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 2025  aprile 08 Martedì calendario

Biografia di Speranza Scappucci

Speranza Scappucci, nata a Roma il 9 aprile 1973 (52 anni). Direttore d’orchestra. Prima italiana a dirigere un’opera alla Scala, prima italiana a dirigerla a Berlino, Londra, Parigi, New York.
Titoli di testa A proposito, va bene il titolo di “maestro”? «Meglio di “maestra”, che mi ricorderebbe la scuola elementare. Ma non mi formalizzo su maschili o femminili» [Angelo Folletto, Rep] «Mi piacciono sia direttrice che direttore. L’importante è che non mi chiamino direttora, perché la trovo una parola proprio brutta» [Roberto Zichittella, Famiglia Cristiana].
Vita Il padre, Paolo, è un giornalista a Radio Vaticana e la madre, Piera, professoressa d’inglese, cantante in un coro di montagna • Ha un fratello e due sorelle • Frequenta scuole internazionali che le aprono una finestra sul mondo • Lei non è figlia d’arte… «Ma i miei genitori sono sempre stati grandi appassionati di musica» [Pierachille Dolfini, Avvenire]. «Ci portavano ai concerti dell’Accademia di Santa Cecilia e al Teatro dell’Opera. Ricordo che restai colpita dalla Sonnambula di Bellini cantata da June Anderson e dal film di Rosi Carmen, che ho rivisto più volte» [Zichittella, cit.] • «Ho iniziato a studiare pianoforte a 4 anni e mezzo, a Roma, perché al piano di sotto viveva un’insegnante che dava lezioni private» [Luigi Di Fronzo, Rep] • All’inizio accompagnava la sorella a lezione «e l’insegnante ha notato che avevo orecchio e attitudine per la musica. Poi mia sorella ha fatto altro e io invece ho continuato a studiare» [Zichittella, cit.] • Poi sono andata in Conservatorio, stimolata da maestri formidabili come Perticaroli, Di Cesare e Cerroni» [Luigi Di Fronzo, Rep] • «Negli anni del liceo andavo a scuola dalle 8 alle 14. Dalle 14 alle 16 mangiavo un panino nel refettorio. Lì c’era un vecchio pianoforte e studiavo. Alle 16 attaccavo al Conservatorio e finivo alle 20. Tornavo a casa alle 21 e a quel punto mi mettevo a fare i compiti. Tanti sacrifici» [Farian Sabahi, IoDonna] • A 14 anni pensa di mollare tutto: «Il carico di lavoro tra la scuola e il conservatorio mi pesava. Poi un lungo discorso di mia madre sulla necessità di far fruttare i talenti che ci sono stati dati, come ci insegna la parabola evangelica. Ci ho riflettuto a lungo e quando la crisi è passata ho trovato il piacere di fare musica» [Pierachille Dolfini, Avvenire] • Al Conservatorio di Santa Cecilia, a Roma studia musica da camera, pianoforte, storia della musica. Il percorso classico, diploma nel luglio del 1993 • «Ma la svolta vera è stata quando, a 19 anni, mi hanno preso da pianista alla Juilliard e ho iniziato a studiare anche musica da camera, pratica corale e composizione, oltre a come far respirare bene un cantante» [Di Fronzo, cit.] • «Ero a Manhattan. Era fantastico. Ma nche andare via da casa a diciannove anni in una grande città come New York non è stato facile, soprattutto a quei tempi, senza email e senza Skype. In ogni caso tanti sacrifici portano a qualcosa di buono, la mia storia ne è una prova» • «Più sviluppavo le mie capacità, più si profilavano nuovi obiettivi. A un certo punto ho deciso di diventare maestro collaboratore: a quel punto, un’aspirazione era diventare pianista al Metropolitan. Ed è successo» • La sua singolarità, rispetto ad altre bacchette, è di arrivare dal basso, dopo un lavoro di maestro collaboratore. «Sì, un vantaggio enorme. Quando ho debuttato a Los Angeles in Bohème avevo già in mente come trasferire in orchestra le sonorità provate regolarmente al pianoforte con i cantanti. Una visione della partitura diversa, aperta e totale» [Di Fronzo, cit.] • Lei ha iniziato relativamente tardi a dirigere, a 38 anni. Eppure in tanti intorno a lei la spingevano in quel senso. Perché ha aspettato? «È una professione che richiede molta preparazione e responsabilità: non si può improvvisare. Ho studiato tanto per arrivarci. E ho iniziato come pianista. Sono come l’attore che diventa regista o il ballerino che evolve in coreografo» [Martinelli, cit.] • «Ho fatto 12 di gavetta come maestro collaboratore. Un lavoro poco visibile ma bellissimo: il raccordo tra direttore e orchestrali; e poi sul palco come pianista. E l’ho fatto con grandi personaggi come Levine e Mehta in America, ma soprattutto con Riccardo Muti. Andava bene anche così, non pensavo di arrivare sul podio» [Gaggi, Cds] • «Il maestro Muti venne all’Opera di Vienna nel dicembre 2005, dove io lavoravo. Iniziai a collaborare con lui, a osservarlo: ho imparato molto. La sua filosofia è rispettare la partitura il più possibile» [Leonardo Martinelli, Sta] • «Con lui ho collaborato fruttuosamente vari anni. Poi, però, ho sentito forte l’esigenza di esprimere le mie idee musicali attraverso la direzione» [Maria Laura Govagnini, IoDonna] • Nel 2011 «la Yale opera mi ha offerto di dirigere il Così fan tutte di Mozart. La mia prima volta su un podio». E lì ha capito che la sua carriera aveva preso una nuova strada. «Lo sviluppo è durato anni, ma la conferma l’ho avuta solo con il debutto, con Così fan tutte di Mozart, opera tutt’altro che semplice, alla Yale Opera. Fra Vienna e New York avevo maturato un bagaglio notevole di preparazione al pianoforte, con tanti cantanti, sul quel titolo, ma solo dopo la prima recita è apparso chiaro a me come a tanti amici e colleghi che avevo realmente voltato pagina: sembrava non avessi fatto altro da anni. Una transizione che da subito è sembrata estremamente naturale» [Andrea Penna, manifesto] • Nel novembre 2013 è uscito il suo primo album Cd con la Warner Classics, arie di Mozart con il soprano lettone Marina Rebeka e la Royal Liverpool Philharmonic Orchestra • Qual è il suo rapporto con Il Turco in Italia? «È un titolo che io amo molto, anche perché l’ho diretto nel 2014 al mio debutto sul podio alla Julliard School di New York, la scuola dove ho studiato. Si tratta di un’opera stupenda, molto rivalutata in questi ultimi anni, che dal punto di vista musicale io considero allo stesso livello del Barbiere di Siviglia e Cenerentola. Ci sono delle pagine bellissime, alcune struggenti, altri molto brillanti, alcune molto mozartiane. Il duetto del primo atto tra Fiorilla e Don Geronio è un capolavoro assoluto. Loro litigano e cercano di fare pace, accompagnati da una musica sublime. Sembra davvero di sentire un’aria di Bellini» [Famiglia Cristiana] • Nel 2014 «dopo un concerto a Lisbona ho noleggiato una macchina per andare a Fatima. Ci tenevo, perché sento che la Madonna veglia sulla mia vita» [Zichittella, cit.] • Nel 2015 ha diretto La Cenerentola di Rossini, prima donna italiana alla conduzione di una grande orchestra operistica americana: quella del Kennedy Center for Performing Arts, l’opera di Washington. Il «day after» della giovane maestra (o maestro?) d’orchestra romana è ancora pieno di eccitazione: «Notte quasi insonne, difficile smaltire la fatica ma anche l’emozione di quelle tre ore di conduzione». Le prime critiche sui siti specializzati sono molto positive [Gaggi, Cds] • Cosa mette di particolare Speranza Scappucci nel suo Così fan tutte? «Non esiste mai una verità assoluta nell’interpretazione di un’opera. Ma a me piace ritornare alla verità del libretto, lavorare sul testo, che in questo caso è quello magnifico di Lorenzo Da Ponte. Ebbene, è pieno di doppi e tripli sensi, che evocano situazioni buffe e piccanti. Vanno riscoperti, sottolineati nel canto e nella musica». Può farci un esempio? «Quando i due fidanzati, che hanno fatto finta di partire per la guerra, ritornano dalle loro donne travestiti da albanesi, a un certo momento dicono: “Vi voliamo davanti ed ai lati ed a retro”. Quel “voliamo” è volare, ma in realtà anche volere, in senso carnale. Intanto la musica di Mozart che accompagna quelle parole è quasi sacra, vicina al canto gregoriano» […]. Ci dia un altro esempio di applicazione del principio. «Prendiamo la Tosca. Al momento del suicidio finale dell’eroina, quando si butta giù da Castel Sant’Angelo, era stato lo stesso Giacomo Puccini ad annotare «con slancio». Ecco, io chiedo ai musicisti d’interpretare quel passaggio con l’enfasi necessaria a tradurre lo slancio del salto, mentre era stato suonato sempre molto lentamente» [Martinelli, cit.] • A volte dirige senza bacchetta. ««Può capitare quando la musica è più espressiva e meno ritmica. Mi viene da usare la mano forse perché, da pianista, amo plasmare il fraseggio. E in certi passaggi di Così fan tutte suono il fortepiano» [Leonetta Bentivoglio, Rep] • Dal 2017 al 2022 è stata anche direttrice musicale all’Opera Royale di Wallonie a Liegi, in Belgio • «Gentile Maestro Speranza Scappucci, mi sono adesso innamorato di lei. Dopo averla ammirata a suonare la Traviata al piano e spiegare ogni nota. Tutto questo adesso in televisione. Siete bellissima. Non so come ho fatto a non innamorarmi di voi prima. Questa rubrica romantica è da oggi a voi dedicata. Certo che la Traviata è la più bella opera che mai fu composta. Ma neanche. Ieri su YouTube mi sono iscritto al gruppo che segue gli AC/DC, ma oggi dopo avervi visto mi tolgo un bacio. P.S. È un mondo infinito; questa la frase che avete pronunciato pensando che le telecamere fossero spente. Da lì ti ho amato. Almeno così sembra. Poi lo sa anche lei che con il tempo le cose cambiano. Specialmente l’uomo esagera nel dire Ti amo; poi cambia idea se trova una ballerina anche non classica. Ma nel mio caso No. Amo voi e basta!» [Maurizio Milani, Foglio] • A Vienna, nel 2016, sale sul prestigioso podio della Wiener Staatsoper (il Teatro dell’Opera). È la prima italiana e la quarta donna in assoluto dopo Simone Young (nel ‘93), Keri-Lynn Wilson (2000) e Julia Jones (2001). Ha direto alla tedesca, cioé senza prove con l’orchestra, Cenerentola di Rossini. «Vienna è uno dei fari dell’opera mondiale. Mi hanno già invitata per altri tre titoli, La Traviata, Don Pasquale, La Bohème» • E proprio nella capitale austriaca ha modo di farsi apprezzate dall’allora direttore dell’Opera di Stato Dominique Meyer che le dà l’occasione nel 2021 di aggiudicarsi il titolo di prima donna italiana a dirigere alla Scala. In programma Capuleti e Montecchi di Bellini. «Sono salita su un cavallo in piena corsa, anche con un pizzico di follia, che in queste circostanze serve» • Prima di lei infatti è toccato solo a bacchette straniere: la francese Claire Gibault (1945), la finlandese Susanna Mälkki(1969), l’americana Marin Alsop(1956) e la cinese Xian Zhang(1973) [Helmut Failoni, Cds] • Ma quanto tempo è passato tra la telefonata di Dominique Meyer che le proponeva di «salire sul cavallo in corsa», a dieci giorni dalla prima, e la sua risposta? «Dieci minuti, forse un quarto d’ora. Il tempo di riprendere in mano la partitura, metterla su pianoforte, ricordare come l’avevo fatta nove anni prima in un college statunitense (in forma ridotta e aggiustata) ma vedere dalle fitte annotazioni come l’avevo ben studiata tutta. Avrei potuto farla. Poi, però, ci sono stati due giorni di ripasso matto e disperatissimo prima di arrivare alla Scala dove, per la prima volta, mi sono trovata a provare e dirigere nello stesso tempo» [Angelo Folletto, Rep] • La Scala è veramente diversa? «Sì, se ne sente la storia. Ti schiaccia ma ti esalta. Senti una grande responsabilità ma l’euforia di essere nel teatro di Verdi, e non solo. C’è un’atmosfera che, per chi fa musica, sembra banale da dire, è proprio magica» [Folletto, cit.] • Quand’è uscita per i ringraziamenti, s’è fatta notare anche per le scarpe squillanti… «La scarpa rossa alta la indosso dal debutto. A parte essere elegante, è un simbolo della lotta delle donne, un colore che risponde bene al mio nome di battesimo, un tocco di femminilità che mi piace…». Un gesto scaramantico? «Preferisco considerarlo un rito. In fondo siamo a teatro» [Folletto, cit.] • La prima volta che ha indossato scarpe rosse sul podio è stata durante un Don Giovanni nel 2015 [Folletto, cit.] • Splendida cinquantenne con presenza e piglio da ragazza (fisico sportivo, energia vulcanica, densa attività sui social, gran passione per il calcio, vasta chioma rossa che le incorona il volto come una fiammata): «Ho trovato un modo comodo ma elegante per vestirmi: pantaloni, perché mi muovo abbastanza, e giacca, magari di paillettes. Questi capelli – impegnativi – a volte li raccolgo morbidi, a volte porto la treccia. Occorre una buona forma fisica (pratico yoga e Gyrotonic, per schiena e cervicale), ma lo stesso vale per gli uomini: il nostro mestiere richiede di essere come gli sportivi • «Se sto in buca, a dirigere un’opera, preferisco camicie di seta, che mi lascino più libere le braccia. L’importante è non scimmiottare gli abiti maschili» [Zichittella, cit.]. «E, dato che le scarpe non si vedono, indosso scarpe basse e comode, anche da ginnastica perché devo stare in piedi per tre ore» [Sabahi, cit.]. Poi quando «vado a ricevere gli applausi, indosso scarpe col tacco. Un piccolo vezzo, non per attirare l’attenzione. A Santa Fé per 11 recite mi ero portata 8 paia di scarpe. Ecco, sul palco mi sento veramente donna» [a Valerio Cappelli, Cds] • Ha mai sofferto il genere? «Quando ho cominciato, ero nelle stesse condizioni, con le stesse paure e passioni, aspirazioni e competenze di un collega» [Folletto, cit.] • Nel 2023 è la prima donna a dirigere un’orchestra al Quirinale e sarà la prima a ricoprire il ruolo di “principal guest conductor” alla Royal Opera House di Londra. Sarà quindi direttrice ospite principale a partire dal settembre della stagione 2025-26. Quella posizione non era mai stata più assegnata dal 1997: «Sono onorata di accettare questo ruolo e non vedo l’ora di entrare a far parte della famiglia di Covent Garden, lavorando al fianco di Jakub Hrůša in una istituzione di grande tradizione, rinomata nel mondo per l’alta classe dei suoi cantanti, musicisti e direttori» [Fatto] • Scappucci, oltre che agli appassionati di classica e lirica, è nota anche al pubblico televisivo per aver accompagnato – col collega Aurelio Canonici – Corrado Augias nel programma di Rai3 La gioia della musica [Fatto]-
Amori «Separo completamente il mio lavoro dalla mia vita privata». Della sua famiglia si sa solo che «mia sorella maggiore ha tre figlie gemelle: mi seguono nei teatri, per loro è normale vedere che una donna dirige». Le gemelle hanno 15 anni.
Tifo Tifosa sfegatata della Juventus. «Questa passione mi viene da nonno Beniamino, il padre di mia mamma, che è di Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria» [Martinelli, cit.].
Titoli di coda «Alla ragazzina che ci legge dico di credere e studiare, oltre al pianoforte, un altro strumento, ad arco oppure a fiato. Studiare duro, perché quella del direttore d’orchestra non è la bacchetta di Harry Potter».