Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 02 Giovedì calendario

Biografia di Maurizio Lupi

Maurizio Lupi, (Maurizio Enzo Lupi), nato a Milano il 3 ottobre 1959 (66 anni). Politico (Noi moderati; già Noi con l’Italia, Alternativa popolare, Nuovo centrodestra, Popolo della libertà, Forza Italia, Partito popolare italiano, Democrazia cristiana). Deputato (dal 30 maggio 2001). Ex vicepresidente della Camera (2008-2013). Ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (2013-2015). Cofondatore e presidente di Noi moderati. «Ciascuno di noi ha la sua storia. Quella di Lupi è dentro una militanza durata decenni in Comunione e liberazione, […] per poi passare dalla Democrazia cristiana a Forza Italia, con tanto berlusconismo sostenuto e goduto […] e pure con una capriola in fondo legittima, per un centrista come lui, che lo fece restare ministro delle Infrastrutture prima nel governo guidato da Enrico Letta, e poi in quello con Matteo Renzi premier. Adesso, se ho ben capito (perché questi che vivono lì dove un tempo c’era la Dc cambiano sigle ogni quarto d’ora), dovrebbe essere il capo politico di “Noi moderati”» (Fabrizio Roncone). «La prima politica è vivere» • «Figlio di una coppia immigrata dall’Abruzzo, padre muratore e madre operaia all’Alemagna. “Sono terrone dentro”, rivendica. Prima in una casa più piccola, ora in una un po’ più grande, vive da sempre nel quartiere degli Olmi, in quel di Baggio» (Roberto Gressi). «Ricordi di gioventù? “L’oratorio e il Capannone. Nel quartiere degli Olmi, uno dei primi quartieri periferici della città di Milano, all’inizio non c’era niente. Non c’era il cinema, non c’erano autobus, locali, bar, discoteche. Solo il campo di calcio, l’oratorio e una vecchia chiesa sconsacrata occupata dai ragazzi dell’estrema sinistra. Si chiamava ‘il Capannone’. La scelta era obbligata. O l’oratorio o il Capannone”. Lei? “Oratorio. Ma il periodo della contestazione giovanile è stato una esperienza affascinante per tutti. Tutti volevamo possedere la realtà, tutti volevamo cambiare la nostra vita. Era una domanda comune, tanto più amplificata in un quartiere di periferia dove non hai molte alternative”. Perché non il Capannone? “Sono scelte che si fanno per caso. Nella mia scuola arrivò un giovane prete, don Mario Peretti, che affascinò molti di noi. Se invece di lui avessi incontrato un ragazzo affascinante di sinistra sarei finito al Capannone. Casualità”. […] Politicamente la sua famiglia? “Tradizioni socialiste. Mio papà fu aiutato dal sindaco Aniasi a trovare una casa popolare”» (Claudio Sabelli Fioretti). «Per Lupi tutto comincia in un’aula della Cattolica alla fine degli anni Settanta. Due studenti stanno parlando di un libro di Václav Havel, intellettuale dissidente che qualche anno dopo diverrà presidente della prima Repubblica Ceca. Il protagonista di Il potere dei senza potere è un fruttivendolo che una mattina decide di non esporre più in vetrina il cartello con la scritta “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”. Un gesto semplice che innesca una slavina. Anche Lupi, studente di Scienze politiche, è in quell’aula perché affascinato da don Giussani e dal movimento di Comunione e liberazione. Dove ha imparato che il cristianesimo non è un insieme di regole, ma un avvenimento nel quale “il significato della vita si rende fatto, persona”. La storia del fruttivendolo senza potere insegna che anche nelle condizioni più avverse si può essere protagonisti, provando a cambiare noi stessi senza aspettare che cambino le circostanze» (Maurizio Caverzan). «All’università e nelle scuole voi di Cl pigliavate anche le botte. “Tante. Ma dall’inagibilità politica iniziale passammo al trionfo nel 1976”. Anche lei ha rischiato le botte? “‘Hazet 36! Cl, dove sei?’. Hazet 36 era la grande chiave inglese simbolo dei servizi d’ordine e degli scontri violenti. Ma a Baggio era diverso. Nelle liste di sinistra c’erano molti miei amici cattolici, quelli di don Gino Rigoldi per esempio”. Le canzoni, i miti? “Cantavamo Guccini, Bennato, Rocchi. Tanto per parlarci chiaro: non Baglioni, non la maglietta fina”. Il mito? “Gianni Rivera. Scavalcavamo i cancelli di San Siro per andare a vederlo giocare”» (Sabelli Fioretti). «Ho venduto bibite a San Siro, dato ripetizioni, insegnato religione in una scuola media al quartiere Tessera, ho fatto pure l’autista, anche se non mi piaceva molto guidare…». «Nei lontani anni universitari […] l’allora ragazzo Lupi […] decide di fondare una cooperativa di servizi agli studenti (libri scontati e alloggi), per poi candidarsi a rappresentante dei medesimi. È il primo passo di una carriera politica condotta, fin dall’inizio, con passi felpati e regolari» (Marianna Rizzini). «La sua carriera? Giornalista al settimanale ciellino Il Sabato, poi capo ufficio stampa di Fiera Milano, fondatore di Fiera Milano Congressi, Lupi approda in politica dopo il terremoto di Tangentopoli per prendere il posto degli amici spazzati via dalla magistratura. Eletto nell’ultima lista Dc, passa al Ppi dopo la scissione degli orfani dello Scudocrociato e approda a Palazzo Marino a fare opposizione al monocolore leghista di Marco Formentini» (Elisabetta Soglio). «Per chi aveva votato al ballottaggio? “Tra Nando Dalla Chiesa e Formentini non potevo che votare per Formentini”. E poi gli ha fatto opposizione? “È il maggioritario. Si vota il meno peggio e poi si fa opposizione”» (Sabelli Fioretti). «Lupi diventa qualcuno nel ’97, quando viene confermato in Comune (questa volta già nelle file di Forza Italia, dove i ciellini sono traslocati seguendo il loro vate, Formigoni): il sindaco Albertini gli affida le deleghe dell’urbanistica e Lupi entra a far parte del gruppo degli “assessori intelligenti”. […] Di questa fase si ricordano tutti i piani di riqualificazione diventati […] cantiere (da Garibaldi-Repubblica a Fiera e Montecity-Rogoredo), la polemica sulla coraggiosa quanto contestata ristrutturazione di piazzale Cadorna (con la scultura Ago, filo e nodo) e la frase con cui Lupi salutò la regina Elisabetta, in visita ufficiale a Milano: “Do you like piazza Scala?”, alludendo alla sistemazione da lui gestita e appena conclusa» (Soglio). «“Sempre stato un bel fioeu, come diciamo noi a Milano, molto apprezzato dal pubblico femminile”, racconta l’ex sindaco Gabriele Albertini, che lo ebbe come assessore all’Urbanistica: “Un collaboratore efficiente e leale”. […] Quando […] la Procura gli mandò un avviso di garanzia per una cascina ceduta a prezzo di favore a una ong legata a Cl, Lupi corse nell’ufficio di Albertini e scoppiò a piangere: “Gli diedi il mio fazzoletto e gli rinnovai la mia fiducia”. Effettivamente Lupi venne assolto con tutti gli onori. Festeggiò andando a correre con gli amici, tra cui Linus, colonna di Radio Deejay» (Paolo Colonnello). «Quando ha scoperto Berlusconi? “Quando diede una grossa mano al Sabato, contribuendo economicamente alla sua fondazione. Poi ci siamo frequentati molto ai tempi della prima giunta Albertini”. […] Ricorda il primo giorno in Parlamento? “Come il primo giorno di scuola. Lo stesso imbarazzo, la corsa per sedere al primo banco, quello che si è comprato il vestito nuovo per non fare brutta figura, le matricole in un angolo e i ‘nonni’ a parlare con i giornalisti. Io ero insieme ai miei amici Antonio Verro e Luigi Casero e ho subito fatto amicizia con Angelino Alfano, Basilio Germanà e Guido Crosetto”» (Sabelli Fioretti). «L’arrivo a Roma è datato 2001. Berlusconi si entusiasma per l’entusiasmo degli “assessori intelligenti” e ne porta al Parlamento due, Lupi e Casero, che da allora diventano coppia inseparabile. Lupi non sta con le mani in mano: come prima cosa si cerca un appartamento, “perché io sono uno di famiglia”, e la casa, a pochi passi dalla Camera, diventa punto di riferimento per molti parlamentari. È qui che si forma il progetto dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà: nel clima pesante di contrapposizione politica, Lupi coinvolge Ermete Realacci, Enrico Letta e Pier Luigi Bersani. “Tutti amici”, come amico è anche Ugo Sposetti (che gli regalerà una vignetta di Staino dedicata ai ciellini boccaloni: incorniciata e appesa). […] Lupi inventa anche la Scuola di comunità del Parlamento: esperienza di marca ciellina, qui affidata a monsignor Rino Fisichella. Tra un comizio e un vertice del Cipe sul tema delle infrastrutture (Lupi è responsabile del settore per Fi), c`è anche il tempo per organizzare i pellegrinaggi dei parlamentari: Terrasanta, Fatima e Grecia. Altri pellegrinaggi sono quelli al seguito delle imprese del Milan in Europa» (Soglio). «Per una lunga stagione Lupi, il Lupi sempre più emergente, diventa uno degli avvocati difensori più gettonati del Cavaliere. Non si tira mai indietro, complice anche la padronanza dei media, va in tv anche quando la corsia opposta è affollata fino all’ingorgo. […] Berlusconiano per passione e per dovere, a volte quasi come e più del capo» (Stefano Zurlo). Nel gennaio 2011, tra l’altro, «in occasione del richiamo del cardinale Bagnasco ai politici sui temi della moralità, scrisse una lettera ai parlamentari cattolici invitandoli a “sospendere il giudizio morale” sul caso Ruby. Disse in quell’occasione che Berlusconi come ciascun politico sarebbe stato “giudicato dal tribunale dei cittadini”» (Concita De Gregorio). «Il suo momento arriva nella stagione spuria e ibrida di Enrico Letta, quando occorre lanciare, fra scandali e ballo dello spread, facce nuove: la sua è perfetta. Anche se ormai è un uomo maturo, ben oltre la cinquantina, sia pure sempre travestito da ex bravo ragazzo. Lupi vanta un curriculum lungo e prestigioso, con molte esperienze, compresa la vicepresidenza della Camera. Dunque diventa ministro delle Infrastrutture, e da quella carica, insieme ad Angelino Alfano, compie la sua metamorfosi. Abbandona al suo destino dalla sera alla mattina il Cavaliere lanciando il Nuovo centrodestra. E tradisce pure Letta, mollando gli ormeggi in direzione Renzi. Gli altri cadono, lui resta alle Infrastrutture» (Zurlo). «È ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo guidato da Matteo Renzi, che ha da poco disarcionato Enrico Letta, quando, ai margini dell’inchiesta “Grandi opere”, alcune intercettazioni lo accusano di aver ricevuto dei favori: un abito di sartoria, e poi un Rolex da diecimila euro e un lavoro per il figlio Luca. Spiega che l’orologio era un regalo di laurea, che il lavoro era uno stage non pagato e che comunque il figlio aveva trovato altro da fare negli Usa. L’archiviazione arriverà [senza che Lupi fosse mai stato indagato – ndr], ma intanto lui resiste, anche se il suo premier non vede l’ora che tolga il disturbo. Crolla quando squilla il telefono. È il figlio che lo chiama da oltreoceano: “Papà, qui ci sono dei giornalisti che chiedono conto di quanto sta succedendo”. Si dimette, ne fa una malattia, si rovescia in strada all’alba e corre per ore, stile Forrest Gump» (Gressi). Rientrato in seguito nell’orbita del centrodestra, fu confermato alla Camera alle elezioni politiche del 2018 e del 2022 alla guida rispettivamente di Noi con l’Italia e di Noi moderati: quest’ultima come la precedente una piccola formazione centrista, che Lupi sostiene essere la «quarta gamba» della coalizione di centrodestra. Da ultimo si è spesso vociferato di una sua candidatura a sindaco di Milano in vista delle prossime elezioni comunali, al momento previste per il 2027. «Non lo hanno visto arrivare, ma lo hanno visto restare. Da tempo, perché è precisamente dal 2001 che Maurizio Lupi […] siede in Parlamento con la flemma, il passo costante e la determinazione del Lupi maratoneta, l’altra faccia del Lupi politico. […] Fatto sta che lui, Lupi, aspirante federatore di cattolici liberali, ex ragazzo di periferia meneghina (quartiere di Baggio, dove vive tuttora con la famiglia quando non è a Roma), non è stato visto arrivare, da Roma, neanche come possibile candidato sindaco del centrodestra milanese e lombardo. E invece a lui si guarda, e non da oggi, dal centrodestra nordico, per il dopo Sala, anche se Lupi non conferma e non smentisce gli slanci in suo favore del presidente del Senato e colonna meloniana Ignazio La Russa, slanci che fanno da contraltare a quelli degli azzurri milanesi (tipo Alessandro Sorte) per Letizia Moratti» (Rizzini). «È cosa certa che Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, uomo che dice sempre le cose come stanno, è anche politico espertissimo, navigato e furbissimo, e dalla strategia accorta sulla lunga distanza. […] E allora perché lo scaltro Ignazio La Russa ha lanciato, due anni e mezzo prima, Maurizio Lupi? I maligni dicono per bruciarlo, semplicemente. Quelli più animati da benevolenza per intestarselo. È certo che Lupi è abilissimo a muoversi nelle pieghe del potere romano, e che – pur con una percentuale assai ridotta – pesa molto più dei voti che ha. Peraltro, il sogno di fare il sindaco, ce l’ha sempre avuto, e secondo molti ne avrebbe anche la capacità amministrativa. Insomma, un possibile buon sindaco. Ma un buon candidato? La campagna elettorale è altra questione, e La Russa lo sa bene» (Fabio Massa) • Sposato, tre figli. «Io sono arrivato vergine al matrimonio» • «La sua vicinanza alla Chiesa, dalla famiglia al divorzio, all’aborto, è assoluta. Ma è anche osservante della dottrina di papa Francesco, che vuole i cristiani dentro le contraddizioni e le complessità di oggi» (Gressi) • Padrino di Magdi Allam in occasione del suo battesimo, ricevuto nella basilica di San Pietro in Vaticano da papa Benedetto XVI durante la veglia pasquale del 2008. «Rivedo Maurizio Lupi che regge la coda battesimale di Magdi Cristiano Allam e mi sembra il solito incubo di chi combatte per certe idee e incontra il becchino delle cause giuste sul suo cammino. L’idea che si possa scroccare un simbolo di conversione alla presenza di un papa come Ratzinger, e nei giorni della Pasqua, mi ha sempre fatto ribrezzo, mi è sempre sembrata una cattiva sceneggiatura spiritualista di una specie di Totò-cerca-casa» (Giuliano Ferrara) • «La sua terza casa, dopo la famiglia e la Chiesa, nell’accezione di Cl, è la Compagnia delle opere, la potente e diffusa organizzazione di imprese che trova nella sussidiarietà la sua ragion d’essere. Questo lo fa essere avversario del salario minimo, che, a suo parere, metterebbe in ginocchio la piccola iniziativa. Vuole aiuti a famiglie e imprese, un po’ come tutti, contro la crisi energetica, e chiede per questo il “sì” ai rigassificatori e al nucleare green, tutte posizioni che lo trovano in contrasto con gli ambientalisti della prima ora. Ma lui, al dialogo, ci sta, quasi con chiunque. Purché gli si dia un palco e un microfono» (Gressi). «Apostolo delle larghissime intese, ha fatto della trasversalità la sua seconda religione tra intergruppi parlamentari fondati con Enrico Letta e convegni di Italianieuropei con baci e abbracci a Massimo D’Alema» (Giampiero Calapà) • «Tifoso del Milan, una passione per il calcetto ma soprattutto per la corsa, unica attività umana della quale è quasi un fanatico: […] è fondatore del Montecitorio Running Club, oltre che del Milan Club Montecitorio» (Gressi). Ha partecipato per quindici volte alla maratona di New York, a partire dall’edizione del 1999, stabilendo il proprio primato personale nel 2010 con il tempo di 3 ore, 45 minuti e 42 secondi. In occasione della maratona del 2008 «per proteggersi dal freddo si cosparse il corpo di vaselina, dimenticando il barattolo aperto in albergo. Siccome nella sua stessa camera dormiva l’ex assessore milanese Sergio Scalpelli, i camerieri pensarono che fossero una coppia omosessuale: “Infatti rifecero solo il letto a due piazze in cui dormiva Sergio, e non quello singolo in cui dormivo io. Rimboccarono le copertine e misero due fiori, uno su ogni cuscino”» (Barbara Romano) • «Lupi è rimasto identico. Magretto (vabbè, si nutre di sola bresaola e si sfonda di maratone) […] e poi sempre con quell’aria pallida e precisina da cattolico a modo, con il nodo della cravatta impeccabile e l’eloquio curiale, misurato, rassicurante» (Roncone). «Un piacione con la faccia da eterno ragazzo, un po’ come Gianni Morandi quando andava a prendere il latte: sorriso sveglio e battuta pronta» (Colonnello). «È sempre stato un po’ bauscia, come tanti suoi amici: un simpatico sbruffone. […] Ha imparato a fare politica come accadeva nell’epoca di Silvio Berlusconi studiando attentamente le regole della comunicazione, e se un limite poi ha avuto è averle prese un po’ alla lettera. Quando va in tv parla un po’ come un libro stampato, ligio alle tecniche imparate nei primi tempi: non è lui; se lo incontri per strada è molto diverso, semplice, alla mano» (Franco Bechis) • «Moderati magari si diventa, ché si comincia incendiari e si finisce pompieri, ma tutt’altra cosa è se ci si nasce. E lui, modestamente, lo nacque» (Gressi).