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 2025  giugno 10 Martedì calendario

Biografia di Gianni Maria “Giobbe” Covatta

Gianni Maria “Giobbe” Covatta, nato a Taranto l’11 giugno 1956 (69 anni). Comico. Attore (21 film, apparizioni in numerose serie televisive). Scrittore (9 libri). Attivista. Politico.
Titoli di testa «Ho sempre creduto che ridere senza pensare non sia divertente».
Vita Nipote del fu senatore socialista Luigi Covatta [Gianfranco Gramola, blitzquotidiano.it] • «Io vengo da una famiglia del Sud parecchio cattolica, di quelle dove la nonna ti racconta che se non fai così e cosà Sant’Antonio si arrabbia e ti fa cadere una coscia». Tutti la credono di Napoli, ma lei è nato a Taranto «Perché sono figlio di genitori viaggianti: padre marchigiano, madre ischitana» [Antonio Tricomi, Rep] • «Papà era ufficiale di Marina. L’infanzia l’ho trascorsa in Sardegna, in un’isola allora deserta, dove c’era una piccola base militare italiana di cui papà era direttore. Sono nato sul mare. Poi ci siamo trasferiti a Napoli, e quella napoletana è la mia cultura» [Sara Cascelli, Liberazione] • «Sono un viaggiatore nato: mio padre era imbarcato e io e mia madre gli andavamo dietro. Da piccolo sognavo di fare l’esploratore e divoravo libri, atlanti e carte geografiche» [Federico Ungaro, Messaggero] • Giobbe (Covatta), nome biblico, che poi la Bibbia è stata la sua fortuna. «È un soprannome che mi porto fin dai tempi antichi, ovvero dai miei compagni di scuola, ma non se lo ricorda nessuno come è uscito. Ho una sola teoria. A 14 anni avevo già barba e baffi. Con questa spiccata pelosità infantile l’alternativa era tra Giobbe e Orso» [Massimo Franco, Cds] • A Napoli frequentò il liceo scientifico Mercalli. «C’era il clima di contestazione, eravamo ribelli e gioiosi. Ancora non si respirava quel clima che si sarebbe trasformato negli anni di piombo. Io mi tenevo lontano da certe situazioni. Ma certo è che sono stato figlio del ’68, e comunque mi sono trovato coinvolto in situazioni confuse, mai pericolose però. Il terrore è arrivato poi all’università: frequentavo la Facoltà di Architettura Valle Giulia a Roma» [a Massimo Chiavarone] • Ha cominciato nei villaggi turistici. Come tanti. Solo che lei era istruttore di vela. «(…) Vengo da tradizioni marittime, ho iniziato ad andare in barca prima che in bicicletta, ancora adesso se mi chiedono qual è la cosa che so fare meglio rispondo andare in barca [Franco, cit.] • A segnare la prima svolta della sua vita fu però Milano. «Anche se, appena arrivato, un cartello letto in un bar milanese che recitava “Qui si mangia in fretta” mi aveva destabilizzato (…) La scritta era addirittura un’insegna luminosa. Il locale si trovava in viale Corsica. “Mangiare in fretta”, cioè quello era un posto dove non si poteva perdere tempo. Figurarsi, detto proprio a uno di cultura napoletana come me (…) All’inizio ho pensato: ma che bizzarri questi milanesi!» [Chiavarone, cit.] Di quali anni parliamo? «Inizi anni ’80. Venni a Milano, dopo l’estate, per fare visita ad alcuni amici, e accompagnai uno di questi, Roberto Cajafa, a fare un provino al Derby. Risultato? Fui preso io al posto suo. Arturo Corso, il regista che mi scelse, disse: “cominciamo a dicembre”». Lei che fece? «Un dilemma. Io di professione facevo lo skipper e avevo la mia barca, un folkboat inglese per sei persone (…) Avevo anche una scuola di vela a Capo Vaticano. (…) Ma, quando arrivò la proposta del Derby, decisi di accettare per gioco. Volevo solo divertirmi» [ibid.] • Dunque trasferimento a Milano? «Sì, prima casa nel quartiere Baggio, vivevo in un appartamento prestato da un amico che lo usava come garçonnière. Ci stavo con un collega, Victor Hugo Satta. In quella casa bisognava fare attenzione a come ci si muoveva: bastava un movimento sbagliato e si accendevano le luci rosse mentre si diffondeva una musica sensuale. Poi i cassetti erano pieni di vibratori e altri sex toys. In casa c’erano anche Enzo Iacchetti e Malandrino e Veronica. Dormivamo tutta la mattina e parte del pomeriggio. Solo la domenica la sveglia era alle 14.15 per vedere alla tv Tutto il calcio minuto per minuto Devo ammettere che nel mio primo anno a Milano non ho mai visto la luce del giorno. (…) Infatti, scherzando dicevo che frequentavo prostitute, trans e spacciatori, perché la notte dopo gli spettacoli ci fermavamo con Enzo e gli altri a prendere un panino nei chioschi per strada, che alle prime ore del mattino erano frequentati da questo tipo di umanità [ibid.] • «Ho avuto come compagni di viaggio Iacchetti, Rossi, Abatantuono, Aldo Giovanni e Giacomo. Il nostro umorismo era una via di mezzo fra quello impegnato dei Fo e dei Gaber e quello più frivolo dei Boldi e dei Teocoli. Il mio primo personaggio era il cliente di un villaggio turistico» [Roberto Incerti, Rep] • «Sul palco del Derby o dello Zelig la regola era: se non ti menano, funziona. Il mio personaggio leghista superò il test (…) Era davvero un gioco, e il fatto delle 30 mila a sera nel 1984 era secondario. E la gente rideva: funzionava perché lavoravamo senza lo stress del successo, ma per divertirci noi. Poi è arrivata la tv. È diventato un lavoro» [Maria Pia Fusco, Rep] • Anche le sue prime esperienze televisive, nella seconda metà degli anni Ottanta, ebbero luogo a Milano, prima su Odeon Tv (Una notte all’Odeon), poi su Rai Due (Tiramisù, Fate il vostro gioco, Chi c’è c’è) «Ma poi conobbi la consacrazione a Roma, con il Maurizio Costanzo Show e le parabole di Giobbe» [a Silvia Lessona] • Nel 1990 trovò il trampolino di lancio nel «Maurizio Costanzo Show». Come ci arrivò? «Qui si aprono decine di ipotesi diverse. Ognuno all’interno della redazione del programma rivendica la scoperta, a partire da Maurizio che in realtà manco sapeva chi ero» [Franco, cit.] • «L’idea mi venne per caso, ebbi davvero c… Una sera durante uno spettacolo improvvisai una battuta su Mosè. La gente rise. Così pensai alle parabole satiriche. In materia ero molto preparato perché vengo da una famiglia cattolicissima. Nella mia satira, però, non c’è niente di anticristiano. Mi piace essere polemico, ma rispetto le idee di tutti» (…) Cominciò con un saio marrone ed una parola, quella “di Giobbe” «All’inizio era il Verbo… Il complemento oggetto venne molto tempo dopo!”, e il suo pulpito fu il Costanzo Show» [Lessona, cit.] • Fu anche «scomunicato» dalla Chiesa. «Un vescovo mi mandò una lettera con tanto di timbro di cera lacca, in cui diceva che ero fuori dalla famiglia della Chiesa. Non che la cosa mi abbia preoccupato, anzi non me ne fotteva proprio». Quasi 200 puntate (198), lei dopo Maurizio Costanzo è quello che ne ha fatte di più. La prima? «Non si scorda mai. Soprattutto la ricordo per come Maurizio la chiuse: questa trasmissione è fortunata perché a volte si incontrano persone come Giobbe Covatta. Una dichiarazione d’amore in diretta, da allora abbiamo sempre avuto un rapporto affettuosissimo» [Franco, cit.] • Nel 1991, l’anno successivo all’esordio su Canale 5, il suo straordinario debutto editoriale. «Ho preso la Bibbia e ho cancellato tutto quello che non faceva ridere.” Quanto è rimasto dell’originale? “Quello che trovi su Parola di Giobbe. La Bibbia è un testo di straordinaria potenza, bella da leggere aldilà dell’aspetto religioso. E i sentimenti che vi sono rappresentati non sono solo quelli ‘buoni’ che tutti immaginano (…)». Il successo del libro è stato clamoroso. Lei se lo aspettava? «Certo che no! La prima tiratura era di 3 mila copie: abbiamo subito pensato di farci i regali di Natale! Poi ne sono uscite 47 edizioni, è rimasto in classifica per 92 settimane, oltre 1 milione di copie vendute. Ci ho comprato casa» [Cascelli, cit.] • Parallelamente alle varie partecipazioni televisive, sia sulla Rai (L’ottavo nano) sia su Mediaset (Mai dire Gol, Mai dire Domenica, Zelig) • Dallo Zelig 2008 non ha fatto più tv. Cosa è successo? «Non è successo niente, me ne sono allontanato io. La tv non mi manca perché non mi è mai piaciuta tanto, anche se le riconosco il grande pregio della popolarità. Non c’è nessun giudizio etico o snobista» [Franco, cit.] • Lo stop forzato per Covid da oltre anno penalizza Giobbe Covatta come tutti i personaggi della cultura, dello spettacolo e di tanti altri settori della vita. Come lo stai trascorrendo? «Sto finendo di ristrutturare la vasca da bagno e faccio altri lavoretti. Al di là degli scherzi ci sono state ospitate televisive e ho scritto un paio di libri. Il primo Donna sapiens è un racconto surreale, intelligente, esilarante: perché per cambiare il mondo non c’è nulla di meglio che ridere di noi stessi, dei luoghi comuni a cui troppo spesso ci ribelliamo. Il secondo uscirà tra poco e si intitola La divina commediola perché penso che siamo tutti un po’ dei Sommi poeti». Quello che manca di più a Giobbe Covatta è il teatro «Dopo tanti mesi di stop sarei pronto a fare tutto, anche i lavori più impensabili. Non amo la tv ma a questo punto oltre alla televisione farei anche il frigorifero [Enrico Salvadori, luce.lanazione.it] • Dagli anni ’90 a oggi Covatta coltiva un’intensa attività teatrale (16 produzioni, la più recente è Scoop, Donna Sapiens, del 2021) improntando sempre più spesso i propri testi a tematiche di interesse sociale, con particolare riferimento alle condizioni di vita in Africa e ai problemi dell’ambiente. Tali questioni infatti sono al centro dell’attivismo di Covatta • Lei da anni è ambasciatore di Amref, a sostegno dell’Africa. «Quando, nel 1994, un responsabile me ne parlò, dissi subito: Amref è cacofonico. Perché non lo chiamiamo Viva l’Africa? Non ha voluto cambiare nome ma mi ha detto: sai che sei bravo a fare ’ste stronzate? È cominciata così. Io cerco di fare il comunicatore, anche se ho fatto pure le vaccinazioni ai bambini, ma non è il mio mestiere. Ecco: la mia presenza garantisce comunicazione più che una guarigione sicura» [Franco, cit.] • L’Africa a che punto entra nella sua vita, diventando un motivo di racconto, spettacoli, campagne? «Sono un viaggiatore da sempre, da ben prima di cominciare questo mestiere. Sono partito con la voglia tipica della mia generazione di scoprire se stessi, ma alla fine non si scopriva un bel niente. In Africa ci sono andato, a un certo punto, con la telecamera, che è un modo di viaggiare differente, perché è come un annotare gli avvenimenti, riguardarseli, non affidarli alla selezione del ricordo. Ho scoperto che quello che noi chiamiamo continente nero è in realtà un continente grigio, pieno di sfumature, e quindi la scelta è vastissima» [ad Antonella Gaeta] • Ricorda il primo contatto? «Da ragazzotto, prima in Marocco, come nel film Marrakech Express. Poi sono sceso in Mauritania, in Egitto; c’è stata la prima volta in Kenya, ed è arrivato il Ruanda, con la telecamera, la prima esperienza faticosa, difficile: lì ho deciso che nei miei documentari non avrei mai raccontato la morte. Per i morti, con infinito rispetto, non si sarebbe potuto fare più nulla, ma per i vivi, a volte malconci, sì. Non ho mai mostrato un cadavere, mai, perché l’Africa è un continente che certamente fatica a sopravvivere, ma è vivo, molto vivo» [ibid.] • «Sono sempre stato vicino a un’area di sinistra, al Pd» [Lavinia Rivara, Rep] • Qualche esperienza politica: per i Verdi fu consigliere comunale a Roma dal 2006 al 2008, eletto con 3586 preferenze • «Quella volta mi feci fregare da Veltroni. Ma per fortuna dopo due anni lui si candidò premier e si sciolse il consiglio comunale» [ibid.] Divenuto portavoce del partito nel 2015, si ricandida come capolista anche alle elezioni capitoline del 2016, senza però essere eletto a causa della soglia di sbarramento • Nel frattempo, nel 2015, si candida invano nella lista di centrosinistra Uniti per le Marche alle elezioni regionali marchigiane • Nel 2022 sfida, senza successo, Berlusconi in Piemonte: «Era il mio “capo” quando lavoravo in Fininvest. Avevamo all’epoca un rapporto cordiale, se ci incontriamo ora ci diamo del tu. È un tipo simpatico, anche se le mie battute fanno più ridere delle sue» [Mariachiara Giacosa, Rep] • «Non sono capace di fare il politico. Le mozioni, le mediazioni, le astensioni: ecco, dopo un quarto d’ora di quella roba non ce la faccio cchiù» (…) Preferisco occuparmi dell’ambiente più che della politica in senso stretto. Anche perché non ne sarei capace. L’ambiente riguarda tutti, quelli di destra e quelli di sinistra» • A quale progetto è particolarmente legato? “Più che a un progetto sono legato a una zona dell’Africa compresa tra Sudan, Kenya ed Etiopia. Qui sono riuscito a portare avanti una serie di programmi sanitari per aiutare le popolazioni locali, tra cui la costruzione di pozzi e di scuole. [a Silvia Mattoni] • «Il volontariato può cambiarti la vita. È successo a me. (…) Le parole hanno il loro peso. Fare oggi il volontario è quasi essere collaborazionista degli invasori. A proposito di parole, allora, bisogna chiedersi se davvero i migranti in fuga da guerre e povertà possano realmente dirsi invasori. Basta andare sul vocabolario. Non c’è mica da filosofeggiare sopra». Soffre di mal d’Africa? «No. Il mal d’Africa per gli occidentali è un meccanismo bizzarro, e attiene più ai privilegi che hanno lì che non ad un fatto legato al cuore. Io qui in Italia sto benissimo, con la famiglia, il cinema, i libri. Sono occidentale, nato con cinema e tv. Questa è la mia cultura» [Cascelli, cit.] • «Giobbe il computer non lo sa neanche accendere e si rifiuta anche di leggere qualcosa che non sia su carta stampata» [Torre, cit.] • Nei suoi spettacoli teatrali non ha mai un copione e si rifiuta di fare le prove in teatro [ibid.] • Ama moltissimo disegnare [ibid.] • È il cabarettista preferito di Ignazio La Russia: si erano conosciuti in gioventù nel locale milanese Burlesque [a Myrta Merlino]
Amori «Gli amici mi chiamavano “lo spacciatore di modelle e ballerine”, perché lavorando nei cabaret ne conoscevo molte e tutti mi chiedevano di presentarle anche a loro. Sono stati anni spensierati, non c’era il pericolo dell’Hiv, quindi nessuno ti chiedeva le analisi, né tu eri tenuto a chiederle. Insomma gli amori andavano e venivano con meno problemi sia dal punto di vista “tecnico” che etico» [a Massimo Chiavarone] • Sposato con Paola Catella • «La prima volta che ti ho vista, nel 1977, ti ho detto: “Un giorno ti sposerò, avremo una figlia che chiameremo Olivia e un cane che chiameremo Isotta”. Ho sbagliato solo una cosa, il cane si chiama Chloe» [su Instagram] • «Avevamo circa vent’anni e ci siamo incontrati in un villaggio turistico in Grecia dove già allora lavoravamo insieme facendo gli istruttori di vela. E da lì le nostre strade sono sempre proseguite appaiate: per anni abbiamo fatto insieme gli animatori, lui è diventato sempre più bravo sul palco e io ho messo su un’agenzia di animazione» [Elena Torre, mangialibri.com] • Nel 1997 nasce la figlia, Olivia: «Io sono geloso, anzi. Io non sono geloso, è tutta scena: si dice sempre che i papà sono gelosi, io non volevo deludere le aspettative» [a Caterina Balivo] • Si sposano nel 2003: a celebrare il matrimonio è Maurizio Costanzo, testimone dello sposo è Enzo Iacchetti [ibid.] • «Darei certamente il mondo in mano alle donne. L’ho fatto a casa mia, consegnando il mio microcosmo nelle mani di mia moglie, consapevole che è molto più abile di me a gestirlo, con maggiore energia, saggezza e lungimiranza. (…) le donne potrebbero tranquillamente sopravvivere, noi uomini assolutamente no [Gino Morabito, musicaintorno.it].
Titoli di coda «Mi definisco un divulgatore laureato al Cepu» [Morabito, cit.].