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 2025  luglio 04 Venerdì calendario

Biografia di Megan Anna Rapinoe

Megan Anna Rapinoe, nata a Redding (California) il 5 luglio 1985 (40 anni). Ex calciatrice. «Centrocampista intelligente, con ottimo bagaglio tecnico e una spiccata personalità, che le consente di essere costante punto di riferimento della squadra sia in fase difensiva che offensiva, ha militato in varie squadre statunitensi fino ad approdare al Reign Football Club di Seattle, giocando inoltre per una stagione (2013-14) nella formazione francese dell’Olympique Lione, con cui ha vinto un campionato e una coppa di Francia. Con la nazionale USA ha conquistato un oro olimpico (Londra 2012) e due campionati mondiali di calcio (Canada 2015, Francia 2019). Nel 2019 le è stato assegnato il Pallone d’oro ed è stata eletta Sportiva dell’anno dalla rivista Sport illustrated» (Treccani.it). Con la nazionale ha giocato 203 presenze e segnato 63 gol.
Vita «Folgorata 14enne dalla semifinale Usa-Brasile a Stanford e poi dallo spogliarello di Brandi Chastain davanti ai 90.185 spettatori del Rose Bowl di Pasadena dopo il rigore decisivo messo a segno alla Cina in finale (“All’improvviso, c’era una Coppa del Mondo. Ed era negli Usa, il mio Paese. Ed era trasmessa alla televisione, con ascolti mostruosi! Io e mia sorella andammo a vedere gli Usa e fu l’esperienza più trasformativa ed elettrizzante della mia esistenza. Ecco, io sono una delle migliaia di ragazzine che quel giorno, tornando a casa, ha pensato: il calcio è ciò che voglio fare da grande. Finalmente il mio sogno è possibile”). Sopravvissuta a una famiglia operaia disfunzionale di origini italiane e irlandesi, la gemella Rachael come scudiera, l’amatissimo fratello Brian dentro e fuori dal carcere per uso e spaccio di droga (ma è accompagnando lui al campo che Rapinoe si è innamorata, bambina, del gioco), il calcio come via di fuga dalle brutte compagnie (siamo nella California rurale degli anni 90, Redding è a mille curve dalla vita glamour di una certa Los Angeles o della San Francisco del boom della Silicon Valley), Megan è il talento che non ti aspetti: non è imponente, non ha i muscoli di Alex Morgan né l’irrefrenabile senso per il gol di Abby Wambach e nemmeno i successi in valigia della pioniera Mia Hamm. Ma è veloce, scaltra, intelligente. I traversoni partiti negli anni dal piede di Rapinoe hanno valicato i confini del campo, sono diventati lotta per l’equal pay (la causa intentata dalle calciatrici della Nazionale americana alla loro Federcalcio per chiedere parità di trattamento in ogni aspetto del gioco – divise, condizioni di allenamento e viaggio, hotel, stipendi – è ormai una pietra miliare per ogni battaglia avviata dalle atlete), bandiera per i diritti Lgbtq, che Megan incarna con la fierezza dell’omosessuale dichiarata (già al college), orgoglio per il lungo processo di emancipazione delle donne» (Gaia Piccardi) • «È cresciuta in una piccola città della California, in un ambiente decisamente conservativo. Com’è stato per lei essere gay e fare coming out in questa situazione? “Crescendo non ci ho pensato più di tanto. Mi sentivo diversa dagli altri ma non capivo ancora cosa significasse essere gay. La mia famiglia non ne parlava in generale, quindi neanche in modo negativo e non mi ponevo il problema. È cambiato tutto quando ho cominciato a frequentare l’università, all’improvviso tutto ha avuto un senso. Sono stata fortunata, il mio coming out è stato molto positivo. La mia famiglia all’inizio ha avuto dei dubbi perché volevano che ne fossi convinta e non stessi inseguendo fantasie altrui. Dopo un periodo di adattamento, l’hanno accettato senza problemi. Per loro l’unica cosa che contava era la mia felicità e mi hanno detto che non sarebbe cambiato nulla, perché mi amavano e non mi avrebbero mai messa in discussione. Credo il mio coming out abbia aiutato anche tanta gente nella mia città, dalle persone con cui sono cresciuta agli amici dei miei genitori ai colleghi di mia madre. Hanno capito che essere gay non è uno stereotipo quando una persona che hanno visto crescere e a cui volevano bene è uscita allo scoperto, rendendosi conto che la sua essenza non era cambiata”» (a Vogue) • «Nonostante i successi sportivi straordinari, Megan Rapinoe viene più spesso menzionata per aspetti legati alla sua persona e alle sue scelte fuori dal campo: i capelli rosa, la lotta per l’equal pay – il santo Graal del calcio femminile – e per la protesta politica del 2016 che l’ha portata ad inginocchiarsi durante l’inno americano, pochi giorni dopo Colin Kaepernick. Se poi Megan Rapinoe è una calciatrice destra o mancina, se è dotata di un buon tiro o di un dribbling incredibile, è diventato meno rilevante nel discorso comune; le sue caratteriste tecniche sono sempre sbrigate come informazioni marginali, per pochi “veri” appassionati. Ma come è possibile comprendere a pieno una atleta senza sapere quali sono le sue peculiarità? Nella sua autobiografia One Life, pubblicata agli inizi di Novembre e non ancora tradotta in italiano, Megan Rapinoe collega implicitamente il modo in cui si gioca e quello in cui si vive, un aspetto che si dà per scontato quando si parla di calciatori o atleti maschi in generale. Rapinoe racconta di aver imparato prima di tutto come poter essere un vero e proprio un punto di riferimento per le compagne, ad essere la leader con un istinto che la fa ritrovare nel posto giusto al momento giusto all’interno del campo. Le sue caratteristiche tecniche rispecchiano quelle umane, all’insegna di una basicità che la allontana dall’atteggiamento individualistico in campo tipico di altri atleti di prima fascia: “So usare entrambi i piedi, ho una buona visione del campo e mi piace giocare in velocità. Non faccio un dribbling dietro l’altro. Non è il mio modo di essere, e non sono brava in questo” […] La separazione dalla famiglia avviene durante il primo anno di college. Mentre Rachel inizia regolarmente il semestre di studio e gli allenamenti con la squadra di calcio, Megan è convocata dalla Nazionale Under 19. È il 2004, ha 19 anni e insieme ai più giovani talenti del calcio americano trascorrerà un intero mese in Thailandia in occasione di un torneo. Questo è il momento in cui la simbiosi con la sorella gemella si interrompe e le loro vite prendono due direzioni differenti, anche per quanto riguarda la visione del futuro: “Per la prima volta io e Rachel avremmo giocato separate, in parti diverse del mondo e in squadre diverse. Era una sensazione strana. Eravamo state fianco a fianco per così tanti anni, e ora una di noi stava superando l’altra”. Alla fine del torneo Megan raggiunge Rachel a Portland per l’inizio del semestre invernale, ma si accorge subito che quel mese in Thailandia con la nazionale è stata una spaccatura: “Rachel stava iniziando ad ampliare i suoi interessi. Le piaceva ancora giocare, ma si stava avvicinando anche alla medicina e al business. Io al contrario ero ancora fissata con il calcio”. Fra le altre cose, durante uno dei primi allenamenti di quel 2005 Megan Rapinoe ha un’epifania, o almeno così la racconta lei, e si rende conto di essersi innamorata di una sua compagna di squadra. La prima persona a cui decide di confidarlo è proprio sua sorella Rachel, che a quella dichiarazione non sembra affatto sorpresa ma anzi dichiara di aver recentemente scoperto lei stessa di essere omosessuale. Quell’anno la squadra di Portland vince il campionato NCAA, a livello universitario, e per la prima volta la rete sportiva ESPN dà notizia dell’esistenza di una nuova stella del calcio americano femminile che porta il nome di Megan Rapinoe. L’esordio in nazionale maggiore arriva nel 2006, in un’amichevole in preparazione dei mondiali del 2007. Gli USA battono l’Irlanda per 5-0 ma al suo ritorno a Portland Rapinoe si infortuna gravemente al ginocchio. Nel tentavo di recuperare in tempo per i Mondiali forza un ritorno prematuro in campo, con il risultato di infortunarsi gravemente di nuovo. Anche se Rapinoe freme per entrare a far parte del Gotha del calcio internazionale, non giocherà né quei Mondiali né le Olimpiadi di Pechino del 2008. I Mondiali di calcio femminile del 2011, giocati in Germania, sono i primi caratterizzati da un uso massiccio di Twitter. Per la Nazionale americana Twitter segna l’inizio di una vita social che sarà strumentale alla diffusione della loro fama fuori dai confini nazionali: sarà su queste fondamenta che le giocatrici baseranno la loro battaglia per l’equal pay, la retribuzione egualitaria per la nazionale maschile e quella femminile, che nel Mondiale successivo diventerà la lotta più importante a livello politico per le donne del calcio americano. A quel Mondiale in Germania Megan Rapinoe è di fatto un’esordiente. I due brutti infortuni del 2006 l’hanno tenuta fuori dalle competizioni internazionali più importanti e l’allenatrice della squadra decide di farla partire dalla panchina. Durante la prima partita, contro la Corea, entra in campo negli ultimi minuti mettendo a referto una breve ed anonima prestazione. Ma nella seconda partita contro la Colombia segna quasi subito, raccogliendo un assist al centro dell’aria di rigore. Per festeggiare il suo gol, il primo ufficiale con la maglia della Nazionale, Rapinoe si catapulta verso la linea laterale con Lauren Cheney e Lori Lindsay e dopo aver raccolto un microfono televisivo intona Born in the Usa» (Giorgia Bernardini) • Ha dato l’addio al calcio il 12 novembre 2023, con la finale della National Women’s Soccer League, il principale campionato professionistico di calcio femminile statunitense, persa per 1-2 dalla sua squadra, l’Ol Reign di Seattle, contro il Ny Gotham Fc di New York. «La sua ultima partita però si è interrotta dopo soli tre minuti per un infortunio al tendine d’Achille: Rapinoe, visibilmente amareggiata, è stata quindi costretta a uscire dal campo, accompagnata da una standing ovation degli spettatori e dopo essere stata abbracciata dalla capitana della squadra avversaria, Ali Krieger, sua compagna di nazionale e apparsa altrettanto dispiaciuta» (il Post) • «Di Meg ricorderemo, più dei gol e degli assist e delle esultanze iconiche, gesti (quella volta che si inginocchiò rifiutandosi di cantare l’inno americano proprio come Colin Kaepernick, il quarterback dei San Francisco 49ers che restava muto per protestare contro il razzismo della polizia nei confronti degli afroamericani: era il 4 settembre 2016, prima di Ol Reign-Red Stars a Chicago, e la protesta sarebbe andata avanti a lungo perché la signorina non è tipo che si arrenda facilmente) e parole. Indimenticabile il suo discorso a braccio sul gender gap prima della parata a New York delle campionesse del mondo 2019, appena rientrate negli Stati Uniti dalla Francia: “Abbiamo capelli rosa e capelli viola, abbiamo tatuaggi e dreadlocks. Abbiamo ragazze bianche e ragazze nere, e tutto il resto. Ragazze etero e ragazze gay. Non potrei essere più orgogliosa di essere co-capitana con Carli (Lloyd) e Alex (Morgan). È un mio onore assoluto guidare questa squadra sul campo. Non c’è altro posto in cui vorrei essere, neanche in una corsa presidenziale. In questo momento sono occupata, mi dispiace”. E poi l’invito a essere migliori: “Dobbiamo amare di più, odiare di meno. Dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno. Dobbiamo sapere che questa è una responsabilità di tutti. Di ogni singola persona che è qui, di ogni singola persona che non è qui, di ogni singola persona che non vuole essere qui. Di ogni singola persona che è d’accordo e di chi non è d’accordo. È nostra responsabilità rendere questo mondo un posto migliore”» (Gaia Piccardi) • Sposata con Sue Bird (1980), ex giocatrice di basket, vincitrice di cinque ori olimpici con la nazionale statunitense • Nel 2018 Rapinoe e Bird hanno posato per The Body Issue di Espn, diventando la prima coppia lesbica della storia della rivista a finire in copertina.
Politica Si è rifiutata di incontrare Donald Trump dopo la vittoria del Mondiale in Francia: «Con lui alla fottuta Casa Bianca? Mai!» • Insignita da Joe Biden della Medal of Freedom, la massima onorificenza attribuita dal governo americano a un civile • «Spero che la gente capisca che cerco di vivere facendo del mio meglio tutti i giorni. Che si tratti di parlare con la propria famiglia e amici o di fare volontariato in un centro per rifugiati o un seggio elettorale, spero che tutti si rendano conto di poter fare la differenza. Soprattutto in politica, a volte ci fanno credere che la nostra opinione e i nostri voti non contino, ma non è così e l’ho riscontrato nella mia vita, quando ho capito che parlare con franchezza può cambiare quella altrui. Sin da quando ho fatto coming out, tante persone continuano a dirmi che le ho aiutate ad amare se stesse, avere più fiducia e uscire allo scoperto - e i loro genitori a capirle meglio. Spero davvero che l’essermi esposta in prima persona possa aiutare tanti altri a non avere paura e cambiare le cose» (a Vogue).
Curiosità «Grande appassionata di cinema, il suo film preferito è Le ali della libertà con Tim Robbins e Morgan Freeman. Ha diversi tatuaggi: la scritta “La natura ha fatto il suo corso” sul braccio sinistro, la frase “Credi in te stessa” in arabo su quello destro, e anche il profilo della California» (Francesco Palma).