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 2025  giugno 05 Giovedì calendario

Biografia di Björn Borg

Björn Borg, nato a Stoccolma il 6 giugno 1956 (69 anni). Ex tennista. Tra il 1974 e il 1981 ha vinto 11 titoli del Grande Slam, di cui sei al Roland Garros (secondo soltanto a Rafael Nadal per numero di vittorie) e cinque consecutivi a Wimbledon (fu il primo a vincerne cinque nell’era Open). Ha conquistato anche due Master a New York, due volte Roma e una volta la Coppa Davis, oltre ad altri 47 tornei. È stato numero uno del mondo nella classifica ATP dal 23 agosto 1977 al 2 agosto 1981. «Mandatelo su un altro pianeta, noi giochiamo a tennis, lui a un’altra cosa» (Ilie Nastase dopo la finale persa contro Borg a Wimbledon nel 1976).
Vita «Figlio unico di Rune e Margaretha, cresciuto solitario tra i muschi e i licheni di Sodertalje» (Gaia Piccardi) • «Talento precocissimo strappato all’hockey e al ping pong, a 15 anni già debutta e vince un match in Davis (record) e a 18 conquista prima Roma e poi Parigi, entrando in modo dirompente in un mondo che è rimasto identico a se stesso praticamente da un secolo. È vero, c’erano stati già interpreti del rovescio a due mani e, appena prima di lui, Connors lo aveva sdoganato ad alti livelli, ma le generazioni successive si sono ispirate a lui per abbandonare, salvo rare e lodevoli eccezioni, il rovescio tradizionale. Ma l’impatto di Bjorn (tra l’altro il primo giocatore a farsi accompagnare dal coach, Lennart Bergelin) sulla tecnica è legato soprattutto all’uso esasperato del top spin, cioè della rotazione impressa alla palla con il taglio dal basso verso l’alto, per il quale si richiedono doti fisiche e di controllo del corpo eccezionali: sparisce il giocatore che cerca in fretta la rete, sostituito dal maratoneta che mette pressione da fondo e si affida alla difesa esasperata, anche se sull’erba è stato poi in grado di snaturarsi (scendeva a rete, basta guardare i filmati dell’epoca) e di vincere cinque volte Wimbledon, peraltro senza mai disputare in carriera alcun altro torneo sui prati» (Riccardo Crivelli) • «Giocava con una Donnay di legno con le corde tese a 34 chili, per quel tempo un’assurdità visto che McEnroe tirava il budello a 23 e mezzo e Connors arrivava giusto a 26. Tutto era cominciato proprio da quella racchetta che il papà aveva vinto a un torneo di ping pong e aveva regalato al figlioletto. Bjorn aveva preso a tirare palle contro la serranda del garage, ma era troppo piccolo per quel racchettone e così per fare il rovescio decise di usare tutte e due le mani, felice di farcela. Beh, quando un bel giorno Bjorn fa un buco nella serranda con un top-spin più riuscito degli altri, il padre invece di chiamare un fabbro chiama un maestro, Percy Rosberg, che resta sbigottito davanti allo stile del ragazzo. “Il diktat della federazione era di correggere i giovani sin dall’inizio – dirà poi Rosberg – ma in quel caso lasciai tutto come stava. Capii che sarebbe diventato un fenomeno dalla luce che avevano i suoi occhi”. Difatti, da lì in poi la carriera di Bjorn si srotola vertiginosa e fantastica: a 14 anni strapazza gli avversari nei tornei under 18; a 15 debutta in Coppa Davis; a 17 batte il grande Arthur Ashe agli Open Usa; a 18 fa bum e vince Roma e Parigi. Gioca sempre con quella racchetta, la Donnay di legno che per i suoi tifosi diventa un cult, ma durante le due settimane del Roland Garros ne rompe 47. Il pubblico assiste sbigottito; i tecnici sgranano gli occhi e vanno a rivedersi i libri di testo senza trovare nulla che si avvicini allo stile di Borg; gli avversari escono rimbambiti da incontri che sembrano esecuzioni; in Svezia diventa più famoso di Greta Garbo. Borg non ha altri interessi. ‘La cosa che mi piace di più è il suono della palla quando viene colpita dalla racchetta’ dice a un perplesso giornalista di Playboy. Va a letto con le galline e si alza con i galli. Fa allenamenti matti e disperati. Non suda. Non si stanca. Non protesta. Parla poco. Vince sempre. E prende a convivere con il suo coach Lennart Bergelin che diventa il suo pigmalione. È lui che ordina al ristorante. È lui che gli lecca i francobolli sulle lettere. È lui a dettargli i tempi di vita, camera di hotel, allenamento, camera di hotel, gara, camera di hotel e luci spente. Bergelin è la serranda tra Borg e la vita e anche tra Borg e le tasse, come dimostra la nuova residenza a Montecarlo e i primi affari con la nuova società Bjorn Borg Enterprise per gestire il fiume di denaro e la marea di investitori che stanno addosso al nuovo profeta del tennis. “Ok, sarà pure forte, ma è un pallettaro e non vincerà mai Wimbledon” lo bolla Newcombe. E invece Bergelin, il meccanico dell’uomo bionico, porta Borg in officina, gli costruisce un nuovo servizio più secco e gli modifica il passante. Così, quando Borg travolge in finale Nastase, Wimbledon impazzisce e le sloane rangers, le parioline di Londra, ne fanno il loro nuovo idolo. Si salva a stento dalle fans urlanti grazie alla scorta della polizia, poi gli tocca fuggire dagli spogliatoi assaltati calandosi dalla finestra del bagno.Verranno quindi cinque Wimbledon consecutivi e sei Roland Garros, mentre resta stregato l’Open Usa con quattro finali tutte perse. Immortali le sfide con Connors e McEnroe, ma indimenticabili anche quelle con Panatta, forse l’avversario che Borg ha sofferto di più perchè micidiale col servizio e geniale con la palla corta che gli rompeva il ritmo. Su tutto, regna comunque il tie-break del quarto set nella finale di Wimbledon del 1980 con McEnroe, chiuso 18-16 e ancora oggi considerato il padre di tutti i tie-break: 32 colpi vincenti su 34 punti giocati, incredibile. Ma Borg già soffoca. Potrebbe avere tutte le donne del mondo ma a fine anno sposa a sorpresa con rito greco ortodosso Mariana Simionescu, una tennista decisamente bruttina e scarsuccia. Forse cerca proprio questo, solo un po’ di normalità, ma è già fuori di testa quando nel 1983 e a soli 27 annuncia “basta, mi ritiro, non ne posso più”. Ingaggia così una partita durissima con la vita, molla la moglie e si mette con una fotomodella di 17 anni, Jannika Bjorling, con la quale fa un figlio, Robin. Paga una barca di soldi e lascia pure lei, poi nel 1989 si sposa con Loredana Bertè, di sei anni più vecchia, quella che non era una signora e che lo dimostra subito a palazzo, davanti a re Gustavo di Svezia, vestendosi ancora peggio di una rockstar. Il matrimonio è un tormento e si va dall’ospedale al tribunale fino all’ennesimo miliardario divorzio. Fallita la società, vendute due ville, bisognoso di soldi, Borg azzarda l’eterno desiderio del ritorno, quel che resta di lui contro il resto del mondo, la solita Donnay di legno davanti alle spade di Star Trek in carbonio dei nuovi rivali. Sarà un fallimento» (Marco De Martino) • «Al successo di Borg ha contribuito l’immagine glaciale eppur affascinante, i lunghi capelli biondi tenuti da una fascia, la barba quasi incolta, lo sguardo penetrante. Insomma, Bjorn è diventato presto un’icona, dando vita negli anni 70, insieme agli Abba e a Ingemar Stenmark, a quello che alcuni definirono addirittura Rinascimento Svedese. E, come sempre, la grandezza di un personaggio viene amplificata dalla forza degli avversari. Lui non sarebbe entrato così presto nel mito se non avesse incontrato John McEnroe, una rivalità che ha portato il tennis in una nuova dimensione, rendendolo popolare anche al di fuori della cerchia ristretta dei club e quindi appetibile per tv e sponsor: «Venivamo da due culture diverse, ma eravamo più simili di quanto sembrasse: tutti e due detestavamo perdere e volevamo essere i migliori». La loro finale a Wimbledon del 1980, quella del famoso tie break dei 34 punti, è unanimemente considerata la più bella partita di sempre. Gli anni migliori dello svedese sono quelli tra il 1978 e il 1980 quando, unico giocatore a riuscirci, vince per tre volte consecutive Parigi e Wimbledon, dando il senso di un dominio che solo il cemento americano riuscirà ad incrinare, con le finali perse nel 1978 (da Connors) e nel 1980 (da McEnroe) che probabilmente gli hanno impedito il Grande Slam. Numero uno per 109 settimane, 64 tornei in carriera (11 Slam), il declino di Bjorn, come ha ammesso lui stesso, inizia proprio da quella finale vinta a Wimbledon nel 1980, quando si rende conto che qualcuno è arrivato molto vicino a batterlo. Stanco, con il fisico e la mente logorati, annuncia il ritiro nel gennaio 1983. Da quel momento, i tentativi di un mesto rientro nel 1991 e nel 1993 ne offuscano solo in parte l’immagine, insieme al matrimonio (il suo secondo) con la Berté dal 1989 al 1993, costellato di liti furibonde e tentativi di suicidio e alla bancarotta che lo costringe, nel 2006, a mettere all’asta alcuni trofei (tra cui due racchette) per racimolare denaro, prima che Agassi e McEnroe lo convincano a soprassedere. L’uomo avrà avuto le sue pecche, ma il giocatore resta eccezionale, un vero simbolo e ancora oggi il migliore per percentuale di partite vinte in carriera, l’82,74 per cento. Un fenomeno che la Svezia ha giustamente premiato come suo più forte sportivo di sempre, facendo arrabbiare Ibrahimovic» (Riccardo Crivelli) • «Il suo nome, tradotto, significa Orso e Roccaforte, e rende bene l’idea di un difensore inattaccabile, se non da geni della rete, quali McEnroe, o il nostro Panatta. Bjorn fu il primo ad usare racchette composite, legno mescolato a plastica, con uno scheletro di grafite. Pesantissime, oltre le 14 once, che gli consentirono di sviluppare per primo un movimento rotatorio sul diritto, mentre il rovescio gli fu gentilmente offerto dalla pratica giovanile dell’hockey su ghiaccio. […] La fine della sua carriera fu causata, al di là di sfortunate scelte umane, dall’arrivo di McEnroe, che lo scoraggiò nella finale di Wimbledon 1981» (Gianni Clerici) • «al Roland Garros ha vinto 6 volte, giocando 51 partite e perdendone solo due: contro Adriano Panatta. Lo metterebbe fra i suoi avversari più difficili? “Be’ ogni volta che mi trovavo di fronte Adriano lui giocava splendidamente. E quel che è peggio, io sapevo che sarebbe andata così. Le due volte che mi ha battuto a Parigi ha meritato, perché ha giocato meglio di me. Era un avversario molto tosto, ma i più forti sono stati McEnroe e Connors”. Che momento ricorda di più della famosa finale contro McEnroe a Wimbledon nel 1980? “Solo l’ultimo matchpoint: ho passato John con un rovescio incrociato. Una sensazione bellissima...”. Se potesse rigiocare un solo match, quale sceglierebbe? “La finale del 1976 agli Us Open, che ho perso contro Connors a Forest Hills. Eravamo un set pari e nel tie-break del terzo ho servito sul 6-3 per andare avanti due set, ma tutte e due le volte Jimmy mi ha giocato un passante sulla riga. Se avessi vinto quel set sono sicuro che avrei vinto la partita e gli Us Open”» (a Stefano Semeraro).
Amori Dal 1989 al 1992 è stato sposato con Loredana Berté. Divorziarono dopo un tentato suicidio a testa • Bertè lo ha poi accusato di essere tirchio ed egoista: «Era miliardario ma non mi pagava nemmeno l’aereo per i nostri incontri. Ho sbagliato ad abbandonare per sei anni il mio lavoro per amore di Björn, che non mi ha nemmeno permesso di fare un figlio» (a Mario Luzzatto Fegiz) • «Borg era pazzo. Aveva in casa tre pistole e ci giocava puntandomele alla tempia. Una volta premette il grilletto. E poi mi disse che era carica. Io gli dissi: “Ma sei scemo?” e gli detti una scarica di botte. Io non è che ho provato la droga. Ho vissuto con uno come Bjorn Borg che era un aspirapolvere. Di droga ne viaggiavano dosi industriali. Quando eravamo all’estero, non quando stavamo in Italia. Vivevamo in un contesto nel quale questo tipo di trasgressione era normalissimo. Io in quel periodo non facevo la rock star, facevo la moglie. Era una cosa da ricca borghese. La pagava lui la roba. Io non avevo una lira per comprarla». «Quando arrivavamo in Svezia i giornali scrivevano: “Bentornato Bjorn. Purtroppo c’è Loredana”. Il re, ufficiosamente, mi diceva: “Sto dalla parte tua”. E io non capivo. Quale parte? Come Bush. Quando andammo alla Casa Bianca mi misero un sacco di guardie del corpo attorno. Chissà, forse avevano paura che mi spogliassi improvvisamente. Io avevo le mie borsettine a forma di orsetti che ricordavano un po’ Cicciolina. Bush che doveva essere un grande consumatore di film di Cicciolina, mi disse anche lui: “Sto dalla parte tua”. E io dicevo: “Perché mi dice così?”». Oggi vive a Stoccolma con la quarta moglie, Patricia.