19 marzo 2025
Tags : Isolde Kostner
Biografia di Isolde Kostner
Isolde Kostner, nata a Ortisei (Bolzano) il 20 marzo 1975 (50 anni). Ex sciatrice. Medaglia d’argento in discesa libera alle Olimpiadi di Salt Lake City (2002), due volte campionessa del mondo in superG (1996 e 1997, seconda nel 2001), medaglia di bronzo in discesa e superG alle Olimpiadi di Lillehammer (1994). Nel 2000/2001 e 2001/2002 vinse la coppa del Mondo di discesa, prima donna italiana a fare il bis. «Mio padre diceva che una ragazza, se vuole fare sport, rischia meno di un ragazzo: se non riesce a sfondare può sempre sposarsi, mentre un uomo diventa un disoccupato».
Vita Figlia di Oliva e Ullrich, decoratore del legno: «Tutto è cominciato con le scampagnate domenicali della famiglia Kostner, i picnic sulla neve, le prime scivolate sui campetti. Poi un centro Fisi le diede i primi rudimenti e successivamente andò allo sci club Ortisei. La prima vittoria? In gigante, anzi, un gigantino, quando era in prima elementare. Aveva il numero 2, la numero 1 cadde e sul gradino più alto del podio salì lei. Non sapeva che ci avrebbe preso gusto... Ma c’era un problema. Isi da ragazzina vinceva, ma il suo stile non era bello da vedere, quelle gambe larghe non erano il massimo dell’estetica. Oltretutto non appoggiava bene il peso sullo sci esterno, quello che nei canoni sopporta il peso vero della curva. Così quando aveva 12 anni il suo allenatore la costrinse a riunire gli sci. “Le tue ginocchia si devono toccare”, le disse. E lei ci provò, ci riuscì anche, ma i suoi risultati precipitarono. La salvò il norvegese Furuseth, che nella seconda metà degli anni Ottanta in coppa del Mondo introdusse il concetto dell’indipendenza delle gambe. E, quando l’allenatore si stancò di ripeterle cento volte la stessa cosa e le disse: “Scia un po’ come vuoi”. Isi riallargò i suoi sci e riprese a vincere» (Pierangelo Molinaro) • «I primi sci, documentati da una foto. “Avevo due anni e nove mesi. Gli sci sono il regalo del Natale 1977. I primi maestri sono stati i miei genitori. In casa sono cresciuta con i maschi, inevitabile che cercassi di essere come loro. Un maschiaccio. Il mio sogno era giocare in una squadra di hockey su ghiaccio. Sogno non realizzabile, allora era uno sport chiuso alle ragazze”. Dove servono aggressività e forse anche un po’di cattiveria. O no? Lei risponde con un sorriso dolcissimo che contrasta con le parole. “Nel caso, stia tranquillo che ne ho”. Servono anche nello sci? “Molto meno. Intanto, lo sci è sport individuale e non c’è contatto fisico con gli avversari. Lo sci è la ricerca di un equilibrio tra pazzia e calma”. È stato difficile salire tutti i gradini? “No, è stato tutto molto facile. A 8 anni mi ero iscritta alla scuola di Ortisei e qualche numero dovevo già averlo, perché mi aggregarono a un gruppo di addestramento preagonistico e da lì, un passo alla volta, sono arrivata alla Nazionale. Mio allenatore, in tutti quegli anni, Carlo Mussner, pensi che oggi è l’allenatore di David, il maggiore dei miei figli” […] “Con Carlo c’è stata la prima , vera discussione della mia carriera”. Argomento? “Lui diceva che sciavo a gambe troppo larghe, che dovevo tenere i piedi più stretti. Ci ho provato, ma finivo sempre fuori pista e non riuscivo più a vincere una gara. Finché un giorno Carlo ha detto: va bene, facciamo come vuoi tu. E ho ripreso a vincere”. C’è una morale? “No, è probabile che tecnicamente Carlo avesse ragione ma io rendevo di più in una posizione imperfetta. Tecnicamente, so di non essere stata uno schianto come Deborah Compagnoni. Io avevo il dono della scorrevolezza e andavo più veloce. Lei sì che tecnicamente era perfetta. Per me, più giovane di cinque anni, un idolo. Aveva un team tutto suo, vinceva molto, ma nei rapporti con noi non faceva la diva e per questo le volevamo un gran bene. E per la forza di volontà che le ha fatto superare gravi infortuni” […] Quando ha vinto la prima gara? “In prima elementare. La coppetta ce l’ho ancora”. Anche Stefania Belmondo m’ha detto che conserva la medaglia di cartone dorato della prima vittoria, in una gara di corsa. “Per un bambino sono cose importanti, anche se lo sport è ancora un gioco. Per me i problemi sono arrivati dopo”. Quando? “Fra i 13 e i 14 anni sono cresciuta di 12 centimetri, faticavo a coordinare i movimenti, mi sembrava di abitare il corpo di un’altra. È di questo periodo il tentativo di Mussner di cambiarmi il modo di sciare. Allenava anche la testa, Carlo. Questo è fondamentale: l’importanza della passione, la voglia di allenarsi, la perseveranza, la fiducia in se stessi, il non abbattersi, non cedere mai”. Quando gareggiava aveva un soprannome? “Sì, dopo Lillehammer, avevo 18 anni e non mi piaceva: Puffo. Perché ero rotondetta, la faccia paffuta e per giunta la divisa della Nazionale era color azzurro Puffo. Per fortuna dopo due anni sono diventata Isi, e basta”» (a Gianni Mura) • «Ai Giochi invernali, sulla gara secca può succedere di tutto. “È vero, ti alleni per anni pensando a quella gara e sai che in quel minuto e mezzo circa tutto dovrà essere perfetto. Onestamente, però, quando mi trovavo al cancelletto di partenza, non sentivo così tanta differenza nella tensione rispetto alle altre gare stagionali”. Però non può negare che alle Olimpiadi ci siano spesso sorprese, l’ha provato sulla sue pelle. “A Salt Lake City, nel 2002, volevo a tutti i costi l’oro in discesa, ma arrivai seconda dietro alla francese Montillet, che fino a quel giorno aveva vinto solo una gara in vita sua. Per fortuna, mi ripeto sempre tra me e me, negli anni successivi ne ha vinte anche altre...”» (a Nicola Bambini) • Terza di reggiseno, dice che quando gareggiava era un problema: «Nella mia squadra solo un’altra aveva una taglia in più rispetto a me, Sovrana Welf. Il paradosso è che le altre ci invidiavano, ci dicevano sempre beate voi, ma parlavano appunto da donne. Da sciatrici sapevano di essere avvantaggiate e noi glielo ricordavamo» • «29 gennaio 1994, Garmisch-Partenkirchen, discesa libera. Per lei è la prima vittoria in Coppa del mondo, per Ulrike Maier la fine di tutto. “È stata una giornata tragica, una vittoria senza gioia e la morte di una campionessa simpatica, a tutte le gare portava la sua bambina, era in tribuna anche quel giorno. Aveva 27 anni, Ulle”. Nei filmati il casco si rompe nell’impatto, e voi come protezione solo quello avete. Questo ci riporta alla pazzia e alla calma. “Questi sono pazzi, o pazze, lo pensano molti vedendo una discesa libera con altissimi picchi di velocità”. Lei ha un riscontro? “In gara 132,8 all’ora. Ma in allenamento credo di aver raggiunto i 135. E garantisco che la pazzia deve fare capolino più nelle giornate d’allenamento che in quelle di gara. Sembra un paradosso, ma bisogna rischiare di più quando in palio non c’è nemmeno una medaglietta. Le vittorie si costruiscono in allenamento. La calma è quel che ti impedisce di esagerare, di rischiare troppo”. E la paura? “È una compagna di viaggio, puoi saperlo o fare finta di dimenticartene. Non è tutta una discesa che fa paura, altrimenti si sceglierebbe un altro sport. Molti hanno paura delle curve, io l’avevo dei salti. La paura non esclude il coraggio, ma è più vicina alla responsabilità, al sapere cosa si rischia. E basta un attimo, un crostone di ghiaccio, un minimo avvallamento del terreno, e si vola, e si cade”. Lei ha smesso a 30 anni. Troppo presto? “Al momento giusto. Ho annunciato che ero incinta e alla chiusura dei Giochi torinesi mi sono presentata vestita da sposa”» (a Gianni Mura) • «Mi sarebbe piaciuto recitare, cantare, ballare, ma erano altri tempi. Non avevo manager, ed i guadagni di due sponsor, un produttore d’olio ed una ditta di integratori, li ho versati alla federazione secondo le regole del dilettantismo. Se avessi potuto incassarli non starei qui con la valigia in mano, tutte le settimane, in treno da Verona a Chieti per insegnare atletica leggera alla facoltà di scienze motorie» • Nel 2007 ha partecipato al programma di Rai1 Notti sul ghiaccio (la versione on ice di Ballando con le Stelle), chiudendo al terzo posto • Nel 2021 ha partecipato alla quindicesima edizione del reality L’isola dei famosi (Canale 5). «Come nasce questa scelta? “Mi avevano già chiesto in passato di partecipare ad alcuni reality come Pechino Express, ma tra i figli piccioli e il lavoro avevo sempre detto di no. Stavolta invece mi sono decisa, attratta dall’idea di stare a contatto con la natura h24: ho pensato adesso o mai più”. Considerando com’è andata, tornasse indietro la rifarebbe? “All’inizio avrei risposto di no, perché in effetti c’erano giorni che non passavano mai e non era semplice stare in un gruppo di persone con punti di vista così differenti. Però, a mente fredda, mi tornano in mente il vento che ti soffia in faccia, l’acqua cristallina, la spiaggia fantastica, dove per oltre due mesi mi sono estraniata dalle mie quattro pareti. Quindi sì, assolutamente, la rifarei”» (a Nicola Bambini) • Insieme al marito Werner Perathoner, suo ex maestro di sci, gestisce un hotel a Selva di Val Gardena(Bolzano).
Famiglia Sposata dal 15 ottobre 2006 con Werner Perathoner (da non confondere con l’omonimo discesista azzurro degli anni Novanta). Due figli: Davide (9 luglio 2006) e Gabriele (aprile 2008) • Incinta, si ritirò dalle gare alla vigilia delle Olimpiadi di Torino: il 14 gennaio 2006, in occasione di una manifestazione in piazza del Duomo a Milano in favore dei Pacs, il quotidiano dei cattolici Avvenire le dedicò un editoriale entusiasta • «Nel 2012, rinviata a giudizio a Bolzano insieme alla collega Denise Karbon per presunte sottrazioni al fisco di introiti incassati da sponsorizzazioni. Per Isolde, la responsabilità sarebbe di un intermediario finanziario infedele: “Una beffa, la vittima sono io» • Cugina dell’ex pattinatrice Carolina Kostner.
Vizi Ha l’hobby dell’uncinetto.