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 2025  settembre 08 Lunedì calendario

Biografia di Giovanni Lindo Ferretti

Giovanni Lindo Ferretti, nato a Cerreto Alpi (allora mille abitanti, oggi nemmeno cento), frazione di Ventasso, in provincia di Reggio Emilia, il 9 settembre 1953 (72 anni). Cantautore nei Cccp, poi nei Csi, poi nei Gpr. Scrittore. Prima punk e filosovietico, poi cattolico e sostenitore di Giorgia Meloni.
Titoli di testa «Per me è meraviglioso invecchiare. Sono stato un bambino molto felice, un adolescente inquieto, un giovane problematico, ho corso una serie infinita di rischi, mi sono barcamenato attraverso i peccati e se Dio mi concederà di diventare un grande vecchio, mi auguro di esserlo come capita» [a Gianmarco Aimi, Rolling Stone].
Vita Ricorda i suoi «vecchi» come «medioevali» [Aimi, cit.]. A Cerreto «fino agli anni 50 vivevamo sotto Matilde di Canossa, in un tempo scandito dalla transumanza. […] Era un mondo pieno di dolore, di fatica, soprattutto per le donne. Mi ricordo le donne che spaccavano il ghiaccio per lavare i panni a mano. Per gli uomini c’era un senso di libertà, di avventura» [a Daniela Preziosi, manifesto] • «Io sono nato come alla fine del medioevo in una grande casa che si stava sgretolando, con una nonna che sapeva tutto quello che era accaduto fino alla fine del Seicento, che chiamava Reggio Emilia ancora Reggio di Lombardia. Da quando nasco fino a scuola vivo in questo mondo mio e di mia nonna Maddalena, fuori dal mondo, lontano dalle radio, dai giornali» [a Giulia Cavaliere, Domani] • Suo padre, che si chiamava Giovanni come lui, era un pastore transumante. Morì poco prima della sua nascita. «Non ho potuto vedere il funerale di mio padre perché ero nella pancia di mia madre. […] Quando dico “nato tra i morti sui monti” è la verità» [ad Andrea Scanzi, Fatto] • «Sono stato molto amato dai miei nonni, dai miei zii e dai miei vicini di casa» [ad Alessandro Ferrucci, Fatto] • «Quando avevo quattro anni mia nonna mi disse che era il momento che io conoscessi personalmente la morte. Era venuto a mancare un parente. Mi portò alla veglia funebre, mi disse: “Toccalo, questo è il freddo della morte, devi sentirlo. Devi capire la differenza con il caldo della vita”» [intervistato da Alessandro Giuli al museo Maxxii] • Rimasta vedova, sua madre Eni lavorò come lavapiatti in un albergo, poi come aiuto cuoca e cuoca. «Eravamo molto poveri, con mio padre che era morto e abbiamo vissuto con un piccolo stipendio di mia madre. Questo ci ha costretto a fare i conti con una povertà che i nostri vecchi non avevano mai conosciuto. Prima eravamo una famiglia benestante, benché in una dimensione arcaica di montagna. Comunque, in casa nostra nessuno è mai morto di fame. […] La disgrazia l’abbiamo conosciuta perché la società è cambiata e siamo stati costretti a reinventarci sulle spalle di mia madre, che ha allevato due figli e li ha fatti studiare» [Aimi, cit.] • «Per le elementari mi mandano in collegio a Reggio perché studiare è una cosa seria. Allora i bimbi ricchi andavano a studiare coi Gesuiti e quelli poveri coi Salesiani. Lì incontro tre suore venete: suor Battistina, suor Rosalia e Madre Aurelia Strozzi. Democrazia cristiana pura, anticomuniste, comunque persone belle» [Cavaliere, cit.] • «Dopo solo un anno, la suora decise che avevo una gran bella voce e diventai il solista del coro. Mi portarono anche allo Zecchino d’oro» [Ferrucci, cit.]. «Ho cantato nel Duomo di Reggio Emilia, ero spaventatissimo, un bimbo alto così. Da piccolo conoscevo le canzoni di chiesa e degli alpini. Nient’altro» [a Francesca Saturnino, DoppioZero] • «A scuola, mentre gli altri avevano i giochi, io pensavo ai miei cavalli, agli animali, ai boschi e mi facevano ridere i loro aggeggi finti. In una stanza io potevo raccattare per il bosco tutti gli animali che trovavo, come merli e gufi. Era molto più divertente. Da bambino non percepivo di essere povero. Non avevamo soldi, fine. Al liceo ho iniziato a capire che la condizione economica della mia famiglia era molto al di sotto delle altre. Pensa che in casa abbiamo preso la televisione quando in prima liceo ho scoperto che tutti guardavano l’Odissea la domenica sera. Fino ad allora non avevamo neanche una radio. Da ragazzino, per avere un po’ di soldi non li chiedevo a mia madre, mi sarei vergognato. Andavo a funghi come si faceva in montagna, e alla fine dell’anno mi compravo il cappotto da fighetto oppure l’eskimo da estremista di sinistra, che poi sono la stessa cosa» [Aimi, cit.] • Studia al Dams a Bologna, e poi per cinque anni lavora nella sua provincia di origine. «Ero operatore psichiatrico per una Usl, poi un giorno mi resi conto che dovevo smettere altrimenti sarei morto. Così mi presi una vacanza e andai in Germania. Era il 1980. E lì ho scoperto un mondo che non immaginavo, con musica punk e reggae ovunque. Una meraviglia. Stavo benissimo» [Ferrucci, cit.] • A Berlino nel 1981 incontra Massimo Zamboni: «Abbiamo cominciato a parlare di tutto: non abbiamo smesso più. Venivamo da Reggio Emilia, avevamo gli stessi amici, frequentavamo gli stessi posti, non c’eravamo mai visti. Quando sono partito per Berlino una comune amica m’invitò a cena. […] Tirò fuori un bigliettino: “Questo è il posto dove lavora un amico di Reggio, devi assolutamente conoscerlo”. Era il numero della pizzeria dove lavorava Zamboni. “Ma secondo te vado a Berlino per conoscere uno di Reggio?”. Non ho preso il biglietto. Come lui ha raccontato, ci siamo incontrati per caso: non ci siamo più lasciati, senza mai cumularci. Ricordo discussioni infinite, eravamo ancora molto determinati dagli anni 70, dall’ideologia, dalla politica, dal pensiero: la discussione era qualcosa di essenziale. Ci siamo resi conto della fortuna di incontrare un essere che aveva tutto quello che mancava a te, eravamo due entità opposte, specchiandoci l’uno nell’altro diventavamo qualcosa che era molto di più di due. Abbiamo pensato: che facciamo? Cinema? Ci mettiamo a scrivere dei libri? All’epoca avevo una mezza voglia di fare il fotografo. […] L’idea di diventare un gruppo musicale è stata un regalo di Berlino. Un pomeriggio siamo andati al Geniale Dillettanten a Tempodrom, ci siamo resi conto della potenza che aveva la musica in un posto come Berlino in una dimensione come quella del punk. Non eravamo musicisti, non ti veniva in mente di fare un gruppo, i pensieri erano legati agli anni 70, c’erano cantautori, non gruppi, nessuno di noi era un cantautore. Il Geniale Dillettanten era una specie di corrida folle. C’era un palcoscenico attrezzato, potevi salire e cominciare a esibirti: la gente ti cacciava via o ti ascoltava. Quel giorno non siamo saliti sul palco, ma ci è piaciuta moltissimo quella dimensione punkettona: c’era un eccesso di anima e una miseria di capacità tecniche. Vedevi gente che cominciava a cantare in tedesco grezzissimo, durissimo: ti commuoveva. […] Ho detto: “Io da bimbo cantavo, eh, Zamboni” […] Zamboni ha detto: “Io ho fatto un corso di chitarra all’Arci di un mese”. Così abbiamo deciso di tornare a casa e fare un gruppo» [Saturnino, cit.] • Fondano i Cccp-Fedeli alla linea, con Annarella Giudici e Danilo Fatur (e altri come turnisti o solo per un certo periodo). Il nome rimanda ai caratteri cirillici che compongono l’acronimo russo di Urss • «All’inizio della storia dei Cccp avevo i capelli rossi e gli occhi truccati. Dopo due o tre anni che mancavo dal paese, tornai e incontrai le mie due vecchie zie adorate. Vennero da me con le lacrime agli occhi e dissero abbracciandomi: “Ci avevano detto che ti eri tinto i capelli, ma in realtà sono quelli di tuo padre!”» [Ferrucci, cit.]• «Siamo stati l’unico gruppo alternativo pagato alla fine di ogni concerto. I Litfiba andavano negli stessi posti e non li pagavano. Poi ci hanno spiegato che ci temevano» [Preziosi, cit.] • «Senza il punk i Cccp non avrebbero potuto esistere, non avevano nessuna capacità e nessun interesse ad averla. Io non sapevo cantare e non avevo nessuna voglia di imparare e il punk mi ha permesso di farlo comunque, rispetto alla musica classica. Quindi, solo in quel momento e in quelle condizioni potevamo nascere. I Cccp sono stati, nel loro piccolo, un accadimento culturale. Io e Zamboni li vedevamo come l’ultimo rimasuglio delle avanguardie letterarie del Novecento, dopo dadaismo e surrealismo. Portavamo sul palco il malessere di una generazione» [Aimi, cit.] • «L’ultimo anno dei Cccp ho ricominciato a frequentare Cerreto. Mi presentavo con i capelli sparati in aria e colorati, rasati ai lati, gli stivali e la minigonna. Sa qual era il bello? A parenti e vicini non interessava» [Ferrucci, cit.] • «Non guadagnavamo un cazzo. Percepivamo lo stipendio base di un metalmeccanico. Chiusi i Cccp ci siamo divisi due milioni e mezzo a testa e con la mia parte mi sono comprato un cavallo» [Aimi, cit.] • I Cccp si sciolgono il 3 ottobre 1990, giorno della riunificazione tedesca. Ferretti e Zamboni ne fondano un altro, i Csi (Consorzio Suonatori Indipendenti). Nel 1997 i Csi arrivano fra lo stupore generale al primo posto della classifica di vendita. Ma dopo varie incomprensioni nel 2001 Ferretti esce dal gruppo e fonda i Prg (Per Grazia Ricevuta). A fine 2023 ha ricominciato a fare qualche concerto con i Cccp • Ai tempi dei Csi «mi ubriacavo tutte le sere, con quattro o cinque bottiglie di vino pregiato spendendo un sacco. Meno male che prima di sperperare tutto avevo messo via un gruzzolo e mi sono ricordato l’insegnamento di mia nonna. […] Tutti i soldi che avevo li ho usati per rimettere a posto la mia “venerabile dimora”» [Aimi, cit.], la sua casa natale, a Cerreto Alpi, in Emilia Romagna, dove torna a vivere.
Religione «Ero ateo e bestemmiatore», ma dalla fine degli anni Ottanta si riavvicina al cattolicesimo, fino a diventarne un serio osservante • «Quando non pregavo mi trovai su una bancarella un libro antico, non recente, usato, costava pochissimo, si chiamava Dio è corazza dei forti. Erano le antiche preghiere del cristianesimo irlandese, intrise di paganesimo» [Scanzi, cit.] • «Negli anni Novanta mi interessava moltissimo l’islam. Le tragedie dell’Algeria e della Jugoslavia mi hanno portato ad avvicinarmi a questo mondo. Ma la concezione della donna di quel mondo mi ha fatto capire che non faceva per me. Sono passato dal confucianesimo, dal buddismo. Ho capito che per anni avevo convissuto con pensieri insignificanti rispetto alla comprensione del mondo. Aveva ragione Wojtyla: anche per me è stato un male necessario. E qui ho riscoperto il cristianesimo» [a Tommaso Cervo, Libero] • Su papa Ratzinger: «Mi ero stufato, qualche anno fa, di leggerne su Repubblica tutto il male possibile. Sono andato in libreria e ho chiesto se questo Ratzinger avesse scritto qualcosa. Mi hanno indicato una pila di libri. Da lì ho scoperto un genio, prima che diventasse Papa» [ibid.] • «La rinuncia di Ratzinger l’ho percepita come un segnale orribile dei tempi. […] è stata come dire che l’Europa non esiste più» [Aimi, cit.] • Il Te Deum è «la preghiera più bella che io conosco» [Cavaliere, cit.] • Nel 2015 ha tenuto una rubrica su Avvenire, si chiamava Dal crinale • Ricorda che sua nonna Maddalena alla finestra «diceva le preghiere e intanto si pettinava» [Scanzi, cit.] • Accudì sua madre Eni, malata di Alzheimer, fino al 2011, quando morì a 90 anni. «Negli ultimi anni della sua vita tutte le sere quando veniva buio dicevamo il rosario. […] Quei due anni io li chiamo il nostro inverno contento […] mamma era diventata simpaticissima. […] Io per lei sono stato un grande cruccio nella vita, e lei ha scelto di tenermi, ed in questo è stata ripagata. Per un periodo io ho vissuto il quarto comandamento: onora il padre e la madre» [ibid.].
Politica «Ero un estremista di sinistra, il soggetto costruttore di un nuovo mondo più equo e giusto, la nuova umanità. Ma già mentre appoggiavo quel pensiero, capivo che dovevo credere nell’ideologia di sinistra “nonostante”. Essa andava creduta e appoggiata “nonostante” varie cose: i gulag, la violenza, la mancanza di libertà. Poi è successo che i vari “nonostante questo” comprendevano tutta la realtà» [Lorenzo Fazzini, Nuovi cristiani d’Europa Lindau 2009] • «Ho sempre ritenuto che la destra fosse il male, l’infamia. Alla fine di un lungo processo, faticoso e doloroso, ho scoperto che la sinistra non era tutto quel bene che raccontava in giro, che anche noi eravamo essere umani con dei difetti. Così ho guardato dall’altra parte, scoprendo che ci sono persone interessanti, capaci e lodevoli. Giorgia Meloni è una di queste» [Aimi, cit.] • «Sono stato contento che la sinistra abbia perso, molto, molto contento» [Scanzi, cit.] • Dice che, da quando è stata eletta, ogni mattina dice un Ave Maria per Meloni. «Io ho stima della Meloni come politica. Mi piace la sua storia, che sia nata povera, cresciuta povera, vicina alla parrocchia» [ibid.]. Hanno pranzato insieme diverse volte • Simpatizzò anche con Berlusconi, «quando alzò la pensione minima».
Altro Nel 2006 esordì come scrittore scrivendo l’autobiografia, quasi in forma di poesia, Reduce per Mondadori. Con lo stesso editore nel 2009 pubblica Bella gente d’Appennino, «una sorta di inventario dove attraverso una manciata di parole chiave racconta il suo percorso artistico e spirituale» [Bregola, Giornale]. Tra gli altri libri, nel 2019 pubblica per Gog L’Italia profonda scritto con il poeta e «paesologo» Franco Arminio, e nel 2022 Óra per Aliberti • Ama i cavalli: «Sono come i punk. Non amano le regole, fanno le prove svogliati, ma quando inizia lo spettacolo, quando si accorgono che c’è il pubblico, quando sentono gli applausi, allora diventa bellissimo» [a Matteo Cavezzali, Minimaetmoralia]. Li allevava, ma ha smesso da qualche anno. Scriveva Langone nel 2006: «Possiede vari esemplari con cui intende ricostituire una razza appenninica di piccoli cavalli bianchi, pressoché estinta quando, negli anni Sessanta, affascinati dallo stile di vita cittadino i montanari della zona scesero a valle dall’oggi al domani, vendendo le bestie al più vicino macello. Però niente provette: “Lascio scopare le mie cavalle liberamente, con gli stalloni che trovano nei pascoli, con la casualità e i pericoli della monta naturale. Gli stalloni sono violenti, mordono, calpestano, le cavalle tornano ammaccate. Ma tanto io non voglio migliorare la razza, come hanno fatto in Toscana dove il maremmano a forza di miglioramenti non sembra più maremmano, io voglio peggiorarla, voglio riportarla indietro, ai cavalli bianchi portati in Italia dai barbari”» • «Si accende e fuma qualcuna delle 50 sigarette quotidiane (dopo che gli è stato asportato un cancro al polmone)» [Cervo, cit.] • «Non sono più capace di stare in albergo, vomito tutto quello che ho mangiato e ci metto 24 ore per riprendermi» [Aimi, cit.] • «Fare interviste non ha senso. C’è un eccesso di comunicazione che azzera qualsiasi cosa» [ibid.] • Non ha figli: «È andata così, non me ne compiaccio ma nemmeno me ne rammarico» [Langone, cit.] • «Hai avuto molte groupie? […]. Mi guarda come se non conoscesse il significato della parola» [ibid.] • «Io e il mercato siamo andati sempre molto d’accordo, visto che non abbiamo mai avuto il minimo interesse reciproco» [Preziosi, cit.] • Il 26 aprile dell’anno scorso Ferretti era a Venezia per incontrare Pietrangelo Buttafuoco quando «a un certo punto ho avuto una sensazione negativa, un malessere che conosco e che credevo di poter curare riposandomi, cercando di stare steso aspettando che passasse. Per fortuna Buttafuoco non mi ha creduto. Ha chiamato l’ambulanza, che essendo a Venezia è arrivata via mare. È successo tutto velocemente, i medici si sono accorti che avevo un infarto in corso e il loro intervento repentino mi ha salvato la vita» [Cds]. «Già altre due volte ero stato in ospedale con problemi gravi, mi hanno tolto un tumore e mi hanno tolto tutto lo stomaco. […] io credo che senza il palcoscenico sarei morto un sacco di tempo fa» [Cavaliere, cit.].
Titoli di coda «Sono un vecchio punkettone e lo sono anche quando vado in chiesa. È una attitudine» [Aimi, cit.].