una sera, quando a una festa un coetaneo (14 anni) la costringe a bere quasi una bottiglia di limoncello, poi la molesta. Lei sta malissimo, un dolore che si porta ancora dentro, ma quella sera fa un patto con se stessa: “Sarei stata una cattiva ragazza”. Capisce anche di avere un problema con le dipendenze, “una malattia”. Conosce presto tutte le droghe. Per sopravvivere ha una strategia precisa: “Avevo capito che se fossi andata bene a scuola avrei potuto fare quello che volevo”. È questa la regola di vita che per molti anni si imporrà, anche quando sarà una top model di fama mondiale. La notte “bad girl”, di giorno disciplinata. […] Una adolescente difficile, Bianca. Genitori che sente distanti. Il padre sempre al lavoro, nel ramo della distribuzione dei giornali, mamma orgogliosa di lei solo quando durante lo struscio della domenica la gente la fermava per dirle quanto fosse bella sua figlia. “Ho sempre avuto dubbi se amasse me o il fatto che fossi bella”, dice oggi Bianca. Una vita con tanti divieti e pochi soldi a disposizione, nonostante la famiglia fosse agiata. […] Quando Bianca finisce le scuole, va a Milano a vivere in una casa occupata. “Tornavo a Lodi ogni tanto il venerdì per mangiare e farmi una doccia”. E poi droghe, alcol, sesso, rave. “Questi anni non sono stati così divertenti: ho tanto dolore dentro”, ammette. “Quando vivevo allo squat arrestarono un […] mio fidanzato per pestaggio di un neofascista. Anche io pestavo molto, ero violenta, provocavo”» (Maria Corbi). «E com’è che poi è diventata modella? Evidentemente è difficile sfuggire al proprio destino di fuoriclasse dei lineamenti. “Mi ero iscritta al primo anno di Design della comunicazione, al Politecnico di Milano. Abitavo con degli squatter (ragazzi che occupano case disabitate, ndr) vicino alla Bovisa, dove si tenevano i corsi. Per arrotondare e non gravare sui miei genitori, che avevano anche i miei due fratelli da mantenere, facevo la hostess nei supermercati. Dimostrazioni di prodotti cosmetici. Un giorno mia madre mi accompagna nell’ufficio dove avrebbero dovuto pagarmi, e la signora che doveva darmi i soldi mi suggerisce di suonare alla porta accanto, dove c’era un’agenzia di modelle. E mia madre, che quando a quattordici anni ci fermavano per strada per propormelo si era sempre opposta perché temeva le cattive compagnie e la droga, non ci ha più trovato nulla di male. Probabilmente”, ride Bianca, dando un guizzo ai suoi lineamenti angelici, “a quel punto doveva sembrarle il male minore!”. […] “Avevo fatto un solo esame e avevo preso 18”, aggiunge. La moda, insomma, non l’ha strappata a una brillante carriera universitaria: “In pratica, da quella porta accanto è iniziato il mio futuro”» (Camilla Baresani). «“Ero magrissima, pallidissima, capelli biondi ossigenati, il piercing al naso”. Primo lavoro per un brand di jeans israeliano: “Volevano che andassi da loro ma io ho detto no perché appoggio la causa palestinese”. Dopo una settimana faceva il lookbook di Valentino, poi la prima cover e la chiamata di Dolce e Gabbana, che la vogliono in esclusiva, decretando il suo successo» (Maria Corbi). «Ero quasi un’esordiente e Domenico stava in ginocchio a spillare la gonna mentre Stefano aveva occhio verso mille altre cose. Per dire come sia stata impressionata da quanto lavorino e curino i particolari» (a Gian Luigi Paracchini). «È difficile, se non impossibile, elencare tutte le case di moda per cui Bianca Balti ha sfilato o ha posato. Dopo l’esordio in passerella nel 2005 per Dolce & Gabbana (brand a cui rimarrà indissolubilmente legata, e che ancora oggi la vede protagonista delle proprie campagne pubblicitarie) gli ingaggi fioccano: Missoni, Paul Smith, Guess, Donna Karan, Roberto Cavalli, Armani Jeans, Mango, Christian Dior, Intimissimi, La Perla sono solo alcuni dei brand che la scelgono, così come molti marchi appartenenti al mondo beauty, tra cui Revlon e Guerlain. In un paio d’anni Bianca Balti diventa la modella italiana più famosa del mondo, nonché l’unico angelo tricolore di Victoria’s Secret – fino allo scorso autunno (quando Vittoria Ceretti è entrata a far parte della scuderia del marchio)» (Giulia Mattioli. Conquistata fama internazionale come modella, incrementò ulteriormente la propria popolarità con alcune apparizioni in ambito cinematografico (nel ruolo di una spogliarellista in Go Go Tales di Abel Ferrara, che nel 2007 le valse la partecipazione al Festival di Cannes) e soprattutto televisivo, la più importante delle quali fu, nel 2013, quella sul palco della LXIII edizione del Festival di Sanremo, in qualità di ospite della serata finale, accanto al presentatore e direttore artistico Fabio Fazio e a Luciana Littizzetto. Tale popolarità è persino aumentata negli ultimi anni, quando la Balti ha parlato pubblicamente dei suoi problemi di salute, senza mai cedere all’autocommiserazione né al pessimismo: sottopostasi nel dicembre 2022 a una doppia mastectomia preventiva dopo aver scoperto di essere portatrice della mutazione genetica Brca1, che rende particolarmente alto il rischio di sviluppare un tumore al seno o alle ovaie («Amo troppo la vita per non fare il possibile per preservarla»), nel settembre 2024 rivelò di essere stata operata per un tumore ovarico al terzo stadio già diffuso ad altri organi («Mi hanno tolto tutto quello che hanno trovato nel basso addome. Ora dovrò fare la chemio»). «Ha annunciato la diagnosi di cancro ovarico con il sorriso sulle labbra: ottimista, speranzosa, forte e pronta a trovare il lato positivo in ogni cosa (in questo caso, l’amore delle persone che la circondano), Bianca Balti ha pubblicato sui social alcune foto e video che la ritraggono in ospedale, dove si è sottoposta ad un intervento chirurgico. […] “Ho un lungo cammino davanti a me, ma lo sconfiggerò. Per me stessa, i miei cari (le mie figlie prima di tutto) e per tutti coloro che hanno bisogno di forza. Ne potete prendere in prestito un po’ della mia, perché ne ho tantissima”» (Giulia Mattioli). La donna decise inoltre coraggiosamente di mostrare i segni lasciati sul suo corpo dalla malattia: non solo le cicatrici rimaste in seguito agli interventi chirurgici, ma anche la testa resa temporaneamente calva dalla chemioterapia. Culmine di questo percorso di condivisione collettiva, nel febbraio 2025, la sua partecipazione in qualità di co-conduttrice alla LXXV edizione del Festival di Sanremo, su invito del presentatore e direttore artistico Carlo Conti. «Il suo sorriso e la sua positività è ciò che abbiamo amato di lei durante la seconda serata di Sanremo e che ritroviamo alla serata finale. […] Maestosa e trionfante, in uno splendido abito Valentino, con quel suo sorriso grandissimo che la definisce, Bianca Balti appare alla seconda serata di Sanremo 2025 esattamente come ce la saremmo aspettata: se stessa. Niente parrucca o turbante a coprire la testa senza capelli, che ne caratterizza l’aspetto da quando ha iniziato la chemioterapia per combattere il tumore alle ovaie. E, con il quarto abito – un cut out di Roberto Cavalli – che ha indossato durante la serata, anche con cicatrice post-operatoria ben in vista sulla pancia scoperta. Liberarsi da questi filtri che modificano l’immagine, o la nascondono, è una scelta catartica personale che ha un’eco collettiva. Mostrarsi così come si è, senza fingere, su un palco importante come quello di Sanremo è la più grande celebrazione della bellezza autentica, senza dettami e filtri, e più in generale della vita stessa. […] In conferenza stampa, in riferimento alla sua partecipazione alla seconda serata, la Balti ha dichiarato: “Non vengo a fare la malata di cancro. Non voglio raccontare il dolore. Sarei potuta stare a letto a piangermi addosso, invece voglio essere stasera una celebrazione della vita”» (Veronica Cristino). «Bianca Balti celebra la vita perché rivendica il diritto di non essere emarginati o schedati in quanto malati, perché la malattia fa parte della vita, non è la vita tutta intera. Bellissima e sorridente, rivendica il diritto, per tutti, di essere considerati per quello che si è e per quello che si fa, non per la malattia che ci si ritrova senza colpa alcuna ad affrontare. […] Bianca Balti su quel palco dice a molte persone in difficoltà che si può provare a sorridere, che si può stare assieme agli altri con forza e bellezza, che si può mostrare sé stessi con le proprie fragilità più o meno grandi. Perché non c’è nessuna vergogna a essere persone malate che sperano di guarire. Ma sempre persone, non incarnazioni di paure da tenere in un angolo nascoste. E magari dimenticate» (Alberto Infelise). «Tutti sono diventati comprensibilmente restii a contattarmi per lavoro. Oltre a mandarmi fiori e biglietti d’auguri, i marchi hanno smesso di considerarmi una persona in grado di rappresentare il loro brand. Volevo mostrare a loro e al mondo intero il potere del mio nuovo look. Ho sbloccato il potenziale della nuova me per poter sentire di nuovo il mio valore» • Due matrimoni alle spalle: il primo, contratto nel 2006 e concluso con la separazione nel 2010, col fotografo italiano Christian Lucidi; il secondo, contratto nel 2017 e durato solo pochi mesi, col produttore musicale statunitense Matthew McRae. «Oggi pago gli alimenti a entrambi i miei ex mariti. È giusto: io guadagno di più». Dai due uomini ha avuto le figlie: dal primo Matilde (2007), la quale solo recentemente è tornata a vivere insieme alla madre, avendo per sua scelta deciso di vivere per alcuni anni insieme al padre (a Parigi) perché destabilizzata dallo stile di vita della donna, a lungo per sua stessa ammissione segnato dal consumo di droga e alcol e dalla promiscuità sessuale («È stato uno dei momenti più brutti della mia vita. Mi ha fatto tanto male. Non mi drogavo già da tre anni, ma Matilde non era pronta a perdonarmi. Allora fu durissima capire che, al di là degli sforzi che avevo fatto per cambiare, il male che le avevo fatto l’aveva portata a fare questa scelta»); dal secondo Mia (2015). Dopo varie altre relazioni sentimentali più o meno brevi e travagliate, «oggi al suo fianco c’è […] Alessandro Cutrera, pilota Ferrari Challenge poco avvezzo al mondo patinato e decisamente poco social, entrato nella sua vita proprio in concomitanza con la diagnosi di cancro. “Il mio amore”, scrive a commento di una foto su Instagram che li ritrae insieme, “che mi ha aiutata a superare il dolore con il suo amore incondizionato”» (Giulia Mattioli). «Ho avuto tante relazioni in cui soffrivo, credendo che quello fosse l’amore. Ora so che l’amore è una cosa sana che ti fa stare bene» (a Sara Brusamolino) • Dopo aver vissuto a New York (al seguito del primo marito) e a Marbella (dove conobbe il secondo), da tempo risiede stabilmente a Los Angeles, insieme alle figlie. «Perché ha scelto di vivere a Los Angeles? “Era il mio sogno. Avevo seguito mio marito (Matthew McRae, padre della seconda figlia, ndr), volevo vivere al sole. Mi sento una privilegiata: sono in felpa e jeans, nel week-end vado a fare surf”» (Maria Teresa Veneziani) • Ha rivelato di aver fatto congelare i suoi ovociti, per «svincolare il sogno di maternità dagli umori di una relazione»» • All’indomani della separazione dal primo marito, la relazione col quale ha spesso definito «tossica», si era sottoposta a una mastoplastica additiva. «Ho sempre desiderato farlo, ero piatta, ma mio marito era gelosissimo. Diceva: ci manca che ti fai le tette. Appena ci siamo lasciati, sono andata a operarmi a Los Angeles» (a Sara Brusamolino) • «Un’anima sensibile, ma anche ironica, come quando si è raccontata senza filtri a Belve. “Ho baciato e toccato donne”, ma l’attrazione per gli uomini vince sempre: “Farei a meno di loro volentieri se non fosse per quella cosa” (diciamo il sesso)» (Renato Franco) • «Trovo che le amicizie tra donne siano problematiche: prima perché magari c’è qualche ragazzo di mezzo, dopo perché scattano invidie e incomprensioni. […] L’amicizia fra donne richiede maturità» (a Gian Luigi Paracchini) • Dichiaratamente di sinistra. «L’unico modo per cambiare radicalmente la società è parlare ai nostri figli di omofobia, razzismo, patriarcato» (a Emanuele Coen) • «Quando l’allora ministro Giovanna Melandri voleva bandire le modelle troppo magre, lei la invitò a “pensare al suo ministero: lo Sport”. Polverone. “Mi piace quando le persone mi fanno i complimenti perché dico le cose che tutti pensano, ma nessuno ha il coraggio di dire. E, più le conseguenze sono negative, più sono orgogliosa di me e sghignazzo”» (Sara Brusamolino) • Molto attiva su Instagram, dove ha oltre 1,8 milioni di seguaci • «La mia divisa preferita è: jeans nero, T-shirt, scarpa maschile» (a Sara Brusamolino) • «Nota in tutto il mondo per i suoi intensi occhi azzurri, per lo sguardo magnetico e per il suo sorriso ampio e sincero» (Giulia Mattioli). «Un viso mobile, vivace, divertito. […] Un corpo minuto di quelli perfetti sia da nudi sia da vestiti, un corpo non spilungone né anoressico: magro naturale, alla Audrey Hepburn, e sopra quel corpo una faccia spettacolare, vera e bellissima» (Camilla Baresani) • «Ha la parola cat tatuata su un braccio, perché nell’indipendenza dei gatti si riconosce» (Giulia Di Giamberardino) • «Le luci abbaglianti nella mia vita lo sono talmente tanto da bruciare tutto il nero, anche se ce n’è stato davvero molto». «Si dice che ciò che non ti uccide ti rende più forte, ma la mia esperienza è che ciò che non mi ha uccisa mi ha fatto amare molto di più la vita» • «Tutto passa, le cose belle e le cose brutte. Quando stiamo vivendo un momento felice, fermiamoci a dirlo: “La vita è bella”» (a Elvira Serra).