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 2025  giugno 23 Lunedì calendario

Biografia di Natalia Aspesi

Natalia Aspesi, nata a Milano il 24 giugno 1929 (96 anni). Giornalista. Opinionista. Scrittrice • «Una strepitosa raccontatrice degli esseri umani» [Mario Calabresi, Altre storie 6/11/2020] • «In lei non c’è pesantezza, e non c’è noia» [Antonio Gnoli, Rep 25/10/2015] • «Una novanteenager» (Vladimir Luxuria) [su Rep, 12/6/2025] • «Ci ha fatto sorridere tutte le volte che ha preso parola: fatto raro, per una femminista» [Simonetta Sciandivasci, Linkiesta 27/2/2016] • Debuttò negli anni Sessanta su La Notte, quotidiano milanese del pomeriggio. Già inviata del Giorno. A Repubblica fin dalla fondazione, si occupò di critica cinematografica. Dagli anni Novanta cura la rubrica Questioni di cuore, sul venerdì, dove risponde alle lettere dei lettori • Famosa per il look sempre uguale, caschetto e occhiali tondi • Non mette mai le gonne, perché ha le caviglie grosse • Riuscì a intervistare Mina subito prima del ritiro dalle scene («Ero a Forte dei Marmi a fare la signora, l’ho fatta per caso») • Era nella stanza d’ospedale di Gino Paoli dopo il tentato suicidio («Non poteva entrare nessuno, mi finsi una parente addoloratissima, ero molto brava a piangere») • Ha intervistato sia i Beatles sia i Rolling Stones («I Beatles, erano tanto carini, giovani, freschi. Li ho conosciuti prima dell’India, poi sono diventati dei drogatoni») • Una volta finse di svenire per intervistare Liz Taylor («Ci sono riuscita e lei è stata anche molto carina») • Alle nozze di Carlo e Diana fuggì dall’angolo in cui avevano relegato i giornalisti italiani, da cui non si vedeva niente, e «furba come il demonio, sono andata in albergo e ho fatto il pezzo guardando il matrimonio in tivù» • Gira la leggenda (da lei smentita), che a Cannes avesse un pass bianco che le permetteva di arrivare ovunque, sedersi per prima e intervistare tutti. «La gente se ne inventa di tutti i colori» • «Era un secolo breve e lunghissimo, in cui poteva succedere che la figlia d’una maestra vedova diventasse la più letta commentatrice di costume del giornalismo italiano. Poteva succedere, in quei pochi decenni irripetibili, che una donna senza patrimonio e senza istruzione prendesse l’ascensore sociale, diventasse qualcuno nei giornali, comprasse case, facesse la vita che prima e dopo quei decenni aveva e avrebbe fatto quasi solo chi aveva ereditato. Subito prima, sarebbe probabilmente finita a zappare i campi e a scrivere poesie di nascosto. Subito dopo, a farsi i filmati col cellulare. In mezzo, è diventata Natalia Aspesi» [Guia Soncini, Linkiesta 24/6/2024] • Ancora oggi, a 90 anni suonati, se deve uscire mette il rossetto • Non usa la lavastoviglie. «Non so mettere i piatti dentro. La mia mamma mi diceva sempre: fai qualunque cosa, ma mai lavare i piatti» • Ama i libri e il cinema, detesta le canzonette • Dice che la caratteristica che la contraddistingue è il buonumore, le piace ridere e non è mai arrabbiata. «Ma oggi la gente ha poca ironia e sghignazza» • Non ha mai voluto far scrivere «giornalista» sulla sua carta d’identità «perché io sono una persona, non una giornalista» • Va pazza per la maionese rosa • Una volta, al funzionario dell’ufficio stampa del Piermarini, preoccupato per il lancio di qualche evento, ha risposto: «Piccino, non importa se un altro scrive prima, io scriverò meglio».
Titoli di testa «Quando la chiamo per chiederle l’intervista accetta. Ma mi chiede cosa voglio sapere. Le farei cento domande, spiego. “Cara, sono troppe, su cosa?”, risponde. Sulla sua vita, ribatto. “Vabbè, allora sì, ma non voglio dirti nulla se non rispondere alle tue domande perché il resto lo scrivo io e mi faccio pagare”» [Valeria Balocco, Marie Claire 27/8/2022].
Vita Natalia è orfana di padre. Rappresentante di tessuti, morì quando lei aveva 4 anni. «La mamma, Maria, maestra elementare, rimasta vedova men che quarantenne, con due figlie. “Lei, come tutta la sua famiglia, era, non so dirti perché, d’un antifascismo bestiale. Me la ricordo con la coperta sulla testa ad ascoltare Radio Londra. A scuola non voleva mettere la divisa, finché l’hanno avvertita che l’avrebbero licenziata. Oppure io, piccola italiana, il sabato fascista alle adunate avevo la divisa nera, e lei mi metteva apposta le scarpe marroni, rovinavo tutta la squadra, mi facevano delle scenate le maestre, e lei diceva: è il solo paio di scarpe che abbiamo. Oddio, forse era anche vero”. La sorella, Maria Pia, di sei anni maggiore di Natalia, “con la differenza che lei aveva il carattere d’una nostra zia zitella che, siccome avevano appena comprato i terreni al cimitero, fissando sua madre diceva in gallaratese: ‘e pensa’ che ghè quella bella roba là a fa’ nient’. C’era questa bella terra da sepoltura sprecata, perché lei era lì, viva. Ecco, mia sorella aveva preso il carattere da lei”. Di nuovo la madre, nata nel 1895: “Non l’ho mai sentita lamentarsi, mai una volta. La mia mamma era l’unica che aveva studiato ed era diventata maestra, erano in otto, mia zia Nicoletta a 13 anni faceva la magazziniera, allora era così, non è che ti racconto una storia di poveri: se non eri figlio di industriali, era così. Da piccola aveva un solo paio di scarpe e mi raccontava che se pioveva ed erano bucate ci metteva dentro una cartolina per non bagnarsi i piedi. L’abitudine a vivere molto modestamente allora non è che sembrasse strana. Ragazze ricche non ne ho mai viste finché non sono andata dalle Orsoline a fare l’artistico. Mi dà fastidio dire ‘poveri’, perché io non me ne sono mai accorta: noi eravamo borghesi, non eravamo classe operaia, avevamo una bella casa in corso Sempione. A Natale ci regalavano un mandarino, perché il mandarino era costoso ed era un gran regalo”» [Guia Soncini, Elle 23/5/2019] • «Io avevo un solo problema: che non mangiavamo, perché non c’era da mangiare. Quindi, oltre a essere magrissima, il che rimpiango, avevo sempre fame. L’unica cosa che mi è rimasta della guerra è che non posso lasciare nel piatto nulla, perché se ne metto un cucchiaio o venti li mangio tutti. Poi non è che fossi così piccola, quand’è finita la guerra avevo quindici anni, avevo già avuto l’adolescenza, le danze, i flirt. Non mi ricordo l’orrore: sarò rincoglionita. Oh, ma facevo le medie, andavo a scuola, andavo a pattinare, passavo in una strada dove tutti i giorni c’era un vecchio con la patta aperta: la guardavo, e poi proseguivo. Nel campo sportivo suonava l’allarme antiaereo, mi toglievo i pattini, e andavo a cercare il primo rifugio. Ci son passata ieri, era in via Verga. Forse è anche che dove abitavamo noi non c’era tanta devastazione. L’unica casa crollata che ho visto era la palazzina gemella nostra, e infatti noi abbiamo dovuto ospitare, era obbligatorio, le famiglie che avevano perso la casa. Avevo una signora che allevava le galline sul nostro balcone: non ci ha mai dato un uovo» [Soncini, Linkiesta 22/4/2022] • E quando la guerra finì? «Non finirono le pene, non subito. Mi persuasi di una certa diversità. Tutti provavano a divertirsi. Tranne me. Avevo un solo golf. Giallo. Mi stava orribilmente» [Gnoli, cit.]. «“Alle feste dei quindicenni ero un mostro, con quel cardigan molle. […] Le mie compagne di scuola erano molto carine, avevano già i twin-set, e io ero una barbona. Non avevo mai avuto un uomo in casa, un padre, un fratello: non sapevo cosa volesse dire stare con un uomo, ed ero una delle poche; alle medie io ero un cesso, ma avevo delle compagne molto graziose, furbe, che scopavano con gli amici di papà restando vergini, era una cosa molto diffusa. Me lo venivano a raccontare e non sapevo se invidiarle o trovare la cosa orribile”. Restare vergini era fondamentale, e il matrimonio il fine ultimo: “Non esisteva la giovinezza: le ragazze di 19, 20 anni erano vestite come la loro mamma. Fino a Brigitte Bardot non abbiamo conosciuto l’immagine della giovinezza. C’era la donna, che poteva avere 40 anni ed era come già cadavere, e se ne aveva 18 o 19 doveva sposarsi perché era già adulta. Quando non eri più bambina, eri donna. La Bardot ha messo i pantaloni alla pescatora e le magliette corte e lì è nata l’immagine dell’adolescenza, che adesso hanno anche le cinquantenni. E insomma questo tabù della verginità era un’oppressione bestiale, quando si cominciava a pastrugnarsi c’era il terrore di non esser più vergini: la tua vita era finita, non solo non trovavi marito, ma anche quello con cui l’avevi fatto ti diceva ‘Non sei seria, non ti sposo’”. L’immagine definitiva del rapporto di quell’epoca col sesso la dà il letto coniugale della madre, probabilmente acquistato dal padre, molto cattolico: “La testiera era un bassorilievo di bronzo che rappresentava la testa di Cristo con le spine, e gli scendevano le gocce di sangue di bronzo. E pensare che lì la mia mamma facesse, a suo tempo... che lì fossimo nate noi, mi sembrava orribile”» [Soncini, Elle, cit.] • Il fatto di essere cresciuta senza padre ha contato? «Non lo so, probabilmente se ci fosse stato sarei stata diversa. Ma mia madre diceva di portare la sua vedovanza “come la corona di una regina”, si sentiva fortunata rispetto a mogli tediate da mariti tremendissimi. Così sono cresciuta con l’idea che non aver marito era la soluzione della vita» [Simonetta Fiori, Rep 23/6/2019] • «La mia è stata una madre meravigliosa. Mi ha insegnato ad adattarmi a tutto. Abbiamo vissuto nell’estrema povertà, ma non me ne sono mai accorta. Non l’ho mai vista piangere, neanche durante la guerra. Mi ha sempre aiutato, solo una volta è stata dura». Quando? «Ero in Inghilterra a fare la cameriera per imparare l’inglese. Appena arrivata ero capitata nella casa di una vecchia pazza che mi trattava male: erano gli anni 50, eravamo ancora nemici, sconfitti ma nemici. Ho telefonato a mia madre per dirle che tornavo, avevo solo il biglietto di ritorno in treno. Mi ha risposto: qui non c’è posto per te». Cosa ha fatto? «Senza sapere una parola ho trovato un’altra famiglia dove sono stata benissimo e, quindi, aveva ragione lei perché un po’ di inglese l’ho imparato». Cosa ha studiato? «Liceo artistico dalle Orsoline a Milano». Può fare un disegno per Marie Claire? «No, non ero capace allora e non mi piaceva, figuriamoci ora». Ma perché ha fatto quel liceo? «Durava quattro anni anziché cinque. Dopo due di ginnasio, mia madre mi ha detto: tu devi lavorare. E quindi ho cambiato». Lei come ha reagito?«Ho pianto molto, perché ero innamorata del greco e del latino. Ma, poi, ho preso il diploma». Sua mamma, cosa sognava per lei? «Che facessi la professoressa di disegno, lei era maestra». Ha mai insegnato? «Ho tentato per due anni, ma ho così odiato i ragazzi delle medie che ho detto a mia mamma: piuttosto faccio la puttana. Poi, sono andata a fare l’impiegata» [Balocco, cit.]. «Ero segretaria nell’ufficetto di un’azienda che importava macchine per fare il formaggio». Non ti ci vedo in quel ruolo. «Eppure fu così. Non c’erano molti soldi e occorreva lavorare. Poi giunse la grande occasione, che era tutt’altro che grande. Fui assunta alla Notte». Come ci arrivasti? «Grazie a un flirt con un ragazzo che sosteneva che scrivessi lettere bellissime. “Perché non provi con il giornalismo”, mi incoraggiò. “So che alla Notte cercano qualcuno che possa fare un po’ di cronaca mondana”. Cominciai occupandomi di mostre canine e di qualche festicciola. Niente di che. C’era questo e c’era quello. Scoprii che il lavoro mi piaceva. E che ero anche brava». La tua vita stava cambiando. «Non stava cambiando. Incominciava. Improvvisamente vinsi la timidezza. Superai incertezze e dubbi. Mi abbandonai ai sentimenti». Con quali conseguenze? «La mia generazione era fatta di donne che se non si sposavano non entravano in camera da letto con un uomo. Ti parrà strano, ma il lavoro, quel lavoro, mi ha dato la coscienza che oltre a un’anima o a un’intelligenza avevo anche un corpo. E un’indipendenza» [Gnoli, cit.] • Il suo primo pezzo? «Una mostra di cani a Bellagio. Ho capito che mi sarebbe piaciuto moltissimo fare quel mestiere». Poi è stata assunta? «No, anzi mi chiamò il capo del personale e mi disse: qui non assumeremo mai donne. Quindi ho continuato a collaborare e contemporaneamente a lavorare come segretaria […]. Mi presero, invece, anni dopo, al Giorno perché se ne era andata Adele Cambria, giornalista bravissima. Si era licenziata perché avevano licenziato il direttore, un gesto epocale che fece solo lei fra 300 uomini». Quanto guadagnava? «Non ricordo, ma all’inizio poco perché ero stata assunta come impiegata. [...]» [Balocco, cit.] • «Ero sempre stata timidissima. Ho patito la guerra, la fame, la povertà: è naturale che un po’ di impaccio ti rimanga. Poi il mestiere mi ha cambiato […] Oggi non ho più paura di niente. Mi ricordo i primi tempi al Giorno […]. A parte che allora era un lavoro da ricchi— ben pagato, macchina con l’autista, riconoscimento sociale – ogni volta che partivo per un servizio mi dicevo: speriamo che l’auto si fermi oppure speriamo di non trovare il paese. Poi quando arrivavo sul posto e venivo inghiottita in cose tremende come ammazzamenti, e magari i genitori dell’assassino mi accoglievano “Sa, è tanto buono”, la timidezza improvvisamente scompariva». Poi però le ansie sono passate. «Non credere. Se devo intervistare qualcuno, la timidezza non c’è più. Ma quando devo scrivere è rimasta l’ansia, come se fosse la prima volta. Rileggo più volte e mi dico che porcheria, ma non c’è più tempo per correggere. Ho sempre la certezza che potrei farlo meglio, ma forse è un atto di presunzione» [Fiori, cit.].
Amore Periodo più fortunato della sua vita: a metà degli anni Settanta, viene assunta a Rep e incontra pure il compagno Antonio Sirtori. «Io vivevo allora con un compagno, Giorgio, e lui con la moglie e i due bambini. Fu la moglie a cacciarlo di casa, mettendogli fuori le valigie con sopra il mio libro Vivere in tre: aveva capito che parlavo anche di noi. Ma se non fosse stato lei a mandarlo via, lui non se ne sarebbe mai andato: gli uomini sono così vili! Eppure Antonio mi amava moltissimo, anche se non ho mai capito perché. La moglie era bella, più giovane di me, di buona famiglia. Io ero l’opposto. Credo che si sia innamorato di me perché lo facevo ridere. E poi per delle ragioni che non posso dire» [Fiori, cit.]. «L’ho amato per 38 anni. Se penso alla vita i miei fidanzati li ricordo tutti, ma se penso all’amore solo a lui». Non vi siete mai sposati, come mai? «Sono stata io. Non so perché: non ero né pro né contro». È pentita? «No». È pentita di non avere avuto figli? «Nooooooo, io detesto i bambini, non so cosa dirgli». Forse perché non li ha mai avuti? «No, pensa che ho cominciato a parlare con mia nipote solo quando aveva 14-15 anni» [Balocco, cit.].
Politica Suo grande cruccio • L’unico per cui stravedeva, in tempi recenti, era Mario Draghi • Alle ultime europee ha votato Pd, ma senza grande trasporto • Detestava Berlusconi («Un mascalzone. Ci ha cambiati in peggio, ci ha rovinato. È tra i maggiori responsabili dello sfacelo»») • Schifa i leghisti • Ha in casa una statuetta di Giorgia Meloni, col culo di fuori, «È un “caganer”, viene dalla Spagna» • «Qui siamo in Italia. In tempi disperati. E siccome, appunto, c’è l’incertezza, voti a destra. Perché più va avanti il tempo, più la Meloni aumenta i voti, hai notato? Cioè, più lei fa delle cazzate tremende, più la gente la vota. Vuol dire che l’Italia non è più fascista, son stupidaggini quelle, ma ormai siamo in un altro mondo, dove conta l’influencer, quello che diventa ricco inventando una macchinetta» [Carlo Antonelli, Rep 14/8/2023].
Femminismo Dice che oggi la vitalità del femminismo, «dipende da voi ragazze, dal vostro impegno: io mi sono ritirata da ogni tenzone che non sia il tentativo di sopravvivere» • Oggi le donne stanno meglio di ieri? «Nessuno sta meglio». Il gender gap c’è ancora? «Sì, ma è la biologia che ci rende diversi. Guarda la guerra: gli uomini soldati, le donne via coi figli». Perché ci sono ancora differenze? «La natura vince. Non la puoi negare. Come mai gli uomini di colpo mettono una divisa, stuprano e ammazzano? Prima certo anche i ragazzi russi bevevano gli aperitivi e scopavano le ragazze. Che cosa è cambiato?» La parità non ci sarà mai? «Per fortuna no, non vorrei essere pari a un uomo. L’uomo è fragile, senza la mamma non è nessuno. Le donne sono coraggiose, solo il fatto che mettono al mondo i figli, la forza della natura. E poi cosa vuol dire parità?» Me lo dice lei? Le donne oggi continuano a lamentarsi perché gli toccano il culo. Anche a noi succedeva, ci voltavamo, li insultavamo, gli davamo un calcio nelle palle» [Balocco, cit.] • «Io, poi, ti confesso, non sono più né uomo né donna. Sono solo una vecchia, peraltro tremendissima».
Religione Crede in Dio? «No. Sono atea e penso che il mondo finirà, o, per lo meno, questa galassia è destinata a finire e stiamo facendo di tutto perché questo succeda» [Balocco, cit.] • Ha difeso Bergoglio dopo l’uscita sulla «frociaggine». «Non era una cosa contro i gay. È come se lo avessi detto io. Mi ha fatto ridere. Se un papa dice una cosa del genere è perché è un uomo libero. Bergoglio l’ho amato da subito. È un parroco di campagna» • Dice di essersi commossa all’elezione di Leone XIV: «Un uomo coltissimo, ancora giovane, che parla benissimo le lingue compreso l’italiano, e, chiedo scusa se posso osare, di bell’aspetto» [Rep 24/5/2025].
Vizi Sempre bevuto poco, pochissimo, praticamente astemia.
Curiosità Ha una gatta di nome Mimma, anche lei anzianissima • Ha tanti amici gay, che la portano in giro e le fanno regali. «Un amico gay sta volentieri con te per delle ragioni che non hanno niente a che vedere con la bellezza e il sesso. L’ho scoperto con l’età» • Mai creduto agli oroscopi • Mai stata in analisi. «Temo che la mia vita in mano a un analista avrebbe provocato pozzi di orrore. Preferisco non sapere» • È così vecchia da ricordarsi tutti i presidenti della Repubblica, e tra tutti preferisce Mattarella. «È bello, con quei capelli bianchi e folti. È una mente sottile, sta mantenendo in equilibrio un Paese con troppi stupidi» • Ha lo smartphone • È su Facebook, Instagram, Tik Tok e le serie tivù • Non guarda più la televisione. «Da anni. Primo perché ormai vado a letto alle otto e poi perché la nostra tv non va vista». Nemmeno un talk show quando fuori piove. «I talk sono in assoluto la prima cosa che ho smesso di guardare. Mi davano voglia di prendere a schiaffi lo schermo» [Cicala, cit.] • Quando soffre di insonnia, si alza, guarda i social e risponde «gentilmente alle persone curiose e intelligenti e villanamente agli scemi» • Quando gli odiatori la insultano, lei non si offende mica. «Sono troppo presuntuosa per offendermi» • «Su Facebook vedo che la gente non sa niente, non ha letto nulla e mi chiedo cosa ha fatto la scuola. Che brutto non sapere nulla, fidarsi dei cretini che ci propinano stupidaggini» • «Chiunque mi conosce sa che io non ho studiato, non ho fatto neanche il liceo. Ho avuto comunque un’adolescenza in tempi in cui l’unico divertimento era leggere, per cui per me leggere è stata la fonte della vita e lo è tutt’ora. Leggere non i romanzetti, ma le cose che ti fanno capire cos’è l’umano o perché la storia è andata così, perché sono successe certe cose...» • Ha dei rimpianti? «Sì, aver perso 10 anni di sesso. La mia generazione è stata fregata. La società civile, persino i comunisti, era sessuofoba. Il povero Palmiro Togliatti si doveva nascondere in soffitta con Nilde Iotti» [Balocco, cit.] • È vero che è stata anche in Vietnam quando c’era la guerra? «Sì, ma solo l’ultimo mese». C’era anche Oriana Fallaci? «Sì. Quando arrivai lei era già lì, aveva molta cultura per quel tipo di giornalismo, io non lo avevo mai fatto, non so perché mi mandarono. Mi ha accolto con una scenata: perché sei venuta qui, non sai niente… Poi siamo scappate con l’ultimo aereo, un Air France, che partiva da lì per l’Europa». Era invidiosa? «No, presuntuosa. Che poi se rileggo i suoi articoli oggi sono brutti, non c’è dentro niente, parla solo di sé» [Balocco, cit.] • Il giornalismo è cambiato? «Tantissimo, anche in cronaca, perché è cambiato il mezzo. La carta non la vuole più nessuno, e sui social non si richiede che tu sappia l’italiano, anzi. Però si scrivono più libri e i bravi giornalisti ci sono sempre». Che quotidiani legge? «The New York Times, The Guardian e scorro la Repubblica. Compro una volta a settimana Il Foglio e mi piace anche il francese l’Obs. Sul web Linkiesta e Il Post» [Balocco, cit.] • Perché non scrivi un’autobiografia?«Non ci penso nemmeno, non ne ho nessuna voglia e penso non interesserebbe a nessuno. E poi non mi piace scrivere libri, la mia capacità di raccontare si ferma a 80 righe, la dimensione dei miei articoli. A me i libri piace leggerli» [Calabresi, cit] • La sua rubrica riceve sempre meno lettere. «Fino a 30 anni fa la gente mi fermava per la strada, mi riconosceva perché leggeva il quotidiano, adesso se non sei un influencer non sei nessuno» • Un certo Luca, studente universitario, le scrisse perché voleva fare una tesi su di lei. «Mi ha chiamato “tenutaria della posta del cuore”. Gli ho risposto, ma con garbo gliene ho dette quattro». Quindi, niente tesi? «Non lo so, non mi ha più scritto» [Balocco, cit.] • «Viviamo nell’ipocrisia da secoli. Il vecchietto buono è una vipera che in realtà vorrebbe vedere tutti morti attorno a sé tranne lui. Noi anziani siamo cattivi perché non abbiamo più vita. Siamo qua, ma senza vita. Dobbiamo essere anche buoni? È impossibile. La bontà dei vecchietti è un’invenzione. Facciamo finta, è ovvio, ma sotto sotto siamo crudelissimi» [Giuseppe Fantasia, HuffPost 26/4/2020] • Questi libri che fine faranno? «Li ho già affidati a una fondazione, li ritireranno quando vado al creatore» [Balocco, cit.] • «La gente è diventata troppo seria, io ho novant’anni ma ho la fortuna di essere molto ironica, così non mi accorgo della presenza della morte che mi osserva da vicino pronta a prendermi, e la mattina continuo ad alzarmi contenta» [Calabresi, cit.] • Se oggi potesse richiamare in vita una persona con cui passare una bella giornata, sarebbe la sua mamma. «È stata una eroina. Mi ha aiutato a superare tutto e forse non l’ho amata abbastanza. È a lei che continuo a raccontare la mia vita. Sai una cosa? Quando muoio vorrei non si sapesse. Vorrei scomparire e basta. Puff. Senza necrologi noiosi, coccodrilli, cerimonie inutili. Tutto ormai svanisce in pochi secondi. E c’è sproporzione tra l’intensità dell’emozione istantanea e la memoria breve. Molto meglio sparire all’improvviso. Natalia non risponde più al telefono. E poi magari tra vent’anni, imbattendosi in qualche articolo, qualcuno dirà: ti ricordi?» [Fiori,cit.].
Titoli di coda «Poche settimane fa, durante il mio piccolo giro intorno a casa, ho dato dei soldi a un ragazzino africano. Un signore mi ha vista e ad alta voce ha cominciato a criticarmi, dicendo che venivano dall’Africa per colpa di gente come me che li mantiene e li foraggia; gli sono andata incontro mentre continuava a criticarmi, ho alzato il bastone e gliel’ho messo sotto il mento e gli ho detto soltanto: “Non permetterti di dire un’altra parola, fascista”. Si è dileguato» [Calabresi, cit.].