29 maggio 2025
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Biografia di Erick Thohir
Erick Thohir, nato a Giacarta (Indonesia) il 30 maggio 1970 (55 anni). Imprenditore. Politico. Dirigente sportivo. Fondatore del gruppo Mahaka Media (costituito il 28 novembre 1992). Ministro indonesiano delle Imprese statali (dal 23 ottobre 2019). Presidente della Federazione calcistica d’Indonesia (dal 16 febbraio 2023). Ex proprietario (2013-2016) e presidente (2013-2018) dell’Inter. Già presidente della Federazione cestistica d’Indonesia (2004-2006). «Sono arrivato per aiutare l’Inter a crescere e a ritornare in alto. Magari qualcuno avrebbe potuto mirare subito alto, ma io conoscevo bene la situazione ed era necessario recuperare innanzitutto. La sostenibilità finanziaria era fondamentale. Alla riprova dei fatti e delle promesse che avevo fatto allora, dopo 5 anni l’Inter è tornata a giocare in Champions League. E avrebbe potuto arrivarci anche prima, quando c’ero io, se le squadre italiane qualificate fossero state 4 e non 3» (a Pietro Guadagno) • Terzo e ultimo figlio dell’imprenditore Teddy Thohir (1935-2016), dopo Rika e Garibaldi. «La famiglia Thohir è una delle più importanti di Indonesia. In cima c’è Teddy, il padre di Erick e di Garibaldi, oltre che di Rika. Alla base delle loro fortune c’è l’Astra International, che nel tempo, dalla componentistica per le auto, ha allargato i suoi interessi nei servizi finanziari, nell’information technology e nelle infrastrutture. […] La scelta dei nomi dei due figli maschi è stata tutt’altro che casuale. Erick è ispirato a Erik il Rosso, ovvero uno dei più noti vichinghi, il primo europeo a raggiungere la Groenlandia. […] Il nome Garibaldi, invece, è ispirato al nostro eroe Giuseppe Garibaldi e alle sue imprese. A differenza del fratello, Garibaldi Thohir si occupa di carbone. Possiede un sesto dell’Adaro Group [oggi denominato AlamTri – ndr], ovvero il quarto più grande produttore di carbone al mondo, ma ha interessi pure nelle banche di investimento» (Guadagno). Secondo la classifica stilata dalla rivista Forbes l’11 dicembre 2024, Garibaldi Thohir, con un patrimonio netto stimato in 3,8 miliardi di dollari, è attualmente la diciassettesima persona più ricca d’Indonesia. «Di famiglia cinese-indonesiana, com’è tipico dell’élite di Giacarta che controlla l’economia del Paese, l’educazione di Thohir ci racconta […] di un grande mix di culture, legami, amicizie, dato che si è laureato in Economia alla Glendale University in California e ha preso un master alla National University di Los Angeles» (Tommaso Lorenzini). «Nel 1992 ha gettato le basi della sua fortuna […] fondando il Mahaka Group, un colosso nel campo dell’editoria e delle telecomunicazioni che comprende emittenti radiofoniche, televisioni e giornali e che gli ha consentito la scalata al principale quotidiano indonesiano Republika e a diversi canali televisivi. Inoltre, attraverso la società automobilistica Astra controlla, insieme al fratello Garibaldi, quote significative di Toyota, Peugeot e Daihatsu» (Lara Vecchio). «Pur avendo costruito un impero nei media conosciuto anche fuori dall’Indonesia (uno dei suoi soci è Rupert Murdoch), il tycoon di Giacarta deve la sua ascesa e notorietà allo sport. In patria, ma soprattutto al di là dell’Oceano, negli Stati Uniti, dove da studente universitario Thohir aveva capito che lo sport non è solo un gioco ma un enorme business. Su suggerimento dell’avvocato e procuratore sportivo Jason Levien, Thohir ha rilevato insieme all’attore Will Smith e alla moglie Jada Pinkett Smith la proprietà dei Philadelphia 76ers, diventando il primo asiatico a entrare nel gotha dell’Nba, e […] ha comprato una quota nella squadra di calcio di Washington, il D.C. United» (Federico De Rosa). «Non si sa se Massimo Moratti fosse in cerca solo di un partner o, sotto sotto, puntasse a trovare qualcuno a cui passare la mano, magari non subito. Erick Thohir, invece, le idee, le aveva chiare fin da quando Luigi Gastel, consigliere d’amministrazione dell’Inter e plenipotenziario della Pirelli in Indonesia, un anno fa [cioè nel 2012 – ndr] aveva “còlto l’attimo” prospettandogli l’operazione. Proposta condita con l’annuncio che da lì a qualche giorno l’Inter sarebbe sbarcata a Giacarta in tournée. Il giovane magnate indonesiano scatenò tutta la sua potenza di fuoco per fare da cassa di risonanza allo sbarco dei nerazzurri in Asia, convinto che da lì a poco sarebbe diventato lui il proprietario. Non deve essere stato difficile, considerando che Thohir ha costruito tutta la sua fortuna personale nei media. […] Non è però un self-made man. Il padre, Teddy Thohir, […] ha fondato la Astra International, una conglomerata da 20 miliardi di dollari di fatturato, con attività che spaziano dalla finanza alle miniere alla componentistica. E una delle società del gruppo, la Astra Otoparts, l’anno scorso ha firmato un accordo con la Pirelli per la costruzione di una fabbrica di pneumatici in Indonesia. Sarebbe nato tutto da qui. L’incrocio tra il gruppo della Bicocca e Astra avrebbe creato l’opportunità di aprire la trattativa sull’Inter, anche se le due operazioni sono del tutto scollegate» (De Rosa). «Sessant’anni di Moratti, e di gratitudine. Finiscono il 15 ottobre 2013, alle 11 di un mattino grigiastro e molto milanese, di quelli che invogliano alla malinconia, proprio mentre nelle moschee di Jakarta si sacrificano capretti e vitelli. Massimo entra nei suoi uffici e appare emozionato, anzi scosso, anzi tristissimo, perché il groppo non va giù. Ma solo lui può dare l’annuncio, e lo dà: “Abbiamo firmato con Thohir. È una brava persona. Lascio l’Inter in buone mani”. Dissolvenza. Stacco dall’altra parte del mondo. Nel pomeriggio di Jakarta, Erick Thohir prorompe: “Oggi è il giorno dell’Eid al-Adha: speriamo che questa firma sia una benedizione”. L’Eid al-Adha è la seconda festa musulmana più importante dell’anno, in cui i ricchi sgozzano capretti e vitelli in moschea e li condividono con i poveri. […] Dopo gli annunci, è il momento dei comunicati ufficiali. In cui si specifica che il 70% dell’Inter passa sotto il controllo di una holding (chiamata Isc, International Sports Capital) formata dagli imprenditori indonesiani Erick Thohir, Rosan Roeslani e Handy Soetedjo. […] È stata una trattativa lunga oltre sei mesi. […] A lungo Moratti ha mantenuto il riserbo anche con chi gli era vicinissimo, anzi ancora a metà luglio, nel ritiro di Pinzolo, c’era chi apostrofava i cronisti con simpatici appellativi, chiedendo quando avrebbero smesso di “scrivere di questa stronzata dell’indonesiano”. Invece era tutto vero, ovviamente. Come era vero che la cessione dell’Inter fosse purtroppo divenuta necessaria, per quanto dolorosa: i 536 milioni di perdite negli ultimi cinque esercizi lo imponevano. Al punto che Moratti cede il club senza incassare un centesimo (i 250 milioni che verserà Thohir andranno in parte a rilevare l’esposizione debitoria di Moratti e in parte a ricapitalizzare) e a un imprenditore pressoché sconosciuto come Thohir» (Luca Pagni e Andrea Sorrentino). «C’era una volta un curioso tizio indonesiano: Erick Thohir. Questo signore sbarca in Italia nell’ottobre del 2013 e dice: “Mi compro l’Inter”. La gente non ci crede, ma succede per davvero. Rileva la gloriosa Fc Internazionale da Moratti Massimo, patron e presidente storico. La gente dice: “Oddio, questo qui non ci capisce nulla, povera Inter, con tutti i debiti che ha”. E in effetti l’inizio non è dei migliori. Ericketto scende dall’aereo e la spara grossa: “Mi piace Ventola, mi piace anche De Boer”. E ai tifosi vengono i brividi. Ma Thohir non è fesso: paga il club una sciocchezza (circa 70 milioni), si accolla una montagna di debiti (quasi 200), chiede e ottiene prestiti multi-milionari dalle banche con interessi mostruosi. E tutti a dire: “Moratti cacciava il suo grano! Questo qui chiede i prestiti!”. Lui lascia dire, e intanto dà una prima sistemata ai conti e all’organizzazione interna. Stop al “dentro tutti”, iniziano i tagli. La struttura viene snellita, si guarda al club più come a un’azienda che a una squadra di calcio, e, infatti, i risultati sul campo non arrivano, ma quelli finanziari (parecchio importanti, vista la situazione) sì: il debito in qualche modo si riduce, Thohir si accorda con la Uefa per stilare un piano di rientro, nel frattempo lavora sotto traccia per trovare un compratore che possa fare quello che lui non può e non vuole fare, ovvero investire quattrini. In parallelo molti “colleghi” italiani lo prendono per il culo: Massimo Ferrero gli dà del “filippino”, la signora Evelina Christillin lo definisce “Cicciobello a mandorla”, Silvio Berlusconi dice “Moratti ha venduto a questo Thohir, io darò il Milan a chi ha capitali veri”. Lui, Cicciobello, se ne fotte e va avanti per la sua strada. E la sua strada si chiama Zhang: il 6 giugno 2016 cede il 68,55% delle azioni e tra una balla e l’altra porta a casa una plusvalenza di circa 43 milioni (interessi sui prestiti compresi), oggi [il 25 gennaio 2019 – ndr] molla l’osso e ne mette in tasca altri 150 (plusvalenza: 107). Totale: di calcio, non ci capirà una mazzafionda, ma in quanto a “gestire aziende in crisi” e “far soldi” può dare lezioni a tutti. Fine» (Fabrizio Biasin). In seguito Thohir si è concentrato principalmente sul proprio Paese, tanto in ambito politico, prima coordinando con successo la campagna elettorale per la conferma del presidente uscente Joko Widodo alle elezioni del 2019 e poi ricoprendo la carica di ministro indonesiano delle Imprese statali (nominato dallo stesso Widodo), quanto in ambito sportivo, dal 2019 in qualità di rappresentante dell’Indonesia nel Comitato olimpico internazionale e dal 2023 anche in veste di presidente della Federazione calcistica d’Indonesia. «Qual è il suo progetto? “Ci sono molti problemi e molte sfide. Ho una missione principale, ed è quella di ripulire il calcio in Indonesia, soprattutto dalle partite truccate. Sono ciò contro cui mi batterò, e sono convinto che migliorerò tutto il movimento”» (Simone Redaelli). «Essere stato proprietario dell’Inter l’ha aiutata per il ruolo di presidente della Federazione? ”Senza dubbio. Sono stato proprietario anche di due squadre indonesiane, del D.C. United nella Mls e adesso dell’Oxford United nella Football League inglese. Ma l’Inter è qualcosa di completamente diverso. È un club leggendario”» (Guadagno) • Sposato, quattro figli • Generalmente definito «musulmano moderato» • Grande passione per la pallacanestro (a lungo praticata, da ragazzo), molto più forte che per il calcio • «Appassionato di cinema – ha una gran collezione di dvd, forse il suo attore preferito è Johnny Depp – e di musica anni ’80: ascolta soprattutto Duran Duran e U2» (Felly Imransyah, amico di scuola e socio d’affari di Thohir, a Fabio Licari) • «Massimo Moratti aveva fiducia in Thohir, gli ha venduto il bene a lui più caro, quell’Inter che Moratti ha reso grande e adora, affrontando investimenti e sacrifici economici, ingaggiando campioni veri. Thohir di certo non ne ha seguito l’esempio. Bravissimo a far finanza, campo praticato con talento, addirittura passione, molto meno impegnato e generoso per il presente e il futuro dell’Inter. […] “Farò grande l’Inter” il suo slogan, ben presto tradotto, con atti pratici, in: farò grande il mio portafoglio. Ha venduto bene l’Inter alla famiglia Zhang, questa, sì, seriamente intenzionata […] a far tornare la società nerazzurra là dove la sua storia impone. Eccolo, il grande merito di Erick Thohir: quello di avere trovato Zhang padre e figlio, avergli ceduto l’Inter (con una cospicua plusvalenza), essersi rassegnato in grave ritardo, e con fatica, a passare la prestigiosa carica di presidente a Steven Zhang e finalmente a uscire di scena» (Daniele Dallera) • «Cosa ha imparato dalla sua esperienza in Italia alla guida dell’Inter? “In Italia il calcio è un piacere e un divertimento per tutta la famiglia che va allo stadio, anche le donne e i bambini, mentre in Indonesia non è così. Dobbiamo cercare di lavorare su questo aspetto per migliorare l’esperienza del calcio indonesiano. Dobbiamo offrire ai tifosi uno spettacolo migliore”. Segue ancora l’Inter? “Certamente”. […] Quanto le manca? “Tantissimo. Sempre forza Inter”» (Redaelli). «Ci fosse una nuova occasione di acquistare una squadra italiana, ci penserebbe? “È capitato che qualche tifoso mi chiedesse di tornare in Italia. Ma non potrei mai farlo. Amo troppo l’Inter. Il legame è troppo forte. Sono sempre un tifoso e seguo tutti i risultati”. […] Ha un preferito nell’Inter di adesso? Un nuovo Nicola Ventola… “Certo che c’è. Ma prima voglio spiegare perché avevo fatto il nome di Ventola. Non avevo detto che fosse il mio preferito, ma soltanto che conoscevo anche lui tra tutti i giocatori nerazzurri della storia. Sarebbe stato troppo semplice indicare uno dei tanti grandi campioni che tutti ricordano. Oggi, quindi, faccio il nome di Dimarco. Ai miei tempi era solo un ragazzo delle giovanili, adesso è diventato uno dei migliori della squadra. Avrei potuto citare Lautaro Martínez, ma sarebbe stato troppo facile”» (Guadagno).