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 2025  giugno 03 Martedì calendario

Biografia di Pif

Pif, nome d’arte di Pierfrancesco Diliberto, nato a Palermo il 4 giugno 1972 (53 anni). Conduttore e autore televisivo, regista (3 film), attore (6 film), scrittore (3 libri), conduttore radiofonico • Ha provato a definirsi: «Io per ora faccio lo spiritoso passando da un campo all’altro» [Flavia Piccinni, Huffington Post].
Titoli di testa «Un giorno un tredicenne mi ha definito “quello che filma la vita” e resta il complimento più bello mai ricevuto» [Alessandro Ferrucci, Fatto].
Vita A proposito di artisti, lei è discendente dello scultore danese Bertel Thorvaldsen. «C’è un ramo nobile in famiglia, viene dalla nonna paterna. A Roma Thorvaldsen è conosciuto soprattutto perchè c’è un tram che fa capolinea in una piazza che si chiama così, ma, se vai a Copenaghen e fai quel nome, ti trattano come il nipote di Dante Alighieri, e al museo c’è l’albero genealogico che tuttora viene aggiornato quando ci sono nascite in famiglia» [Fulvia Caprara, Stampa] • La mamma, Mariolina Caruso, è una maestra elementare • Com’è nata la sua passione per la regia? «Negli anni 80 papà aveva una piccola casa di produzione cinematografica, ogni tanto andavo con lui e in qualche modo ho acquisito i primi rudimenti di inquadratura, audio e montaggio. Ed è stata la mia fortuna: se non ci fosse stato mio padre, visto il mio carattere, probabilmente non avrei mai affrontato questa professione» [Ferrucci, cit.] • Ha una sorella, Manuela, archeologa e scrittrice • Era davvero un bambino timido? «Certo. Quando con i miei genitori andavamo a trovare i miei zii e cugini e dovevo salutarli tutti venivo preso dall’ansia: ero diventato famoso perché una volta arrivati restavo in macchina e scendevo un’ora dopo. Mia madre per farmi socializzare mi iscriveva a corsi di calcio ma non ci andavo mai: l’idea di conoscere nuove persone mi dava ansia. Questa cosa mi è rimasta» [Chiara Maffioletti, Cds] • «Durante le riprese di La mafia uccide solo d’estate, ho scoperto che davanti al cortile dove giocavo fino a 9-8 anni ci abitava Vito Ciancimino, sindaco mafioso che frequentava Provenzano» [Gianluca Gazzoli] • Che studente è stato? «Disastroso e privo anche del carisma del ribelle. Vivevo la scuola come una tragedia. Ho fatto le elementari dalle suore e il liceo dai salesiani» [Roberto Di Caro, L’Espresso] • «Ho frequentato il liceo scientifico solo perché si erano iscritti i miei amici. (…) «La scuola per me è stata un incubo e anche avere amici non è mai stato semplice. Così mi son detto: se proprio devo continuare gli studi, lo faccio dove vanno loro». La situazione non migliora e Pif in terza liceo viene bocciato. «Un concorso di colpe (…) Io non studiavo però la scuola italiana certo non aiuta, priva di stimoli come è». Che poi si fosse almeno divertito da adolescente. «Ero un nerd vero, non avevo neanche il fascino del ribelle, quella giustificazione del dire vabbè va male perché si ribella al sistema. Ero uno studente grigio: mi svegliavo tardi, passavo la giornata a non fare nulla, stavo spesso da solo». Droghe leggere? «Mai fumato uno spinello in vita mia, sono astemio. Insomma una palla micidiale» [Serena Danna] • «Un amico gli promette un incontro con Franco Zeffirelli che però tarda ad arrivare. Così ecco la decisione di andare nel Regno Unito. Ma a fare che? “Come diceva il mio amico Costantino, tra non fare un cazzo a Palermo e non fare un cazzo a Londra, meglio a Londra”, è la risposta di Pif all’epoca molto fancazzista. (…) Ma Londra costa cara, urge un lavoro. Che trova in un ostello di Notthing Hill in qualità di House Porter. Traduzione in italiano: “Estraevo peli dal buco delle docce” (…) Oltre a fare le pulizie sperimenta anche i primi piccoli filmati con la videocamera che aveva imparato a maneggiare col padre e segue il corso di Media Practice, una di quelle robe un po’ sfigate pagate dal Comune, ma che, scritte in inglese, fanno curriculum» [Pedro Armocida, Giornale] • Ha iniziato come aiuto alla regia. «Di Franco Zeffirelli in Un tè con Mussolini e di Marco Tullio Giordana ne I cento passi; con Zeffirelli era una produzione così grande da risultare io inesistente, infatti non sono neanche nei titoli di coda». Il suo compito? «Per anni mi sono vantato di essere stato l’assistente di Zeffirelli, in realtà lui aveva un cane e me ne occupavo: non per colpa del maestro, ma perché ero l’ultimo arrivato in un cast pazzesco; ne I cento passi è andata meglio» [Ferrucci, cit.] • «Nel 2000 a Mediaset, ho frequentato un corso come autore televisivo e gli insegnanti erano professionisti dell’azienda; io ero così inconsapevole e fuori luogo da dare del “tu” a tutti, come se fossimo un gruppo di amici, compreso Pasquinelli (poi capo dell’intrattenimento Mediaset, ndr). Nella mia testa eravamo creativi e quello era l’approccio giusto; a fine corso Pasquinelli mi guarda e svela il rischio corso: “Ti volevo cacciare a calci nel culo”» [ibid.] • Inizia così a lavorare alla trasmissione Candid & Video Show • Durante il corso incontra Davide Parenti, l’ideatore de Le Iene che gli dà fiducia: «Io ero autore, riprendevo con la telecamera, montavo i filmati. Dovevo fare un po’ il giornalista, un po’ il clown. E tutto nelle condizioni più estreme: ti cambi nei posti più improbabili, a orari improbabili (…) un’ottima scuola, dove puoi imparare un sacco di cose (…) io avrei potuto anche starci a vita. Fermarmi lì. In fondo mi sentivo realizzato e fortunato per avere l’opportunità di fare cose che molti sognano» [Maffioletti, cit.] • Nei suoi servizi Pif andava da un soggetto “x”, gli poneva la domanda e mentre il soggetto iniziava a rispondere lo abbandonava perché trovava un protagonista migliore. Qualcuno dei politici si è realmente offeso? «Molti si sono proprio incazzati, e si vede, ma non so altro perché fuggivo per l’imbarazzo; la prima volta fu con Maurizio Costanzo, quando Costanzo era ai vertici di Mediaset: gli girai le spalle fingendo di aver visto Giorgio Mastrota». Umiliazione massima. «Poi sono tornato da lui: “Ho sbagliato, era solo uno che gli assomigliava”». E Costanzo? «Se non sbaglio domandò: “Ma chi è questo coglione?”. Il bello è che alle mie vittime non rivelavo di essere de Le Iene, sempre per la vergogna» [Ferrucci, cit.] • Durante un viaggio di lavoro, il collega delle Iene Marco Berry conia il soprannome Pif • Si è lasciato scegliere anche per fare Il testimone, il programma di Mtv che dal 2007 l’ha resa celebre tra i giovanissimi? «Può non crederci, ma Axel Fiacco mi ha chiesto di fare quello che fin da ragazzo era il mio sogno: girare con una telecamera in mano e riprendere il lato inaspettato di una situazione o di una persona. Lo facevo già da ragazzo ai matrimoni dei miei amici» [Di Caro, cit.] • «Pif è ora titolare di un programma che si chiama Il Testimone attraverso cui tenta di sviluppare la sua vocazione all’antropologia light: descrivere una situazione socialmente difficile o anomala o incongrua con il sorriso sulle labbra. Per dirlo con le parole di Pif, un programma “che si propone, tralasciando i grandi fatti di cronaca e le prime pagine dei giornali, di raccontare il mondo e le realtà nascoste dell’Italia attraverso eventi e riti di transizione”» [Aldo Grasso, Cds] • «Sabrina Nobile, che è una Iena e sta con Saverio Costanzo, gli fa vedere Il Testimone e gli dice che mi piacerebbe fare un film. Costanzo ne parla con Mario Gianani, anche lui produttore e marito di Marianna Madia. Gianani mi telefona e mi chiede: “Hai idee per un film? Se non ce l’hai, ti proponiamo noi qualcosa”. Ma io ce l’avevo, e nel 2013 è nato La mafia uccide solo d’estate» [Di Caro, cit.] • «Bravo, bravissimo Pif. Il tallone d’Achille della mafia è il culo. E di essere presa per il culo, dove Pif, la prende, non vuole saperne punto (…) è un fatto che a differenza di altri film dove, come minimo, un fotogramma sì e l’altro pure mettono una denuncia, una trattativa stato/mafia, lui ci mette l’orazione civile finale giusto per tic, per riflesso condizionato, perché poi l’argomento tira e poi – si sa – c’è il disbrigo formale del birignao istituzionale» [Pietrangelo Buttafuoco, Foglio] • Il film è un grande successo di pubblico e di critica, aggiudicandosi molti premi • L’anno successivo viene chiamato a Sanremo a collaborare con Fabio Fazio: realizza filmati che facciano da apertura per la messa in onda, con lo stesso format de Il testimone, sui “dietro le quinte” del Festival: «Quest’anno è una meraviglia, è come stare in pasticceria davanti a un banco di dolci, in mezzo a vassoi pieni di cannoli e cassate. Quando venivo con le Iene c’erano i cecchini pronti a colpirmi...» [Rep] • La Tim lo ingaggia per recitare nella nuova campagna pubblicitaria • Nel 2016 esce nelle sale il suo secondo film, In guerra per amore • Con La Mafia uccide solo d’estate e In guerra per amore ha inventato un nuovo modo per parlare di mafia. Qualcuno poteva anche avere da ridire. «Spero di non essere il solo a farlo e credo che, per riuscirci, ci voglia credibilità. È un po’ come con le barzellette sugli ebrei. Se sei ebreo, sei più autorizzato a raccontarle. Io mi ci sento, perché un siciliano, quando è onesto, è veramente onesto, e, come me, prova una grande allergia per le ingiustizie» [Caprara, Stampa] • A febbraio del 2017 si rende protagonista di una forte polemica con il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, oggetto di contestazioni per il grave stato in cui versava l’assistenza ai disabili siciliani. «Da una parte sono molto contento di averlo fatto perché riuscire a dare voce a chi a volte materialmente non ce l’ha ti rende felice», spiega «dall’altra no perché non mi diverte per niente andare dentro un’istituzione… Credo sia una sorta di fallimento, anche mio. Quel giorno è stato fallimentare, tranne che per i disabili, per tutti, spero di non rifarlo più. Non voglio neanche essere populista nel senso che un politico può anche sbagliare, bisogna concedergli il beneficio dell’errore, perché fare il presidente della regione in Italia e soprattutto in Sicilia è difficilissimo. Ma quell’errore esisteva da tempo e non è mai stato affrontato come una priorità» [Silvia Fumarola, Rep] • Nello stesso anno lascia Mtv il suo programma Il Testimone trasferendosi a Rai 3, presentando un programma praticamente identico al precedente, chiamato Caro Marziano • Nel 2018 viene pubblicato il suo primo romanzo: …che Dio perdona a tutti «La Feltrinelli – spiega lui – mi aveva chiesto un libro e dunque io pensavo di fare una paraculata: il testimone dietro le quinte. Ma loro volevano un libro. Un libro vero. E allora ho pensato di recuperare questa idea che avevo buttato giù per un film. Ma non andrò in giro presentandomi come uno scrittore» [Piccinni, cit.] • Nel 2021 esce il suo terzo film, ambientato nel mondo dei rider sottopagati, E noi come stronzi rimanemmo a guardare • L’anno successivo viene pubblicato il suo romanzo, ovvero La disperata ricerca d’amore di un povero idiota.
Religione «A trentacinque anni ho deciso di dichiararmi non più cattolico, perché non facevo nulla di cattolico». Mi faccia un esempio. «Non andavo in Chiesa. Non credo ai miracoli. Non creo al diavolo. A un certo punto ho detto: basta, non posso più definirmi cattolico, perché non lo sono. Non arrivo a dire che sono ateo, ma ammetto di essere agnostico. Se devo vivere la religione come l’italiano medio, faccio un passo indietro. È troppo facile viverla come facciamo noi». Come? «Tutto a tutti, tanto Dio perdona tutti. Così è una religione facile. Non è molto impegnativa (…) Se ispiri a essere un vero cristiano, ami il tuo prossimo anche se ti sta sulle palle» Pensa che qualcuno aspiri a esserlo oltre la parvenza? «Mi ci metto pure io. Scatta una fede automatica, che ti porta a non fare più domande. Ma la fede bisogna tenerla viva, e avere continuamente dei dubbi. Prima facevo così». Cosa l’ha fatta allontanare? «Lentamente ti distanzi dal mondo della scuola – io, per esempio, ho fatto i salesiani - e quando smetti di essere ragazzo cominci a farti un esame di coscienza. Non è facile. Non farsi domande è più conveniente» [Piccinni, cit.].
Curiosità Perché indossa i calzini al mare? «Chi le ha rivelato questa storia? Non sopporto le cose piccole, le miniature, fisicamente mi danno ribrezzo: ricordo quando da bambino mia sorella mi passò le scarpine di Barbie e non riuscivo a prenderle in mano; un giorno intervisto Bebe Vio e lei, per rispondere al cellulare, si stacca il braccio e me lo dà. A me viene un’espressione di dolore, e me ne vergogno subito, ma non era per il braccio, ma perché c’era sopra un braccialetto. Non lo sopportavo». Ma i calzini al mare? «Per me le dita dei piedi sono la miniatura delle mani e mi fanno schifo; quando in primavera le donne indossano i sandali, soffro, e per affrontare questa sofferenza li guardo tutti e me li ricordo» [Ferrucci, cit.] • Era tifoso della Juve, giusto? «Sì, il Palermo annaspava fra B e C. Il mio idolo era Gianni De Rosa, ma il ricordo indelebile è legato a un pallone finito in tribuna che un ragazzino prese e portò a casa». E la storia con i bianconeri com’è finita? «Male, per colpa di Moggi ho lavato via quei colori dal mio cuore. Lo scandalo del 2006 mi ha rattristato e disamorato (…) «Ormai guardo solo l’Italia: divento supertifoso, stacco il telefono, non parlo con nessuno. Mi alzo in piedi quando c’è l’inno e lo canto pure. La Nazionale ormai è l’ultimo anelito di patriottismo che ci è permesso» [Francesco Caruso, La Gazzetta Dello Sport] • Perché i suoi protagonisti si chiamano sempre Arturo e Flora? «Sono nomi ispirati a mio nipote, Arturo, che già da piccolo tentava di baciare Flora, e lei si scansava. Un’altra mia fissa è inserire sempre la parola “Iris” in tutti i film. Un gioco bambino» [Lavinia Farnese, Vanity Fair] • Non parla il dialetto palermitano: a casa lo trovavano volgare [Piccinni, cit.].
Amori «Nel diario di me bambino, mia madre ha trascritto che a tre anni avevo già gusti molto definiti: “Mi piacciono le donne bionde con i capelli lunghi e gli orecchini”. La femminilità scandinava è sempre stata il mio ideale estetico: capelli chiari e occhi azzurri. E invece la mamma di mia figlia è italo-tunisina, tutto il contrario» [Elena Masuelli, Tuttolibri] • Nel 2011 Si fidanza con Giulia Innocenzi. «Sono fidanzato da due anni e mezzo con Giulia Innocenzi, la giornalista che lavora con Santoro. Quasi un matrimonio per uno come me che non è mai stato fidanzato, non vuole sposarsi ed è stato asessuato fino alla maggiore età». Un record d’altri tempi. Come ha fatto? «Semplicemente non ci pensavo. Ho protratto l’infanzia finché ho potuto e quindi tutto è slittato in avanti. Mia sorella sostiene che bisogna stare attenti ai ragazzi tranquilli, perché poi si sfogano da adulti». Si è poi molto sfogato? «Macché! Purtroppo non sono mai stato per una scopata e via. Lo dico dispiaciuto perché lavorando in televisione ci sono molte opportunità» [Di Caro, cit.] • «La prima cena con lei è stata imbarazzante: Ho detto che pagavo e lei mi ha steso: “Non fare il finto uomo”. Ma c’è stato un periodo in cui per principio non volevo pagare perché mi sembrava frutto di una cultura maschilista, poi mi sono accorto che non era il modo migliore per abbordare una ragazza» [Marina Cappa, Vanity Fair] • I due si separano nel 2016 • «Ho conosciuto la madre di mia figlia (Nabila Ben Chahed, ndr) nel 2018 alla presentazione di ...che Dio perdona a tutti a Torino. Lei non doveva essere lì. Era uscita con un’amica, hanno attraversato per caso una via e hanno visto la folla davanti al Circolo dei Lettori, dove si teneva l’incontro. Si sono incuriosite e si sono messe in coda. Sono state le ultime due ad entrare, poi la sala ha raggiunto la capienza massima» [Micol Sarfatti, Cds] • «La coppia, che mantiene la storia d’amore molto lontana dai riflettori, nell’estate 2020 ha avuto Emilia [Arianna Ascione, Cds] • L’anima gemella però l’avrà cercata pure lei. «Sono onesto. Non avrei mai voluto una figlia a 30 anni. E nemmeno a 40. Non ne ho mai avuto davvero il desiderio fino a qualche anno fa. Sono stato a lungo molto bene da solo, pur sapendo che un single felice non starà mai bene come una coppia felice. Però mi andava bene così. Mi piaceva farmi i fatti miei. A lungo la mia fase preferita nelle relazioni è stata quella del corteggiamento, quasi non arrivavo a concludere tanto mi appagava quel momento. C’era uno strano meccanismo per cui sapevo di piacere alle donne perché ero timido, ma siccome ero timido non concludevo mai. Quando il mio lavoro mi ha reso riconoscibile il gioco si è un po’ falsato, all’inizio la fama mi aiutava, poi è diventata controproducente. Arrivato sulla soglia dei 50 anni, senza nemmeno bisogno di impormelo, sono cambiato» [Sarfatti, cit.] • A proposito della paternità dice: «Coltivo l’ingenuità, mi piace stupirmi e inventare personaggi che capiscono soltanto alla fine. Ho sempre avuto un’attrazione per i bambini, non voglio fare il padre che parla solo della figlia, ma è inevitabile. Ora declino tutto al femminile. Appena vedo un bebè penso subito che sia femmina. Crescendo Emilia influenzerà sempre di più il mio lavoro. Da quando c’è lei faccio cose meno pericolose (…). Mi terrorizza sapere che tra poco avrà a disposizione tutta questa tecnologia prima di essere strutturata. Quando non avevo figli pensavo “Almeno una preoccupazione in meno”. Per fortuna la mia compagna è più giovane di me, compenserà le mie paturnie» [ibid.] • Un’app che non è ancora stata inventata e che sarebbe utile? «Andrebbe a ruba un’applicazione per aiutare le coppie a stare insieme. Oggi esistono solo quelle per incontrare l’anima gemella ma la vera sfida è sul lungo periodo: riuscire a stare insieme, capire quali sono i problemi. Ne ho parlato anche nel mio ultimo libro» [Francesca D’Angelo, Stampa].
Titoli di coda «Ecco, alla fine sono romantico a modo mio, un po’ un disadattato» [Masuelli, cit.].