Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  dicembre 12 Venerdì calendario

Conte corregge il tiro: “Io sono europeista, mai stato con i russi”

Sull’Ucraina «sono stato attaccato, ma il mio non era affatto un proclama di giubilo per dire “quanto è bravo Trump, affidiamoci a lui”». Era un grido di dolore e costernazione perché solo gli americani, e non gli europei, stanno portando avanti il negoziato». Il giorno dopo aver provocato una mezza crisi politica nel centrosinistra, con la sua uscita apparentemente trumpiana sulla trattativa di pace, Giuseppe Conte sente il bisogno di spiegarsi, di precisare. Per farlo sceglie una platea particolare, il direttivo della fondazione Ugo La Malfa, un cenacolo carico di storia, di manifesti del partito d’azione, di libri e antiche caricature anticlericali alle pareti. Ma soprattutto un uditorio profondamente europeista. Ospite di Giorgio La Malfa, Conte non ci gira intorno e inizia con una battuta e una speranza: «A una politica estera unitaria nel centrosinistra ci dobbiamo ancora arrivare. Speriamo che, quando toccherà a noi governare, il negoziato di pace in Ucraina abbia avuto successo e così tutto sarà più semplice».
Nell’attesa, ci tiene però ad articolare meglio il suo pensiero, rispondendo alle domande di tanti altri che lo incalzano sul punto. «Anche io ho una vocazione europeista. E non sto dicendo di lasciare che Trump detti le sue condizioni, perché è evidente che il presidente americano sta facendo solo i suoi interessi. Il problema invece è quello che non stiamo facendo noi e sta andando esattamente come con i dazi: fossi stato io al governo mi sarei battuto per minacciare contro-dazi, invece l’Europa si è accovacciata. Quando Trump ha detto che gli europei gli baciavano il deretano, ognuno – a partire dalla presidente del Consiglio – ha pensato solo a trattare per sé».
Con la Russia gli errori sono stati molteplici. «Ma quello più grande è stato chiudere la porta alla diplomazia. È mancata una prospettiva politica che non fosse quella del conflitto armato contro una potenza nucleare. Quante volte Meloni ha detto che scommetteva sulla sconfitta di Putin? No, è il momento di un compromesso dignitoso, con concessioni reciproche». Quanto all’accusa di essere filo-putiniano, l’ex presidente del Consiglio risponde tirando in ballo Matteo Salvini: «A differenza di altri, il M5S non ha mai avuto rapporti con Russia Unita». Per provare quanto sia sincera la sua perorazione per una Ue più unita, Conte lancia l’idea federalista di «una nuova Conferenza per l’Europa, anche per incastrare una volta per tutte quei leader, come Meloni, che non vogliono rinunciare alla regola dell’unanimità».
C’è spazio anche per altri temi, ma su tutti preme la nuova legge elettorale. Il leader M5S apre al proporzionale, ma con alcuni paletti: «Ci batteremo con le altre forze di opposizione per evitare un premio di maggioranza così alto». Giorgio La Malfa tira le conclusioni citando Mao: «Noi dobbiamo vincere le elezioni e per farlo serve una “politica dei cento fiori”, ovvero ognuno parli ai suoi elettori. L’importante è evitare la vera riforma presidenzialista che ha in mente Meloni: farsi eleggere al Quirinale e poi nominare un suo parente a palazzo Chigi».