11 luglio 2025
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Biografia di Aldo Nove (Antonio Centanin)
Aldo Nove (Antonio Centanin), nato a Varese il 12 luglio del 1967 (58 anni). Scrittore e poeta (38 libri). Numerose collaborazioni con varie testate giornalistiche e riviste di poesia: ha diretto la rivista Poesia per la Crocetti, Testo a fronte/Marcos y Marcos, la collana Neon delle edizioni Tea, la collana InVersi della Bompiani • «Scrittore e poeta, estraneo a qualsiasi etichetta, Aldo Nove (…) si è sempre distinto per un timbro originale, ironico, controcorrente, un linguaggio crudo e uno stile sempre e comunque accattivante» [Helmut Failoni, Cds].
Titoli di testa «La poesia è radicale diversità, ed anarchia anche quando, e raramente, si è rappresentata “di regime”» [Aldo Nove, mowmag.com].
Vita «Sono nato a Varese, ma i miei stavano a Viggiù e lì non c’era l’ospedale. Mio padre, Mario Centanin, era di origini venete; mia madre, Gianna Satta, veniva dalla Sardegna. Lui faceva il ragioniere all’Aermacchi di Varese, lei l’infermiera in Svizzera. Dopo sposati avevano aperto un’edicola a Viggiù: un’edicola di paese, un po’ libreria, profumeria, emporio di giocattoli. Io stavo a casa con la nonna paterna, veneta, che chiamava mia madre “la terona”» [Ranieri Polese, Cds] • «Non volevo andare all’asilo perché ero timidissimo, provavo disgusto per gli altri bambini che, siccome ero un biondino con gli occhi azzurri, mi dicevano che ero una femmina» [ibid.] • «A sei anni, in prima elementare, decisi che avrei fatto lo scrittore. In particolare, lo scrittore di quella cosa miracolosa che ho iniziato a divorare appena ho iniziato a collegare tra loro le lettere e a capirne le articolazioni: parlo della poesia» [Nove, Tuttolibri] • «Da piccolo consumavo tanta tv e tanti libri. Verne e Salgari i primi: a otto anni avevo già divorato una cinquantina di tomi» [Mirella Serri, Tuttolibri] • Poi venne la scuola. «Sì, ho fatto le elementari e le medie a Viggiù. Ero sempre timidissimo. Mi piacevano le bambine, però mi facevano paura. Scrivevo bene, la maestra a volte leggeva in classe i miei pensierini [Polese, cit.] • «Quando si trattò di scegliere le superiori, io tenni duro: il classico, perché volevo diventare uno scrittore. Così andai al Liceo Cairoli di Varese. Il primo anno fui bocciato, poi mi ripresi» • «Al liceo mi vestivo tutto di nero con le borchie e mi accompagnavo a neofascisti strafatti (…) quando ai camerati ponevo interrogativi del tipo “Vabbè, gli ebrei li dobbiamo far tutti fuori, ma mi spiegate perché?”, mi dicevano “Rompi, fai troppe domande”. Così ho capito che avevo sbagliato parte e ho indirizzato la bussola verso i compagni» [Serri, cit.] • «A quindici anni ebbi l’occasione di far leggere dei miei testi (ne avevo accumulati migliaia) a Franco Buffoni, che le apprezzò molto e ne passò parte a Milo De Angelis, di cui a 13 anni avevo letto Millimetri, il libro che certo cambiò la mia vita: parole come spilli nella carne del passato a traforare il futuro. (…) Milo fu con me generosissimo, mi aiutò a raccogliere la mia prima raccolta di versi che uscì quando ancora non avevo compiuto la maggiore età. Poi, qualche anno dopo, la seconda scoperta fatale nella mia formazione di “adepto” a un culto della parola (…) la lettura di Poesie pratiche di Nanni Balestrini fu per me una sorta di Big-Bang. Tutto il linguaggio esplodeva sotto i miei occhi e si insinuava dentro di me sotto l’egida dell’impossibile. (…) Non capivo letteralmente nulla, ma quel nulla era di una tale purezza da attrarmi di continuo» [Nove, cit.] • «Quello che è curioso è che con loro mi sembrava di avere due amanti: ero nel mezzo di due movimenti diversi, che hanno segnato 20 anni intensissimi di letteratura. Da una parte Milo, il massimo esponente della parola innamorata, dall’altra il Gruppo 63, con massimi rappresentanti Nanni Balestrini e Edoardo Sanguineti. Anche Sanguineti è stato mio maestro e per una decina d’anni ci siamo frequentati molto, però non sono mai riuscito a dargli del tu» [Adriana Nicora, liminarivista.it] • «Fra i 16 e i 17 anni, prima mio padre e poi mia madre morirono» [Polese, cit.] • «Non sapendo come lenire il dolore, ingurgita litri di alcolici e si mette a vagare per le strade di Viggiù; il maldestro tentativo di togliere la sicura da una bombola a gas che provoca l’incendio della casa che va letteralmente in fumo; il trasferimento in un Patronato di Milano dove capisce di essere a tutti gli effetti un alcolizzato» [Gianmarco Aimi, Rolling Stone] • E poi del sesso sfrenato, dell’abuso di droghe e dell’aver provato più volte a farla finita – in un caso intrecciando vecchie cravatte, ma sul punto di annodarle al collo è stato frenato dal pensiero della zia che non lo avrebbe più visto a tavola (…); in un altro seguendo l’esempio del poeta Georg Trakl che scientificamente aveva calcolato la quantità di cocaina utile ad uccidersi si era procurato la giusta dose di “polvere bianca”, solo che una volta assunta – forse a causa del “taglio” con sostanze eccitanti – invece di spegnersi lentamente gli si era accesa in corpo una libido irrefrenabile» [Ibid.] • «Allora l’eroina sembrava una forma di vita alternativa a differenza della cocaina che aiuta a integrarti, a lavorare. C’era anche la musica a farmi compagnia: i Joy Division, The Cure, Lou Reed e David Bowie. Ascoltavo e mi immergevo nei Paradisi artificiali di Charles Baudelaire, nelle Confessioni di un mangiatore d’oppio di Thomas De Quincey, mi gustavo Timothy Francis Leary, e Aldous Huxley» [Serri, cit.] • «Però ero anche innamorato della filosofia di Hegel, (…) e proprio questo interesse mi portò fuori dalla tossicodipendenza». In che modo? «Mi iscrivo alla facoltà di Filosofia morale alla Statale di Milano. Lascio la droga per Hegel. Mi aiuta anche l’impegno al patronato cattolico e il mio prof, Luciano Parinetto» [ibid.] • «Ho fatto l’università lavorando di giorno come badante per anziani non adatti a essere curati da donne (per attitudini caratteriali loro, diciamo, e facilmente intuibili) e studiando di notte, dopo avere messo a letto i miei dolci maniaci sessuali di 90 e passa anni. Sono stati gli anni più belli della mia vita» [Marco Zonch, nazioneindiana.com] • «Balestrini, come De Angelis, mi incoraggiò molto quando lesse i miei testi e in qualche modo mi spinse a esprimermi anche in prosa» [Nove, cit.] • Nel ’96 pubblica Woobinda e altre storie senza lieto fine firmandosi Aldo Nove, uno pseudonimo preso dal messaggio che preparò l’insurrezione di Milano nel ’ 45 («Aldo dice 26x1», Nove è la somma di 2, 6 e 1). Prima di allora aveva pubblicato delle poesie firmandosi Antonello Satta Centanin, riunendo i cognomi della madre e del padre (…) «sempre nel ’ 96 Nove pubblica un racconto in Gioventù cannibale, l’antologia Einaudi Stile Libero che crea un movimento destinato a riempire le pagine culturali dei giornali» [Polese, cit.] • «Inaspettato successo che, debbo dire, mi collocò all’interno di un’area letteraria, quella dei “cannibali”, dei quali venni considerato uno dei massimi rappresentanti pur non riconoscendomi praticamente in nulla di quelle che sarebbero state le sue peculiarità. Era soltanto l’espressione di una parte del mio lavoro quotidiano di scrittura ma venni arruolato in quell’esercito letterario e mi divertiva apparire sui giornali e rispondere alle domande di interviste per me improbabili su un personaggio che mi era dato da interpretare. Di giorno (…) facevo il giovane scrittore alternativo, mi si chiedevano opinioni irrilevanti su questioni per me irrisorie (a cui rispondevo con spirito del tutto ludico, “random”) e di notte a leggere Dante, Ariosto e Tasso. Era tutto buffissimo» [Nove, cit.] • «Il gioco durò qualche anno. Mi si chiedeva di “schierarmi” ed io disertavo sempre. Mi si chiedevano libri “violenti” e scrivevo lunghissimi poemi d’amore in prosa. Pure, la luna di miele tra la mia ricerca e il fraintendimento che appiccicò addosso una certa notorietà durò a lungo. Eravamo separati in casa, io e la mia fama» [ibid.] • «Quanto ai Cannibali, dico che furono una cosa bellissima, la letteratura che si sposava con l’attualità, io, Scarpa, Ammaniti, Isabella Santacroce eravamo come dei compagni di viaggio e scrivevamo le cose che ci stavano succedendo» [ibid.] • Dopo l’esperienza dei cannibali, durata per circa un lustro, avvia un’intensa attività di scrittura, sia in prosa che in poesia. Tra i testi più significativi spiccano Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese (2006), in seguito al quale polemizza con il Ministro dell’Economia Padoa-Schioppa e il suo definire i giovani italiani come “bamboccioni”» [Gianna Fregonara, Cds] • L’autobiografico La vita oscena (2010); Com’è stato scriverlo, e poi pubblicarlo? «Periodo molto complesso, faticoso. Poi liberatorio, come un’autoanalisi» [Marco Drago, Vanity Fair]; dal libro verrà tratto un omonimo film a cui Nove collaborerà come sceneggiatore [Gilda Policastro, il Reportage] • Tutta la luce del mondo, incentrato su San Francesco d’Assisi (2014) «Con San Francesco, uomo del medioevo, scrittore di poesie, cantante, una figura anomala, se vogliamo, ho messo assieme diverse cose che mi interessavano, e ho seguito un percorso di ricerca» [Iacopo Barison, Mininatemoralia.it] • Il professore di Viggiù 2018 «“È un libro borderline tra le due etichette, il romanzo e il saggio: scrivendolo, con molto poca umiltà, pensavo a un autore come Borges. Comunque una narrazione lineare classica non c’è, e spesso prevale una componente di riflessione, o di meditazione persino” Sottotitolo: Tutto è cambiato. Tutto è cambiato nel lavoro, che manca. Nella politica, che è spettacolo. Nell’economia, che domina la politica. Nella vita quotidiana, tiranneggiata da un ormai virtuale iperconsumismo. Nel libro di Aldo Nove non c’è neppure più una distinzione tra vivi e morti, o tra vivi e zombi, troppo scontata. “L’unica differenza ormai è tra morti, gli schiavi, e super morti, chi li dirige”» [Luigi Mascheroni, Giornale] • Scrive anche delle biografie romanzate di Mia Martini (Mi chiamo…, 2013) e di Franco Battiato (Franco Battiato, 2020) • Nel 2014 viene chiamato da Fabio Fazio a collaborare in qualità di giurato al Festival di Sanremo: «Ho scritto libri su De André, Bigazzi e Mia Martini, mi considero in qualche modo uno storico della canzone» Anche della canzone sanremese? «Certamente, ci sono cresciuto, i primi ricordi sono in bianco e nero. Vivevamo in un quartiere popolare, si godeva l’evento in modo genuino, poi crescendo ho continuato a seguirlo in modo affettuoso». Mai un periodo di rigetto, durante la sbornia rock? «Non radicale. Forse ci avrei dato un taglio se Alice non avesse vinto l’edizione dell’81 con Per Elisa. Il merito fu anche di Battiato, l’artista che mi fece passare indenne attraverso la fase di rifiuto» • Nel 2015, al momento dell’acquisizione da parte del gruppo editoriale Mondadori di quello della Rizzoli, si schiera con Elisabetta Sgarbi, direttrice editoriale della Bompiani (di proprietà Rizzoli) per la quale dirige la collana di poesia InVersi, che rischia il licenziamento. «Ho firmato un contratto con un editore di cui ho assoluta stima: si chiama Elisabetta Sgarbi. Cosa farò dipenderà molto dalle decisioni di Elisabetta, perché io alla Bompiani ci sono andato per lavorare con lei. Dove va Elisabetta, vado io» [Silvia Truzzi, Fatto] • Durante lo stesso anno Sgarbi fonda, assieme ad altri soci, la casa editrice La Nave di Teseo che, nel 2016, pubblica Anteprima Mondiale di Nove • Sempre nel 2015 subisce un episodio di cyberbullismo su Facebook, «per un commento sulla vicenda di Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che si è suicidato per aver perso 110 mila euro nel fallimento di una banca “Sono stato frainteso. Ho detto che la vita di un uomo valeva di più dei suoi risparmi evaporati nel grande gioco della finanza. Il mio era un discorso generico, non intendevo minimizzare il terribile episodio di cronaca, ma subito è cominciata l’ondata di commenti che mi davano del cinico. Poi gli insulti e infine le minacce di morte”. Come si è sentito? “All’inizio molto male. Ero incazzato ma anche dispiaciuto. Facebook è uno straordinario laboratorio linguistico: bisogna riflettere molto bene prima di scriverci. Se prima di pubblicare quel post avessi aspettato cinque minuti e precisato meglio il mio pensiero, non sarebbe successo niente. Vedo tante cose positive nei social: ho 14 mila follower e a volte si sviluppano dei lunghissimi discorsi corali molto belli, quasi una nuova forma di letteratura. Poi ci sono anche i deficienti, ma quelli si bannano”» [Drago, Vanity Fair] • La sua critica al modello consumistico che ha pervaso e corrotto la società, già presente in Woobinda e altre storie senza lieto fine va intensificandosi a cavallo degli anni ’10, concentrandosi sul nefasto controllo esercitato dal potere finanziario nei vari aspetti del mondo contemporaneo (e della Realtà più in generale) [Nove, L’Espresso] • Con l’arrivo della pandemia di Covid 19 questa tendenza si acuisce ulteriormente, arrivando a denunciare la presenza di un Nuovo Ordine Mondiale di stampo dittatoriale, impegnato in operazioni di ingegneria sociale e pronto a tacitare ogni dissenso tramite operazioni di censura e di manipolazione dell’informazione [Aimi, cit.] • Pur continuando a definirsi «di sinistra» esterna il suo apprezzamento per Trump e un’intensa disapprovazione per le politiche del PD, sia in ambito economico che in quello della difesa dei diritti civili, accusando il partito di essersi allontanato dalle origini, diventando un «partito del potere» [Maurizio Caverzan, La Verità] • Da queste basi si verifica quello che è stato definito come un «avvicinamento di Nove alle posizioni della destra antisistema; a quello che potremmo forse chiamare rossobrunismo. Si tratta di un passaggio segnalato, al di là di Pulsar, non solo da dichiarazioni pro-Trump, da affermazioni circa la lucidità intellettuale di Marcello Veneziani o di Diego Fusaro, da quelle contro l’“ideologia woke” (…) e più in generale dalla deriva complottista avvenuta forse dopo/durante il lockdown. Di quest’ultima si trova traccia nell’attività social di Nove (…) e nei Sonetti (Big Reset, sonetto 68; Deep State, sonetto 156; Governo | mondiale, sonetto 246) e appunto in Pulsar, dove il lockdown viene descritto come un The Truman Show in versione “distopica”» [Marco Zonch, leparoleelecose.it] • Nel 2022, in seguito all’aggravarsi di una malattia cronica che gli impedisce di lavorare e su interessamento degli amici Mimmo Paladino e Nicola Crocetti, ottiene il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli [Failoni, cit.] • Nel 2023 il suo Sonetti del giorno di quarzo arriva in finale al Premio Strega poesia, venendo superato dall’amica poetessa Vivian Lamarque [Aimi, cit.] • Come mai, dopo tanti anni, hai lasciato Milano per trasferirti in Calabria? «Sono arrivato a Milano quando c’era la tanto deprecata Milano da bere, ma significava anche molta cultura, molto teatro off, molti locali con spettacoli dal vivo. Oggi non ritrovo nulla di quella città. Sono venuto in Calabria, invitato da amici, e mi sono stabilito qui. Non sto in una città come Reggio o Catanzaro, ma a Melicuccà, dove è nato il grandissimo poeta Lorenzo Calogero che è stato ingiustamente dimenticato. Con un festival ho portato qui, in questo piccolo paesino della Calabria, metà della poesia italiana e spero di rifarlo ancora».
Curiosità Appassionato di fisica quantistica [Nove, Avvenire], di chitarra, di esoterismo, alchimia e profumeria (passione ereditata dalla madre. Si autoproduce i profumi) [Rosaspina, Cds], di Monopoli e Trivial Pursuit: «Ma non dico mai di no a una partita di subbuteo o di calcio-balilla» [Cds] • «In un’intervista del 2002, diceva di non scrivere più a macchina da almeno quindici anni e di non saper più scrivere a mano» [Giuseppe Antonelli, La Lettura] • Torniamo al suo look. «A volte vedo che la gente ride, al mio passaggio. E quanto piacere mi fa, vederli ridere. Io mi vesto così proprio per quello: per portare un sorriso» [Drago, cit.] • Metodo «La prima stesura è abbastanza vomitata. Poi ci torno su parecchie volte. Come diceva Ezra Pound, procedo “a casaccio”» [Mariano Sabatini, Cds] • Chi legge per primo gli scritti di Aldo Nove: «I miei editor e la mia fidanzata, che generalmente non coincidono» [ibid.].
Amori «“Alle medie avevo già fatto due incontri fondamentali: la poesia contemporanea e i giornalini porno”». Pietre miliari nella sua complicata “educazione sentimentale” sono l’opera del gran Marchese, De Sade, la rivista Private e George Trakl [Serri, cit.] • «Per anni mi sono sentito un minorato (e quantitativamente in effetti lo sono) per il fatto che non provo nessuna attrazione per gli uomini. Anche se da ragazzo un paio di pompini li ho fatti. Nulla di che. Mi piacciono solo le donne» [Policastro, cit.] • Il sesso è stato come te lo eri immaginato da piccolo? Meglio, peggio? «Come le montagne russe! Essendo stato un utente precoce di giornaletti o frammenti di giornaletti trovati ovunque – metà de Le Ore per esempio ti faceva fare viaggi di giornate (…) io avevo 17 anni come lei e mi piaceva tantissimo, ma non lo avevo mai espresso in modo esplicito, implicito sì, io al di là dell’elettrocardiogramma che avrei fatto esplodere in quel momento con le mie 500 pulsazioni al minuto, penso di essere un romantico, lo ero anche allora… (…) Menomale che lei aveva un’estrema intraprendenza, io nel frattempo ero regredito ai due anni, volevo solo una tetta da ciucciare, regredito assai. Stavo sdraiato sul letto, era buio, a un certo punto ho sentito che era successa quella roba lì, sono rimasto un po’ male… ma tutto qua? Però mica è brutto, per lei non era la prima volta, ma la sua prima era stata bruttina assai, io ero principiante… diciamo che eravamo problematici» [Marina Baumgartner, thegourmandeyes.it] • Ospite (a disagio) del Maurizio Costanzo Show: «Mi trovai vicino Chiara Zocchi, che aveva pubblicato il primo libro e aveva 17 anni» Che cosa successe? «Me ne innamorai così tanto che convinsi il cugino mafioso di un amico a portarmi con il suo ferrarino sotto casa di Chiara a Varese. Scena forte: io sul tettuccio a cantare il mio amore per lei che, dal balcone, vedeva un tizio grassottello e con i capelli alla Beethoven, un poeta, su quell’auto» Un timido esibizionista, quindi. Zitto al Costanzo, ma poi vestito strano alle feste con le attrici fighe. Quale delle due versioni di sé preferisce? «Quella in cui leggo i mistici tedeschi assieme alle attrici fighe: non sa quante ce ne siano ben disposte a lasciarsi sedurre da certe letture» [Drago, cit.] • Ha avuto una relazione con l’attrice Federica Fracassi. Dopo la rottura sono rimasti amici [Nina Verdelli, Vanity Fair].
Titoli di coda Chiudiamo con una poesia. Qual è la tua preferita? «Di Milo De Angelis da Millimetri: “In noi giungerà l’universo, quel silenzio frontale dove eravamo già stati / Ora c’è la disadorna / e si compiono gli anni, a manciate, con ingegno di forbici e una boria che accosta al gas la bocca / dura fino alla sua spina / dove crede / oppure i morti / arrancano verso un campo / che ha la testa cava / e le miriadi / si gettano nel battesimo / per un soffio”» [Aimi, cit.].