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 2025  dicembre 12 Venerdì calendario

Convento venduto a 0. I pm: “Truffate le suore?” Genova la Procura e il Vaticano aprono un fascicolo: l’immobile vale 13 milioni

Sembrava un’ordinaria storia di mercato, figlia dello spirito dei tempi: una comunità che per anni si è dedicata agli ultimi – rifugiati, ragazze madri, senzatetto – cacciata dai nuovi proprietari, che in quell’antico convento, nella zona più ricca di Genova, vogliono una Rsa di lusso. E invece lo sfratto di Casa Raphael è già un giallo. Sulla compravendita indagano la Procura di Genova e i carabinieri. Il Vaticano ha aperto una sua istruttoria e l’operazione, dicono i ben informati, è osservata con silenziosa preoccupazione da attori di primo piano, come l’ex cardinale Angelo Bagnasco.
L’ipotesi è che si sia consumata una gigantesca truffa ai danni delle Suore Sacramentine di Bergamo, ex proprietarie del monastero, ceduto nel 2023 alla Byron srl, fondata e guidata fino al 2019 dall’immobiliarista Eros Maggio, ceduta poi ai familiari. Nel 2022 la Byron era stata al centro delle cronache per aver tentato di rivendere al Comune di Genova un ex cinema porno, il Chiabrera, a quasi cinque volte il prezzo di acquisto. Il nuovo amministratore, Patrizio Sanvitale, ha preferito non rispondere. Le indagini nascono dall’esposto di un gruppo di residenti, fra cui la famiglia di nobili che donò il monastero alle suore, inorridita dalla gestione del lascito. Le contestazioni, tutte da verificare, sono pesanti: la Byron è accusata di aver raggirato le religiose, comprandosi una proprietà che vale “almeno 12-13 milioni di euro”, “alla cifra vile di 1,6 milioni”, e nemmeno con denaro vero. Lo scambio è avvenuto (almeno in parte) con una permuta: in cambio del complesso, 6 mila metri quadri al coperto e altrettanti di giardino, la Byron ha dato alle suore una ventina di proprietà in periferia, in zone degradate di Sampierdarena, Teglia, Rivarolo e Campomorone, e posti moto a Marassi e San Fruttuoso. “Tali edifici – si legge nell’esposto – non solo hanno sede in zone dove il mercato è maggiormente depresso, ma sono anche difficilmente fruibili, o peggio commerciabili, da anziane monache della Brianza”. Per i residenti si tratterebbe insomma di “catapecchie”. “Come avrebbe detto il Poeta – dice sornione Bruno Manganaro – c’è del marcio in Danimarca”.
Manganaro è un sindacalista che ha fatto le storie delle lotte operaie genovesi e oggi guida il Sunia, il sindacato inquilini che ha difeso i 59 ex occupanti, oggi ricollocati dal Comune di Genova. “Non so se ci siano fatti illegali – dice – di sicuro è una strana vendita, il bene vale 10 volte tanto. E chi vive a Genova non può che esprimere perplessità sui quartieri delle case date in permuta”.
Fra gli immobili scambiati c’è buona parte di un palazzo di via Sampierdarena 99: “Se le suore hanno venduto in Albaro per comprare qui – dice una residente – non mi pare abbiano fatto un affare. Questa è una periferia piena di problemi”.
Il Fatto ieri ha provato a cercare la Madre superiora, suor Maria Daniela Pozzi, che per rispondere ha mandato avanti l’avvocato del convento, Pietro Paolo Arcangeli, consigliere comunale già candidato sindaco per il centrosinistra nel comune bergamasco di Sarnico. Arcangeli, insieme al collega Giovanni Vezzoli, è stato procuratore delle Sacramentine nell’affare contestato e aveva l’incarico di vendere la proprietà a “non meno di 3,6 milioni di euro”. Nell’esposto sono indicati come “procuratores infedeli”, ipotesi tutta da verificare, o addirittura alleati coi vertici dell’Ordine, consapevoli di “favorire l’immobiliarista Maggio”, con cui in passato c’erano stati altri affari giudicati anomali: “Abbiamo sempre fatto solo l’interesse delle Sacramentine – si difende Arcangeli – La compravendita non è avvenuta solo con la permuta, ma anche con 2 milioni in contanti, o meglio via bonifico. Quanto al valore dell’immobile è tutto relativo. Al momento della cessione era occupato e vincolato. Si poteva recuperare, ma investendo 12 milioni, che le suore non hanno. Avevamo proposto all’Ordine una ristrutturazione per fare attività speculativa, ma ci è stato risposto che l’ente non è un’immobiliare. Quanto alla contropartita, c’è una perizia e quelle proprietà fruttano 60 mila euro di affitti l’anno”.