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 2025  luglio 26 Sabato calendario

Biografia di Peppino di Capri

Peppino di Capri, (Giuseppe Faiella), nato a Capri (Napoli) il 27 luglio 1939 (86 anni). Cantante • Inconfondibile, «con i suoi ricci e gli occhialoni» [Giovanna Cavalli, Cds 17/3/2025] • Ha fuso la tradizione partenopea a twist e rock ‘n roll. «Con lui la canzone napoletana indossò la minigonna» [Marinella Venegoni, Sta] • Oltre 30 milioni di dischi venduti • 15 Festival di Sanremo, di cui due vinti con Un grande amore e niente più (1973) e Non lo faccio più (1976) • Tra le sue canzoni: Luna caprese (1955), Let’s twist again (1961), Roberta (1963) e la celebre Champagne (1973) • Negli anni d’oro arrivò a fare 250 concerti all’anno • Sempre durante gli anni d’oro componeva i suoi brani mettendo dei ta-ta-tà a caso, poi inseriva le parole («Nacque così Saint Tropez Twist. A Saint Tropez non c’ero mai stato. Andai anni dopo con Gino Paoli. Era inverno. Arriviamo. Tutto chiuso, tutto triste. E noi: ma le giacche in lamé della canzone dove sono?») • Ha cantato assieme ai Beatles («Un po’ se la tiravano») e per i pescatori sulle spiagge dell’Argentina («Riparavano le reti canticchiando Champagne, mi avvicinai e mi unii al coro») • Si è esibito per lo scià di Persia e per Farah Diba • A New York fu invitato a cena da un certo Carlo Gambino, lui non aveva capito che era un boss mafioso («Per fortuna non c’erano i telefonini, altrimenti mi sarei fottuto la carriera») • Al matrimonio del figlio di un politico campano incontrò Silvio Berlusconi («Salì in pedana e mi rubò il microfono. Sapeva a memoria tutto il mio repertorio») • Ogni tanto, oggi, va a bersi una spremuta a Margellina, i camerieri lo chiamano «il Maestro» e canticchiano le sue canzoni • «Sento in me sia la vena americana sia quella napoletanizzante. Fin da ragazzo ho cercato una fusione perfetta fra questi due mondi. Quando mia madre cantava le canzoni napoletane, io le arrangiavo in chiave più moderna per i miei coetanei. Poi loro pensavano che fossero canzoni mie» • In lei hanno convissuto due anime: il cantante di twist e lo chansonnier confidenziale. Quale la rispecchia di più? «Il pubblico mi riconosce nelle atmosfere sentimentali, ma le dirò la verità: dentro di me vive un’anima rock che in pochi sospettano. Forse solo Adriano Panatta…». Perché Adriano Panatta? «Con Adriano ci incontriamo ogni estate a Capri, e ogni volta che mi sente suonare mi dice: “Peppino, basta con Champagne! Tira fuori il rock”» [Carlo Antini].
Titoli di testa «Quando vado in qualsiasi teatro cominciano a gridare “Champagne, Champagne” e dovrei rispondere: “Non posso cominciare con Champagne perché altrimenti non saprei come finire”. Champagne è per il saluto» [Paolo Graldi, Mess 11/6/2023].
Vita Famiglia di musicisti. «Ancora non ero nato, e già suonavo il piano nella pancia di mia madre […] Posso dire che fin da giovane sono stato rapito dalla melodia» • È un bambino prodigio: ha l’orecchio assoluto, e il suo primo giocattolo è un piccolo pianoforte. «Nel 1943 lo zio lavorava al Morgano Tiberio, l’hotel dove alloggiavano il generale americano Clark e le truppe statunitensi, e propose di far esibire il suo nipotino per le truppe. In seguito, Clark chiese di poter ascoltare ogni week end la musica del giovanissimo Peppino, che andava in albergo accompagnato da sua sorella e da una cugina» [Davide Esposito]. «Andavo a orecchio, cercavo di riprodurre i ritmi americani che sentivo nell’aria». «Sul piano c’era un piatto d’argento: a fine serata era pieno di Am-lire. A casa, svuotavo le tasche e crollavo». «Di ritorno dalla guerra, il padre, notando la predisposizione naturale del figlio, gli disegnò un pentagramma su di un foglio e gli diede le prime basi sul solfeggio. Di lì a poco, Peppino iniziò a prendere lezioni di piano dalla sua prima insegnante, una severa maestra tedesca, moglie del celebre violinista caprese Paolo Falco. Aveva sei anni» [Esposito, cit.]. «Pochi anni dopo, avevo già il mio gruppo: lavoravamo al Number Two, un locale di Capri […]. Quando l’insegnante tedesca lo scoprì, interruppe le lezioni». «Mi cacciò letteralmente dal suo studio. […] Lei si era insospettita, perché vedeva che a ogni lezione il mio polso non era fluido e leggero come lei voleva. Poi, una notte, suo marito mi incontrò in una stradina di Capri e mi chiese che cosa stessi facendo. Risposi che aspettavo mio padre: invece tornavo da un night dove suonavo. Sia chiaro, la musica classica mi piaceva, la apprezzavo, ma dentro di me covavo altro» [a Roberto Zichittella]. […] «L’adolescenza di Giuseppe Faiella trascorse tra le prime serate nei locali capresi e le prime formazioni. Nel 1953 nacque il Duo Caprese, insieme allo storico batterista Ettore “Bebè” Falconieri. Successivamente, i Capri Boys con Mario Cenci alla chitarra, Gabriele Varano al sax e Pino Amenta al basso. […] In quegli anni Peppino di Capri suonava il pianoforte, ma non cantava ancora. Non sapeva ancora di possedere quell’inconfondibile timbro di voce che ne avrebbe fatto un asso del microfono. “Fu in una delle serate capresi che cantai per la prima volta. Il vocalist era dovuto andar via per un lutto, e la serata era a rischio. Dovevamo esibirci al Gatto Bianco, un ritrovo storico a quei tempi. Vinco una naturale timidezza e canto. Un successo. Non me l’aspettavo proprio. Da quella volta sono diventato cantante”» [Esposito]. «“Ai tempi di La dolce vita ero nei locali, quando il film veniva girato. La mia prima donna recitava in quel film, Nico dei Velvet Underground. Avevo 16 anni e suonavo a Capri: lei il giorno dopo mandava fiori a casa mia. E mia madre: “Ma che vuole questa?” […] I miei idoli sono stati Robert De Niro ed Eduardo De Filippo. Eduardo, l’ho incontrato all’Hotel De Londres. Leggeva il giornale in poltrona. Mi fa: “Guaglio’, aràpete nu ristorante”. Resto interdetto: non gli piace come canto? Dopo un po’, aggiunge: “La gente dovrà mangiare sempre”. Sei anni dopo, stessa scena: senza alzare lo sguardo, mi dice: “Te sei arapùto ’o ristorante?”» [ad Arianna Finos]. «Da ragazzo amavo ascoltare le radio di tutto il mondo. Ero un vero appassionato. Registravo quello che andava in onda e, quando la sera tornavo dal night, riascoltavo le novità» [Antini, cit.]. «Fu a Ischia, nel 1958, al night ’O Rangio Fellone (“il granchio fellone”), che diventammo l’attrazione dell’isola. Ischia era molto mondana: ci venivano in vacanza attori, registi, gente dello spettacolo, che impazzivano per noi e per Baby Gate, le novità di quell’estate. Che stagione! Mina, alias Baby Gate, cantava al Moresco: chi finiva prima andava a sentire l’altro. Poi, tutti insieme con i rispettivi musicisti, via a svegliare i ristoratori del porto per un piatto di spaghetti. […] Una sera arrivò una telefonata dalla Carish che ci convocava a Milano per un disco di prova. Era il 1958. “Mettete su una decina di pezzi-campione”, ci dissero. E noi incidemmo i nostri cavalli di battaglia: soprattutto vecchie canzoni napoletane che avevo ascoltato da mia madre e rielaborato con sonorità più moderne, rockeggianti, terzinate» (a Valeria Gandus). «Il compenso sarebbe stato di cinquantamila lire a brano, per un totale di dieci brani. Peppino e la band raggiunsero Milano a bordo di una Fiat 1100 beige un po’ sgangherata. Fecero i provini e tornarono a Capri, dove Peppino fu raggiunto da una telefonata. Da Milano gli chiesero quale fosse il nome del cantante dei provini registrati. Peppino, emozionato, non sapeva che cosa rispondere. Il colpo di genio l’ebbe Cenci, il chitarrista della band, che gli chiese: “Scusa, tu come ti chiami?”. “Peppino”. “Di dove sei?”. “Di Capri”. “Perfetto. Peppino di Capri sarà il tuo nome”. E così “Peppino di Capri e i suoi Rockers” fu l’etichetta della band. Peppino aveva vent’anni […] Inizia l’ascesa verso il successo. «Escono contemporaneamente 45, 33 e perfino tre 78 giri dal sound per l’epoca innovativo. Titoli come Let Me Cry, rifacimento in inglese di Nun parlà!, Nun è peccato di Carlo Alberto Rossi con arrangiamento terzinato, e soprattutto la versione di Malatia di Armando Romeo per metà in napoletano e per metà in inglese. Nel 1959 è la volta di una versione a terzine della gloriosa Voce ’e notte: il pubblico più attempato grida allo scandalo, ma Di Capri è ormai in cima alle classifiche, così come con un altro classico napoletano, I’ te vurria vasà, qualche mese dopo. Il cantante pianista dalla voce nasale intanto prende a prestito successi statunitensi da lanciare in Italia: a volte li esegue nella nostra lingua (Nessuno al mondo, ossia No Arms Can Ever Hold Youdi Pat Boone, successo del 1960), altre volte li propone con testo originale, rielaborando l’arrangiamento, come con Let’s Twist Again, nel 1961. Il trionfo di questo pezzo fa di Peppino di Capri il divulgatore italiano per eccellenza del nuovo ballo, sicché il 1962 è praticamente dominato dai suoi successi a tempo di twist (la notissima St. Tropez Twist, ma anche Daniela e Speedy Gonzales)» [Cesare Borrometi]. «Tutto nacque da una telefonata. “Mi chiamò Gerry Bruno dei Brutos dalla Francia. Mi disse di ascoltare questo nuovo genere importato dall’America, il twist. In Francia stava riscuotendo un grande successo. Gerry mi manda qualche spartito: ne sono entusiasta”. L’estro e l’ugola di Peppino di Capri lanciano il twist in Italia. Diventa il re di questo nuovo genere musicale. La canzone Let’s Twist Again resta in vetta alle classifiche per due settimane e viene ripresa come colonna sonora nel film Twist, lolite e vitelloni, dove Peppino compare anche come attore. È il periodo cinematografico dell’artista caprese. Nel 1963 recita nel film Disco rosso ai sogni, girato da Piero Pierotti. Alla pellicola partecipano anche i componenti del suo gruppo. […] Nello stesso anno Peppino vince la seconda edizione del Cantagiro con Non ti credo e incide la canzone Roberta, dedicata alla prima moglie, sbancando anche all’estero» [Esposito, cit.] • L’aveva conosciuta a Ischia. «Era bella, indossatrice, notai la gonna rossa, ballava con William Holden. Le feci un complimento. La mattina dopo la trovai davanti al night, con in braccio un cucciolo di leopardo, pensai fosse matta. La rividi l’inverno dopo, mi lasciò un bigliettino sulla tastiera, con il suo numero di telefono» [Cavalli, cit.] • Nel 1965 i Beatles arrivano in Italia. «“Fui chiamato ad aprire i loro concerti. Finalmente si sentivano note libere. Fu una bella esperienza. Con i miei Rockers facemmo da spalla a quattro concerti in tre giorni. Uno a Milano, uno a Genova e due a Roma”» [Esposito, cit.]. «Guardavo i loro amplificatori giganti e pensavo che fossero armadi. Hanno smosso il mercato, ma noi abbiamo esagerato: dal giorno dopo, tutti con le chitarre e i capelli lunghi. […] Non mi chiamava più nessuno. Ci facemmo prestare tre chitarre elettriche. Mi ritrovai sul palco a cantare She Loves You. Poi la sera mi guardavo allo specchio: ma che stai facendo?» • Arrivarono gli anni bui: la fine delle nozze con Roberta e la fine del successo. Lei si ritrovò con 160 milioni di debiti di gioco. «Eh, anche qualche cosina di più. Quando Roberta mi lasciò, mi crollò il mondo addosso e iniziò un periodo di crisi professionale: i fan mi voltarono le spalle. La mia musica sottovoce sembrava non piacere più» [Cristina Rogledi] • «Mi sono perso, e fino al 1970 ho pubblicato una sola canzone (È sera)». Si è eclissato… «Ho iniziato a dipingere, regalavo i quadri agli amici, al massimo strimpellavo per me, ma non capivo quale strada percorrere. Periodo duro, fino a quando non ho visto in televisione Georges Moustaki cantare Lo straniero: trasmetteva serenità. A quel punto ho ‘appeso’ i pennelli». E… “Ho riallacciato i contatti, ho parlato con un impresario romano che non mi chiamava più e ho scoperto che un collega-amico non era poi così amico». Cosa le aveva combinato? «Noi due avevamo stipulato un patto: “Meno di questa cifra, non suoniamo”. Bene. Peccato che sotto banco accettava cachet molto inferiori: così mi aveva escluso. Calai anche io, e di brutto”» [Alessandro Ferrucci, Fatto]. «Per i debiti mi aiutarono i parenti. E con gli ultimi soldi, circa 200 mila lire, fondai la mia casa discografica, la Splash. Decisi di riprovare, col mio stile. Vinsi il Festival di Napoli del ’70 con il brano Me chiamme ammore, e tutto ripartì» [Rogledi, cit.] • «A poco a poco torna ad affermarsi sul mercato, a partire da Amare di meno, sigla del seguitissimo Rischiatutto, edizione 1971-’72. Nel 1973 arriva la vittoria a Sanremo con Un grande amore e niente più, dall’efficace testo di Franco Califano, e quindi Champagne, che s’impone con una forza tale da diventare un po’ la sigla incubo di Faiella» [Borrometi, cit.]. «“In realtà, non era stata scritta per me; non si chiamava neppure così, ma Coppa di champagne, e all’inizio non fu un successo. […] L’ha scritta un gruppo di autori che avevano già lavorato per me: Mimmo di Francia, Salvatore di Pasquale, che firmava come Depsa, Sergio Iodice. Vennero nel mio ufficio a Napoli per chiedermi consiglio. Il primo fu di cambiare il titolo: meglio Champagne e basta”. E fecero bene ad accoglierlo. “Ma la canzone volevano farla cantare ad Aznavour, perché era francese. Mi chiesero se lo conoscevo. In alternativa, l’avrebbero mandata a Modugno. Il pezzo, però, mi piaceva: lo trovavo adatto per portarlo alla finale di Canzonissima, che era vicina. ‘Fatemela cantare’, chiesi”. Ne furono contenti. “No: erano convinti che non fosse adatta al mio stile. ‘Ci vuole uno chansonnier: tu queste cose non le hai mai fatte’, dicevano. Ottenni, comunque, un provino. Venne benissimo, e si convinsero. Così Champagne andò alla finale di Canzonissima […] Finii quinto su nove concorrenti. Dietro Gigliola Cinquetti, i Vianella e Al Bano. Non fu una grande edizione”. E il successo come arrivò? “Per caso. Dopo sei mesi ci accorgemmo che il pezzo andava fortissimo alla Siae: era un hit dei piano bar, la suonavano dappertutto”» [Marco Molendini].
Amore Un figlio, Igor (1970), dalla prima moglie, la modella Roberta Stoppa; altri due figli, Edoardo (1981) e Dario (1986), dalla seconda moglie, la biologa Giuliana Gagliardi (peraltro cognata di Mimmo di Francia, coautore di Champagne), con cui è stato sposato dal 1978 fino alla morte di lei, occorsa per cancro il 4 luglio 2019, a soli 68 anni. Dei tre figli, uno, Dario, fa l’attore (col nome d’arte di Dario Castiglio), mentre un altro, Edoardo, «“è musicista, gira il mondo con le cover degli U2: non sa quanto mi costa di attrezzatura. Tutto quello che ha The Edge lo deve avere anche lui. Ma è bravo”. Il terzo? “Vaga, da un baretto a Palma di Maiorca ai led di una fabbrica in Montenegro. Igor, il figlio di Roberta, la mia prima moglie, ogni tanto mi dice ‘Ho avuto un’idea’, e io tremo. La mamma era così: mi faceva cambiare continuamente i mobili. E lui è uguale a sua madre”» [Finos, cit.] • Dopo averlo cantato tanto, cosa ha capito dell’amore? «Che quando ti innamori e decidi di darti a una persona sono cavoli, è una scelta che ti impegna. A volte ti trovi davanti a un bivio, tra amore e avventura». E lei che ha fatto? «Se ami davvero, rinunci alla scappatella. Però non è un sacrificio, anzi, rientri a casa contento di aver dominato l’istinto. I traditori non mi piacciono. In Champagne lui si innamora sul serio, è lei che è infedele al fidanzato ma poi torna da lui» [Cavalli, cit.].
Politica Lei è andato a omaggiare Salvini quando è “calato” su Napoli… «Ed è scoppiato il bordello: mica avevo pensato alle conseguenze, altrimenti col cavolo. Però aveva parlato bene di me: per questo sono andato a portargli i miei ultimi due dischi. Appena presi, mi dice: “Le devo qualcosa?”. Le ha indirettamente dato del napoletano-piazzista. «Dice? Non credo… anzi, spero di no» [Ferrucci, cit.].
Tifo Lo scudetto tornato a Napoli, «una soddisfazione immensa. Cameriere, champagne!».
Vizi Ma lo champagne lo beve? «Fa male alla voce, bagno appena le labbra» [Cavalli, cit.].
Curiosità Grande passione per gli scampi alla brace («il mio piatto preferito»), ma pure per le merendine («ne mangio in quantità industriali: una media di sei al giorno!») • Qualche anno fa lui e Al Bano rischiarono di diventare parenti:Romina jr e suo figlio Dario facevano coppia. «Al Bano si divertiva a presentarmi come il suo consuocero. Peccato sia finita, i ragazzi stavano bene insieme» • «Mi rifiuto di fare l’Al Bano della situazione, che vive per apparire. Gli ho detto: “Non ti tingere più i capelli, fai schifo”. E lui: “Sei pazzo: io giro per i Paesi in cui devi avere i capelli corvini”» • «Anche lei ha lanciato la sua moda: la giacca di lamé. “Vivevo a Capri, coccolato da grandi stilisti. Mi sono messo la giacca di lamé: la gente impazzì. Mi feci arrivare dalla Cina una stoffa con alberi e uccelli per una giacca su misura: me la rubarono a Maranello a fine serata. La poggio su una sedia, firmo un autografo, mi giro e non c’è più. Ogni tanto la rivedo su qualche foto. Vorrei mettere un annuncio su internet…”» [Finos, cit.] • A una festa nella casa romana delle sorelle Fendi, si esibirono Gianna Nannini, poi lui al pianoforte. «Dopo l’ultima canzone Sophia Loren mi prese sottobraccio: “Guagliò, vien’ a ccà, parlamme nu poco in napoletano”» • Nel film Il Sorpasso (Dino Risi, 1962) si sentono sette sue canzoni • In Operazione San Gennaro (Dino Risi, 1966) i ladri del tesoro, per fare il colpo, aspettano che vada in onda il Festival della canzone napoletana che incollava tutti alla tivù, ed entrano in azione proprio mentre Peppino di Capri canta Ce vo’ tiempo • Ha recitato come attore con Lello Arena in Maurizio, Peppino e le indossatrici. «Un filmaccio che passano i canali privati» • Il 2015 gli riservò invece un curioso diversivo: «76 anni di età e 57 di carriera, il cantante si lancia come attore nella commedia Natale col boss. […] “Lillo e Greg hanno avuto l’idea dell’errore di due chirurghi che, invece di rifare la faccia al boss come quella di Leonardo DiCaprio, lo trasformano in Peppino di Capri. Aurelio De Laurentiis un giorno mi convoca all’Hotel Vesuvio: pensavo volesse qualche consiglio sui giocatori del Napoli e invece mi propone il film. ‘Dai, firmiamo’. Io: ‘Ma me lo fai leggere, il contratto?’. ‘Ma dai, tra amici ci mettiamo a perdere tempo? C’è la partita tra mezzora’”. Com’è andata sul set? “I colleghi mi hanno gasato e mi sono lasciato andare. In una scena in macchina io e il boss con la mia faccia ci incontriamo: recitare tutte e due le parti non è mica facile. Perché il boss ci prende gusto, e vuole diventare davvero Peppino di Capri...» [Finos, cit.] • «Da giovane avrei potuto intraprendere la carriera di manager internazionale, e certe volte mi capita di ripensare a questa cosa… E poi spesso penso alla scelta di vivere tra Napoli e Capri, niente affatto zona di supporto promozionale del settore. Non a caso molti colleghi napoletani hanno rinunciato all’habitat naturale, familiare e creativo offerto dalla loro città natale in cambio di più chances lavorative che supportassero più a lungo, così, la loro immagine. Io invece sono rimasto qui. Amo troppo questi luoghi. Sono fondamentalmente un romantico» • «A ispirare i suoi testi è sempre Capri. “Compongo nella mia casa sul Castiglione, di fronte ho il golfo di Napoli. Anche la curva di Casa Mia a Marina Piccola è fonte di ispirazione, mi ha sempre suscitato forti emozioni e guizzi istintivi per le mie canzoni. Amo osservare i Faraglioni in silhouette, accarezzati dai raggi del sole”. I ricordi tornano al periodo di gioventù. L’infanzia trascorsa sull’isola frequentando le scuole a Santa Teresa e poi alla Certosa. “D’inverno trascorrevo il tempo a studiare musica e d’estate uscivo con le comitive di Napoli […] Da ragazzo, quando scendevo le scale della piazzetta, con un solo sguardo abbracciavo il mondo intero”. Sotto gli ombrelloni coloratissimi dei bar c’erano scrittori, artisti, attori di tutto il mondo. “Ai miei occhi ancora giovani, tutte quelle persone […] sembravano delle comparse, e Capri un film. Vivere quell’epoca è stata una grande fortuna”» (Esposito) • La differenza tra i suoi tempi e oggi, dice, è che all’epoca non ci si sforzava di diventare di moda a tutti i costi. «Era un fatto spontaneo. Si incideva, piaceva, diventava l’estate di qualcuno o di tanti. Adesso, si lavora a tavolino e si programma tutto» • Il suo brano che ama di più? «I miei capelli bianchi. “Stanotte non ho voglia di dormire/ Io faccio un po’ il bilancio di una vita/ Ho messo in fila tutti i miei ricordi/ In fondo non c’è molto da cambiare”. Ed è proprio così. L’età? Non ci pensi. Non te ne accorgi, poi un giorno gli anni che sono passati arrivano tutti insieme» [Silvia Fumarola, Rep 22/1/2024] • Enrico Ruggeri nel 1980 gli diede del babbione. «Dietro le quinte mi vide passare, e disse: “Quest’anno abbiamo anche il nonnetto”. La mia seconda moglie Giuliana si offese, avrebbe voluto reagire, io no. “Lasciali perdere, sono ragazzini, diventeranno vecchi pure loro”».
Titoli di coda Farah Diba l’ha rincontrata da Bruno Vespa a Porta a Porta. «Ero seduto al piano. Vespa le chiese: “Lo riconosce questo signore?”. Lei si alzò e mi venne ad abbracciare» [Cavalli, cit.].