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 2025  maggio 10 Sabato calendario

Biografia di Filippo Facci

Filippo Facci, nato a Monza l’11 maggio 1967 (58 anni). Giornalista. Dal 1° gennaio 2024 al Giornale. Ha collaborato, tra gli altri, con l’Unità, la Repubblica, L’Avanti, l’Opinione, il Tempo, Il Riformista, Grazia, Libero, il Foglio, Il Post. Scrittore (numerosi libri, tra cui La guerra dei trent’anni, tomo di 752 pagine sulla Storia di Tangentopoli).
Titoli di testa Perché sei così stronzo? «Perché mi viene bene» [a Moreno Pisto, mowmag.com].
Vita Chi era tuo padre? «Mio padre, come mia madre, era di origine trentina e austroungarica. Un ingegnere, un uomo quadrato ma con slanci di goliardia e di pazzia come capita tipicamente ai trentini. Come padre, un uomo assente, ma senza dolo, non ne era consapevole. Ma, in un certo senso, è stata la persona che mi ha dato la possibilità di non uccidermi finché lui fosse stato vivo». In che senso? «Il suicidio è una tentazione per molti, saltuariamente, anche se poi, per fortuna, pochi ne hanno il coraggio. Io […] romanticamente mi diedi una scadenza: non l’avrei mai fatto sinché mio padre fosse stato vivo, mi dissi. È morto nel 2009, ma un mese dopo è nato mio figlio, e nuova scadenza» [Francesco Melchionda, perfideinterviste.it] • Facci, a che età diventi orfano di madre? «A nove anni e in maniera del tutto inaspettata, perché non mi avevano preparato. Sapevo che era malata, non capivo bene di che cosa, andava e veniva dall’ospedale, ma la morte non era un concetto che contemplavo» [Ibid.] • Come ne sei venuto fuori? «Vivendo, ma anche qui: non posso sapere come avrei vissuto altrimenti» [Ibid.] • «Sino alla quarta elementare mi portavano in giro per le scuole come fenomeno del disegno e della matematica» [Filippo Facci, Libero] • «Conobbi Marco Pannella quando avevo 15 anni: era il 1983 e mi iscrisse al Partito Radicale» [Ibid.] • Che scuole avevi fatto? «Un anno di classico ma mi avevano cacciato via. Facevo le rivolte, mettevo i manifesti radicali. Io sono cresciuto praticamente da solo. Mia madre era morta, mio padre e mia sorella erano spesso altrove. Poi avevo fatto cinque anni in uno e preso la maturità odontotecnica. Era un diploma che permetteva di andare all’università. Scienze politiche». Misteri della scuola italiana «Feci quindici esami e poi lasciai. Volevo lavorare. Studiavo anche musica, ma smisi» [Caludio Sabelli Fioretti, Sette] • «Ho fatto ogni genere di lavoro: il barista, lo spalaneve, lo scaricatore di frutta all’Ortomercato (pure discriminato, perché ero bianco), l’animatore turistico – incredibile, eh? – ma anche il ghost writer, ho scritto discorsi per politici e un paio di tesi di laurea. C’è stato un momento in cui lavavo anche i morti» [Melchionda, cit.] • «Tra le prime cose professionali che feci, a 16 anni, fu scrivere sul Paninaro, che arrivò a vendere 200 mila copie, dove io facevo lo scrittore di articoli e pure il fotomodello. Mi divertivo a rubare i vestiti durante gli shooting fotografici» [Pisto, cit.] • «Dal giornaletto in cui spadroneggiavo, a Monza, approdai a delle collaborazioni con l’Unità e con Repubblica» [Facci, Di Pietro, la storia vera] • «Vivevo di espedienti. Rubavo. Mai mangiato così bene come in quel periodo. Perché, se rubi, rubi il caviale mica la carne in scatola» [Sabelli Fioretti, cit.] • «Finito il militare, i miei contatti con l’Unità e con Repubblica erano saltati. […]. Ero disoccupato: l’unico contatto che riuscii a procurarmi fu con la redazione milanese dell’«Avanti!» [Facci, Di Pietro, la storia vera] • Appassionato di montagna: «Da ragazzino prendevo e andavo assolutamente a caso, senza preparazione, senza attrezzatura, senza niente: e bene o male arrivavo in cima con le mie gambe e moltissima incoscienza. Ma ero un pazzo vero. Non è che disdegnavo il pericolo: lo cercavo espressamente. Anche perché l’altro dettaglio è che, tecnicamente, ero un incapace. Cioè: sapevo camminare in montagna – e assicuro che non è poco, il passo alpino si impara in una vita – ma non sapevo nulla di moschettoni, chiodi, imbraghi, nodi, cordate e quella roba lì, insomma cose che devono insegnartele» [Facci, Libero, Crippa, cit.] • «Facci, cronista alle prime armi in cerca di un contratto, si ritrova all’Avanti, quotidiano socialista. Ma nella sede negletta, quella lombarda, invisa ai romani per via di alcune beghe interne al Psi. Proprio nel momento in cui scrivere “per il giornale dei ladri” non era un buon biglietto da visita per farsi aiutare dal cosiddetto pool che seguiva il pool, quello dei cronisti di giudiziaria rispettati e letti sui grandi quotidiani, giornalisti che avevano agganci con i magistrati e con alcuni avvocati. Cronisti che magari cambiavano marciapiede quando lui compariva davanti al Palazzo di Giustizia» [Marianna Rizzini, Foglio] • Da Roma, timoroso per la linea craxiana della sede milanese, il direttore tenta di allontanarlo, togliendogli anche la firma su alcuni articoli: «Nell’insieme: lavoravo da abusivo per il giornale dei ladri, ero disprezzato dai colleghi e da chiunque in quel periodo sapesse dove scrivevo, completamente gratis, in teoria non potevo neppure entrare in redazione e sotto i miei articoli c’era la firma di un altro» [Ibid.] • Nel 1992 l’Avanti chiude e Facci, che talvolta dormiva in redazione, si ritrova a spasso, ma continua a lavorare su Mani Pulite per conto suo [Ibid.] • Ogni tanto – così raccontavi – squillava il telefono: «Ciao Filippo, sono Bettino». «Il più grande uomo che abbia mai conosciuto telefonava proprio a me». Come hai agganciato Craxi? «Non l’ho agganciato, gli ho telefonato e me lo passarono […] Da cronista avevo scoperto molte anomalie nelle inchieste che non venivano raccontate e pubblicate, perché tutti, o quasi, erano schierati con la procura di Milano. A un certo punto pensai di rivolgermi direttamente a Craxi per raccontargliele. Lui comunque sapeva della mia esistenza, e mi diede appuntamento al Raphaël. Cominciammo così» [Melchionda, cit.] • «Ero il miglior compromesso possibile tra una persona amica e utile. […] A lui davo informazioni, operavo una sorta di controspionaggio». Che informazioni gli davi? Gliene davo su Mani pulite e soprattutto su Antonio Di Pietro […] mi capitò di tutto [Ibid.] • Perché eri tanto ossessionato dal Tonino nazionale? Che cos’è che non ti piaceva di lui? «Come persona, dopo averlo studiato, lo giudicavo orribile: un italiano vero nel senso deteriore, uno sbirro profittevole, il contrario di quello che un magistrato dovrebbe essere». Da “craxiano ad personam”, come ti sei autoproclamato, non pensi di essere stato ossessionato da chi non amava Craxi? «Ossessionato… Semplicemente non c’era quasi nessun altro a farlo, voglio dire a difendere Craxi e la sua storia, che era anche la nostra. La storia di un uomo dapprima lodato e adorato che poi, in un niente, diventa il ricettacolo di tutti i mali del Paese: che dovevo fare? Chiudere gli occhi di fronte alle falsità, alle bugie, alle infamie? Suvvia» [Ibid.] • Nel frattempo passa per un pelo l’esame da giornalista professionista, portando all’esame orale una rischiosissima tesina sulla collusione tra giornalisti e magistratura nell’indagine di Mani Pulite, e si mette a scrivere un libro intervista con l’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri, Io li conoscevo bene. Grazie a questo libro viene successivamente contattato dal Giornale e comincia, tra alterne vicende, una collaborazione [Facci, cit.] • Maurizio Belpietro, che aveva preso il posto di Stefano Feltri come direttore, assume Facci in qualità di inviato e successivamente gli affida una rubrica che tiene per quindici anni [Ibid.] • Primo, surreale colloquio con Berlusconi: «Mi avevano detto tutti che fosse molto formale, che non gli piacevano le barbe, di andare ben vestito… Tutte cazzate. Ero in una delle sue ville ad aspettarlo, a un certo punto vedo una figura bianca avvicinarsi e penso: chi è questo… Si avvicina, si avvicina ed era lui! Scazzato, senza presentazioni e convenevoli, la prima cosa che mi dice è: “Facci Facci, non mi tira più l’uccello”» [Pisto, cit.] • Nel 1999 Facci comincia una decennale collaborazione con Mediaset, intervistando politici per le tre reti del biscione [Sabelli Fioretti, cit.] • Appassionato di musica classica: «La musica seria – classica, esatta – ha questo: che è sempre quella e al tempo stesso è irripetibile. Non si può scrivere di musica ma si può farlo di tutto il resto, ci si può incazzare come iene per una regia e dintorni, quello sì può fare» [Facci, Il Post] • Sei un po’ dannunziano. «La dicitura che mi dà più soddisfazione è wagneriano, ma è molto più complessa. Non chiedermi di spiegarla». Be’, però la devi spiegare… «No, non devo un cazzo. E sai perché?» No. «Perché sono un wagneriano» [Pisto, cit.] • «A un certo punto, finita la guerra civile, ho deciso: basta articoli su Mani Pulite, basta querele. Ho cominciato a scrivere di musica classica. Niente: era ancora più pericoloso. Scrissi qualcosa di brutto su Muti e scoppiò il finimondo» [Sabelli Fioretti, cit.] • Nel 2005 scrive sul Foglio un lunghissimo articolo (29 mila battute) «destinato a cozzare clamorosamente contro l’apparato che proteggeva il Maestro Riccardo Muti un po’ ovunque: su tutti la Sovrintendenza della Scala, il Corriere, il Giornale e soprattutto Mediaset attraverso Fedele Confalonieri, che per il maestro aveva una passione smodata. (…) Il giorno della pubblicazione era un sabato: Muti lesse l’articolo, telefonò a Confalonieri e gli comunicò le proprie dimissioni dal Teatro alla Scala, dov’ era stato direttore di ogni cosa per quasi vent’ anni: si sentiva tradito politicamente - dopo esserlo stato clamorosamente dai suoi stessi orchestrali - dopodiché Confalonieri, imbufalito, telefonò a Ferrara, che infine telefonò a me: “Hai fatto il botto”» [Facci, Libero] • «In genere mi concedo due sole uscite mondane all’anno, peraltro ravvicinate. Una è la prima della Scala a Milano, la seconda è la festicciola di Capodanno di Roberto D’Agostino a Roma. Non mi serve altro per capire che aria tira nelle quote alte o altissime di questo Paese. Per comprendere e indagare le quote medio basse, in strada o al supermercato, ho tutto il resto dell’anno» [Ibid.] • Perché, per anni, ti sei fatto di cocaina? «Messa così sembra che fossi un cocainomane da ricovero. Dal 2003 a circa il 2008 ho avuto quell’approccio anche modaiolo che milioni di persone avevano. La cocaina è perfetta ma ha un solo difetto: dopo un po’ t’ammazza, e la assumi solo perché senza stai peggio. Fu durissimo, la dipendenza psicologica è forte e deprimente, dura a lungo, ma riuscii a smettere senza tante storie» [Melchionda, cit.] • Nel 2007 viene interrotta la sua collaborazione con il settimanale Il Domenicale per aver scritto un articolo giudicato come troppo anticattolico, nel quale evidenziava la differenza tra la condizione femminile teorizzata dalle Scritture e quella successiva al Concilio Vaticano II, rilevando che «i cristiani, almeno da noi, non si ossequiano alla Bibbia manco per niente, e sapete che vi dico? Meno male» [Ibid.] • Nel 2008 Il Riformista cancella la sua rubrica Destri, dopo un pezzo tacciato di antisemitismo: «Sono stanco che ogni discussione su Israele entro dieci parole debba assumere una valenza metastorica». Fiamma Nirenstein gli dà del fascista e Furio Colombo dell’antisemita [Ibid.] • «Da kamikaze com’ero, nel 2009 lasciai un posto sicuro a Mediaset per seguire Belpietro a Libero, che tutti davano per morto perché orfano del fondatore Feltri» (…) Ti sei definito kamikaze. Come mai? «Perché di fatto ho bruciato ogni occasione di carriera per mantenere integro un certo mio modo di essere, o almeno, forse per consolarmi, me la racconto così. Vi fu un momento in cui Berlusconi, quando riceveva gli ospiti a casa sua, ad Arcore, gli regalava due copie dei miei libri e mi telefonava spesso. Hai presente quando si dice che hai perso il biglietto vincente della lotteria? Credo di averne persi diversi» [Ibid.] • Nel 2011, Ospite a Pomeriggio 5, è protagonista di un’accesa discussione con il sindacalista Piero Bernocchi, tramutatasi in una mezza rissa dietro le quinte e sedata dall’intervento di Paolo Liguori [Malcom Pagani, Fatto] • Nel 2012 conduce, con Natascha Lusenti, l’edizione estiva di In Onda su La7 • Pubblica libri con Mondadori • Nel 2015. «Conduce da giorni (ma sono anni) una lotta garantista dalle colonne di Libero (così va la vita) contro quelli del Fatto, che si son fatti un punto d’onore di pubblicare “le intercettazioni che il governo vuole vietare”, intese quelle penalmente irrilevanti, prima che la legge “bavaglio” le vieti. Lo fanno perché, scrive Facci, le considerano “socialmente rilevanti”: il gusto di sputtanare la gente tanto per sputtanarla. Una battaglia persa in partenza, Filippo lo sa e credo ne goda» [Maurizio Crippa, Foglio] • Luglio 2015. «Passavo le serate a riguardarmi dvd sulla montagna (ne ho una collezione) e prima di addormentarmi consumavo pagine e pagine di memorialistica sul tema. Quindi credevo fosse uno scherzo, perché la telefonata in sostanza diceva: “Ciao, ti interessa partecipare a un adventure game in alta montagna in cui dovresti convivere con una guida alpina (anche di notte, in tenda) che ti insegnerebbe tutto il possibile e con cui sfideresti altre coppie? Una cosa anche di resistenza fisica, vivendo in campi base senza elettricità, orologio e senza acqua corrente che non sia un torrente? Una gara a eliminazione con prove anche durissime che per premio finale avrebbe la salita del Monte Bianco?”» [Facci, Libero] • «Un corso full immersion su quel genere di montagna che avevo sempre sognato e rimandato. Ma certo che accettai» [Ibid.] • Il programma è Monte Bianco trasmesso su Rai2. Facci perde la finale contro l’ex calciatore Gianluca Zambrotta • A maggio del 2016, in seguito alle polemiche scaturite dall’operato del governo austriaco che da mesi prometteva la costruzione di muri sui passi di montagna, allo scopo di respingere i migranti, affronta «con una faticaccia boia» l’ascesa sul passo del Brennero. Superato il confine, chiosa: «Andare in Austria passando il “muro” del Brennero è proprio una cazzata» [Ibid.] • Vai in alta montagna da solo. Sei un pazzo. «Ho fatto anche dei video, su YouTube se ne trova uno di quando sono caduto per 70 metri e sono sopravvissuto per miracolo» [Pisto, cit.] • Nel 2017 viene sospeso dall’ordine per un articolo pubblicato su Libero nel 2016 dal titolo Perché l’Islam mi sta sul gozzo • Nel luglio del 2023, in un pezzo riguardante la presunta violenza sessuale compiuta da Leonardo La Russa, figlio di Ignazio, nei confronti di una giovane donna, scrive: «Risulterà che una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa». Si scatena una bufera politica • «Non è nemmeno il mio stile, non so cosa cazzo mi è preso. Ma comunque non chiederei scusa di nulla, non è stata capita la frase, è stata usata come pretesto. È come una barzelletta che non fa ridere. Il mio non è un dispiacere ruffiano, non è un pentimento all’italiana, rivendico l’articolo, che è migliore di tanti altri, anzi ottimo come hanno riconosciuto più a sinistra che a destra. Mi hanno scritto moltissimi colleghi importanti di sinistra. Ovviamente solo in forma privata» [a Francesca Fagnani, Sta] • Lo scandalo gli costa un contratto con la Rai per uno spazio quotidiano di cinque minuti in diretta prima del Tg2, I Facci vostri, e il relativo compenso, di cui aveva un gran bisogno per via di problemi economici scaturiti dalla separazione con la compagna e dal mantenimento troppo oneroso di un lussuoso loft a Milano [Anna Gandolfi, Cds] • Gli amici Mattia Feltri sulla Stampa e Giampiero Mughini su Dagospia intervengono per difendere Facci dall’accusa di essere un fascista. Salvatore Merlo, su Repubblica, definisce il provvedimento della Rai come «una soperchieria. Nella Rai caserma di Fratelli d’Italia, Filippo Facci avrebbe almeno portato un pensiero “pericoloso”. E comunque non mi piacciono mai le epurazioni» [Francesco Merlo, Rep] • Nel 2023 gli viene domandato quante querele abbia preso in carriera: «Non so di preciso, credo sulle centocinquanta o duecento, più le cause civili, o le denunce per altri reati come violazione del segreto istruttorio o calunnia» E chi le ha pagate? «Molte i giornali, diverse anch’io, molte però le ho anche vinte. Con Di Pietro, per esempio» [Melchionda, cit.] • A fine dicembre del 2023 lascia Libero e torna nuovamente al Giornale • Come vorresti morire? «Spero su una montagna, che non mi trovi nessuno» [a Pisto, cit.].
Amori Da ragazzino «ero il classico amico delle ragazze che venivano a piangermi sulla spalla per problemi sentimentali che avevano sempre con altri» [Melchionda, cit.] • «Un giorno mi tagliai i capelli a spazzola, mi abbronzai, buttai gli occhiali, mi vestii da fighetto, cominciai a fumare. Fu uno choc. Le donne finalmente mi scoprirono» [Sabelli Fioretti, cit.] • A 23 anni mi innamorai follemente e mi sposai nel giro di un mese [Melchionda, cit.] • Il matrimonio non dura molto • Nel suo La guerra dei trent’anni descrive la relazione con la giornalista Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere e morta in Afghanistan: «Nessuno lo sa, quasi nessuno. Non era una relazione, perché una relazione si basa sulla continuità. Abbiamo avuto un rapporto fisico ma anche basato su una qualche misteriosa intesa mentale o sentimentale [Pisto, cit.] • Quante volte ti è capitato di andare a mignotte? Ti eccita pagare? «Ma per carità. Ci ho provato una volta sola, credo nel 1995, perché mi dicevo che almeno una volta nella vita bisognava provare, era un’esperienza, se non altro anche letteraria […] Abitavo a Milano in viale dei Mille. Lei si chiamava Maria, una spagnola, e stava proprio sotto l’ingresso di casa mia, la vedevo dal balcone. Dopo averci pensato tremila volte, una sera, la invitai a salire da me. Si prese centomila lire anticipate ma solo per un rapporto – le dissi – orale, perché non ero pratico, preferivo un approccio soft, diciamo. Le mostrai la casa e mi sdraiai sul letto, imbarazzato. Mi ricordo una massa di capelli biondi tinti e mi accorsi che peraltro mi aveva infilato un preservativo. Neanche mi funzionò. Lei ogni tanto alzava gli occhi e diceva “nada, nada…”, e io non ricordo che cosa le risposi, ma il senso era “vabbè, provvedi, è il tuo lavoro”. Ma niente da fare. La cosa più umiliante fu che si congedò in fretta e prima di accomiatarsi mi disse, materna: tu avevi solo bisogno di un po’ di compagnia. Quindi umiliato, emarginato sociale e con centomila lire in meno» [Melchionda, cit.] • Nel 2019 lascia la moglie e lei lo denuncia per Stalking: «L’ho lasciata, era una no-vax e per le sue idee ha fatto prendere il Covid ai miei due figli, ho reagito a questo e solo via mail. Dov’è lo stalking, dove?» [a Fagnani, cit.] • «Lo stalking non è di chi lascia, no? E l’ho lasciata per un’altra donna con cui andrò a convivere. Comunque si tratta di uno scambio di email e basta, tra l’altro questa persona l’ho anche denunciata io perché mi ha messo le mani addosso davanti ad altre persone» [a Pisto, cit.] • Tu picchieresti anche per tradimento? Picchieresti l’uomo con cui la tua donna ti tradisce? «Perché, non è successo mai?». Quante volte? «Due». A lui e a lei? «A lui. A lei magari un ceffone simbolico». Sai che questa cosa è gravissima e che potrebbero lapidarti sui social? «Mettiamola così: in vita mia è successo più di una volta che io abbia picchiato delle donne, scrivilo pure: ma è perché a loro piaceva. Sessualmente, dico» [Pisto, cit.] • Hai mai avuto una relazione omosessuale? • «Purtroppo no, ma mi dispiace» [Ibid.].
Titoli di coda «Caro Dago, essere maschi è il nuovo Peccato Originale. Quel serpente ci è rimasto tra le palle».