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 2025  aprile 10 Giovedì calendario

Biografia di Andrew Wiles

Andrew Wiles, nato a Cambridge (Inghilterra, Regno Unito) l’11 aprile 1953 (72 anni). Matematico. Premio Abel nel 2016 per la sua dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat. «Quando ho finito la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat, ero naturalmente molto eccitato. Allo stesso tempo, ero però anche sollevato, perché avevo concluso il lavoro e risolto il problema. Poi è subentrata anche un po’ di malinconia. Avevo convissuto così a lungo con questo problema che sentivo di trovarmi di fronte a una svolta nella mia vita» (a Roberto Natalini e Rossella Panarese) • Figlio del teologo anglicano Maurice Wiles (1923-2005). «La matematica mi è sempre piaciuta: ricordo che fin da quando avevo sei o sette anni ero affascinato da cose come la somma degli angoli di un poligono regolare. Mi piaceva andare in biblioteca a guardare libri, e un giorno ho trovato I grandi matematici di Eric Bell, dove ho letto la storia di Fermat» (a Piergiorgio Odifreddi). «Pierre de Fermat, nato nel 1607 e morto nel 1665, […] è un matematico che ha fatto studi giuridici, nient’affatto matematici. Ma, per quanto abbia messo nel suo incarico di magistrato la dedizione ch’esso comportava, la passione, l’ha riversata tutta sulla matematica. Per questo, del resto, passerà alla storia come il principe dei dilettanti – matematici, ovviamente. È lui il vero iniziatore di quel filone più che fondamentale della matematica ch’è la teoria dei numeri. Con Pascal è anche il fondatore della teoria della probabilità. Insomma, un grande, un grandissimo. Dunque, Pierre de Fermat sta un giorno leggendo un libro dell’Arithmetica di Diofanto (III-IV secolo dopo Cristo), maestoso trattato in tredici volumi dei quali solo sei sono arrivati fino a noi, forse l’ultimo della schiera dei grandi matematici greci. Sta riflettendo, seguendo il ragionamento del matematico greco, sulle terne pitagoriche. Chiamando x e y i cateti e z l’ipotenusa di un triangolo rettangolo, ovvero con un angolo retto, la terna pitagorica dice che la somma dei quadrati dei cateti è uguale al quadrato dell’ipotenusa, ovvero: x2 + y2 = z2. Questa è l’equazione pitagorica che tutti impariamo già dalle medie, e […] ammette un’infinità di soluzioni. […] Ed ecco allora il lampo di genio. Che succede con quelle altre terne nelle quali l’esponente non è 2 ma, per ipotesi, 3? Che succede se la terna è x3 + y3 = z3? Ammette anch’essa un’infinità di soluzioni? No, nient’affatto. Non ne ammette neppure una. E neppure una ne ammettono tutte le altre terne di questo tipo, dove l’esponente è un numero qualsiasi diverso da 2. Insomma, afferma Pierre de Fermat, solo x2 + y2 = z2 ammette (ha) soluzioni, tutte le altre terne no, non ammettono (non hanno) alcuna soluzione. Affermazione formidabile e formidabilmente azzardata» (Roberto Volpi). «Nelle sue Osservazioni su Diofanto […] Fermat asserì che non è possibile “scomporre un cubo in due cubi, o un biquadrato in due biquadrati, né in genere dividere alcuna potenza di grado superiore al secondo in due altre potenze dello stesso grado”, aggiungendo di avere anche “scoperto una mirabile dimostrazione” di questo fatto, che non poteva però essere contenuta nella ristrettezza del margine. È questo il problema di teoria dei numeri – noto come ultimo teorema di Fermat – che il “tolosano” ha lasciato in eredità ai matematici dei secoli successivi» (Claudio Bartocci). «Fermat non ritornò sull’argomento. Non disse, una volta che aveva tutto lo spazio possibile a disposizione: ecco qui la dimostrazione del teorema da me prima formulato ma non sviluppato per mancanza di spazio su cui scrivere. Ciò che apre la strada a tre possibili interpretazioni: Fermat (a) non aveva alcuna dimostrazione; (b) l’aveva ma era sbagliata; (c) l’aveva ed era pure quella giusta, proprio la “meravigliosa dimostrazione” che diceva di avere. Tutto fa pensare che la seconda possibilità sia quella più probabile» (Volpi). «“Trovai questo problema che era rimasto irrisolto per trecento anni. Non mi sembrava che i miei compagni di scuola avessero una cotta per la matematica, e perciò non ne parlai con loro. Ma avevo un insegnante che aveva svolto delle ricerche di matematica, e che mi diede un libro sulla teoria dei numeri; quel testo mi offrì qualche indicazione su come iniziare ad affrontare il problema. Tanto per cominciare, lavorai con l’idea che Fermat non conoscesse la matematica molto più di quanto la conoscessi io”. Da allora Wiles non ha più abbandonato quel teorema, e, dopo gli studi in matematica a Oxford e Cambridge, nel 1982, divenne professore a Princeton negli Stati Uniti. Nel 1985 decise di dedicarsi completamente alla ricerca della dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat. Questo lavoro lo tenne isolato fino al 1992, quando ritenne di essere vicino al completamento della dimostrazione. Nel giugno del 1993, infatti, annunciò tre seminari al Newton Institute dell’Università di Cambridge, di cui l’ultimo, il 23 giugno, si svolse in un’aula colma di matematici entusiasti. La prima versione della dimostrazione conteneva però alcune gravi lacune, che costrinsero Wiles a ritornare al lavoro per avvalorare tutti i collegamenti deduttivi. Con il contributo del suo primo studente, Richard Taylor, Wiles giunse al superamento delle difficoltà, dimostrando il teorema dopo più di un anno, il 19 settembre 1994. Solo nel 1998 la dimostrazione di Wiles dell’ultimo teorema di Fermat fu accettata ufficialmente dall’International Mathematical Union. […] La sua dimostrazione combina tre campi estremamente complessi della matematica, utilizzando strumenti di geometria algebrica, della teoria di Galois, della teoria delle curve ellittiche e delle forme modulari: un risultato che in molti reputano più importante dello stesso ultimo teorema di Fermat» (Enzo Scasciamacchia). «All’inizio, quando ho cominciato a lavorare alla dimostrazione, il mio lavoro si svolgeva in solitudine. La gente non sapeva cosa stavo facendo. Ma, una volta trovato l’errore, il lavoro è diventato pubblico, e continuare è stato molto più difficile, con tutti che ti osservano e aspettano. […] Ho sempre creduto che ci fosse un modo per risolverlo e che potevo trovare la chiave del problema. Era solo una questione di tempo e di capire come. Ero convinto che la soluzione sarebbe arrivata. Certo, quando il lavoro è diventato difficile, è stato veramente frustrante. Ma sapevo che alla fine ce l’avrei fatta». «La cosa certa è che per arrivare alla dimostrazione del teorema di Fermat Wiles aveva dovuto non soltanto imparare a fondo tutta quanta la matematica più moderna e della più alta complessità, ma aveva dovuto inventarne a sua volta di sana pianta e, operazione ancora più ardua, raccordare tra di loro conoscenze in campi della matematica lontani tra di loro (almeno all’apparenza) anni luce. Insomma, una fatica immane, un’impresa titanica percorsa da una vena di genialità che solo del tutto eccezionalmente dura così a lungo nel tempo. Tutte cose, queste, che peraltro gettano una luce nuova sulla “meravigliosa dimostrazione”, mai scritta, di Fermat. Fermat, semplicemente, non poteva avere allora gli strumenti, le basi fondamentali per dimostrare il suo teorema» (Volpi). «Wiles aveva poco più di 40 anni quando ottenne il suo risultato e non poté vincere la medaglia Fields, premio riconosciuto ogni quattro anni a matematici che non abbiano superato l’età di 40 anni, in occasione del Congresso internazionale dei matematici. Ma nel corso degli anni al matematico britannico non sono di certo mancati riconoscimenti di ogni genere: Schock Prize e Prix Fermat nel 1995, Royal Medal britannica, Cole Prize della Ams e Wolf Prize nel 1996, premio speciale della International Mathematical Union (Imu) nel 1998» (Scasciamacchia). Nel 2016, il massimo riconoscimento in ambito matematico: il premio Abel, conferitogli dall’Accademia norvegese di scienze e lettere «per la sua sbalorditiva dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat attraverso la congettura di modularità per le curve ellittiche semistabili, con cui ha inaugurato una nuova èra nella teoria dei numeri». «Questo importante traguardo, coronato dal premio Abel, non ha fermato l’instancabile professor Wiles, che sta continuando a lavorare ad altri problemi irrisolti della matematica» (Silvia Reginato). «Ma niente potrà mai sostituire, per me, il teorema di Fermat. Risolverlo è stato il mio sogno di bambino» • Cavaliere commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico sin dal 2000, nel 2018 Wiles fu nominato dalla regina Elisabetta II del Regno Unito «Regius Professor» di Matematica a Oxford, ottenendo così il più alto e raro titolo accademico previsto nell’ordinamento britannico, mai assegnato prima a un docente di Matematica in tutta la storia dell’ateneo oxoniense • Sposato, tre figlie • La sua vita e i suoi studi, oltre a essere stati oggetto di libri e documentari, hanno ispirato persino una commedia musicale, Fermat’s Last Tango («L’ultimo tango di Fermat»), di Joshua Rosenblum e Joanne Sydney Lessner, che ha debuttato a Broadway nel 2001 • «Nonostante la fama e la grandezza della sua opera, è rimasto una persona gentile, paziente, con uno spiccato senso dell’umorismo» (Natalini e Panarese) • «È ancora vivo, ma l’hanno già imbalsamato, intitolandogli il dipartimento di Matematica di Oxford: un po’ come proclamare qualcuno santo in vita, prima ancora che muoia. Cosa che, per inciso, non è mai successa: nemmeno per Francesco d’Assisi, che dovette aspettare due anni dopo la morte per salire agli onori degli altari» (Odifreddi) • «Crede che in futuro il teorema di Fermat sarà dimostrato in un altro modo, magari più semplice? Lei ha sostenuto che Fermat non possedeva la dimostrazione. Come è possibile che si sia sbagliato? Il concetto di dimostrazione era così diverso, allora da oggi? “Forse potrà essere dimostrato in un altro modo, ma non credo che ci possa essere una dimostrazione elementare, semplice dell’ultimo teorema di Fermat. Inoltre, non credo proprio che Fermat avesse una dimostrazione. Per noi matematici, forse è meglio così. È molto più eccitante e coinvolgente che tutta la matematica sviluppatasi negli ultimi due-trecento anni possa essere usata per risolvere problemi così complessi. Se ci fosse stata una dimostrazione semplice, che Fermat poteva conoscere, questa sarebbe stata la prova di quanto noi matematici siamo stati incompetenti negli ultimi tre secoli. Invece, nella mia dimostrazione ho dovuto utilizzare le strutture e le invenzioni matematiche più recenti, e questo, in un certo senso, ha reso giustizia del lavoro e dello sforzo di tutti i matematici”» (Natalini e Panarese) • «Che cosa direi a un giovane per convincerlo a studiare matematica? Credo che per avere un’esistenza ricca di soddisfazioni si debba fare qualcosa che ci appassiona. Essere bravi in matematica aiuta, ma non basta. Vi deve piacere fare matematica. Farete parte di una comunità che esiste da migliaia di anni e potrete contribuire a un’impresa creativa che ha attraversato i secoli e accomunato civiltà diverse. Ma la vita è troppo breve per sprecarla in qualcosa di cui ci importa poco o nulla».