Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  dicembre 12 Venerdì calendario

No alle armi e all’Europa. La nostalgia gialloverde della coppia Conte-Salvini

Chi lo ha detto, lui o l’altro? «Sull’Ucraina l’Europa ha fallito: ora tratti solo Trump». E quest’altra, di dichiarazione, addosso a chi va cucita dei due? «Invece di spendere soldi nel riarmo meglio investire sulla sanità». E il «giammai» sul Mes e le stoccate quotidiane ai cattivoni di Bruxelles (Ursula von der Leyen in testa)? E poi certo dove li mettiamo Putin, che ha fatto anche cose buone, e i dubbi pelosi sugli aiuti a Zelensky per via di certi masnadieri che lo accompagnano? Il giochino potrebbe continuare, sempre con la stessa risposta. Eccola, in esclusiva, senza ChatGpt: sono parole identiche e interscambiabili di Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Gli eterni rieccoli. M5s-Lega, stoviglie gialloverdi color nostalgia. Va così. Con una certa periodicità – che diventa tic e cliché – capita che i due, già premier e vice del «governo del cambiamento» (dal 2018 al frontale dell’estate 2019 via Papeete) si incontrino sulla stessa sponda. O meglio: in una terra di mezzo, che è solo di loro due. Quasi dominati da una misteriosa forza di inerzia che li spinge all’attrazione fatale.
Certo, i diretti interessati rifuggono dalla canzone «Le cose che abbiamo in comune», ma l’effetto è sempre lo stesso. Soprattutto nei confronti dei rispettivi (o presunti) leader della coalizione di cui fanno parte: Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Entrambe costrette a fare i conti, armate di pazienza, con i due «guastatori» interni, Conte&Salvini. Che poi, di tanto in tanto, sembrano svoltare l’angolo per darsi di gomito. «Lo dici tu o lo dico io?». «Sai che c’è: lo diciamo insieme!». La premier, nove volte su dieci, dissimula e spiega che è normale avere pareri diversi «perché il centrodestra non è una caserma». Anche la segretaria del Pd fa quasi sempre finta di niente, issando la bandiera del «testardamente unitari». E però tutte le volte che la dinamica si perpetua, i colonnelli di FdI e Pd sembrano Magda, l’esausta moglie di Furio (Verdone): «Non ce la faccio più!».
Lega e M5s: i ricordi si rincorrono, le affinità tornano a galla. Ma è solo la strategia dei secondi che cercano spazio o c’è anche dell’altro, magari di più profondo? Tiberio Brunetti, fondatore di Spin Factor, società esperta di dinamiche social, ha scoperto che «c’è una convergenza sociodemografica nella base di utenti». Al contrario di quanto si potrebbe pensare, i follower dei due leader sono «sostanzialmente sovrapponibili per genere ed età: oltre il 65% è composto da uomini e ben sette su dieci si colloca nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. Statisticamente, la probabilità che condividano una fetta di follower in comune è molto elevata». In sostanza Salvini e Conte stanno parlando, seppur con messaggi diversi, alle stesse esigenze generazionali «e alle stesse paure digitali».
Si spiega anche così, in parte, il tango fra Lega e M5s su Ucraina e riarmo europeo, sul ruolo di Trump e la sicurezza. Di sicuro c’è anche un aspetto romantico che li lega: Conte, grazie anche al sì di Salvini, si ritrovò premier da ministro in pectore del M5s della Funzione pubblica. E Salvini durante il Conte I toccò la vetta del 34,3% alle Europee. Alti e bassi, rotture e abbracci, governi insieme (Draghi) fatti saltare poi con sincronismo, mosse per il Quirinale comprese, tentate e andate male. Meloni e Schlein abbozzano, a volte con un moto di celato fastidio. Sanno che nei rispettivi presepi ci deve essere spazio anche per i due «guastatori», portatori di sensibilità diverse. Salvini avrebbe voluto confrontarsi con Conte ad Atreju per inchiodarlo sulla vicenda Open Arms, «la grande giravolta dell’ex premier». Un tradimento che certi amori, quelli che fanno giri immensi, perdonano. Almeno per l’eterogenesi dei fini.