19 maggio 2025
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Biografia di Patrizia Valduga
Patrizia Valduga, nata a Castelfranco Veneto (Treviso) il 20 maggio 1953 (72 anni). Poetessa e traduttrice • «Sorridente sfinge di cera» [Berardinelli, Foglio] • «Fin dall’esordio ha puntato tutte le sue carte sul ripristino rigoroso di generi metrici della tradizione, ma si ha l’impressione che una griglia tanto costrittiva, coi suoi rapporti obbligati di rime e di misure sillabiche, funzioni per la poetessa da argine nei confronti di una piena sensuale altrimenti incontrollabile, nella vertigine tutta barocca della contemplazione di Eros attraverso Thanatos e viceversa» [Stefano Giovanardi].
Titoli di testa «Io soffro di angosce mattutine, e sono quelle che mi fanno scrivere. Mi sveglio come se dovessi fare i conti con tutta la mia vita in poche ore. E così mi metto a scrivere».
Vita Di Belluno: «Ho vissuto lì per 28 anni della mia vita. I miei erano di Padova, finiti lassù per sopravvivere» [Caverzan, Panorama] • Il suo primo ricordo sono «gli incubi notturni. Ne ho parlato nel Libro delle laudi. Ne facevo ogni notte ed erano tutti abbastanza simili: persone con amputazioni, facce spaventose, che io non volevo vedere, che mi arrivavano davanti e mi svegliavo con la tachicardia» [Aimi, Rolling Stone] • «Alla scuole medie Ricci di Belluno, negli anni 60, alla futura poetessa Patrizia Valduga chiedevano di recitare a memoria interi capitoli dei Promessi sposi. Che, ovviamente, ricorda ancora. Per esempio il IV: “Il cielo era tutto sereno: di mano in mano che il sole s’alzava dietro il monte, si vedeva la sua luce...”. “È bellissima – dice – e per me ripeterla era un piacere assoluto”» [Di Stefano, Lettura] • «Volevo diventare medico, anzi, come molti un po’ fuori di testa, psichiatra. Siccome non ce l’ho fatta, ho ripiegato su una facoltà meno impegnativa come Lettere [a Venezia, ndc]. Ma già quando frequentavo Medicina avevo letto tutto Landolfi e Céline al posto di Anatomia, che ai miei tempi erano sei volumi in con foto in bianco e nero e non si vedeva un accidente. Un giorno, durante il corso su Mallarmé, vedo un professore di filosofia sul ciglio di un canale a fissare l’acqua. Magari voleva solo pisciare, invece io ho pensato che volesse buttarsi. Allora gli ho scritto un sonetto e l’ho sedotto. Però il piacere che ho provato nell’accoppiarmi con lui è stato nettamente inferiore a quello che ho provato nello scrivere il sonetto. Così, con lui è finita, invece i sonetti sono continuati» [Aimi, cit.] • Nel 1981, quando aveva 28 anni, guidò fino a Milano, da Belluno, per far leggere i suoi versi al poeta Giovanni Raboni, che allora aveva 49 anni. «Un giorno gli ho telefonato. Gli ho detto che volevo portargli dei sonetti, che non mi fidavo delle poste. Mi ha detto di richiamare la settimana seguente; mi ha dato un appuntamento. Sono partita in automobile da Belluno alle sei del mattino con un amico pellicciaio che doveva andare a Corsico. A Corsico ho pranzato e ho bevuto del vino. Sono arrivata sotto casa sua piena di paura e allora ho bevuto mezzo whisky. Quando ha aperto la porta mi sono presentata con queste parole: sono un po’ ubriaca e mi scappa da pisciare. Ero vestita come Marlene Dietrich in Disonorata. Gli è venuto da ridere. Poi ricordo che stava scrivendo una dedica per me su un suo libro, che mi sono inginocchiata per leggerla mentre la scriveva e che ci siamo baciati. È andata così. Grazie a Dio i sonetti gli sono piaciuti, se no finiva tutto lì» [Cresto-Dina, Rep] • Valduga e Raboni rimasero insieme fino alla morte di lui, avvenuta il 16 settembre 2004. «Che cosa è stato per lei? «Il mio unico amore»» [Scorranese, Cds] • «Una cosa che i parenti hanno giudicato una follia è stata la fuga con un Cessna dall’ospedale di Kassel in Germania. Raboni aveva avuto un infarto. Quando ancora non poteva alzarsi dal letto, stanco di una lingua che non capiva e del cibo che non gli piaceva, voleva tornare a Milano. Con un po’ di tedesco e un po’ di inglese ho organizzato il viaggio: lui, io, due medici e un pilota. Un’ambulanza ci aspettava a Linate. Era il 1987: ci è costato 12 milioni» [Aimi, cit.] • «Ho abortito nell’87. Mi sentirò sempre figlia… Se non ho mai dimostrato i miei anni è anche per questo» [ibid.] • Valduga esordisce nel 1982 con le poesie raccolte in Medicamenta (Guanda), e vince il Premio Viareggio Opera Prima di poesia • Altre raccolte di poesie: Donna di dolori (1991), Corsia degli incurabili (1995), Cento quartine e altre storie d’amore (1997), Prima Antologia (1998), il Libro delle Laudi (2012, dove scrive: «Il mondo letterario mi fa orrore / ormai ci sono solo giornalisti»), Poesie erotiche (2018), Belluno, (2019) • Nel 2016 ha pubblicato il libro in prosa Italiani, imparate l’italiano!, dove «si sofferma su alcuni orrori: tra questi, segnala alcune delizie più o meno recenti, come il femminile di “tipo”, e cioè “tipa”, e certe espressioni ricorrenti, come “alla grande” con il superlativo “alla grandissima”, “di lusso”, “di tutto e di più”, “a tutto campo”. Non vuole saperne di “assessora”, “ministra” e “sindaca”, preferisce i maschili (ma perché?), anche quando riferiti alle donne. […] Dunque: “il poeta Valduga?”. No, la “poetessa”» [Di Stefano, Lettura] • La sua opera letteraria è stata inserita nel Meridiano Mondadori dedicato ai poeti italiani del secondo Novecento • Ha tradotto, tra gli altri, La filosofia nel boudoir di Sade, i Canti I-VII di Ezra Pound, John Donne, Mallarmé, Paul Valéry, il Riccardo III di Shakespeare.
Amori Lei e Raboni: «Spesso, nei dintorni di un cinema o alle fiere editoriali, era possibile vederli spuntare, lui con la zazzera e la barba bianca, la compostezza elegantemente borghese del loden e delle clarks, lei con i suoi veli neri, una silfide gotica dalla pelle bianchissima e dallo sguardo attonito. Lui così placido, lei così irrequieta: la coppia restituiva un po’ di glamour alla polvere della poesia» [Rossari, Rivista Studio] • Chi c’era stato nella sua vita sentimentale prima di lui [Raboni, ndc]? «Molti fidanzati e un marito». È stato un amore fedele il vostro? «Credo di sì ma non posso giurarci. Bisogna essere fedeli spontaneamente, non per principio. Il fatto è che io sono solo l’ultima arrivata nella vita sentimentale di Raboni. Ci sono state una prima e una seconda moglie e, tra l’una e l’altra, altre tre donne almeno hanno contato molto per lui, e a tutte quante ha dedicato versi e le ha amate quanto o più di quanto ha amato me. Ogni volta mi sembra di fare quasi torto a loro, mi sembra di mettermi troppo in mostra. Ho parlato troppo di me e Giovanni, è ora che stia zitta, anche perché sono quella che gli deve di più, che non sarebbe esistita senza di lui. È stato amico, amante, pigmalione e figlio» [Cresto-Dina, cit.] • «Si scrive prima o dopo l’amore. Quando si ama, si vive, mica si scrive». • «Sono convinta che la parte più erotizzante di un uomo sia il suono della sua voce: con la voce si seduce, si ama, si gode, si fa godere e si raccontano le sfumature della passione. Con la voce si cerca, si trova e si abbandona. Un amante bellissimo e muto mi lascerebbe del tutto indifferente. Mi sembra invece difficile valutare il torace di un uomo vestito. E poi sarebbe essenziale capire se piace di più villoso oppure glabro, muscoloso o piatto, ampio e palestrato oppure piatto e striminzito, da intellettuale. Anche le mani sono importanti, ma votarle mi pare in fondo banale, così come è scontato dichiararsi a favore del sedere, che gli uomini esibiscono con voluttà e narcisismo fin dai tempi dei bronzi di Riace» [Bonazzi, Class] • «Francamente a me pare che vivere senza amore sia una vera schifezza» [Cresto-Dina, cit.].
Giudizi Ama leggere Proust, Céline e Beckett: «“Sono i tre con cui riesco a stare per un tempo indefinito. Tutti e tre hanno uno stile perfettamente adeguato a quel che dicono: il periodare ampio di Proust, la frase cardiaca e il ritmo frantumato di Céline, la precisione matematica e la perfezione impronunciabile di Beckett. Ecco l’impegno della letteratura... [...] Non conosco i contemporanei, non mi interessano, non ne ho voglia. Il più grande narratore italiano del secondo ’900 è Paolo Volponi, un uomo di altissima statura morale. Ma è stato anche senatore e sarebbe troppo facile dire che è stato un intellettuale impegnato”. E i poeti? “Lasciamoli stare, per carità, sono le persone più permalose del mondo [...] Pasolini in vita ha costruito il suo personaggio, poi è diventato un eroe alla James Dean per la sua morte violenta. Dicono di lui che è un autore scomodo. Ma scomodo a chi? Ha fatto tutto quello che voleva. Scriveva sul Corriere, andava a cena dalla Crespi, faceva i film con la Callas... Scomodo a chi?”. Un intellettuale davvero scomodo? “Beh, Raboni. Ha lavorato per tutta la vita, negli anni ’70 si è fatto spaccare i denti dalla polizia, mentre Fortini si tirava da parte sul marciapiede e guardava con aria da estraneo [...] Vittorini e Sciascia hanno fatto il loro lavoro onestamente. Ma un conto è dire con coraggio quel che si pensa, un conto è svolgere onestamente la mansione per cui sei pagato e protetto da un ruolo e da uno stipendio. [...] Gadda per me è un po’ troppo esibizionista, troppo nevrotico per i miei gusti. [...] Céline diceva che senza una critica vigile, attiva e onesta tutto finisce nella ciarlataneria. La critica sembra la posta dei lettori, non c’è più autorevolezza [...] Io ho avuto il privilegio di vivere per 24 anni con Raboni, da cui imparavo anche quando stava zitto. Ho imparato che ci vuole l’orecchio, che la letteratura è piacere, i versi devono venir fuori da soli. In passato mi hanno attaccata perché ho detto che Leopardi non è un grande poeta, mi hanno accusata di esibizionismo [...] In Italia non è possibile dire che Prati è il nostro maggior poeta romantico e che Leopardi è un aborto imbarazzante, che non è un poeta ma un filosofo, e che in lui non c’è un briciolo di piacere. Il piacere è mettere in successione ordinata il senso, il suono e il ritmo. [...] Montale è un poeta intelligentissimo e furbo, che ha saccheggiato molto il primo Rebora e che si è promosso bene, come Calvino. il genere Baricco, che è una formidabile agenzia pubblicitaria di se stesso, lavora 24 ore al giorno e non va mai in ferie pur di non perdere un minuto al solo scopo di promuovere stesso”» [Di Stefano, Cds] • Su Saviano: «La sua lingua mi fa orrore; è un mistero per me che sia considerato uno scrittore chi usa “realizzare” al posto di “capire”, “evidenze” al posto di “prove”» [Fatto] • «Quali sono i suoi poeti preferiti? “Quello a cui torno più spesso è Raboni. Poi Pascoli, prima di lui Tasso, e ancora più indietro Dante e Petrarca, ora l’uno ora l’altro”» [Aimi, cit.] • «Adriano Celentano non lo prendo neanche in considerazione. Non me ne frega niente di quel tipo di musica. Non ho mai visto Sanremo in vita mia. Mi fanno schifo anche Francesco De Gregori, Paolo Conte e Roberto Vecchioni. Li detesto tutti quanti» [ibid.] • «Dovrebbe andare in galera chi ha paragonato Mogol ad alcuni grandi poeti» • Ama la musica classica, soprattutto Schubert e Wagner.
Politica «Porta fieramente una spilletta con falce e martello: “Nel mio cuore sarò sempre comunista”». Ma durante la pandemia da Covid disse: «In questo momento benedico, anzi, voglio bene a Giuseppe Conte. Prima pensavo che avesse bisogno di un logopedista, poi mi ci sono affezionata. Mi sembra una persona che si comporta con grande dignità e onestà. […] Berlusconi è stato una vergogna. […] Salvini lo considero osceno. […] La Meloni come apre la bocca mi si chiudono le orecchie» [Aimi, cit.] • Nella raccolta di poesie Belluno parla anche del Pd: «Di tutto quello che succede al mondo / cosa pensano quelli del Pd? / Me lo domando, sì, e mi rispondo / che non può andare peggio di così./ E invece può: è un pozzo senza fondo…/ Di tutto quello che succede al mondo / pare che a loro non importi un fico / Capetti del Pd, vi maledico!».
Stile Indossa spesso una cloche, «amo molto gli anni ’20 e ’30 […]. È da quando ho 14 anni che giro i mercatini dell’usato per vestirmi. […] Io amo il cinema muto. C’è un film di Sternberg che si intitola Underworld, in italiano Le notti di Chicago, dove la protagonista è sempre vestita con delle piume. La prima volta che l’ho visto ho detto a Raboni: «Mi sento male, muoio, voglio quelle piume!»» [Aimi, cit.] • «Minuta, quasi timida, sorridente, la cadenza veneta [...] infinite paia di scarpe, la sua passione» [Jesurum, 7] • «Si veste di nero da sempre. Una poetessa non può che vestire di nero, specie se esile e con una pelle color della porcellana... “Ma va là. Altro che donna fatale: è una questione di praticità [...] Innanzitutto perché amo la monocromia e mettere insieme i colori è difficilissimo. Il nero è nero. Poi io ho sì una carnagione chiarissima ma ho pure un accenno di baffi alla tartara che saltano fuori subito quando indosso altre tinte [...] Poi sono nervosissima e ho una sudorazione terribile. Con il nero il problema è sempre risolto. E non si nota mai quando comincio a sudare come un cavallo. Altra considerazione è che il nero non si sporca o per lo meno non si vede. Così puoi anche indossare gli stessi pantaloni per una settimana. Perché siamo sinceri, vestirsi di chiaro a Milano significa lavare e lavare e lavare [...] Però, considerazioni pratiche a parte, ho tutta una mia cultura sul nero. Per esempio: il nero più bello è quello del velluto di seta a quattro fili che si usava negli abiti degli anni Venti e Quaranta. Ho scovato dei pezzi meravigliosi e sono la notte più nera [...] E poi mi piace comunque modulare la nerezza del nero: un raso nero è lucente, ha bagliori, riflessi che devi cogliere”» [Pollo, Cds].
Altro Vive a Milano, in via Melzo (traversa di Corso Buenos Aires), sopra il Bar Pesa Pubblica, in un appartamento «dove le librerie hanno preso il posto delle pareti e in bagno sono affisse – in segno di massimo rispetto – le foto degli artisti amati Ian McKellen, Ignacio Matte Blanco, Tadeusz Kantor, Beckett, Testori-Branciaroli, Gassman-Ronconi, Werner Herzog e dei genitori da adolescenti. L’attenzione all’estetica è in ogni dettaglio. Dal pacchetto di sigarette senza immagini delle conseguenze del fumo: “Ho tenuto quelli vecchi e li sostituisco”, al manichino vestito di tutto punto che ci accoglie nello studio, fino al teschio (vero) che sorveglia in una vetrinetta i preziosi copricapo anni ’20: “Questo me l’ha portato un amico da New York. L’ho utilizzato varie volte, per poi scoprire che era una abat-jour…”» [Aimi, cit.] • «L’unico lusso che si concede è uno spritz a La belle aurore, un localino in stile déco a cinque minuti a piedi che ha un solo difetto: “Il titolare non mi vuole comprare lo champagne perché dice che è da ricchi”» [ibid.] • «A chi le invia componimenti spedisce «una frase fatta, la copio e la mando”. Non ha neppure i social, […] ma su internet ha cercato nuove conoscenze “solo che tutti vogliono dei soldi”, perché in fondo, ha confessato, “vorrei morire tra le braccia di un uomo”» [ibid.] • Ama i pomodori, il loro profumo • «Caro Giorgio, […] Pensa che con Patrizia Valduga da tempo progettavamo un museo della voce dei grandi autori, poeti e scrittori di ieri e oggi che leggono le loro opere, molte sono registrate e si trovano sul Web, come la voce di Ungaretti di cui lo scorso anno ricorrevano i 50 anni dalla scomparsa, in parte passata sotto silenzio» [lettera di Fiorella Minervino, Anteprima] • «Mi sono data un limite: non più di un’ora di Internet al giorno. E ancora mi distraggo, mi perdo... Non mi piacciono i giornali dentro il computer, sono troppo vecchia per appassionarmici. Una volta c’ho cercato un uomo, stavo delle ore a guardare facce, un’ossessione. Mi ha salvata Zanzotto, dicendomi: “No, Patrizia, lì ci sono solo i rimasugli”. Mai andata su Youporn, per me gli uomini sono eccitanti se sono vestiti. No, non fa proprio per me. Ho un motto: musica dal vivo, arte dal vero, persone di persona» [Cresto-Dina, cit.] • «Regole della composizione poetica secondo la poetessa Patrizia Valduga: “Primo: usare poche cose. Due: parlare di sé stessi, perché è l’unica cosa che puoi fare con competenza. Se riesci con la forma, lo stile, il suono a rendere piacevole quel che dici, il tuo piccolo e meschino io diventa proprietà di tutti. Terzo: la poesia è come la fame, la sete e la lussuria, ogni giorno da capon e ogni giorno invano”» [Di Stefano, Io Donna] • «Odio l’acqua. Non metto piede nella vasca da bagno se non c’è qualcuno in casa. Tutta colpa di Camogli. “Entra nell’acqua, dài, prova” mi dicevano. E così uno schizzo mi è entrato nell’orecchio e uno perfino in bocca. Risultato otite, stomatite, dissenteria. La situazione non migliora con la montagna. Qualche anno fa siamo stati ospiti di amici a Sansavino, vicino ad Arezzo. Mi punge una zanzara e mi portano direttamente al pronto soccorso: antitetanica e febbre da cavallo. Le zanzare di Monte Savino, se la vuole sapere tutta, sono killer. E non mi parli della felicità della campagna dove vengo punta da altri animalacci farabutti come le pulci di cani, gatti, pecore» [Pende] • «La poetessa Patrizia Valduga, che appena può scappa a Belluno dove può contemplare i tramonti e vedere ReteCapri» [Dell’Arti].
Titoli di coda «Non si è poeti che per tre o quattro giorni all’anno».