28 marzo 2025
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Biografia di Terence Hill (Mario Girotti)
Terence Hill (Mario Girotti), nato a Venezia il 29 marzo 1939 (86 anni). Attore, regista, sceneggiatore • È il Trinità nei western in coppia con Bud Spencer e, più recentemente, il Don Matteo della fiction televisiva.
Titoli di testa «“Se tu gli metti un cappello nero, visto così, ha gli occhi azzurri, somiglia a Franco Nero”. E fu così che fui assunto».
Vita Secondo dei tre figli del chimico italiano Girolamo Girotti e della tedesca Hildegard Thieme, a quattro anni si trasferì con la famiglia in Sassonia, dove riuscì a scampare ai bombardamenti (dichiarò poi di aver assistito alla distruzione di Dresda). Dopo la fine della Seconda guerra mondiale si stabilì a Roma: qui, oltre a continuare a studiare, prese a dedicarsi al nuoto, gareggiando per la società sportiva Lazio, la stessa squadra in cui militava, a livelli molto superiori, Carlo Pedersoli (il futuro Bud Spencer, 1929-2016), che già all’epoca ebbe più volte occasione d’incontrare • Fu proprio durante gli allenamenti che lo notò un assistente di Dino Risi, il quale lo esortò a partecipare ai provini per il nuovo film del regista, Vacanze col gangster (1951). Fu il suo debutto cinematografico, tutt’altro che entusiasmante: «Mi trovai male, perché non mi piaceva recitare, non mi piaceva fare l’attore, avevo sempre la febbre e quindi con grande sforzo portai a termine il mio lavoro: dovevo, a casa giravano pochi soldi». Ciononostante, e senza trascurare gli studi, continuò a recitare, diretto ancora da Risi (Il viale della speranza, 1953) e poi da registi come Georg Wilhelm Pabst (La voce del silenzio, 1953), Mauro Bolognini (La vena d’oro, 1955), Citto Maselli (Gli sbandati, 1955); Gillo Pontecorvo (La grande strada azzurra, 1957), Carlo Ludovico Bragaglia (Lazzarella, 1957), Anton Giulio Majano (Il padrone delle ferriere, 1959), Raffaello Matarazzo (Cerasella, 1959), Steno (Un militare e mezzo, 1960) e Sergio Corbucci (Il giorno più corto, 1963) • Sempre con Maselli, a metà degli anni Sessanta, girò anche il primo Carosello con Solvi Stubing («Chiamami Peroni, sarò la tua birra») • La svolta avvenne però quando fu scritturato da Luchino Visconti per la parte del conte Cavriaghi ne Il Gattopardo (1963): «Quell’esperienza […] mi ha fatto decidere di intraprendere definitivamente la carriera d’attore, perché sino ad allora non ero ancora convinto che quella fosse la mia strada». Proposito del Gattopardo, Marco Giusti nel suo Divano dei Giusti dell’11 gennaio 2025 racconta: «Sul set c’erano i maschi più belli che bazzicavano il cinema italiano. Angelo Infanti, Giuliano Gemma, Terence Hill, Pierre Clementi, oltre a Delon. Secondo Vassili Karis ritornarono tutti dalla Sicilia con la macchina nuova» • Fu allora che decise di abbandonare la facoltà di Lettere (al terzo anno) e di iscriversi all’Actors Studio, per vincere ansia e timidezza. «Io abbandonai l’Italia per tre anni, perché […] mi ero fossilizzato nel ruolo del giovane diciottenne. Quindi partii, andai in Germania e feci, credo, dodici o tredici film, e la cosa bella fu che partecipai ai primi western europei, i quali, nessuno lo sa, ma li realizzarono i tedeschi e non gli italiani. […] Quando tornai in Italia momentaneamente nel ’67, ormai il western italiano stava morendo. C’era, però, una troupe in Spagna con Bud Spencer e altri due attori, Frank Wolff e un altro. Questo film, ideato da Colizzi [il regista Giuseppe Colizzi (1925-1978) ndr], che era uno studioso e grande scrittore di romanzi, si era ispirato a Esopo, e il titolo del film era Il gatto, il cane e la volpe, che poi diventò Dio perdona… io no!. Accadde che l’attore che doveva fare il gatto, Peter Martell, litigava sempre con la fidanzata e una sera, durante una lite violenta, le tirò un calcio ma lei si scansò, così colpì il muro e si ruppe un piede. Il regista Colizzi arrivò di corsa a Roma per cercare un altro attore, mentre la troupe era ancora là. Io ero con il produttore Manolo Bolognini, […] e lui , disse a Colizzi: "Guarda, io c’ho questo qui: se tu gli metti un cappello nero, visto così, ha gli occhi azzurri, somiglia a Franco Nero". E fu così che fui assunto: poi quel film […] ebbe un successo strepitoso, […] anche perché c’era già un pizzico di ironia e si stava formando casualmente questo feeling simpatico tra Bud Spencer e me» • «Ma, come ricorda Terence Hill, “Il Trinità che Barboni concepì doveva farlo con altri due attori. Poi è successo che Bud Spencer e io dovevamo fare un film col produttore Zingarelli e non si trovava la sceneggiatura adatta. Si presentò Barboni con questo soggetto... io e Spencer eravamo appena usciti da I quattro dell’Ave Maria che era ironico, ma non certo comico. […] Io stesso non avevo mai fatto ruoli comici e mi sorpresi di come potessi far ridere, per cui nacque assolutamente per caso”» [Giusti, da Dagospia, 12-11-2022] • Le scazzottate: «Quando facemmo I quattro dell’Ave Maria con Eli Wallach, Colizzi andò a vederlo in giro per l’Italia e notò che quando c’erano le scene con noi due insieme la gente si divertiva di più: “Quando tu stai insieme a Bud”, mi disse, “la gente prova più simpatia, ridono… insomma, non capisco ma vi metto insieme!”». Tra i due attori, che in occasione di Dio perdona… io no! avevano assunto gli pseudonimi di Bud Spencer (ispirato alla birra preferita da Pedersoli) e Terence Hill (proposto dalla produzione tra una ventina di altri nomi, e scelto da Girotti anche perché le iniziali sono le stesse della madre, sebbene invertite), si costituì allora un formidabile sodalizio, «il più longevo matrimonio artistico della storia del cinema italiano, probabilmente il più redditizio. Incassi favolosi nei cinema, audience intramontabili in tv, vendite estere senza paragoni per prodotti in lingua italiana. […] Chi ne celebrò il matrimonio? Si chiamava Enzo Barboni, […] e divenne in seguito famoso con lo pseudonimo di E.B. Clucher, col quale firmò la regia dei film di Trinità [Lo chiamavano Trinità…, del 1970, e … continuavano a chiamarlo Trinità, del 1971]. A Barboni e a Italo Zingarelli, ex pugile ed ex stuntman, ex produttore di film peplum, si deve la messa a punto di quella formula di successo che trasforma lo “spaghetti western” nel “fagioli western”, i legumi che Trinità e Bambino scaraventano avidamente in bocca con il mestolo. Il West barocco di Sergio Leone si trasforma in uno spettacolo di farsa in movimento che ha parentele più con le comiche del muto che con John Ford. Non a caso ne sono protagonisti assoluti due ex atleti» [Mario Sesti] • Il ciclo iniziato nel 1970 con Dio perdona… io no! di Colizzi si concluse nel 1994 con Botte di Natale, sedicesimo film della serie girato dallo stesso Terence Hill, il quale nel frattempo, oltre a essersi già cimentato nella regia (con il suo Don Camillo nel 1983, e poi con Lucky Luke nel 1991), aveva continuato a prendere parte anche ad altre pellicole: tra le più importanti, il western Il mio nome è Nessuno (1973), diretto da Tonino Valerii e prodotto da Sergio Leone, in cui aveva recitato al fianco di Henry Fonda, e il drammatico La bandera – Marcia o muori di Dick Richards (1977), con Gene Hackman, Catherine Deneuve e Max von Sydow • La sua carriera intraprese una nuova fase fortunata nel 2000, quando Terence Hill accettò di interpretare il prete-investigatore protagonista della serie televisiva Don Matteo. «Don Matteo rappresenta un magnifico spot per la Chiesa Cattolica: incarna la figura del sacerdote ideale, della guida spirituale modello. Terence Hill è un attore eternamente giovane malgrado i quasi ottant’anni, è bello, alto, biondo, è fisicamente prestante e così agile da scendere con una sola mossa dalla sua vecchia bicicletta» [Marzano, Fatto 2018]. «Il successo di Don Matteo, cappellano della Tv generalista, viene da lontano. Viene dal giovedì, il giorno benedetto della Tv che Mike Bongiorno consacrò al trionfo del quiz e di cui la serie officiata da Terence Hill è la legittima erede» [Delbecchi, Fatto 2018]. «A quel punto s’individua un possibile colpevole e Don Matteo (Terence Hill) viene coinvolto nell’inchiesta anche per via del suo intuito fine e dei suoi gesti atletici. Il punto di svolta? L’immancabile “scena degli scacchi” tra il prete umbro e il maresciallo Cecchini (Nino Frassica), durante la quale emergono dubbi che portano a un punto di svolta e a scoprire il vero colpevole» [Grasso, Cds 2018]. «Davvero, è fantastico; e poi è un vero divo internazionale, mentre noi siamo appena dei divetti italiani: quando giriamo a Gubbio o a Spoleto, gli stranieri lo riconoscono, a noi no» [Nino Frassica, riferendosi a Terence Hill, a Ferrucci, Fatto 2019] • «C’è un pubblico per ogni livello della gerarchia fantaclericale, ma quello ipnotizzato dagli occhi di Terence Hill è un caso. Vent’anni e dodici stagioni dopo il suo sacerdote resta il patrono di Rai Uno e milioni di spettatori, distribuiti tra classi sociali, età anagrafiche e località geografiche, non si perdono una puntata» [Romagnoli, Rep 2020] • Mentre gira le avventure del prete-detective, Hill continua a fare cinema. Nel 2018, oltre vent’anni dopo la sua ultima apparizione sul grande schermo (in Potenza virtuale di Antonio Margheriti, datato 1997 e mai distribuito in Italia), è uscito Il mio nome è Thomas, da lui diretto e interpretato e dedicato alla memoria di Bud Spencer, deceduto nel 2016 • Il primo film in cui comparvero sia Girotti sia Pedersoli fu Annibale (1959), in cui però i due non recitarono mai insieme; coevo ma non ascrivibile al ciclo principale fu invece Il Corsaro nero (1971), in cui il protagonista è Hill, mentre Spencer interpreta un personaggio minore, suo rivale • «Nostalgia? Mai. Se penso a Trinità sorrido divertito, questo sì. Quel cinema comunque non si potrebbe più fare. Sul set c’erano almeno una dozzina di stuntman, oggi non esistono praticamente più. Né io né Bud, comunque, abbiamo mai usato la controfigura: venivamo da una grande preparazione atletica. Giravamo le scene di rissa fin quando finivano le panche in balsa e ci tiravamo quelle vere in legno. Suture e punti in testa a non finire. Ma il vero segreto, sforzo fisico a parte, era la lunghezza e il ritmo di quelle scene. Mentre giravamo, tutto coreografato, ci veniva dato il tempo con il metronomo: ogni battito una caduta, un balzo, un rimbalzo, un pugno. Per girare un intero scontro ci volevano dieci giorni, un minuto al giorno. Oggi prenderebbero a cazzotti noi: i costi sarebbero inarrivabili» • Il mio nome è Thomas’ è il primo film in cui lei non è doppiato. «È vero. Ai tempi di Trinità i film venivano tutti doppiati, a volte anche dagli stessi attori, perché girare in presa diretta costava troppo. Dobbiamo molto a quei doppiatori: il venti per cento del successo dei film di Bud e miei è merito loro. Anche in Don Matteo originariamente volevano doppiarmi perché dicevano che avevo l’accento americano. Allora mi sono preparato per cinque mesi e, poi, ho fatto il provino come doppiatore: don Matteo ha la mia voce» [Lupi, Avvenire] • Il successo della serie in abito talare è inarrestabile. Anche Don Matteo deve fare i conti con l’emergenza coronavirus. Come tutti noi, infatti, in questi giorni Terence Hill è a casa, in Umbria. Ma, nonostante le restrizioni, i giorni scorsi gli hanno regalato una bella notizia: la Rai ha deciso che la tredicesima stagione della serie si farà […] La tonaca è sempre la stessa fin dalla prima puntata, lisa e con un bel po’ di rattoppi. «Negli anni me ne hanno fatte altre ma le ho appese in camerino. Per fortuna da quando c’è papa Francesco la mia scelta non è più criticabile!» [Lupi, cit.] • Poi arriva il momento di passare il testimone. «Dopo vent’anni e più di 250 puntate, arriva Don Matteo 13 con una new entry. Lo storico personaggio, interpretato da Terence Hill nella serie prodotta da Lux Vide con Rai Fiction, sarà protagonista delle prime 4 puntate e dalla quinta entra in scena un nuovo personaggio, Don Massimo, interpretato da Raoul Bova. Un simbolico passaggio del testimone che instaura, tra i due attori, una simpatica complicità» [Costantini, Cds 2021] «Terence Hill, 82 anni, abbandona la veste talare di Don Matteo, dopo 259 puntate. A 22 anni dalla messa in onda della prima. E a prendere il suo posto o meglio a proseguire il percorso, sarà Don Massimo, interpretato da Raoul Bova, senza tonaca e in moto appunto, in scena dal quarto episodio della tredicesima stagione» [Arnaldi, Mess 2021] • La preoccupava il confronto con Terence Hill? «L’ho detto subito: molto bello il personaggio, mi piace moltissimo ma lo faccio a una condizione: voglio incontrare Terence, guardarlo negli occhi e sentire che condivide questa scelta. Il passaggio di testimone me lo deve dare con uno sguardo, come un fratello maggiore, un padre che dice: “Vai avanti e continua tu”. Volevo da Terence un abbraccio, e quell’abbraccio c’è stato» [Raul Bova a Fumarola, Rep 2022] • E com’è Don Matteo? «Terence Hill è un vero antidivo: popolarissimo, mantiene una sua rigorosa riservatezza. E ha anche un forte interesse laico per la spiritualità» [L’attrice Tinny Andreatta a Roberta Scorranese, Cds] • L’altro cavallo di battaglia di Terence Hill in tempi recenti è stato lo sceneggiato Un passo dal cielo, sempre per Rai Uno, nel quale dal 2011 al 2015 ha interpretato un ispettore della guardia forestale. «Le fiction comunque hanno contribuito in generale molto al borghismo in generale, e ciò sembra assecondare un altro carattere squisitamente italiano; a Braies, sulle Alpi, il solito Terence Hill questa volta versione forestale protagonista di Un passo dal cielo ha attirato folle micidiali che ormai minacciano l’ecosistema» [Masneri, Foglio 2022] • Tra i primi lavori la fiction con Terence Hill… «Sono entrata in Un passo dal cielo quando c’è stato il passaggio da Terence Hill a Daniele Liotti. La sceneggiatura prevedeva solo una scena in cui parlavo con lui per finta al telefono. Non ho potuto toccare il mito, ho rosicato parecchio» [L’attrice Pilar Fogliati a Renato Franco, Cds 2024] • La lunga carriera di Terence Hill è stata anche molto fruttuosa sul piano economico. «A differenza di Hollywood, in Italia i compensi delle star del cinema sono segreti, tutto si muove sul filo del “si dice”. Secondo la rivista americana People With Money, nell’ultimo anno Terence Hill e Stefano Accorsi avrebbero fatturato 58 milioni di euro a testa, mentre per Money.it Checco Zalone per il solo Quo vado? avrebbe guadagnato, da attore e sceneggiatore, 6 milioni» [Sta] • Un voto a Mario Girotti, in arte Terence Hill, e a Gegia, all’anagrafe Francesca Carmela Antonaci. Un voto anche per Giorgio Almirante, Claudio Baglioni, Marino Bartoletti, Mauro Corona, Rino Formica, Enrico Michetti, ecc. [Resoconto delle elezioni per il Quirinale, 2022] • «C’era anche Terence Hill al comizio della segretaria del Pd Elly Schlein in Umbria, l’altra sera ad Amelia (Terni). Lo storico interprete del sacerdote «don Matteo» ha applaudito e stretto mani durante l’intervento della leader pd a sostegno della candidata alle Regionali» [Proietti, Cds 2024].
Amori Sposato da oltre cinquant’anni con Lori Zwicklbauer, statunitense di origine tedesca; un figlio avuto dalla moglie, Jess, e uno adottivo, Ross, deceduto a sedici anni nel 1990 in un incidente stradale • Tra i suoi avi paterni figura il garibaldino Alarico Silvestri (1874-1897), nativo di Amelia e caduto combattendo per l’indipendenza della Grecia • Lei è estremamente popolare, eppure, fin dai tempi della saga con Bud Spencer, è sempre riuscito a proteggere la sua vita privata. Come ha fatto? «Non so, mi è venuto naturale, quando ho cominciato avevo un agente famosissimo, che continuava a ripetermi “devi andare a questa festa, devi andare in quel locale, devi farti vedere, altrimenti non riuscirai ad avere una carriera”. Non sono mai andato da nessuna parte, poi è arrivato Trinità e non c’è stato bisogno d’altro». Ha aiutato la scelta di vivere non a Roma, lontano dai riflettori? «Sì, ho abitato in America per 30 anni in Massachusetts, in mezzo ai cervi e ai tacchini. Poi, da quando faccio Don Matteo, vivo in Umbria, mi piace anche perché mio padre veniva da lì» [Caprara, Sta 2018] • Terence Hill? «È come uno zio. Quando avevo dieci anni ero innamorata di lui» [Cristina Pedersoli, 56 anni, figlia di Bud Spencer, a Elvira Serra, Cds 2020] • Terence Hill e Bud Spencer, Trinità e Bambino. «Papà lo chiamava Mario – l’unico a poterlo fare – lui Carlo. Fuori dal set erano due grandi timidi che non sapevano bene come prendersi. Terence è buono e gentile, però molto introverso. E poi, quando non lavorava, viveva negli Stati Uniti. Saranno usciti a cena insieme tre volte in vita loro. Ogni tanto veniva da noi per la spaghettata di mamma. In scena invece si trasformavano, tra loro c’era emozione vera, si creava un’armonia perfetta». Con tante scazzottate cinematografiche, tornava mai con un occhio nero? «No, anche se le scene di azione lo divertivano moltissimo. Terence invece qualche punto se l’è messo. Come quando il cattivo del film doveva colpire mio padre con una tavola di legno, lui però si scansò e la botta in testa se la prese Trinità» [Giuseppe Perdersoli, figlio di Bud Spencer a Cavalli, Cds 2024] • «Secondo quanto riportato dal figlio Jess Hill, l’attore ha sentito il bisogno di “dedicarsi ad altro e anche di trascorrere più tempo con mia mamma”. Jess ha spiegato che le lunghe riprese delle serie lo impegnano per mesi e ora che non è più un giovane, Hill desidera affrontare “altre cose, meno impegnative”. La pandemia ha ulteriormente rafforzato il legame tra Terence e sua moglie Lori, portandoli a passare molto tempo insieme, il che ha influenzato la sua decisione di lasciare la tonaca di Don Matteo» [Ercolani, Corriere dell’Umbria 2025].
Titoli di coda «Un nuovo film su Trinità? Sì, ci sto lavorando e lo potremo vedere tra un anno. Il titolo ce lo abbiamo, ma non vogliamo svelarlo» (Terence Hill).