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 2025  aprile 15 Martedì calendario

Biografia di Luca Pancalli

Luca Pancalli, nato a Roma, il 16 aprile 1964 (61 anni). Avvocato. Dirigente sportivo. Dal 2005 presidente del Comitato paralimpico (rieletto l’ultima volta nel maggio 2021 con il 94,3 per cento dei voti). Vicepresidente del Coni dal 2004 al 2012. Ex-commissario straordinario della Federcalcio (settembre 2006-marzo 2007, prese il posto di Guido Rossi) • Assessore allo sport e alla qualità della vita nella giunta comunale di Roma dal giugno 2013 al novembre 2014. «Lo sport mi ha forse tradito ma poi mi ha restituito la consapevolezza di potermi rialzare e rinascere».
Vita Pentatleta, chiamato a far parte della Nazionale juniores, cadde da cavallo durante una gara al Prater di Vienna e si spezzò il collo (giugno 1981). Carrozzella a vita: «Tornavo a casa. Sei mesi in un centro di riabilitazione in Austria. Alla porta c’era mamma: “Non pensare di essere diverso dai tuoi fratelli”. Furono le sue prime parole. Quelle per le quali non smetterò di dirle grazie» • Sette medaglie d’oro nel nuoto alle Paralimpiadi (due a Los Angeles ’84, tre a Seul ’88, due ad Atlanta ’96) • «Laureato in giurisprudenza, avvocato, si è impegnato nel campo dei diritti civili e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo al tema della disabilità. Nel 1992 è stato tra i fondatori della Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali (Fisaps), riconosciuta dal Coni, presieduta fino al 1996, anno in cui è diventato vicepresidente e nel 2000 presidente della Fisd (Federazione Italiana Sport Disabili), poi Comitato Italiano Paralimpico (Cip), divenuto successivamente, anche grazie al suo impegno, Ente di Diritto Pubblico, e che ancora oggi presiede» (Treccani.it) • Si è raccontato in un libro scritto con il giornalista Giacomo Crosa, Lo specchio di Luca (Fazi, 2013). «Avvocato Pancalli, sottolineo “avvocato”, c’è lo specchio nel titolo e non sembra un caso. O lo è? “Non lo è. Lo specchio è stato in un preciso momento la presa di coscienza del prima e del dopo. Ricordavo il ragazzo atletico che ero prima e ho visto un ragazzino, rinsecchito da mesi di letto, su una carrozzina. Un po’ brutalmente lo specchio mi ha restituito la percezione della realtà. Quel momento ritorna ogni mattina mentre mi faccio la barba, perché lo specchio mi ricorda quella presa di coscienza, ma lo specchio mi rende anche, mentre mi rado – non è stato da subito certo che la compressione midollare consentisse di recuperare la funzionalità delle mani, ndr –, testimonianza della mia autonomia riconquistata”. […] Perché ha deciso di mettersi a nudo, e così tanto, proprio ora? “Ci ho pensato tante volte, ci ho anche provato tante volte e poi lasciato perdere. Ma mi avvicino ai 50 anni ed è tempo di bilanci. Si scrive prima di tutto per sé stessi, per fare ordine, ma ha aiutato il rapporto di collaborazione nato con Giacomo Crosa, la sintonia in un lavoro a quattro mani è fondamentale. E poi mia madre me l’ha chiesto tante volte. Una sollecitazione continua”. Sua madre è molto presente nel libro e la sollecitazione, insieme complicata e preziosa, sembra la cifra del vostro rapporto. O no? “Sì, gran rompiscatole (ride) lo dico sempre, ma se non lo fosse stata, io non sarei avvocato, visto che mi ha praticamente costretto a far l’esame anche se ho messo il titolo in un cassetto, ma anche non sarei come e dove sono. Mi ha sempre messo davanti al bivio tra mollare e andare avanti. Se sono andato sempre avanti è stato anche per merito suo”. È un libro pieno di famiglia, un modo di dire che la sua cicogna ha scelto bene dove atterrare? “Sicuramente sì, sono stato fortunato: ho avuto alle spalle genitori che quando a 17 anni mi sono ritrovato in carrozzina hanno continuato a educarmi come hanno fatto con i miei fratelli, aiutandomi in tutti i modi, ma non stravolgendo le regole della casa. In questo modo mi hanno insegnato anche con l’esempio che la vita si vive affrontando le sfide e le difficoltà che arrivano. Poi so bene che ci sono tante persone più sfortunate di me, che non hanno la possibilità di conquistare l’autonomia che io sono riuscito a ritrovare, che stanno peggio di me. Mi sono raccontato con umiltà, pensando che potesse anche essere utile a chi non è abituato a tener conto delle difficoltà di quelli cui le cose sono andate meno bene”» (a Famiglia Cristiana) • «Rifarebbe tutto? “Riprenderei la prima corsa della metropolitana alle 6 per attraversare Roma e andare all’Acquacetosa per allenarmi appena uscito dal liceo scientifico su Via Tuscolana, sì. Sono malato di sport da quando ero bambino e non guarirò mai”. È più risalito a cavallo? “Una volta sola, in un centro di ippoterapia, ma sono smontato subito. Quando sono uscito dai mesi di allettamento, mi sono guardato allo specchio: ricordavo un baldo 17enne tartarugato e invece ho visto un bambino impaurito, che doveva affrontare una vita diversa. Quello sguardo l’ho rivisto in ciascuno dei 114 azzurri di Tokyo”» (a Gaia Piccardi) • «Per lei lo sport che cosa è stato? “La colonna sonora della mia storia. Da giovane praticavo il pentathlon moderno finché, durante una trasferta con nazionale, ho avuto l’incidente che mi ha costretto in carrozzina. Lì subito, ho pensato che la vita fosse finita e invece lo sport mi ha salvato. Tornare a essere atleta, sentire la fatica, l’odore dello spogliatoio, l’acqua della piscina mi ha fatto ritrovare me stesso. Ho capito che potevo continuare a coltivare l’amore che avevo prima dell’incidente e che dovevo guardare non a quello che avevo perso, ma a quello che mi era rimasto. Le Olimpiadi che avevo sognato sono arrivate con un nome diverso e ne ho fatte quattro” […] La soddisfazione più grande? “Aver contribuito a cambiare il linguaggio. Quando ero atleta, ci chiamavamo Federazione italiana sport handicappati. Quando sono stato eletto presidente, nel 2000, siamo diventati Federazione italiana sport disabili. Io però anche allora in ogni mio intervento usavo il termine ‘paralimpico’ che permetteva di eliminare i riferimenti al corpo: non più atleta in carrozzina, atleta cieco, atleta amputato, ma semplicemente atleta paralimpico come definizione di qualsiasi persona disabile che pratica sport. Oggi questa parola è anche nel vocabolario Treccani e per noi è una grande vittoria”» (a Federica Furino) • «Ha raccontato che prima della partenza per le Paralimpiadi di Seoul 1988, all’aeroporto vi chiesero se steste andando in visita a qualche Santuario. Come si è evoluta da allora la cultura paralimpica in Italia? “In termini culturali un’era geologica! Un tempo ci si approcciava al mondo paralimpico solo con uno sguardo pietoso e compassionevole. Un pregiudizio che esiste ancora, sebbene marginalmente. In larga parte della società, però, è cambiata la percezione della disabilità. Ma c’è ancora molto da fare. Lo sport, da parte sua, in questi anni ha inviato un messaggio forte e universale, ossia che ciascuno – se messo nelle condizioni di esprimere le proprie potenzialità – può compiere imprese straordinarie. Penso che in qualche modo abbia contribuito alla crescita culturale della nostra società”» (a Giacomo Petruccelli) • Nel marzo 2025 ha annunciato che non si ricandiderà alla presidenza del Comitato italiano paralimpico, dopo 20 anni. «Si voterà il 26 giugno, quando scade il mandato di Pancalli. Che, lasciato il Cip, sogna la presidenza del Coni, dove da giugno non ci sarà più Giovani Malagò, anche per lui è arrivato il momento dell’addio. “Sto riflettendo sulle mie scelte future”, risponde a domanda precisa Pancalli, che è il numero uno dello sport paralimpico dal 2000, quando la Federdisabili era nell’ambito del Coni, e dal 2017 con la denominazione Cip quando fu istituito come ente pubblico» (Antonio Bravetti) • «Pancalli si candida alla guida del Coni in un Paese che raramente ha designato persone disabili ai vertici degli organi politici. “Questo è un discorso molto delicato – spiega – e che ho vissuto a lungo sulla mia pelle: lo sguardo, il sorriso, le cose non dette ma che si capisce vengono pensate da chi vede e vedrà solo i limiti che può avere un presidente del Coni disabile. Quando ho gestito la Figc ho mostrato al Paese cosa può fare un disabile se viene messo in condizione di percorrere una strada con pari opportunità. Io però vorrei essere giudicato e criticato per il mio operato politico e non compatito o votato perché sono seduto su una carrozzina”. Ma qual è il programma di Pancalli? “Lavorare per il bene dello sport italiano in un contesto dove, con il positivo ingresso di Sport e Salute, sono cambiate sia le regole del gioco che i giocatori. La cura dei rapporti con le federazioni, la necessità di trovare spazi e denaro per favorire i praticanti, la gioia nel vedere il sorriso di un bambino che gioca o gareggia per la prima volta e quella per la vittoria di una medaglia olimpica sono perfettamente uguali nei due mondi. Il momento più alto della mia carriera è stato aver ottenuto l’equiparazione delle carriere militari degli atleti paralimpici ai normodotati: in quel momento ho capito che tramite lo sport e l’agonismo si può lanciare a tutto il Paese un enorme messaggio di pari dignità. Il mio motto è sempre lo stesso: si può fare, si può fare tutto”» (a Marco Bonarrigo) • Nel 2021 è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana • Sposato con Roberta, due figli, Maria Giulia e Alessandro.
Politica «Nel 1990 viene nominato responsabile nazionale per le politiche sull’handicap della Uil e durante la decima legislatura (1988-1992) è assistente nella commissione finanza della Camera. Sono gli anni del pentapartito, con Goria, De Mita e Andreotti presidenti del consiglio. Uno dei ministri dello spettacolo dell’epoca fu Franco Carraro che dal 1989 al 1993 sarà sindaco di Roma per il partito socialista: Pancalli fu uno dei sostenitori della candidatura dell’ex presidente di Figc e Lega» (Simone Pieranni) • Candidato del Partito Socialista alle elezioni politiche del 1992, non eletto • «Tornerà alla politica attiva, Pancalli? “Mi diverto troppo a fare il dirigente sportivo. E poi, invecchiando, ho scoperto che mi piace moltissimo dire quello che penso. Vede, ho tutti i difetti: sono anziano e disabile, ma il privilegio di distribuire qualche vaffa è impagabile”» (a Gaia Piccardi).
Vizi Appassionato di vini, è sommelier.