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 2025  aprile 01 Martedì calendario

Biografia di Giuliana De Sio

Giuliana De Sio, nata a Cava de’ Tirreni (Salerno) il 2 aprile 1957 (68 anni). Attrice. Sorella della cantante Teresa. Ha vinto due David di Donatello, un Nastro d’argento, un Globo d’oro e sei Telegatti. Per il teatro ha ricevuto il premio Eleonora Duse.
Titoli di testa «L’anagramma del mio nome è: delusa in gioia. E io sono delusa, perché nella vita ho sempre sperato che arrivasse qualcuno a salvarmi... ancora non è arrivato, ma sono convinta che, prima o poi, qualcuno arriverà» [a Emilia Costantini, Cds].
Vita Infanzia difficile: «So di essere stata piagnucolosa e timidissima, quasi una disadattata. E soprattutto mi annoiavo molto» • «Mio padre, avvocato, se ne andò di casa molto presto, quando mia sorella Teresa ed io eravamo bambine. Mia madre, laureata in medicina, senza aver mai praticato la professione, cominciò a bere. La mattina, fino a una certa ora, era ancora lucida, e mi pareva di intravedere in lei una mamma come tante altre, diciamo normale. Poi iniziava a bere birra, diventava aggressiva, sgradevole, solitaria, chiusa in sé stessa, e non era più mia madre» [Costantini, cit.] • A 13 anni tenta il suicidio: «Ho preso delle pillole e mi hanno salvato per il rotto della cuffia. Non so perché l’ho fatto, probabilmente cercavo attenzione rischiando di morire» [a Giacomo Galanti, Rep] • «Fin da ragazzina andavo al cinema quasi tutti i giorni. A Cava de’ Tirreni abitavamo a dieci metri da una sala e mia madre mi dava i soldi per i biglietti. La cassiera poi mi conosceva e mi faceva vedere anche i film vietati ai minori di 14 anni» [a Giacomo Galanti, Rep] • Poi l’adolescenza. «Turbolenta come tutte le adolescenze sane. Ma è durata poco. Viaggi, fughe. Mia madre perdeva le tracce di me e si disperava» [Hoara Borselli, Giornale] • A 18 anni lasciò Cava dei Tirreni per Roma. Aveva già le idee chiare sulla sua vita? «Ma per carità! Io ho seguito il caso. Non ho mai deciso niente nella mia vita. Quando hai vent’anni c’è la corrente che ti trascina. Tu puoi resistere o farti trascinare: io mi sono fatta trascinare. Era una corrente che mi spingeva verso il centro dell’attenzione. Suscitavo molta curiosità negli altri. Mai capito perché» [ibid.] • «Quando me ne andai via, mia madre ne soffrì molto, ma non avevo altra scelta, non vedevo l’ora di abbandonare tutta quella pesantezza, e mi sono salvata» [Costantini, cit.] • A Roma: «Cominciai a frequentare comunità hippy e amici che lavoravano nell’ambiente dello spettacolo. Conobbi Alessandro Haber […] lui prese a corteggiarmi in maniera spietata... cedo alla sua corte. Non avevo mai pensato di fare il suo mestiere, fu lui che, essendo convinto di aver intravisto in me qualcosa di giusto per lo schermo, prima mi scatta una serie di foto sul terrazzino di casa, poi mi prese per la collottola e mi portò da un agente cinematografico. La mia faccia fa il giro di ben tre produzioni, mi propongono di fare tre provini, li supero tutti e tre. Non sapevo cosa scegliere, ma scelsi bene: il personaggio di Sibilla Aleramo nello sceneggiato Una donna nel 1977. In pratica, da assoluta principiante, mi ritrovavo in un ruolo da protagonista... un inizio folgorante» [Costantini, cit.] • Il successo non l’ha travolta? «No, mi ha spaventato. All’improvviso per strada mi fermavano tutti. Una cosa molto ansiogena» [Borselli, cit.] • Debutto al cinema in una commedia sexy... «Ma che dice? Non ho mai fatto commedie sexy». Ma sì, San Pasquale Baylonne protettore delle donne. «Ma non era un film sexy, io facevo una pastorella assolutamente pudica. C’era Lando Buzzanca che all’epoca faceva anche film spinti ma non era quello il caso» [a Michela Tamburino, Sta] • Con Haber «siamo stati fidanzati per tre anni, dai miei 18 ai 21 ed ero introversa, chiusa…». Invece Haber… «Fermava per strada i registi e con la sua voce affannata li investiva al grido: “Sono un attore, sono bravissimo, anche lei lo è. Siamo bravissimi!”». E lei? «Mi chiudevo nei portoni, piangevo, poi urlavo: “Ti lascio, sei una merda! Mi vergogno!” Figuracce assolute». Litigavate molto? «Ci tiravamo addosso qualunque cosa, sfasciavamo tutto, poi arrivavano quelli del 113 e magari trovavano il televisore con un buco nello schermo…» Botte vere. «Ci picchiavamo, ma lui non capiva: io mi vergognavo! Ma allora era border line… (silenzio, riflette) anche oggi un po’ lo è. E lo posso dire, oramai siamo come parenti. Comunque lui è un vero artista» [Ferrucci, cit.]. Con Haber il rapporto si esaurisce quando rimane incinta. E perde il bambino • Nel 1978 gira Le mani sporche di Elio Petri con Marcello Mastroianni: «Il mio primo uomo baciato sullo schermo è stato Marcello Mastroianni. Un piano sequenza lunghissimo, di un quarto d’ora per una scena d’amore tra me e lui; un momento chiave provato per quattro giorni». Dopo di che? «Abbiamo girato. Ma quando con il piano sequenza sbagli una virgola, va ripetuto tutto. Risultato: ci siamo baciati una settimana intera, e che baci! Marcello metteva la lingua, mica si tirava indietro» [ad Alessandro Ferrucci, Fatto] • Sul set bacia Mastroianni ma nella realtà si innamora di Elio Petri. Lei ha 21 anni, lui 49. «Lui ha captato dentro di me qualcosa che gli assomigliava, ho sempre pensato che sì la differenza era abissale (d’età) ma c’erano quei tre punti di contatto che tenevano insieme il rapporto» [a Grande amore, Rai3] • «Non era un rapporto padre/figlia, anche se con il padre che ho avuto io...È che Elio mi ascoltava con attenzione e rispondeva alle mie domande. Io parlavo, parlavo e lui era lì, attento, interessato» [a Vanity] • «Elio era un intellettuale a tutto tondo: sapeva tutto ed era anche molto spiritoso, poi era dotato di un fascino irresistibile» [Costantini, cit.]. Staranno insieme fino alla morte di lui nel novembre del 1982 • Tonino Cervi la vuole in Il malato immaginario. In uno dei primi film era accanto ad Alberto Sordi. «Era un artista a dispetto di sé, un po’ noioso, come tutti i comici, pure reazionario, oltre al suo celebre maschilismo. Bastava portarlo a tavola, e scatenava l’appetito: doveva mangiare, pranzo e cena» • De Sio conosce Francesco Nuti in Io, Chiara e lo Scuro di Maurizio Ponzi (1982). Entrambi premiati con il David di Donatello e il Nastro d’Argento come migliore attrice e migliore attore protagonista. Recita in Sciopèn di Luciano Odorisio e in Scusate il ritardo di Massimo Troisi (1983). Corteggiata anche da Massimo Troisi? «Assolutamente no! Solo una grande amicizia. Lo adoravo come uomo e come eccezionale protagonista. Oltre a essere colto, poetico, aveva sempre la battuta pronta, originale, senza essere mai retorico... e appena conosciuto feci una gaffe pazzesca…». Quale? «Eravamo a Napoli, proprio per parlare con la troupe del film che dovevamo iniziare a girare, Scusate il ritardo. Ci trovavamo in riunione nella hall dell’albergo e io comincio a sentire un ticchettio, quindi chiedo: c’è qualcuno di voi che ha una sveglia in tasca? Massimo sbottona la camicia, mi fa vedere una cicatrice che attraversava tutto lo sterno... aveva una valvola al cuore. Un’assurda figuraccia, non sapevo come rimediare, ma lui ci scherzò sopra per sdrammatizzare. Però il problema di quel film fu poi un altro. Elio era malato, durante le riprese si aggravò e morì: durante tutta la lavorazione, recitavo e piangevo, recitavo e piangevo. Uno strazio infinito. Il giorno del funerale, il produttore volle portarmi comunque sul set, ma quando Massimo mi vide, mi rimandò indietro dicendo: come può recitare cumbinata in chilla maniera? …e il set venne sospeso per qualche giorno» [Costantini, cit.] • «Io sono convinta che sarebbe durata a lungo, la nostra convivenza, se un tumore non me l’avesse portavo via a cinquantatré anni. Fu un momento terribile, quello. Quando si ammalò venni estromessa dalla sua vita. La moglie, da cui si era separato, ne riprese il controllo» [Mess] • Troisi «era unico. L’aver scambiato delle cose con lui mi rende speciale. Ha lasciato un segno che non cancella nessuno». Un ricordo? «Un bacio. Sulla spiaggia di Napoli. Erano passati pochi giorni dalla morte del mio compagno di allora, Elio Petri. Dovevamo girare questa scena. Io ero in grande sofferenza. Disperata per la perdita di Elio. Lui aveva persino pudore. Quasi non se la sentiva di baciarmi. Poi mi baciò. Fu un bacio bellissimo» [Borselli, cit.] • «Ho avuto una breve storia con Gianmaria Volonté, uomo cerebrale e molto intenso. Sono stata poi corteggiata, e non lo avevo mai detto, da Giulio Andreotti. Mi scriveva lunghe lettere in cui manifestava sentimenti di stima e affetto. Non ricordo quante lettere fossero. All’epoca avevo l’abitudine di appallottolare la carta e cestinarla. Fu un mio ex fidanzato marocchino a recuperare quei fogli che oggi conservo a casa. Ma mi scrivevano anche le donne che sono spesso più brave degli uomini a farsi capire nel corteggiamento» [a Monica Setta, Storie al bivio, Rai2] • «Dicono che da giovane fossi antipatica, forse lo ero, perché dovevo muovermi in un mondo, quello dello spettacolo, che non conoscevo. Ero stata catapultata in mezzo a produttori, registi e attori famosi, fotografi, giornalisti... ed è probabile che all’inizio dovessi difendermi, capire come comportarmi. Poi sono stata aiutata da una trentina d’anni in analisi: ho vissuto dei transfer furibondi con i miei analisti, ma evidentemente sono serviti a qualcosa. Non so come sarei diventata se non mi fossi sdraiata sul lettino dello psicoanalista» [Costantini, cit.] • L’analisi funziona? «No. Assolutamente. Però educa all’ascolto». Che tipo di terapia? «Ho provato tutto l’arco costituzionale, da Freud a Jung in poi. Ah, ho avuto un’analista che mi leggeva Lacan in francese, mi facevo due scatole cubiche, tutti neologismi, incomprensibile» [Ferrucci, cit.] • Ha fatto innamorare anche un ragazzino: Carlo Calenda. «Proprio così... Nello sceneggiato tratto dal libro Cuore, con la regia di Luigi Comencini, impersonavo la maestrina dalla penna rossa e Carlo era il mio scolaro prediletto. In una scena gli detti due bacetti sulle guance, che non si aspettava: divenne tutto rosso, tremava tutto, si era innamorato di me!... Non mi accorsi del suo turbamento, lo scoprii molti anni dopo, quando proprio lui raccontò l’episodio in un’intervista televisiva» [Costantini, cit.] • Nel 1985 gira con Nuti Casablanca Casablanca, questa volta con Nuti anche in veste di regista. «Francesco è parte della mia storia, gli sono stata vicina nella sua prima prova da regista partecipando a paure, preoccupazioni, incertezze. Sono stata un’amica, collega e per un breve tempo compagna. L’ho visto singhiozzare quando è morto suo padre, emozionarsi per la partecipazione al Festival di Sanremo – sembrava avesse vinto il Nobel! –, ho apprezzato i suoi quadri: Francesco dipingeva benissimo»[Laura Zangarini] • Sul set marocchino di Casablanca «conobbi un produttore marocchino, Abdou Asciuba. Fu un colpo di fulmine. Lui aveva 35 anni, io 26. Mi innamorai di quest’uomo di cultura diversa, di religione diversa, e dall’indubbio fascino. Andai a vivere metà del tempo in Marocco, per stare al suo fianco e scacciare i cattivi pensieri. Rimasi incinta due volte e in entrambi i casi persi il figlio che avevo in grembo. Gli aborti, le sue reticenze e le differenze culturali e caratteriali ci allontanarono» • Nel 1986 Mario Monicelli la vuole in Speriamo che sia femmina. Si spacciava per suo padre? «Sì. Con lui nessuna storia amorosa, solo un grande affetto, da padre a figlia. Mentre andavamo in giro a presentare il nostro film, la gente riconosceva me, in quanto attrice nota, ma lui come regista non lo riconoscevano e allora mi chiedevano: è suo padre? Rispondeva Mario dicendo di sì, raccontando oltretutto episodi inventati della mia infanzia» [Costantini, cit.] • Tra gli uomini di fascino, Giorgio Strehler, con cui debuttò al Piccolo di Milano. «Mi chiamò lui, perché ero già conosciuta nel cinema. I colleghi mi sconsigliavano di accettare la proposta, affermando che mi avrebbe strapazzato, maltrattato, perché era un regista terribile con gli attori. Io accettai, proprio per essere macellata dal grande maestro del teatro, per sentirmi dire “fai schifo”, sarebbe stato uno sprint a fare meglio... Invece, è successo tutto il contrario: con discrezione ed eleganza, mi corteggiava. Corrispondevo al suo tipo di donna, anche per i miei capelli rossi, e durante le prove, mi lasciava ogni giorno una lettera in camerino, con bellissime parole di apprezzamento. Mi sono sentita amata, guidata e deresponsabilizzata: pensava a tutto lui e mi accompagnò con cura nel personaggio della prostituta tossica che dovevo interpretare» [Costantini, cit.]. Per Monicelli reciterà anche in I Picari • Nel 1988 conosce il regista Elvio Porta sul set di Se lo scopre Gargiulo. Fu lui a starle vicino dopo il secondo aborto. «Poco dopo ci innamorammo, rimanemmo insieme per sette anni. Ma con il tempo il nostro rapporto si trasformò. C’era molta amicizia, tra noi, ma poca passione. E così mi innamorai di Giuseppe Fulcheri, un musicista» di dieci anni più giovane. Quattro anni di grande amore. «Anche con lui provai ad avere un figlio, con l’inseminazione artificiale. Rimasi incinta, ma persi il bambino sempre al quarto mese di gravidanza». Poi fu lasciata. E da quel giorno, «dopo essere stata lasciata per la prima volta, non sono più riuscita a innamorarmi» [Mess] • «Ma tutte le mie storie sono state delle magiche epifanie non cercate, vissute con naturalezza ed entusiasmo adolescenziale. Forse, per questo, non ho mai capito niente dell’amore, nemmeno adesso che ho sessantasette anni» [a Luca Giordano] • Negli anni’80 al cinema la volevano tutti. «Sì, gli anni ’80 sono stati gli anni dei miei trionfi perché ero l’unica attrice di riferimento corteggiata da tutti». Anche un venerato maestro come Jean-Luc Godard l’ha cercata. «Mi voleva in Nouvelle Vague, il film che stava preparando con Alain Delon. Lui mi ha ricevuto nel buio totale di casa sua, senza luci e con le persiane abbassate. Mi ha guidato in una stanza dove non vedevo nulla. Poi […] ha parlato male di Delon, diceva che era un attore che aveva fatto film di merda e che si voleva rifare una verginità attraverso il suo cinema. Mi ha anche spiegato che prima di vedere delle mie foto lui voleva un’altra attrice, Domiziana Giordano, ma aveva scoperto che aveva la cellulite e quindi non poteva prenderla perché, testuali parole, “era diventata una vacca” […]. Infine mi ha portato di sopra e ha cominciato a filmarmi chiedendomi di leggere la Divina commedia in francese. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sa qual è stata?». Dica. «Mi ha spiegato che se facevo il film avrei dovuto anche firmare una clausola per non lavorare con nessun altro regista nei 5 anni a seguire. In pochi secondi l’ho salutato e mi sono precipitata giù dalle scale. Il giorno dopo mi ha chiamato il mio agente francese dicendomi che Godard l’aveva chiamato chiedendogli di farmi tornare ma io non ne volevo sapere. Il mio agente mi ha implorato “Ma sei folle, puoi lavorare con Godard”. E io “Vaffanculo te e Godard”» [Galanti, cit.] • Una volta però ha fatto a botte con il regista Gianni Amelio? «Stavamo girando un film per la tv e mentre eravamo in sala prove lui deve aver pensato che lo stessi guardando male e mi ha detto due tre cose davvero stupide. In pochi secondi siamo venuti alle mani con ceffoni e calci con tutti gli ingombri del set che cadevano. Una roba quasi da Bud Spencer e Terence Hill che poi è finita lì» [Galanti, cit.]. I due poi diverranno grandi amici • «Il cinema è stata la mia grande delusione. Ero convinta che certi miei film, per cui ero stata anche premiata, fossero un trampolino per fare del cinema più importante che poi non ho fatto. Credo di essere una delle poche che dopo aver ricevuto il secondo David di Donatello per Cattiva di Lizzani ha visto la sua carriera interrompersi. Di solito si spicca il volo, invece hanno iniziato a dirmi quella cosa insopportabile che dicono alle donne. Che sono difficile da collocare in qualche ruolo importante cinematografico o televisivo perché non dimostro l’età che ho […]. Ma mi pare una grande stronzata» [Galanti, cit.] • «Cattiva ha spaventato tutti e sono arrivati ruoli minori che non ho accettato. In tv ho fatto di tutto dalle grandi eroine alla Piovra con un successo galattico. Poi è stata l’epoca del trash e delle fiction Mediaset tipo Il bello delle donne. Ho fatto pure la mafiosa siciliana, era il mio periodo pop» [Tamburino, cit.] • In tv vista anche in Caterina e le altre (seguito di Caterina e le sue figlie), L’onore e il rispetto – Parte terza (2012), Rodolfo Valentino (2013), Furore (2014) • A teatro in Storia d’amore e d’anarchia di Lina Wertmüller (2002) è la Mrs. Robinson che si spoglia nuda in Il laureato: «Battute secche e ciniche, calibrate con tempi impeccabili e condite con la maliziosa esibizione di un nudo quasi integrale» (Masolino D’Amico). Nel 2011 è ne La lampadina galleggiante, spettacolo scritto da Woody Allen mai rappresentato prima in Italia • Nel 2013 una trombosi mal curata ha rischiato di farla morire • Ha una storia con Mario De Felice, di 21 anni più giovane di lei. Finirà male • Sempre a teatro in Le Signorine (Sepe, 2018/2022), La signora del Martedì (Carlotto, 2022/2023), Agosto a Osage County: «Faccio la parte che nel film omonimo era di Meryl Streep». Infine Cose che so essere vere di Andrew Bovell, regia di Valerio Binasco (2024) • La sua avventura più difficile? «Affrontare il Covid. Era il febbraio 2020, inizio pandemia, non ancora vaccinata, sono stata contagiata probabilmente perché giravo con la compagnia nei teatri di tutta Italia. Un’esperienza traumatica, distopica. Sono finita con urgenza allo Spallanzani, chiusa in una stanza, una cella, senza capire cosa mi stesse accadendo, né sapere cosa succedeva fuori, perché nessuno poteva venire a trovarmi. Poi in camera arriva un televisore, vedo la tragedia, le file di bare, e ho capito che di quella cosa potevo morire. Nella mia vita sono sopravvissuta a tante cose, pure stavolta ce l’ho fatta... devo avere una buona fibra» [Costantini, cit.] • Gioca a tennis. Indossa ancora i vestiti di quando aveva 20 anni. A teatro ha ancora paura del palcoscenico: «Veri e propri attacchi di panico» • Nel 2017 Ballando con le stelle. «Una trasmissione violentissima» • Il suo è un curriculum importante. «Sì, però in troppi tendono a dimenticarlo e sottovalutarlo, guardano solo all’oggi, quello avvenuto prima non è esistito, rientra nel “chi se ne frega”» […] • Quanti copioni le arrivano? «Neanche uno. Va molto meglio con il teatro, però a me piace più il cinema». Lei si sente artista. «Sì». E si sente bella? «Mai» [Ferrucci, cit.] • «Sì, ho passato la mia carriera piangendo, in definitiva non mi sono goduta quasi nulla, eppure ho girato il mondo, ho conosciuto chiunque, partecipato a ogni Festival, spesso come giurata» […]. La casa è piena di premi. «Ho vinto sei Telegatti, ne è rimasto uno, gli altri rubati». Com’è possibile? «Uno è stato preso dai ladri durante una rapina a mano armata subita dentro questa casa, un’esperienza terribile, e non ho capito neanche il motivo, visto che i Telegatti non sono d’oro; un altro se l’è preso Michele Placido, uno l’ho regalato a Comencini, il terzo se l’è fregato una delle protagoniste del Bello delle donne, poi non ricordo…». Non ci sono solo i Telegatti. «Su quella mensola c’è di tutto, anche statuette vinte in Germania o Francia. Ma a quanto pare non contano…» [Ferrucci, cit.] • Da ultimo ha girato un film in Marocco: «Si intitola Raqmar, è diretto da Aurelio Grimaldi, e impersono un’imprenditrice che in Marocco recluta ragazzetti da portare in Italia per farli diventare dei prostituti di lusso destinati a viziosi anziani ricchi».
Titoli di coda «Non sono cattiva: né per finta né per davvero. A meno che per cattivo non s’intenda il lato oscuro che è in ognuno di noi. E che io non lascio certo a casa. È sempre con me, ci dormo, ci faccio l’amore».