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 2025  ottobre 03 Venerdì calendario

Biografia di Ana Botín

Ana Botín, (Ana Patricia Botín-Sanz de Sautuola O’Shea), nata a Santander (Spagna) il 4 ottobre 1960 (65 anni). Banchiere. Presidente esecutivo del Banco Santander (dal 9 settembre 2014). Già amministratore delegato di Santander Uk (2010-2014) e presidente di Banesto (2002-2010). Secondo la rivista Fortune, quinta donna più potente del mondo nel 2025. «Prima donna banchiere di Spagna, prima donna nel consiglio d’amministrazione di Generali, prima spagnola nella lista delle 50 personalità (maschi o femmine) più potenti del mondo» (Andrea Nicastro) • Prima dei sei figli di Emilio Botín (1934-2014), dal 1986 fino alla morte presidente di Banco Santander e artefice della sua espansione internazionale, e della marchesa Paloma O’Shea (n. 1936). «Una ricchezza costruita dietro gli sportelli delle banche fin da quando il bisnonno Juan Emilio fondò una banca regionale, poi trasmessa al nonno anche lui Emilio e al padre, ancora un altro Emilio, che hanno provveduto a trasformare l’intuizione del lontano 1857 in un impero bancario. […] Ana Patricia Botín, […] figlia d’arte, ha studiato fin da bambina per legittimare questo privilegio» (Salvatore Tropea). «Probabilmente, è difficile trovare al mondo altre persone che si siano formate in modo altrettanto scrupoloso avendo ben chiaro fin dall’inizio qual era l’obiettivo, o forse il destino segnato dal peso del cognome. Educazione nel Regno Unito, nel collegio cattolico St. Mary’s di Ascot, e poi negli Stati Uniti, al Bryn Mawr College in Pennsylvania, e laurea in Scienze economiche a Harvard. Nel 1981, a 21 anni, l’inizio della carriera in JP Morgan, prima a Madrid e poi a New York. Quindi, sette anni dopo, i primi passi nel Santander con un’ascesa, manco a dirlo, folgorante, fino a diventare direttore generale nel ’94, e tre anni più tardi, a Buenos Aires, presidente del Banco Santander Río» (Alessandro Oppes). «Quando muoveva i primi passi nella finanza, fece un errore che, non fosse stata “figlia di”, le sarebbe costato la carriera. Anticipò alla stampa l’epurazione di un dirigente che le avrebbe fatto ombra. Il padre congelò tutto e cacciò lei. Due anni dopo, però, Ana Patricia tornò e prese la poltrona che aveva predetto ai danni del rivale, ma intanto aveva imparato la lezione, e da allora non ha mai più dato interviste» (Nicastro). «Ana ha avuto modo di sperimentare anche i sacrifici imposti dalla politica delle alleanze: quando infatti il Santander si fonde con Central Hispano nel 1999 il prezzo dell’operazione sono le sue dimissioni da tutti gli incarichi esecutivi. Ana accetta il ruolo di “agnello sacrificale”, ma appena tre anni dopo rientra al vertice del sempre più solido impero, e ci torna in posizione di comando. Viene nominata presidente di Banesto e diventa la prima donna spagnola presidente di una banca» (Tropea). «All’inizio del nuovo millennio, la prima vera prova del fuoco, con il ritorno in patria e la nomina alla guida di Banesto, banca che cercò in parte con successo di ristrutturare dopo le gravi vicissitudini del passato, senza tuttavia poterla sottrarre del tutto ai pericoli dell’incombente bolla immobiliare. E infine […] la designazione – da parte del padre – ai vertici della branca britannica del gruppo, che aveva già il sapore di un’investitura alla successione alla guida del Santander. […] Una manager […] di ampia esperienza, che, i record, ha cominciato a polverizzarli quando era ancora la “hija de”, la figlia del patriarca, l’erede designata di Don Emilio, com’era conosciuto negli ambienti finanziari spagnoli il numero uno del Santander. Figlia, sì, ma già con un profilo professionale talmente consolidato da farla schizzare nelle posizioni di testa delle liste e dei ranking che contano. Persino nel Regno Unito, dove la diffidenza per lo sbarco di questa signora colta e raffinata nella City – nel 2010 alla guida del Santander Uk, 25 mila dipendenti – è svanita così rapidamente che […] era […] stata nominata dalla Bbc come la terza donna più potente del Paese, dopo la regina Elisabetta e la ministra dell’Interno, Theresa May. […] Mai […] è stata finora messa in discussione la sua condotta integerrima. Don Emilio, al contrario, non sempre è stato esente da ombre. E non solo in Spagna, dove finì sotto inchiesta per l’acquisizione di Banesto e per la fusione del Santander con il Central Hispano e dovette pagare 200 milioni di euro per regolarizzare la propria posizione fiscale quando il nome dei Botín comparve tra gli evasori eccellenti con ricchi conti in Svizzera nella lista Lagarde fatta filtrare da Hervé Falciani alle autorità francesi. I grattacapi, per il gruppo spagnolo, non sono mancati neppure in Italia, sin dalla prima mossa sullo scacchiere bancario nostrano, quando entrò nel Sanpaolo-Imi e, in poco tempo, entrò in rotta di collisione con la Mediobanca di Enrico Cuccia, suscitando crescenti diffidenze per le sue forti aspirazioni espansionistiche. Al punto da indurre Sanpaolo ad accelerare la fusione con Intesa, anche per prevenire una possibile Opa di Botín. Il Santander, però, è stato poi coinvolto in una delle operazioni più controverse degli ultimi anni: la cessione di Antonveneta (di cui gli spagnoli avevano acquisito il controllo nell’ambito della spartizione di Abn Amro, dopo l’Opa lanciata sul banco olandese insieme a Fortis e Rbs) al Monte dei Paschi. I toscani pagarono un prezzo eccessivo, e non è escluso che l’intenzione successiva di Botín fosse quella di prendere il controllo di Mps, ormai in sofferenza, con Antonveneta» (Oppes). Il 9 settembre 2014, «da un giorno all’altro, morto d’infarto Emilio Botín, la 53enne Ana Patricia si è ritrovata all’improvviso catapultata ai vertici della prima banca della zona euro. […] Con la sua designazione, decisa all’unanimità poche ore dopo la morte del padre, Ana Botín continua la saga familiare di banchieri, che giunge, con lei, alla quarta generazione» (Oppes). «Presidente o presidenta del Banco Santander? Secondo la moderna grammatica spagnola dovrebbe prevalere la seconda versione: qualsiasi carica va femminilizzata e scritta senza maiuscola iniziale. L’intenzione è quella di mostrare uguaglianza linguisticamente corretta a compensazione del machismo dell’èra franchista. Ma Ana Patricia Botín ha trasgredito. Nel comunicato con il quale […] annunciava la propria nomina a erede del padre Emilio Botín definirsi presidenta non le è sembrato giusto. […] Ana Patricia, al termine di un consiglio d’amministrazione da Speedy Gonzales, ha dettato d’essere stata nominata “la nueva Presidente”. Nata erede, con la morte del padre ora comanda lei sull’intero impero rosso creato dai tre Emilio Botín che l’hanno preceduta al potere del Santander, il bisnonno, il nonno e il padre. Non importa se ora al comando ci sia qualcuno con la gonna o le bretelle: quel che conta è il controllo del pacchetto di maggioranza del consiglio d’amministrazione della banca più ricca della zona euro. […] Lo stile della quarta presidente Botín è diverso. Mentre il padre Emilio continuava a considerare la multinazionale finanziaria che aveva creato alla stregua della banca familiare che aveva ereditato, Ana Patricia ha studiato ed è cresciuta professionalmente tra Stati Uniti e Gran Bretagna: lei è più banker che banquera» (Nicastro). «Nel 2024, mentre gran parte dell’attenzione nel mondo degli affari era rivolta all’intelligenza artificiale, i più grandi successi continuavano a derivare dalla digitalizzazione delle industrie tradizionali. Ana Botín, presidente esecutivo di Banco Santander, ne è la prova. Negli ultimi dieci anni ha consolidato la sua posizione come una delle figure più formidabili nel panorama imprenditoriale europeo. Dal suo insediamento nel 2014, Santander ha accolto 60 milioni di nuovi clienti, triplicato i profitti e aumentato i rendimenti per gli azionisti di sei volte. […] Botín ha modernizzato e razionalizzato il colosso bancario globale di 167 anni, riducendo in soli due anni un terzo della gamma di prodotti e concentrandosi su cinque unità principali, rendendo più che mai disponibili online i prodotti dell’istituto. Nonostante le critiche degli investitori, il prezzo delle azioni, a lungo un punto dolente, ha iniziato a recuperare quest’anno [nel 2024 – ndr], confermando il successo delle sue strategie innovative e della sua capacità di gestire i mercati globali» (Prarthana Prakash, Alex Wood Morton, Oliver Smith e Ryan Hogg) • Sposata col banchiere Guillermo Morenés y Mariátegui, tre figli • «Appassionata di arte e musica e, come il padre amante della caccia» (Tropea). Grande passione anche per il golf • «Carattere rude ereditato dal padre, dotata di una robusta dose di decisionismo, brillante» (Tropea). «Ha imparato a essere bella ed elegante grazie all’età, schiva e riservata grazie all’imposizione paterna» (Nicastro). «Una delle qualità che vengono attribuite ad Ana Botín è quella di possedere una “eccezionale visione strategica”. Persino, dicono, più del defunto padre Emilio, artefice della straordinaria espansione del gruppo Santander» (Oppes) • «Poco rosa, non solo in grammatica. Ufficialmente è a favore della conciliazione tra famiglia e lavoro. Ma quando nacque il suo primo figlio si fece installare nella camera d’ospedale il simbolo della reperibilità di allora: un fax. […] Al funerale del padre, era l’unica a violare il nero del lutto per indossare una sciarpa rossa, simbolo dell’impero di famiglia. Il lavoro prima di tutto. Nei vari istituti finanziari, che il padre fagocitava e affidava a lei, Ana Patricia non ha mai avuto una collaboratrice donna. In un mondo dominato da maschi non sente il bisogno di una spalla femminile» (Nicastro). «Non credo alle quote di genere: non fanno favori alle donne, forse bisogna ripensarle. Il problema però è culturale» • «Una versione ultra-elegante, moderna e internazionale di suo padre» (Patrick Jenkins).