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 2025  maggio 26 Lunedì calendario

Biografia di Franco Branciaroli

Franco Branciaroli, nato a Milano il 27 maggio 1947 (78 anni), è un attore, drammaturgo e regista teatrale, ironico e istrionico, è tra i grandi interpreti italiani. È definito «l’attore feticcio di Tinto Brass».
Titoli di testa «Apprezzatissimo per i lavori in teatro con Trionfo, Ronconi, Lavia, De Bosio e altri, ha fatto sapere che se gli offrissero la conduzione di Affari tuoi accetterebbe senza pensarci» [Dell’Arti e Parrini, Panorama, 29-01-2009].
Vita «Mio padre era un uomo che si era fatto dal niente. Veniva dall’Abruzzo, sposò mia madre, nacqui io e prese in gestione un’osteria. Era sulla strada per Novara. La mattina all’alba passavano gli operai in bicicletta per raggiungere le fabbriche». E si fermavano all’osteria? «Era una tappa obbligata. Una Cimbali a sei becchi preparava i caffè serviti con accanto la grappa. Gli operai sostavano, bevevano e ripartivano. Nei tanti pomeriggi liberi mio padre vendeva yogurt. Scoprì che era semplice farlo e si mise a produrlo in proprio. Aprì un’azienducola a Torino e si accorse che la città preferiva la panna allo yogurt. Era perfino più redditizi. Fu così che diventammo ricchi» [Gnoli, Rep] • «Sono cresciuto con un nonno socialista e suo fratello comunista e becchino di cimitero che lo voleva uccidere e girava con un’accetta infilata nei pantaloni». Liti per questioni politiche? «Un po’, ma soprattutto perché mio zio ricomponeva i cadaveri dei tedeschi e invece di utilizzare l’alcol per non rischiare epidemie, lo rivendeva sottobanco. È diventato ricco. E mio nonno non era suo complice» [Ferrucci, Fatto] • «“La mia famiglia era passata dalla povertà del sottoproletariato al benessere, e chi non ha provato questo transito bellissimo dalla superpovertà allo star bene non può capirlo. Avevo abbandonato l’università e mio padre, neobenestante mi propose di fare un anno a Parigi, uno a Londra, uno a Berlino, per imparare le lingue”. Così, a 20 anni Branciaroli prende casa a Montmartre, ma non studia il francese e nemmeno si diverte. Decide di tornare a Torino, fino ai 40 anni. Arriva in treno che è quasi mezzanotte, prende un taxi, vede che il bar di piazza Gran Madre dove andava con gli amici è aperto e scende con la valigia. “Ce l’ho nel culo perché adesso devo fare il servizio militare’, dico agli amici. Una ragazza, un’attrice radiofonica figlia del calciatore Ossola, mi sente e dice: ‘Ma perché? Sei bellino, a Milano c’è una scuola di recitazione che dura tre anni e vale come rinvio. Posso prepararti’. E io: ‘Ma dai, cosa faccio poi, l’attore?’”. Così mi metto a studiare recitazione con lei, ma la notte che precede il mio esame si suicida”. Il giovane Branciaroli parte per Milano così scosso che deve far guidare l’auto a un amico. Fa l’esame di ammissione alla scuola del Piccolo e viene accettato da Paolo Grassi» • Branciaroli, ma poi questa scuola, l’ha frequentata per tre anni? «Dopo due anni, mi sono stufato e ho chiesto aiuto a Paolo Grassi. Cominciò a farmi permessi per andare a vedere le prove di Strehler. Lì ho conosciuto Patrice Chéreau, che nel ’70 mi ha fatto debuttare» [Camilla Baresani, Foglio] • «[...] per incarnare un Re Lear carico d’anni non esitò a ingrassare fino all’inverosimile per poi stupire tutti quanti quando poco dopo nelle vesti di Otello sfoderò un fisico scattante da pantera nera» [Enrico Groppali, Giornale] • Studia, dal 1968 in poi, alla scuola del Piccolo Teatro di Milano dove debutta nel 1970 con Toller di Tankred Dorst, per la recita di un autore atipico come Patrice Chéreau. Trasferitosi a Torino comincia a frequentare Aldo Trionfo, Carmelo Bene e Luca Ronconi, nonché lo scrittore Giovanni Testori • Trionfo capì il talento di Branciaroli. Dopo averlo provato in Peer Gynt di Ibsen, nell’Ettore Fieramosca di d’Azeglio e soprattutto nel Nerone è morto di Miklòs Hubay — dove Branciaroli, trovandosi al fianco di Wanda Osiris, inaugurò la prima delle sue numerose contaminazioni — gli diede da interpretare il Gesù di Dreyer in prima mondiale • «Senza essere un ronconiano a tempo pieno, ho lavorato spesso con Luca, e devo dire che con lui ho capito per la prima volta cosa sia la scienza della recitazione. Prima d’incontrarlo recitavo a spanne» • «Con Carmelo (Bene, ndr) abbiamo condiviso due anni di tournée all’epoca del Faust. Io e lui soli in scena». Si racconta poi di una brusca separazione. «Una balla. Deve sapere che io sono praticamente sordo. Ho subito due operazioni di otosclerosi, sentivo un fischio dentro l’orecchio, un incubo. Dissi a Carmelo che non potevo riprendere il Romeo e Giulietta. Lui pensò che volessi tradirlo con i fratelli Taviani. Capì che non era vero quando mi operarono. Ho smesso di sentirlo, Carmelo, quando era conciato male e forse non aveva piacere a farsi vedere da me» [Dotto, Sta] • Nel 1978 è con Testori in In exitu, in scena alla stazione Centrale di Milano, storia di un tossico omosessuale interpretato da Branciaroli che ripercorre i momenti segnanti della sua vita prima di morire per il definitivo buco in una latrina della stessa Centrale. «Siamo nella Milano su cui si abbatte la triplice mannaia degli anni di piombo, della crisi, della criminalità alla Vallanzasca» [Masneri, Foglio] • Diretto da Trionfo in diversi spettacoli, entra definitivamente nel Teatro Stabile di Torino. Fagocita tutto: da Romeo e Giulietta alla Turandot, da Maurizio Scaparro e Luigi Squarzina a Valentina Cortese. Non contento si mette in luce anche con le sue prime regie teatrali: La vita è sogno, Peer Gynt e Gli spettri • Il debutto cinematografico è invece segnato fin dall’inizio con il marchio dello scandalo. Appare in Vizi privati, pubbliche virtù (1976) di Miklós Jancsó accanto a Pamela Villoresi, Ilona Staller, Laura Betti e Lajos Balázsovits. Segue poi, nel 1977, Gran Bollito di Mauro Bolognini con Max von Sydow • Va in tv con una serie di sceneggiati per la Rai come Alto tradimento (1977), Con gli occhi dell’Occidente (1979) di Vittorio Cottafavi e L’ultimo spettacolo di Nora Helmer (1980) • Passato alla compagnia del Teatro degli Incamminati collabora con lo scrittore Giovanni Testori, diventando il suo migliore amico, fino alla morte avvenuta nel 1993. Nel frattempo, Branciaroli ha l’opportunità di lavorare con Michelangelo Antonioni ne Il mistero di Oberwald (1980) con Monica Vitti • «Non gli piacevano i miei ricci, li definiva “retorici”; giravamo in Tirolo e ogni tre giorni, da Roma, arrivava in aereo un parrucchiere solo per stirarmi i capelli; lavorare con lui è stato eccezionale» [Ferrucci, Fatto] • Molto diverso è il suo ruolo ne La chiave (1983) con Stefania Sandrelli, di Tinto Brass • «Tinto frequentava i teatri di posa e a fine anni Settanta mi ha visto mentre giravo un film con Antonioni: “Vieni da me, ti faccio un provino”. Era per La chiave. E siccome La chiave ha incassato una valanga di soldi, allora Tinto mi ha elevato a portafortuna» [Ferrucci, cit] • Durante gli anni Novanta, recita ne I due gemelli veneziani per la regia di Ronconi e poi passa, nel 1993, al Teatro Romano di Verona, dove è regista e interprete di opere come: Re Lear, L’ispettore generale, La dodicesima notte, Macbeth, Otello e Medea (dove veste abiti femminili con un notevole successo: si contano 200 repliche) • «Si annuncia già come un evento la Medea di Euripide che Luca Ronconi ha deciso di affidare a un uomo e attore di sua fiducia, Franco Branciaroli» [Garrone, Rep 1996] • Dopo aver vinto il premio Ubu come miglior attore protagonista per La vita è sogno diretto ancora da Ronconi, torna in televisione con la miniserie Provincia segreta 2 (2000) • «I temi che possono dare frutti drammatici sono pochi, non è vero che tutto quello che accade nella vita può diventare teatro [...] Sullo schermo le patologie aumentano, non sono solo parole, metti la faccia: e con quella non te la cavi» [Cristina Caccia, Sta, 2005] • «[...] Uno degli ultimi mattatori della scena teatrale italiana. Uno, per intendersi, che vale la pena di vedere anche solo per 15 minuti perché si sa già che saranno unici. Attore simbolo di Testori, irruente interprete per Ronconi, autore teatrale egli stesso [...]» [Angela Calvini, Avvenire] • «Il problema, nei film di Brass, è che la legge è ridicola: puoi apparire nudo, ma è vietato mostrare un’erezione vera, ammesso che poi ti venga su un set pieno di estranei. In compenso, se l’erezione è simulata, va bene. Così, dovevo indossare un fallo finto tenuto su da una striscia di tulle» [Marina Cappa, Vanity Fair 2006] • «Non si fa pregare a dire quel che pensa, Franco Branciaroli [...] “Sono sempre stati gli altri a scegliere me, non cercavo, neppure da giovane, il pigmalione. Ognuno di questi maestri, sì, nel suo genere Tinto lo era, vedeva in me quel che gli serviva”. Un satanasso par suo, per Carmelo Bene; un giocatore del sesso, per Brass... Continua lui: “Un’unto”, un predestinato per Testori, travagliato quanto basta per i suoi personaggi; un artista – come mi definì una volta – per Luca Ronconi, il regista più grande che abbiamo. Non ne vedo altri, né i Latella né i Delbono né Raffaello Sanzio. Chi studierà il teatro di questi anni, dovrà mettersi i guanti: escrementi e sperma non mancano mai”. Non che mancassero in certi drammi di Testori... “Ma la parola era alta, altissima, tutto”. [...] E con i colleghi come sono i rapporti? “Ottimi. Popolizio nei Due gemelli veneziani mi commosse”» [Claudia Provvedini, Cds nel 2006] • «[...] Sono fortunato perché lavoro. Ho una compagnia mia e non ho l’angoscia di tanti miei coetanei. Che molti attori di 60 anni vivano nell’incertezza è un atto d’accusa verso i teatri pubblici, che non hanno compagnie stabili. Che cos’è un teatro senza attori? E poi, se perdi gli appoggi, non conti più niente. La colpa di ciò? Del ’68. Oggi puoi dire che Harry Potter è come Antigone. Questa nefasta visione del mondo ha distrutto anche il teatro. Il teatro è un’arte relativa. La mancanza del principio d’autorità, nata col ’68, ha portato il teatro ad autodistruggersi. Non si sa più che cosa sia un attore, un regista. C’è stato un periodo in cui bastava fumare una sigaretta in scena per credersi attore» [Osvaldo Guerrieri, Sta 2007] • Racconta Umberto Orsini: «[…] per sette mesi all’anno sono in giro per teatri, e dopo la recita arriva il momento decisivo del ristorante, e m’accorgo che ormai pochi altri attori s’entusiasmano per il rito della cena. A tavola fa eccezione, e non ha rivali, uno come Franco Branciaroli. Indimenticabili, ai tempi del nostro Otello, le bevute, le scorpacciate e le discussioni infinite» [Di Gianmarco, Rep] • Nel 2007 è ancora in tv con la pellicola storica di Roberto Faenza I vicerè • «I Vicerè di Faenza avrà critiche opposte e sarà quasi certamente un successo di pubblico, che apprezzerà un grande film corale, con qualche attore geniale, di cinema e teatro, soprattutto [...] Franco Branciaroli, il conte adultero Raimondo» [Aspesi, Rep] • «C’è un pazzo Chisciotte di sangue pavese in viaggio per l’Italia che imita uno più pazzo di lui, ma così pazzo da scambiare le osterie per teatri e da credersi un po’ Vittorio Gassman e molto Carmelo Bene. Dalla Mancha ultraterrena che li ospita, i due sacri mostri farneticano a loro volta di unirsi e dunque sfidarsi nella messinscena del cavaliere errante di Cervantes, Vittorio nella parte di Don Chisciotte, Carmelo in quello di Sancho Panza. Detta così, sembra un’allucinazione da emicrania, è invece lo spettacolo ultimo dell’ultimo dei Mohicani. Sono in molti a dire di Franco Branciaroli che è il miglior attore teatrale oggi in Italia. Uno che a 61 anni s’inventa un divertimento, giocare da puparo con i due monumenti del nostro teatro, mattatore tra mattatori» [Dotto, Sta] • «[…] Don Chisciotte di Franco Branciaroli, quello dove a giostrare sono le voci di Carmelo Bene e Vittorio Gassman, perfettamente imitate dal grande Branciaroli» [Buttafuoco, Giornale, 28-02-2009] • Tinto Brass, nel 2009: «Sto preparando altri due corti erotici per un Dvd. Il prossimo è su D’Annunzio, con Franco Branciaroli. Racconta l’avventura erotica, che il Vate ebbe a Venezia la notte prima di partire per Fiume» [Dentice, Espresso] • «“Enrico IV è come Amleto. Dagli americani è considerato il capolavoro di Pirandello. E siccome non ho mai interpretato l’autore siciliano in vita mia, ho deciso di iniziare da un testo mitico”. Franco Branciaroli non conosce le mezze misure. D’altronde il protagonista di Enrico IV è un istrione proprio come lui. “È un ruolo che caratterialmente mi è congeniale, dovrebbe venirmi bene” sorride sornione. Un ruolo storicamente destinato ai grandi mattatori. “Lo so, è una bella sfida perché tutti, grazie alle nuove tecnologie, oggi possono fare confronti con le edizio­ni di Valli, Randone, Moissi. Enrico IV entra nella mia galleria degli ‘attori’ che in scena fanno gli attori come in Servo di scena di Ronald Harwood, Il teatrante di Thomas Bernhard, Don Chisciotte”»[Calvini, Avvenire] • Branciaroli solidale: nel 2015 aiuta l’istituto scolastico Little Prince, sostenuto dall’ong Avsi, in uno slum di Nairobi che utilizzava il teatro come mezzo di coinvolgimento dei bambini, per lo più orfani. «Il palcoscenico non era abbastanza ampio, il soffitto troppo basso, l’acustica non adatta, il tessuto del sipario da sostituire. Hanno chiesto aiuto anche agli Incamminati. Franco Branciaroli, dopo ogni suo spettacolo, se ne usciva sul proscenio per chiedere agli spettatori di contribuire a quella scuola di teatro per i bambini in Africa» [Crippa, Foglio, 30-10-2015] • «Per il grande attore milanese Lettere a Nour di Rachid Benzine, storia di un’intellettuale islamico che scopre nella figlia una pericolosa terrorista della jihad, in scena (per la regia di Giorgio Sangati) al Festival di Spoleto “non è un testo di cronaca politica. Ma la storia d’amore fra un padre e una figlia”. Perché si secca se qualcuno definisce questo un testo politico? “Perché io detesto il teatro politico. O politicamente corretto. O falsamente provocatorio. Come certi monologhi pseudo-civili, ha presente? E quegli orrendi one man show ridanciani di stampo televisivo? Il teatro è cultura. E spettacolo, perbacco! Andate a vedere come lo fanno in Inghilterra, dov’è in gran parte privato e per questo è costretto a fare incassi. Sai dove te li mandano il comico tv e il monologo civile, gli inglesi?”[…] Cos’altro rimprovera al teatro d’oggi? “E che vuoi rimproverare ad un morto? Oggi il teatro è una tomba. Sulla quale ogni tanto qualche regista mette dei fiori freschi, sperando che la salma si rianimi. Ma sempre salma resta. La verità? Anche il teatro è in mano a gruppi, a conventicole, generalmente di sinistra, che col loro pensiero unico, col loro politicamente corretto, hanno finito per massacrarlo. E lo stanno distruggendo”» [Scotti, Giorno] • A inizio 2022 torna in scena con Umberto Orsini: Pour un oui ou pour un non di Nathalie Sarraute, debutta al Piccolo di Milano ed è un successo. Branciaroli commenta così: «“Mi è capitato spesso il fraintendimento, classico dei siparietti ambivalenti del dopo teatro, complimenti dal fondo ambiguo. Una volta, dopo il Riccardo III, venne Gassman in camerino e mi disse ‘Bravo, sei il migliore’. Pausa. ‘Della tua generazione’, aggiunse, e avevo solo 40 anni”. È uno spettacolo da guerra, dicono i due mattatori. Insomma, le parole come spiegazione, ostacolo, un medium che si presta al doppio e spinge al gioco al massacro» [Porro, Cds] • A 74 anni diventa scrittore e nel 2022 pubblica La carne tonda. Un esordio letterario che ha scandalizzato. «“A penna, perché il computer non sono capace di usarlo. Di notte, per non guardare la tv che mi dava la nausea nei mesi di lockdown” spiega» [Cappa, Mess] • «[…] I rossi da frigorifero piacciono a Franco Branciaroli che interpellato sulle sue preferenze mi risponde: “L’attore italiano è una valigia, gira tutto l’anno da un Manduria o un Falernum su fino a un Magdalener. Un bevitore peninsulare, un Tir della bottiglia. Insomma mi bevo l’Italia”» [Langone, Foglio] • È protagonista de Il caso Kaufmann, dal libro omonimo di Giovanni Grasso, con la regia di Piero Maccarinelli. Lo spettacolo debutta al Teatro Sociale di Brescia il 17 ottobre 2023. «“Una storia assolutamente vera – spiega l’attore, nel ruolo dell’ebreo Kaufmann – Nonostante lui si sia sempre dichiarato innocente, la Corte di Norimberga ha stabilito l’esistenza di una relazione di carattere sessuale tra l’anziano ebreo e la poco più che ventenne ‘ariana’ Irene Seidel (interpretata da Viola Graziosi). Alla vigilia dell’esecuzione, il condannato chiede di poter incontrare il cappellano, non per una conversione in punto di morte: nelle ultime angoscianti ore prima della fine, ripercorre la sua drammatica vicenda”» [Costantini, Cds] • Già che si parla di un ebreo, cosa pensa dell’attuale conflitto Israele-Hamas? «Credo anzitutto che sia una guerra di religione vera e propria per far trionfare l’islam, Dio non voglia. Ma penso pure che oggi ci sia una nuova e pericolosa ondata di antisemitismo da parte di moltissimi Paesi anche occidentali». Succede anche in Italia. «Sarà che tanti credono sia giusto schierarsi sempre con i più deboli e poveri, e questo pensiero è una spina nel fianco dell’Occidente. Ci abbiamo messo millenni per diventare benestanti e ora ce ne vergogniamo. Ma non è che tra uno che è in ciabatte e uno sulla spider il migliore sia per forza il primo» [Silvia Francia, Sta] • In novembre, per una sola sera, riporta in scena, 45 anni dopo, e a 100 dalla nascita del suo autore, al Teatro Oscar di Brescia, il testo visionario di Giovanni Testori In exitu. «“Chi si trovava a passare in una gelida notte d’inverno, 13 dicembre 1988, sul lato ovest della stazione Centrale, quella scena non l’ha certo scordata. Ma, oltre ai tanti viaggiatori casuali, su quella scalinata c’era tutta Milano, critici, intellettuali, arrivati lì per un evento unico e straordinario”, ricorda Franco Branciaroli. “C’era un rimbombo terribile, si stentava a sentire, eppure chi c’era capì tutto. Finimmo in stazione perché i teatri non ci volevano. Ma Testori non si arrese, ebbe l’idea geniale di rivolgersi alle Ferrovie, di portare In exitu proprio nel luogo dove si svolgeva, senza scene né sipario”. A dar scandalo Testori era abituato. Ma l’incontro con Branciaroli, attore del tutto antiaccademico, lo aveva spinto ad andare ‘oltre’, a scrivere per lui i suoi testi più roventi: Confiteor, In exitu, Verbò. “La cosiddetta Branciatrilogia, dove il personaggio mutava ma era sempre lo stesso, un emarginato vessillo di tutti gli emarginati. Una straziante via crucis degli ultimi, degli ‘irreparabili’, che per Testori, cattolico non amato dai cattolici, omosessuale non amato dagli omosessuali, era la denuncia inesorabile contro la violenza di una società capitalistica e indifferente”» [Giuseppina Manin, Cds] • Quando è l’anniversario de La chiave? «Era il 1983». Ammazza. 40 anni fa lei era l’uomo più invidiato d’Italia. «Me ne accorgevo dai tassisti e dai militari, specialmente i tassisti: dopo un po’ mi guardavano dallo specchietto e con un filo d’imbarazzo esordivano con un “lei... no, lei...”. Dica.... “È quello...”. Sì, sono io. E scattava il sorrisone complice» [Ferrucci, Fatto] • Dopo aver fatto compagnia insieme nel 2021 con Pour un oui, ou pour un non Branciaroli e Orsini il 16 gennaio 2024 tornano in scena insieme con il classico di Neil Simon I ragazzi irresistibili diretti da Massimo Popolizio. «È una finzione perfetta e contemporaneamente una specie di autobiografia della nostra vita di teatranti, ma senza Broadway e senza liti». Infaticabili davvero, non siete stanchi dopo oltre mezzo secolo in palcoscenico? «La vecchiaia è spesso morte anticipata: vivi ma sei morto. Una morte che è l’impossibilità di avere possibilità. Non hai (più) la possibilità di vivere, di pensare, di innamorarti, di scoprire cose nuove. E allora: viva altri cento anni così, in scena» [Adriana Marmiroli, Sta] • È al Manzoni di Milano in maggio 2024 l’ultima tappa de Il mercante di Venezia: «[...] in un’epoca come la nostra, attraversata dalle crisi economiche e funestata da un incalzante antisemitismo, Il mercante di Venezia diventa di travolgente attualità. Specie se è proposto in un’edizione originale come quella del regista Paolo Valerio con il mattatore Franco Branciaroli come Shylock» [Daniela Zacconi, Cds].
Amori Sposato con Annamaria Sanna, non hanno figli. «Ho una moglie straordinaria, affetta da sclerosi multipla. E forse era un bene non averli». Che condizione vive? «La prima cosa che spesso gli altri non sanno o tendono a rimuovere è che solo se sei abbastanza ricco puoi gestire la situazione altrimenti è molto complicato. Ho settant’anni. Posso dire di aver fatto l’attore e poi cosa ho fatto di altro? Adesso posso dire di essere stato utile a una persona. Di continuare a esserlo». E lei? «Annamaria è una donna piena di umorismo, molto più allegra di me. Un’allegria senza disperazione, venata da una certa ingenuità. Mi sembra certe volte una bimba. E questo rende più trasparente il legame». Cosa le ha insegnato? «Che non puoi eludere il rapporto con gli altri. Non puoi far finta di niente e alla fine farla franca. Non so se è cristianesimo. Certo è una questione etica. Scoprii in una frase dello scrittore Gómez Dávila che etica vuol dire fedeltà a una persona». Anche alla fede? «Cerco di dissimulare la mia fede, non perché ne abbia vergogna ma perché penso che sia la fede a vergognarsi di me. Preferisco la parola fedeltà. In un mondo dove è facile tradire, essere fedeli a una persona dà un senso di pacata saldezza. Quando mia moglie non si accorge, la guardo nella sua postura, quasi fosse una bambina in un passeggino, e avverto questa tenerezza. Lei allora ride e io le faccio il verso. Solo ciò che pensiamo di perdere ci appartiene veramente» [Gnoli, Rep] • «Si dice che il talento non invecchi mai, invece sì che invecchia. Forse il mestiere dell’attore ti fa percepire la morte più di altri perché l’andare in scena ogni sera ti sbatte addosso il trascorrere inclemente del tempo, e allo stesso tempo sale la depressione per un piacere che sta finendo. Il recitare» [Paloscia, Rep].
Titoli di coda. «Per questo noi vecchi siamo più affamati del palco dei giovani, fino a sacrificare la paga e a lavorare gratis pur di starci ancora, su quel luogo magico» [ibid.].