27 settembre 2025
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Biografia di Aldo Baglio (Cataldo B.)
Aldo Baglio (Cataldo B.), nato a Palermo il 28 settembre 1958 (67 anni). Attore. Comico. Sceneggiatore. Membro, assieme a Giovanni Storti (n. 1957) e Giacomo Poretti (n. 1956), del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Dei tre, lui è quello alto e senza capelli • «Il 33,3 per cento del terzetto più famoso d’Italia» [Fulvia Caprara, Sta 19/3/2019] • Caratterizzato dalla cadenza siciliana, «dalle sue “facce”, dalla gestualità larga da folletto» [Valerio Cappelli, Cds 28/6/2022] • I tre, attivi in teatro fin dai primi anni Novanta, raggiunsero la notorietà nel 1995 grazie a Mai dire Gol, la trasmissione della Gialappa’s Band, in onda all’epoca su Italia 1. La tivù servì da trampolino di lancio per il loro primo film Tre uomini e una gamba (diretto da loro stessi assieme a Massimo Venier, 1997), successo bissato tre anni dopo da Chiedimi se sono felice, loro maggior incasso (sfiorati i 30 milioni di euro). In totale, insieme, hanno realizzato quindici film, da ultimo Il grande giorno (2022), e dodici spettacoli teatrali, da ultimo The Best of Aldo, Giovanni e Giacomo (2016) • «In quasi un trentennio hanno conquistato gli italiani grazie alla loro comicità stralunata e garbata, contraltare alle risate becere di tanti cinepanettoni» [Gloria Satta, Mess 24/7/2019] • «Una comicità teatrale, sì, e di linguaggio realista, non satirico, con irreversibile tendenza al nonsense (loro direbbero pura idiozia, forse) di cui “Tafazzi”, finito nello Zingarelli, è il grado zero di pura pagliacceria. Una storia di comicità milanesissima, ma particolare nella gloriosa storia del cabaret milanese. Lo è per la partenza dal basso, umile, il successo lento, il repertorio messo insieme e in anni di gavetta semi-dilettantesca e semi-professionale. Il successo arrivato quasi fuori tempo massimo quando – passati da un pezzo i trenta – molti altri avrebbero già mollato» [Maurizio Crippa, Foglio 2/12/2016] • Oggi sono «tre splendidi sessantenni, ancora insieme, nella buona, come nella cattiva sorte» [Massimiliano Castellani, Avv 28/11/2021] • Sono veramente amici, ma hanno caratteri diversi. «Dicono di essere come un minestrone: Giacomo le verdure, Giovanni il brodo, Aldo i borlotti» [Maurizio Porro, Cds 26/10/09] • «Rispetto all’atletico-disicantato Giovanni Storti e al mistico-infermieristico Giacomo Poretti, Aldo è un romantico- nostalgico che quando non è in scena è immerso nei suoi pensieri divanati» [Castellani, cit.] • Giovanni, quando gli chiedono di descrivere la personalità dell’amico, dice: «Aldo era un uomo indipendente, dall’istinto un po’ selvaggio. È quello che avrei voluto essere io» • Giacomo commenta: «Aldo è il nostro macina-idee, è incontenibile. Ma è anche il terrone, quella parte dell’Italia che ci dà la possibilità di litigare sulla scena» • Lui taglia corto: «Basta essere pirla e tiri fuori il massimo».
Titoli di testa Si è mai sentito emarginato? «A Milano mi dicevano terrone. Ma il fatto è che a Milano sono tutti terroni» [Cinzia Romani, Giornale 19/3/2019].
Vita Palermitano di San Cataldo, «da cui prendo il nome» • Famiglia di condizioni modeste. «Ero un lattante grosso, grossissimo, e i figli grossi a Palermo allora erano quelli belli. “Quant’è beddu ’stu fiiiiju” dicevano a casa mia. Ero come il carosello della Philco, sembravo uno del pianeta Papalla. Dovevo essere un maiale: pesavo quattro chili e mezzo» • La famiglia Baglio si trasferisce a Milano quando lui ha tre anni. Il suo accento naturale è quello meneghino, la cadenza siciliana è una trovata artistica per cui ha dovuto studiare: «In casa a Milano non si parlava tanto in dialetto, dunque è tutto merito delle vacanze estive in Sicilia. Anche perché dai miei cugini a Borgo Nuovo mi sentivo un estraneo col mio milanese, ma Giovanni e Giacomo non hanno sentito ragioni. Sei un terrone? E parla palermitano! Così ho imparato. A schiaffi, aprendo e trascinando le vocali» [Sergio Buonadonna, Rep 21/3/2010] • A scuola, scarsissimo: «Ho sempre odiato studiare e ho avuto un cattivo rapporto con i compiti che sul diario non segnavo mai; non riuscivo a stare al passo neppure con quello. Di matematica, inglese, italiano non ho mai capito niente, e andavo sempre al doposcuola. Volevano bocciarmi anche in terza media, ma con gli insegnanti ho fatto un patto: il diploma in cambio della promessa che non avrei continuato gli studi. Figurati, io non aspettavo che di andare a lavorare. Lo sai cosa hanno scritto sul mio libretto scolastico? “Nessuna attitudine”» • Adolescente, lavora in un’officina meccanica. «Mi piaceva l’idea di fare il tornitore, ma mia mamma voleva che avessi un posto fisso. Erano gli anni Settanta, mi sono licenziato e mi hanno preso alla Sip dopo tre mesi di corso».Perché poi è andato via? Stipendio sicuro, possibilità di carriera: pensava già di fare l’attore? «No, ma spesso mi chiedevo: dovrei vivere tutta la vita così? Allora sono andato dal mio capo e gli ho detto: voglio licenziarmi». Negli Anni 70 il posto fisso era un gran regalo. Il suo capo avrà pensato: questo è matto! «Infatti era molto sorpreso e mi ha chiesto di ripensarci: questo è un lavoro statale, se ne rende conto? Ma sta scherzando?». Invece? «Ho lasciato. Avevo già conosciuto Giovanni e a Milano ci siamo messi a cercare lavoro. La sera andavamo nei localini, abbiamo fatto i provini e ci hanno preso. Peccato che molti di quei posti meravigliosi, come il Derby non ci sono più. Che ricordi...». Uno in particolare? «Un sogno fantastico che è arrivato da solo quando con Giovanni siamo riusciti a comperare un furgone e a lavorare nelle piazze. Piacevamo alla gente, quei luoghi erano una conferma». Milano per lei è stata una città importante, giusto?«Assolutamente sì. Se non fossi stato a Milano non ce l’avrei mai fatta» [Anna Maria Piacentini, Libero 28/6/2022] • Alla fine degli anni Settanta, a Milano, c’è fermento. Il Ciak. Lo Smeraldo. Aldo, i suoi primi passi come attore, li muove lì. «Mi sono scoperto capace di fare ’sto mestiere dall’oggi al domani. E su cosa dovevo puntare se non sulla fisicità? All’inizio con Giovanni facevamo pantomime e maschere, un repertorio abbastanza lontano da quello che facciamo oggi. Mi capitava anche di abbandonare lo spettacolo a metà. Una volta, a Bassano del Grappa, stufo di prendere insulti da uno che aveva bevuto e interrompeva sempre, Giovanni lo ha mandato a quel paese. Fine dello spettacolo. Alla fine, su dieci serate quattro andavano male, ma sei andavano bene ed eri ripagato. Sono stati anni belli, ma anche difficili. E logoranti» • Il Trio si forma nel ’91, quando Giacomo Poretti, ex infermiere con la passione per il teatro, si unisce ad Aldo e a Giovanni, che dopo parecchi anni di sodalizio in coppia cominciavano a entrare in crisi. Aldo: «A un certo punto io non andavo più tanto d’accordo con Giovanni: s’era creato tra noi due qualcosa di personale senza che fosse successo niente di reale. E non riuscivamo più a comunicare come prima». Incontro allo Zelig, poi Giovanni cura la regia di due spettacoli che Giacomo aveva scritto con Carlo Turati, Mens sana in corpore nano e Non parole ma oggetti contundenti (entrambi nel 1989) • «Quando abbiamo stretto amicizia con Giacomo lui faceva coppia artistica e nella vita con Marina Massironi e assieme mettemmo su il trio che all’inizio si chiamava “Galline vecchie fan buon brothers”». Quando diventate Aldo, Giovanni e Giacomo? «Con Maurizio Castiglioni che a Villa Cortese alla domenica pomeriggio ci mise a disposizione il Caffè-Teatro con due musicisti molto bravi che erano la nostra colonna sonora. Lì, cominciammo a sperimentare quei personaggi e le gag che erano il frutto del nostro cazzeggio quotidiano». Riscontro sul pubblico dell’hinterland milanese? «Locale sempre pieno, avevamo la platea in pugno: piaceva un sacco quel senso spudorato dell’improvvisazione e una fisicità acrobatica che credo sia stata la chiave principale del nostro successo. Eravamo entrati di prepotenza negli anni ’90 con l’energia irripetibile e virale degli anni ’80. C’era quella sana incoscienza nel rischiare senza porsi limiti sul dove e quando saremmo potuti arrivare» [Castellani, cit.] • «L’incontro a Mai dire gol con la Gialappa’s è l’altra svolta, la tv, ed è una storia anche quella tutta milanese: loro avevano iniziato a Radio Popolare, a Mediaset erano arrivati con i Mondiali del 90. L’offerta a Mai dire gol fu di 280 mila lire lorde, in tre, a puntata» [Crippa, cit.] • «Dopo gli esordi al Caffè Teatro di Verghera di Samarate (Varese), a un passo dall’aeroporto della Malpensa, il primo salto di qualità arriva con le apparizioni televisive a Su la testa (92) con Paolo Rossi e a Cielito lindo (93) insieme alla nuova aristocrazia del cabaret meneghina cresciuta sulle tavole dello Zelig. Nel 94, per Aldo, Giovanni e Giacomo inizia la fortunata partecipazione a Mai dire gol della Gialappa’s, vero trampolino verso il grande pubblico, mentre nel ‘95 lo spettacolo teatrale I corti gira l’Italia in una tournéeche a poco a poco si rivela un trionfo. Nel 97 l’inatteso esordio cinematografico, circondato da generale perplessità: come osano, tre comici ancora tutti da verificare, misurarsi con il grande schermo? La risposta sta tutta in Tre uomini e una gamba, l’exploit più sensazionale nella storia del cinema italiano che conduce tre esordienti e un budget ultraridotto (2 miliardi di lire) alla conquista del box office nazionale con un colpo da 45 miliardi che sovverte qualsiasi pronostico. La ricetta, gli ingredienti e la confezione di questo film che diverte e fa ridere diventano il segreto meglio custodito della ditta Ag&g: vicende di eroi al contrario, povere anime tutte innocenza e goffaggine alle prese con un mondo che pare non accorgersi di loro. L’insieme condito da quell’ossessione per il moto perpetuo che diventa una costante delle loro storie, commedie “on the road” all’italiana nelle quali, a sangue e inseguimenti, si preferiscono imprese e birichinate da Bertoldo e Bertoldino e travolgenti innamoramenti. Nel ’98 Aldo, Giovanni e Giacomo, ormai eroi popolari, ripetono il rituale sbancando con Così è la vita con la differenza che questa volta i miliardi rastrellati al botteghino sono 60 (e 7 quelli investiti). Il ’99 li vede fermi al cinema, ma ai blocchi di partenza in libreria con la prima accoppiata videocassetta-libro: Tél chi el telun, versione multimediale del loro ultimo spettacolo in teatro che raggiunge le 350 mila copie. Per il Natale del 2000 il trio torna a invadere le sale cinematografiche: il terzo film è Chiedimi se sono felice e ormai nessuno nutre più dubbi sull’efficacia commerciale di quella che nel frattempo s’è trasformata in una vera factory della comicità italiana» [Stefano Pistolini] • Giovanni: «Per noi creare vuol dire inventare. Le nostre storie non sono mai dialogo, sceneggiatura. Non siamo Woody Allen che forgia le battute. Noi accenniamo l’idea, poi la improvvisiamo. Il dialogo cambia continuamente. A restare fissi sono i personaggi. Tant’è che i nostri quaderni di lavoro sono fitti di canovacci, storie appena abbozzate, non di veri e propri testi perché battute e intrecci sono molto scarni, vengono fuori poi, scherzando, rimpallandoci l’un l’altro le frasi. Provando molto specie se facciamo teatro» [Anna Bandettini, Rep 9/11/2008] • Giacomo: «Quando facevamo i bulgari mi divertivo come un matto! All’inizio si chiamavano gli albanesi. Poi prima di una puntata di Mai dire gol successe una tragedia nel mare e la Gialappa’s suggerì di cambiare nome per rispetto». Com’erano nati i personaggi? «Da una vacanza-lavoro a Zanzibar, dove io non andai perché malato. Aldo e Giovanni tornarono pazzi per questi acrobati locali scarsissimi. Decisero di farne la parodia. Tenga conto che loro due sono acrobati veri, hanno frequentato la Scuola di mimo dell’Arsenale». Non è che dessero questa impressione... «Sembrare scarsi raddoppia la bravura!» [Elvira Serra, Cds 11/10/2021].
Amori Sposato dal 1996 con Silvana Fallisi, anche lei attrice, vista in diversi film del trio. «I nostri figli, Caterina e Gaetano, finora hanno subìto il fatto dei genitori attori in casa e sono scappati dall’idea del figlio d’arte. Ma Caterina ora lavora nel cinema e vorrebbe studiare da regista, consapevole che la strada è lunga e dura. Gaetano ha un bell’umorismo, ma fino ad oggi non ha mai mostrato la vocazione, ma questo valeva anche per me alla sua età. Il talento e la passione sono importanti, ma poi devi avere la fortuna di crescere nel posto giusto e al momento giusto» [Castellani, cit.].
Religione Giacomo è un fervido credente e ha portato in scena la sua fede nel monologo Fare un’anima. Siete in sintonia anche su questo? «No, io religiosamente parlando sono “l’anti-Giacomo”, mi ritengo un “infedele” ma non integralista. Ho altre fedi, quella interista per esempio, ma anche in questo caso mi professo moderato» [Castellani, cit.].
Tifo Oltre che per l’Inter, simpatizza anche per il Palermo (nel 2010 dichiarò: «Sono un tifoso con il cuore diviso in due»). Ultimamente è stato visto scatenarsi fuori dallo stadio anche per il Monza, città dove abita.
Curiosità Aldo misura 175 cm, Giovanni 165, Giacomo 158 «scarsi» • Tutti i giovedì, cascasse il mondo, gioca a calcio a sette • Dipinge, canta e compone canzoni • Soggetti preferiti dei suoi quadri: gatti, rane, burattini, galli. «Cerco di tornare bambino» • Non ama leggere, e nemmeno scrivere. «A parte gli sketch, ma alla terza paginetta sudo e mi fermo…» • Suoi comici preferiti: Ficarra e Picone, sono anche amici • Racconta Ficarra: «Una volta abbiamo fatto una vacanza con lui, a Pantelleria. Noleggiammo una barca e il primo giorno lui si fece male a un dito del piede. Il secondo giorno andò a fare i tuffi e si beccò i ricci di mare sulla gamba. Incerottato, decise di fermarsi in piscina ma riuscì a sbagliare tuffo e a ferirsi il labbro. Da morire di risate» • Una parte in Baaria (2009), di Giuseppe Tornatore. «Un giorno mi chiamano dalla Medusa: “Serve un siciliano per Baaria”, ma io ‘sto film avevo pure paura a farlo, e stavo per rinunciare. Poi Tornatore mi disse due o tre cose e ho accettato quel ruolo serioso dell’affarista che mi ha permesso di mostrare un’altra parte di me che ignoravo. Talmente diversa che quando mia madre è andata al cinema a vedere Baaria mi ha telefonato e mi ha detto: “Il film è bello Aldo, ma tu dov’eri?”» [Castellani, cit.] • Ha paura della tecnologia • Non è sui social • Ha un brutto rapporto con il telefonino. «So che in giro ci sono molti miei cloni, ma non mi interessa. Facebook può diventare uno strumento per escludere gli altri. Basta che qualcuno scriva una cattiveria ed ecco che tutti ti isolano» [Caprara, cit.] • Esiste tuttavia un profilo Instagram del trio, @agg_ufficiale • «Oggi, quando intendo starmene in pace, mi rifugio a Buccheri, il paese di mia moglie in provincia di Siracusa dove tutti mi conoscono e proteggono la mia privacy» [Satta, cit.] • Tra i tre, nell’immaginario popolare, si è realizzata una sorta di fusione (Giovanni: «Siamo al punto che quando esco con mia moglie qualcuno commenta: quella è la moglie di Aldo Giovanni e Giacomo!») • In realtà, negli ultimi anni, ciascuno ha tentato di realizzare film e spettacoli in proprio • Nel 2019 ha recitato in Scappo a casa (Enrico Lando) storia di un meccanico playboy e razzista, amante di notti folli e belle donne, completo di parrucchino e macchina di lusso, dipendente dai social e innamorato dei Rolex, in viaggio di lavoro a Budapest si ritrova scambiato per extracomunitario, registrato come tunisino, obbligato a dividere le sorti con gente di cui, fino a quel momento, aveva ignorato destini e necessità «È un film politico» • «Dovevamo essere i guardiani della Terra, e invece abbiamo fallito. Il mondo è rotto da tutte le parti, a livello ambientale la situazione è così, e non si risolverà, né ora né tra cento anni» • Ha detto che il Covid «non ha compromesso il mio stato critico di essere al di sopra delle cose. Bisogna sempre vedere il comico in qualsiasi situazione, riesco ancora a farlo».• Nel 2022 in Una boccata d’aria (2025) ha interpretato Salvo Macaluso, pizzaiolo meridionale trapiantato a Milano che si ritrova in guai finanziari ed è costretto a tornare in Sicilia e fare i conti con la sua famiglia. Dice che quel pizzaiolo ha molto di lui: «Potrei essere uno che dice bugie e nasconde le cose, quella vigliaccheria e fragilità le conosco, mi appartengono. Ho amici che si sono ritrovati schiacciati dal debito con le banche cercando di vivere al di sopra delle loro possibilità» • Ha conservato il libretto scolastico su cui avevano scritto «Nessuna attitudine», ogni tanto lo riguarda e gli scappa da ridere. «Sono belle le rivincite con quelli che hanno detto che non sarei stato niente».
Titoli di coda Ma voi tre, vacanze insieme le avete mai fatte? E come sono andate? «Praticamente siamo in vacanza insieme da una vita. Con la scusa di lavorare, abbiamo passato tante di quelle estati nei villaggi vacanza... Ancora oggi ogni tanto incontro qualcuno che mi fa: “Io ero con voi a Tropea nel 1991. È stata l’estate più bella della mia vita!”» [Fiorelli, Tv Sorrisi e canzoni 30/1/2020].