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 2025  giugno 18 Mercoledì calendario

Biografia di Boris Johnson

Boris Johnson, (Boris de Pfeffel Johnson), nato a New York il 19 giugno 1964 (61 anni). Politico britannico (già detentore di doppia cittadinanza britannica e statunitense, cui ha rinunciato nel 2016 per ragioni fiscali). Conservatore. Già primo ministro del Regno Unito (2019-2022). Già segretario di Stato per gli Affari esteri e del Commonwealth (2016-2018). Già sindaco di Londra (2008-2016). Parlamentare del Regno Unito (dal 7 maggio 2015; già dal 2001 al 2008). Da giornalista fu direttore del settimanale The Spectator (2008-2015).
Titoli di testa «Le mie possibilità di diventare primo ministro sono all’incirca pari a quelle di trovare Elvis su Marte o che io mi reincarni in un’oliva» (Boris Johnson nel 2004).
Vita «Il suo bisnonno era il turco Ali Kemal, poeta e politico liberale filo-occidentale assassinato quando era ministro degli Interni. Sposò Winifred, mezza svizzera e mezza inglese, che diede il suo cognome ai figli. Uno era Stanley, padre di Boris, ricercatore universitario, giornalista, intellettuale, politico diventato eurodeputato nel 1979. La mamma, Charlotte, era figlia del Lord liberale Fawcett, una famiglia con antenati ebrei lituani e nobili francesi. Oggi i Johnson contano 17 nazionalità diverse» [Giuseppe De Bellis, Giornale] • «Sua nonna discendeva per via illegittima da re Giorgio II, per cui il nostro Boris è imparentato con buona parte delle famiglie reali d’Europa (oltre che essere lontano cugino di David Cameron). […] Lui stesso si è definito “un melting pot umano”, con bisnonni cristiani, ebrei e musulmani. Il risultato finale: un mix tutto britannico di cosmopolitismo ed elitismo» [Luigi Ippolito, Cds] • «Nasce a New York il 19 giugno del 1964 da genitori inglesi, Stanley Johnson e Charlotte Fawcett, allora rispettivamente ventitré e ventidue anni di età, oltreoceano per una borsa di studio vinta da Stanley, poeta e scrittore in erba e all’epoca fresco di laurea ad Oxford. Quel “Boris”, secondo nome con cui poi è diventato celebre (non in famiglia, dove per genitori e fratelli è sempre stato ed è tutt’ora semplicemente “Al”), è un omaggio di mamma e papà a Boris Litwin, un facoltoso russo di stanza in Messico, padre di una compagna di scuola di Stanley, il quale regalò a lui e alla giovane moglie un biglietto aereo di prima classe per tornare a New York, avendo i due deciso di avventurarsi in un viaggio a Città del Messico in autobus mentre Charlotte era all’ottavo mese inoltrato di gravidanza. “Non puoi tornare in autobus nelle tue condizioni”, disse Litwin. “Grazie – rispose Charlotte –. Qualsiasi cosa succederà, il mio bambino lo chiamerò Boris”. […] Pochi giorni dopo, Boris fu. Segue un’infanzia in Inghilterra, vissuta fra Oxford – dove i suoi tornano prima che Boris compia un anno per permettere a Charlotte di laurearsi – e Londra, presso la casa dei nonni materni, ramo della famiglia noto per le spiccate doti d’intelletto e l’impegno politico marcatamente liberal. Il nonno materno, l’avvocato di fama internazionale e membro della Commissione Europea per i diritti umani Sir James Fawcett, verrà ricordato in un obituary sul Times di Londra come “an intellectual colossus”» [Federico Sarica, Gq] • «Fino agli otto anni era praticamente sordo, […] e ha dovuto subire otto interventi» [Nicholas Farrell, Libero] • «Studioso e persino ordinato, soltanto negli anni di Eton e Oxford Alex diventa Boris, inizia a giocare a rugby, ad appassionarsi al latino e alla storia, a trasformarsi in un seduttore, di donne e di amici e poi di elettori, costruendo la sua fama di monello che dice sempre quel che pensa» [Paola Peduzzi, Foglio] • «È proprio a Eton, […] il prestigioso e austero collegio maschile […] dove da sempre […] si forma in età adolescenziale buona parte della classe dirigente inglese, […] che Johnson e Cameron incrociano per la prima volta i loro destini: David, di due anni più giovane, studente modello; […] Boris dapprima defilato (e ricordato dai vecchi colleghi più per la chioma che per la carriera scolastica e le medaglie al merito) poi sempre più in vista, a causa della sua poliedricità e delle sue doti performative – adorava recitare i classici, di cui si innamorò proprio a Eton, grazie al suo mentore di allora, il professor Hammond. È sullo storico giornale studentesco di Eton, The Chronicle, che sia Cameron che Johnson firmano i loro primi articoli. […] Dicevamo degli anni di Eton, cui seguono quelli al Balliol College, […] e da lì l’ingresso nelle redazioni: il Times, il Daily Telegraph e poi il settimanale The Spectator, di cui diventa direttore nel ’99» [Sarica, cit.] • «Licenziato dal Times per essersi inventato una citazione, Johnson era passato al Telegraph e si era conquistato una reputazione di euroscettico come corrispondente da Bruxelles, criticando incessantemente la Ue» [Nicol Degli Innocenti foglio] • «Johnson letteralmente inventò un genere: la messa in ridicolo, tramite resoconti sarcastici, esagerati, spesso non accurati o addirittura falsi, delle istituzioni europee» [Sabrina Provenzani, Espresso] • «Rischiò l’espulsione dal Belgio quando maltrattò un poliziotto che gli fece un verbale e gli intimò: “La Loi c’est moi”. Lui rispose con un pezzo intitolato: “È vero ciò che dicono dei belgi”. L’incidente diplomatico che seguì fu il primo di una lunga serie. Il giovane Johnson dimostrò rapidamente un’immensa capacità di scrittura, frutto di un talento naturale consolidato con gli studi a Eton. Colpiva per il fervore thatcheriano e la conoscenza dei classici. Nelle pause del lavoro ingaggiava insoliti duelli letterari con l’allora corrispondente del Times, Michael Binyon. Il gioco consisteva nel recitare il primo verso d’una poesia pescata in secoli di repertorio britannico e vedere se l’altro sapeva andare avanti. Boris la prendeva seriamente. Aveva spesso con sé una raccolta dei poeti suoi connazionali con cui esercitava la portentosa memoria. Ostentava dimestichezza col latino e passione per l’Antica Roma oltre che per l’Italia. […] Vestiva abiti di marca perlomeno scuciti. Camminava a testa bassa. Era celebre per il senso dell’umorismo tagliente. […] In sala stampa era temuto e ammirato. Poneva lunghe domande, taglienti e salaci. Dimostrò di avere un’anima quando, durante un servizio nel quartiere a luci rosse di Anversa, esitò a lungo prima di entrare a intervistare una giovane prostituta dell’Est europeo. Irritò tutti, ma non litigò con nessuno. Era un europeo antieuropeo» [Marco Zatterin, Sta] • «Margaret Thatcher lo elegge a suo giornalista preferito. Ma i suoi articoli al vetriolo contro la Commissione Delors contribuiscono a esacerbare quella spaccatura fra i conservatori britannici che dura ancora oggi. […] È tutto il suo modo di stare al mondo che è quanto meno disinvolto: celebre il ritardo con cui mandava i pezzi ai giornali, costringendo le redazioni a lunghe serate per metterli in pagina. Per non parlare delle multe accumulate quando provava automobili per conto della rivista Gq. E le cose non migliorano quando diventa direttore dello Spectator, dove lo ricordano per le assenze, le riunioni mancate e il lavoro lasciato fino all’ultimo momento» [Ippolito, cit.] • Eletto nel 2001 alla Camera dei Comuni tra le file dei conservatori, Johnson fece ben presto parlare di sé per alcune sue controverse prese di posizione. «L’onorevole Johnson è riuscito a insultare intere cittadinanze e Stati, dall’Inghilterra all’Oceania. Cominciò con Liverpool, sostenendo, mentre la gente nel 2004 era in lutto per l’assassinio del concittadino Ken Bigley ostaggio in Iraq, che i suoi abitanti “sguazzano nel vittimismo”; poi passò a Portsmouth, glorioso porto nel Sud, definendola “culla di drogati, obesi, falliti e deputati laburisti”. Non ha trascurato escursioni internazionali, definendo cannibali gli abitanti di Papua Nuova Guinea. Ha trovato modo di mettersi nei panni di un parlamentare della città santa iraniana di Qom, suggerendo che avrebbe “senz’altro ritenuto suo dovere patriottico dotare la nazione di armi nucleari”. Quella volta non fu il regime di Teheran a protestare chiedendo le sue dimissioni, ma i suoi colleghi di Westminster. Boris ha resistito, chiedendo scusa quando era proprio necessario ma mantenendo il punto: al governo di Papua ha ricordato che storicamente il fenomeno dell’antropofagismo era tutt’altro che estraneo al Paese. Ma, oltre alla lingua, ci sono i fatti. Di lui si ricorda lo scoop dell’intervista a Silvio Berlusconi. Con la complicità di qualche bottiglia di vino fresco, un’estate si fece confidare dal Cavaliere che tutto sommato Mussolini non aveva ammazzato nessuno e i magistrati sono squilibrati mentali. […] Si è imbarcato in diverse storie extraconiugali. Un paio di volte è stato scoperto. Prima, quando era direttore della rispettata rivista The Spectator, si lasciò conquistare da una sua nobile redattrice, Petronella, figlia di Lord Wyatt. Cercò di negare tutto, anche l’evidenza. Ma fu costretto a dimettersi dalla carica di ministro ombra per i Beni culturali e ad abbandonare le ambizioni di diventare leader del partito. Recuperato da David Cameron, che lo ha nominato portavoce per l’istruzione universitaria, Boris non ha resistito alle tentazioni. […] È stato fotografato con una specie di cappuccio in testa, per nascondere goffamente l’inconfondibile capigliatura color paglia, mentre entrava e usciva dall’appartamento di una giovane cronista. Questa volta Cameron lo ha graziato; ma il deputato ha dovuto più o meno inginocchiarsi di fronte alla moglie Marina» [Guido Santevecchi, Cds] • Poi, la grande occasione: in vista delle elezioni londinesi del 2008, Johnson fu candidato dai conservatori quale successore del sindaco uscente, il laburista Ken Livingstone [ibid.] • «Durante la prima campagna elettorale, nel 2008, c’era una sto­riella che circolava e spiegava al millimetro Johnson: “Boris è una persona intelligente che si finge buffone, mentre Ken Livingstone è un buffone che si finge intelligente”» [De Bellis, cit.] • «Johnson viene eletto primo cittadino con oltre un milione e centomila voti; un trionfo. Del Johnson sindaco […] – rieletto per un secondo mandato – si è detto tutto e pure di più: le sue battaglie per modernizzare autobus e metropolitane, un’iconografia fatta di pedalate, post-ecologismo, editoriali sul Telegraph a getto continuo (non c’è stato verso di fargli abbandonare la penna – scrive libri regolarmente –, e men che meno la professione giornalistica; unico risultato ottenuto da chi nel suo entourage glielo consigliava è stato quello di fargli devolvere parte dello stipendio di columnist alle scuole di giornalismo e all’insegnamento del latino, altro pallino di una vita), accuse di inconsistenza politica, l’ossessione per le troppe tasse e la troppa criminalità, le gaffe, le Olimpiadi, e ovviamente le sue proverbiali polemiche con la sinistra, i colleghi giornalisti, i sindacati, il moderatismo di alcuni amici conservatori» [Sarica, cit.] • «Anche in questo ruolo si fa subito riconoscere: quando va a Pechino a raccogliere la bandiera olimpica, fa infuriare i cinesi perché si presenta con la giacca sbottonata. Eppure i londinesi lo apprezzano, anche perché da sindaco della capitale si sposta su posizioni più liberali, in sintonia con lo spirito della metropoli» [Ippolito, cit.] • Grazie al successo delle Olimpiadi londinesi del 2012, l’astro politico di Johnson riprese con nuovo slancio la propria ascesa, mentre quello di Cameron, dal 2010 primo ministro britannico, sembrava iniziare ad appannarsi • Fu però solo nel febbraio del 2016 che Johnson, dopo essersi fatto rieleggere parlamentare mantenendo la carica di sindaco, decise di compiere la propria mossa, cogliendo l’occasione offertagli dall’imminente referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea (23 giugno 2016), che lo stesso Cameron aveva fortemente voluto, confidando però in una vantaggiosa ricontrattazione della permanenza. «Il primo ministro aveva appena concluso i negoziati con l’Europa e, tornato a casa, lo voleva chiamare per renderlo partecipe delle prossime mosse in vista del referendum ancora da convocare. Lui, Boris Johnson, era partito per qualche giorno di meditazione nel suo ritiro nell’Oxfordshire. In verità, stava meditando sulla posizione da assumere: con o contro il mio caro Cameron? Al Daily Telegraph aveva preannunciato che presto avrebbe scritto un articolo sul suo pensiero. Boris Johnson staccò il telefono e si rese irreperibile al vecchio compagno di studi e di baldorie. Buttò giù due articoli. Uno a favore dell’Europa. E uno contro. Era il suo referendum personale, privato, segreto. Due calcoli di convenienza, e disse no: no all’Europa. Se Cameron fosse caduto, la strada per Downing Street si sarebbe aperta. Passarono le ore, e silenzio. Poi, quando mancavano cinque minuti alla consegna del pezzo al Daily Telegraph, alzò la cornetta e comunicò la lieta novella al suo leader, che immaginava di averlo con sé nella battaglia. La reazione di Cameron, parole di testimoni, fu da film dell’orrore. E lì finì il loro sodalizio» [Fabio Cavalera] • All’indomani dell’inattesa vittoria referendaria dei fautori della cosiddetta Brexit, quindi, «sembrava lui il successore naturale di David Cameron, il premier che aveva clamorosamente perso la scommessa sull’Europa. Ma all’ultimo momento Boris era stato pugnalato alle spalle dai suoi stessi alleati di partito, che non si fidavano di un personaggio così sopra le righe: e lo scettro era finito nelle mani più tranquille di Theresa May, che prometteva una transizione senza scosse traumatiche. A Johnson era stata offerta la poltrona di ministro degli Esteri: una mossa a sorpresa, dettata più che altro dalla necessità di neutralizzarlo tenendolo a bordo. […] Da ministro degli Esteri Johnson ha fatto campagna per la “global Britain”: perché la sua visione della Brexit non è affatto insulare e retrograda. Al contrario, la vive come l’opportunità per la Gran Bretagna di tornare a lanciarsi nel mondo, libera dalle pastoie europee, recuperando in qualche modo la grandezza imperiale» [Ippolito, cit.] • Avendo abbandonato l’esecutivo il 9 luglio 2018 a causa del suo disaccordo con l’atteggiamento del primo ministro, ritenuto troppo debole e condiscendente nei confronti dell’Unione europea, Johnson è uscito intonso dal fallimento delle trattative per la Brexit che ha causato le dimissioni della May (7 giugno 2019) • Il 22 luglio 2019, con Johnson vincitore con il 66 per cento dei voti (92 153 preferenze), contro il 34 per cento (46.656 preferenze) di Jeremy Hunt. Il 23 luglio 2019 Johnson è ufficialmente proclamato nuovo leader del Partito Conservatore e Unionista • «Boris racconta favole agli elettori: sui 350 milioni di sterline alla settimana che, tolti all’Europa unita, potranno andare alla sanità pubblica nazionale; sulla possibilità di un’intesa con il continente che porti alla Gran Bretagna solo diritti senza doveri, «la botte piena e la moglie ubriaca». È l’inventore del populismo: la sua vittoria precede quella di Trump in America, ispira altri leader in mezzo mondo, da Modi in India a Bolsonaro in Brasile. Entrato a Downing Street nell’estate 2019, consolida la posizione a dicembre portando il Paese alle urne, dove ottiene la più grande vittoria elettorale per la destra britannica in più di trent’anni, praticamente dall’era di Margaret Thatcher, e conquista terreno nella Red Wall, la muraglia rossa della classe operaia laburista, il nord-est dell’Inghilterra colpito dalla de-industrializzazione. Anziché amministrare con saggezza questo patrimonio di consensi, lo sperpera, fra diktat alla Ue, violazioni delle norme sulla pandemia da lui stesso imposte al resto della nazione, balle clamorose, come l’ultima, essersi “dimenticato” che il deputato nominato vicecapo del gruppo conservatore ai Comuni era un noto molestatore sessuale. Troppe bugie. Troppa arroganza. Alla fine, è rimasto solo. Per tornare a Shakespeare, il suo epitaffio potrebbe essere il celebre discorso di Marco Antonio dal Giulio Cesare, che avrà certamente studiato a Oxford: “Il male che l’uomo fa gli sopravvive”. Di Boris Johnson resteranno la Brexit e i suoi danni» [Franceschini, Rep] • Alle elezioni politiche del dicembre 2019 conquista una vittoria storica ottenendo la maggioranza assoluta a Westminster con 365 seggi e annuncia la Brexit entro il 31 gennaio 2020; segue poi un periodo di transizione che sarebbe durato fino al 31 dicembre 2020 • Da premier si scusa con la regina per averle fatto sospendere illegalmente il parlamento, nomina alla camera dei lord un controverso oligarca russo che lo invitava nella sua villa in Italia, firma l’accordo sull’Irlanda del Nord nell’ambito della Brexit per poi rinnegarlo, e da ultimo si ritrova al centro del Partygate, le feste illegali con il suo staff durante i lockdown per la pandemia [Ippolito] • Il 12 aprile Johnson e il ministro dell’Economia Rishi Sunak sono stati multati dalla polizia britannica per le feste organizzate durante il lockdown, riaccendendo un dibattito nel Partito Conservatore sulla leadership; sia Johnson sia Sunak hanno escluso di dimettersi a causa di queste multe. Poco dopo, nel luglio del 2022, riceve forti critiche per aver agevolato la carriera di Chris Pincher • Il 7 luglio 2022, a seguito di una crisi di governo, annuncia le proprie dimissioni dalla carica di Primo Ministro e da leader del partito Conservatore, manifestando l’intenzione di rimanere in carica come dimissionario fino all’insediamento del suo successore • «Uno dei misteri a Downing Street è sempre stato: come faceva Boris Johnson da primo ministro a “sopravvivere” con le 150 mila sterline all’anno di stipendio da leader, visto il suo stile di vita, la (terza) moglie Carrie Symonds e due figli, e almeno altri quattro (ufficiali) con l’ex seconda consorte Marina Wheeler? La soluzione del “giallo" sta venendo fuori: basta avere milionari ed enigmatici finanziatori, anche quando si è primo ministro, e la vita è bella. L’ultima l’ha scoperta il Sunday Times: quando era inquilino di Downing Street, Johnson ha ricevuto ben 800 mila sterline (quasi un milione di euro) da Sam Blyth. Chi era costui? Blyth è un milionario canadese nel settore dell’istruzione, ma soprattutto è un cugino in secondo grado di Stanley Johnson, 82enne eccentrico padre di Boris. […] Ma certo rimangono le domande: perché Blyth ha finanziato Boris Johnson?» [Guerrera, Rep] • Viene sostituito alla guida dei Tories dalla ministra degli esteri Liz Truss. Il suo governo durerà 44 giorni appena • Il 9 giugno 2023, in vista della decisione del Privileges Committee della Camera sul caso Partygate, annuncia le sue dimissioni anche dalla carica di Membro del Parlamento: «La “damnatio memoriae” per Boris Johnson arriva nel giorno del suo 59esimo compleanno. La Camera dei Comuni ha approvato con una larga maggioranza di 354 voti a favore (su poco meno di 650 membri) e solo 7 contrari – col resto dei componenti astenutosi o non presente – il durissimo rapporto di condanna redatto dalla commissione bipartisan di Westminster (Privileges Committee) chiamata a indagare sull’accusa all’ex leader Tory di aver "fuorviato il Parlamento" quando era primo ministro nei suoi interventi sul Partygate, lo scandalo delle feste organizzate a Downing Street in violazione delle restrizioni anti-Covid durante la pandemia. Il documento è così passato in un’aula alla fine semivuota con il sostegno di tutti i partiti di opposizione e di parte del gruppo conservatore. Se BoJo si era già dimesso da deputato in anticipo per protesta – con la proposta di sospensione di 90 giorni dai Comuni rimasta nel rapporto della commissione – gli è stato però inflitto un umiliante ’bando’ dal palazzo di Westminster negandogli il lasciapassare concesso di norma agli ex parlamentari, sanzione del tutto inedita per un ex capo dell’esecutivo di Sua Maestà» • Tornato al giornalismo nel 2023, nel 2024, pubblica il suo volume di memorie politiche, dal titolo Unleashed (sguinzagliato). Un libro che gli è valso 7 milioni di euro • «Se i capitoli su Boris sindaco e sull’Ucraina possono far sospirare – quanta energia, che slancio – nel resto il respiro manca, tutte le avventure dell’ultimo decennio sono riscritte per mettere lui al centro, eroe circondato da amici – pochi, a partire dal cagnolino Dilyn – e da traditori, categoria nella quale torreggia Dominic Cummings. Ci fa sapere cosa pensa del medio oriente e della dichiarazione Balfour, lui discendente di ebrei e quindi sensibilissimo alla causa, e convinto che gli accordi di Abramo siano l’unica strada percorribile, ci racconta i suoi incontri con i grandi della terra, ha parole di ammirazione per il cortesissimo Paolo Gentiloni e di stizza per quello che Federica Mogherini ha finito col rappresentare ai suoi occhi, «l’ape regina, il funzionario di rango», non eletta eppure in condizione di parlare a nome degli altri. “Pensavo che lei, o la sua funzione, non dovesse esistere» e «lei pure sperava che non esistessi”, scrive Boris. Le parti più belle riguardano gli incontri con Elisabetta II, incoraggiante e piena di sapienza, capace di sgommare a 93 anni sulle colline di Balmoral e di tirare fuori un tupperware con la vinaigrette al chiaro di luna, o di dare un consiglio eccellente: evita l’amarezza, non serve a niente. Pure lui è in vena di consigli, addirittura di un decalogo su come avere successo al Question Time del mercoledì, fingendosi insicuro e bisognoso di sostegno. La sua formula politica non è ideologica ma è boris-centrica, il finale aperto: cerca di incoraggiare i giovani a entrare in politica, o forse cerca di incoraggiare sé stesso a riscendere in campo. Tornerà mai ai Comuni? “Non lo so”, scrive, anche perché “più sto lontano da Westminster e più sono convinto che uno si deve impegnare solo se pensa di poter essere utile”» [Marconi, Foglio].
Amori Tre matrimoni, innumerevoli figli. Nel 1987 sposa Allegra Mostyn-Owen, figlia di uno storico dell’arte britannico e di una scrittrice italiana. Il divorzio arriva nel 1993, appena due settimane prima di sposare l’avvocato Marina Wheeler, già incinta e prossima al parto della loro prima figlia, cui seguirono un’altra femmina e due maschi nati dal matrimonio, oltre a un’altra figlia femmina nata dalla relazione extraconiugale di Johnson con una consulente d’arte (due, invece, le gravidanze abortite da Petronella Wyatt, la giornalista dello Spectator con cui Johnson aveva una relazione). Esasperata dai reiterati tradimenti, nel 2018 la Wheeler ha cacciato di casa il marito, avviando le pratiche per il divorzio. La causa scatenante era stata la nuova fiamma di Johnson, Carrie Symonds (classe 1988). «È a Carrie che si deve la trasformazione di Boris da clown pittoresco, noto per la zazzera bionda scompigliata ad arte e i vestiti stropicciati, in un impeccabile primo ministro in pectore. Lei controlla attentamente la sua immagine e lo tiene lontano dalle potenziali gaffe (per le quali è celebre): e può farlo perché è una professionista del settore, essendo stata direttrice delle comunicazioni per il partito Conservatore». I due si sono sposati nel 2021. Dopo Wilfred Lawrie Nicholas e Romy Iris Charlotte, il 5 luglio 2023 nasce il terzo figlio della coppia Frank Alfred Odysseus Johnson e il 21 maggio 2025 nasce la quarta figlia della coppia Poppy Eliza Josephine Johnson, la nona per Bojo. Qualcuno però sostiene che Poppy sia la 14esima.
Titoli di coda «Come ho scoperto, non ci sono disastri, solo opportunità. E, davvero, le opportunità sono disastri freschi».